Cosa è stato l’arresto di Matteo Messina Denaro
Degli
ultimi mesi della latitanza di Matteo Messina Denaro sappiamo tutto:
abbiamo i vocali su whatsapp (dove raccontava “io in genere sfuggo
dal farmi riconoscere”), abbiamo i selfie che si è fatto assieme
ad altri pazienti nel centro presso dove si curava per il tumore,
abbiamo potuto persino vedere la sua cartella medica.
Matteo
Messina Denaro è stato l’ultimo dei mafiosi responsabili delle
stragi del 1992-93 ad essere arrestato: ma la sua fine il
16 gennaio 2023
non ha
permesso di fare chiarezza
sui tanti punti oscuri su quelle bombe, sul ricatto allo Stato (che
non esiste, che non è reato a quanto ci dice la Cassazione), sul
perché la mafia decise di portare avanti quella strategia
terroristica.
Ancora
oggi, chi fa veramente lotta alla mafia e non fiction si interroga su
chi possano essere i mandanti esterni, i suggeritori di Riina e dei
corleonesi, chi suggerì quella strategia del muro contro muro con lo
Stato, chi indicò gli obiettivi da colpire a Firenze, Roma e Milano. Perché
esistono queste persone, nello Stato, nel mondo della società
civile.
L’arresto
del boss, latitante da 30 anni, si è subito trasformata in una
fiction: le sue amanti,i suoi figli segreti, i suoi libri, le foto
nel suo covo con l’immagine de Il padrino e di Jocker: i
pettegolezzi sulla sua vita sono stati spacciati come segreti, il suo
omertoso paese (di cui si è occupato il passato servizio di Claudia
di Pasquale) che fa da scenario, come se avesse gestito affari da
5 miliardi di euro tutti da Campobello di Mazara.
In uno di
questi vocali sentiamo il boss, direttamente dalla sua voce, dire di
non aver vissuto nel suo salottino in ciabatte, “io sono stato un
tipo che il mondo lo ha calpestato”.
Come se bastasse il
medico Tumbarello, l’alter ego Bonafede e l’autista a raccontare
i suoi fiancheggiatori. Ma, come racconta nell’anticipazione del
servizio di
Mondani,
niente è stato raccontato, mancano pezzi decisivi della dinamica
dell’arresto e soprattutto continuiamo a non sapere nulla delle
protezione di cui ha goduto per
30
anni. È un
vero boss questo Messina Denaro o solo un simbolo utile a dichiarare
la mafia sconfitta?
Il servizio di Paolo Mondani intervisterà il magistrato Nino di Matteo: “io penso che neppure il mafioso più potente possa rimanere latitante per tanti anni senza godere di protezioni anche molto alte..”
Non
possiamo non includere, oltre al livello politico, anche le logge
massoniche che Messina Denaro frequentava, e a cui anche il medico
Tumbarello era iscritto (e da cui oggi è stato sospeso, dopo la
notizia delle indagini sul suo conto – racconta il gran maestro a
Report).
Della rete di protezione di Messina Denaro, la rete di
professionisti che hanno gestito i suoi beni (il commercialista
che era considerato il tesoriere di Messina Denaro).
Torniamo
allora alle bombe del 1992-1993: il 27 luglio 1993 in via Palestro a
Milano esplode una bomba uccidendo 5 persone ferendone 12. I
magistrati ritengono che ci sia un buco di 48 ore nella ricostruzione
della preparazione della strage, perché nessuno dei collaboratori
di giustizia sa dire cosa accadde dopo, come se i mafiosi avessero
passato nelle mani di altri l’esecuzione.
Altri chi? Ma non
era stata solo la mafia a preparare e gestire quelle bombe?
Il
giornalista Fabrizio Gatti nel 2019 ha scritto Educazione
americana,
la storia di un agente
della Cia di stanza a Milano che gli rivela i retroscena della
strage.
“Dice
di chiamarsi Simone Pace, il suo nome convenzionale, quindi credo che
sia anche il nome finto, racconta e rivela che in quegli anni degli
attentati, così come prima e negli anni successivi esiste in Italia
e anche a Milano una squadra clandestina della Cia, formata da
cittadini italiani e americani. In particolare lui, nei mesi
precedenti all’attentato di via Palestro viene coinvolto dal suo
capo americano, che dice di chiamarsi Viktor, viene coinvolto in un
sopralluogo in via Palestro.”
Il servizio tornerà poi a parlare di due verbali della Dia dimenticati nel cassetto: nel 1996 Francesco Messina era alla Dia e indagava sulle stragi del '93 insieme al magistrato fiorentino Gabriele Chelazzi, quando firmò due verbali con le rivelazioni di un confidente fino ad allora sconosciuto, Salvatore Baiardo. Quest’ultimo confessa a Francesco Messina di aver assistito nella sua casa tra il 1991 – 92 a conversazioni telefoniche tra Filippo Graviano e Marcello Dell’Utri dalle quali si evinceva che i due avevano interessi economici comuni in Sardegna.
Oggi
il prefetto Messina è direttore del servizio centrale anticrimine e
racconta a Mondani di quel verbale: “disse di aver assistito ad una
conversazione telefonica tra Graviano e un tale Marcello, questo
bisogna dirlo per onore della cronaca.”
Baiardo aveva capito
tramite un commercialista di Palermo, Fulvio Lima parente del
politico Salvo Lima (ucciso dalla mafia nel marzo 1992), che venivano
trasferiti ingenti capitali proprio a Marcello Dell’Utri: “parlò
di questo interessamento anche di Fulvio Lima a questo trasferimento
di denaro, ma anche questo fu riferito all’autorità
giudiziaria.”
La villa dove i Graviano stavano dopo le stragi
del 1993 era ubicata a Punta Volpe (in Sardegna) ed è Baiardo che
paga l’affitto per conto dei Graviano: “Baiardo raccontò di aver
dovuto recapitare una valigia ai fratelli Graviano che si trovavano
in vacanza in Sardegna e che questa valigia ad un certo punto fu
recapitata in una villa che era nel comprensorio dove era situata la
villa del prossimo presidente del Consiglio..”
Cosa aveva
intuito Chelazzi (il pm fiorentino che indagò sulla bomba ai
Georgofili) alla fine del suo percorso investigativo sulla strage di
Firenze, sulla strage di Milano e sulle stragi del 1993?
“Io credo che lui avesse percepito chiaramente da tempo che dietro a questi fatti non c’era soltanto l’ala militare di cosa nostra corleonese.”
La scheda del servizio: La pupiata
di Paolo Mondani
Collaborazione di Marco Bova e Roberto Persia
Immagini di Dario D’India, Cristiano Forti e Alessandro Spinnato
Montaggio di Elisa Carlotta Salvati e Giorgio VallatiSiamo alla ricerca della verità sui fatti di mafia e sulle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese.
Sono passati oltre trent’anni e ancora siamo alla ricerca della verità sui fatti di mafia e sulle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese. Con l’esperienza di quella stagione l’arresto di Matteo Messina Denaro pone interrogativi sulla sua cattura e la sua latitanza. Trent’anni sono passati dalla strage di Firenze in via dei Georgofili. La mafia in quegli anni metteva bombe qua e là per il Paese, ma non era sola nella pianificazione della strategia stragista. Grazie al recentissimo lavoro della Commissione parlamentare antimafia aggiungiamo pezzi di verità sui mandanti e sugli esecutori.
Come si arriva a Sanremo?
In
che modo un cantante può arrivare a cantare a Sanremo? Ci
sono favoritismi anche sulle selezioni per arrivare al
festival?
Emanuele Bellano ha contattato due cantanti escluse
dalla fase finale del concorso Area Sanremo nel 2014 (su cui oggi sta
indagando la magistratura): Aurora Pacchi racconta al giornalista di
aver preso voti alti al concorso di selezione organizzato dal comune
sanremese, per un giudizio complessivo di 9+.. L’altro concorrente
contattato da Report, Michelangelo Giordano, racconta della domanda
ricorrente che si fa dal 2014 “ma gli altri 40 concorrenti passati
in finale possibile che hanno preso tutti voti superiori a questi”.
Anche lui al concorso aveva preso voti alti per essere poi escluso.
Come per ogni concorso pubblico, anche questo prevede per i
concorrenti la possibilità di fare accesso agli atti così sia
Michelangelo che Aurora chiedono le schede dei concorrenti passati in
finale, scoprendo che persone con voti più bassi hanno avuto accesso
alla fase successiva che avrebbe poi dato accesso al festival.
Report
ha intervistato il presidente di Area Sanremo nonché presidente
dell’orchestra sinfonica di Sanremo, Livio Emanueli, che oggi si
dice stupito di quanto è accaduto, il criterio di selezione è
quello legato all’ascolto dei brani da parte di una commissione
tecnica, “sulla base di queste valutazioni noi facciamo accedere al
livello successivo i ragazzi”.
La graduatoria finale viene dunque stabilita in base ai voti presi dai giurati durante le audizione dunque chi è passato avrebbe dovuto avere voti più alti.
La scheda del servizio: La selezione
di Emanuele Bellano
Collaborazione di Greta Orsi
Immagini di Giovanni De Faveri
Come si accenderebbe veramente a Sanremo?
Il Festival di Sanremo consente ogni anno a otto giovani cantanti di accedere al palco dell'Ariston e di cantare in diretta TV davanti a milioni di spettatori in tutto il mondo. La selezione degli otto talenti avviene attraverso due strade: una organizzata direttamente dalla commissione RAI, l'altra attraverso un concorso chiamato Area Sanremo organizzato dal comune di Sanremo. Come rivela uno dei giudici che hanno fatto parte più volte della commissione giudicatrice di Area Sanremo, le pressioni sui giudici e sull'organizzazione sono molto forti e sarebbero finite anche in tentativi di corruzione. Nel 2014 di fronte all'esclusione dalla fase finale, due concorrenti di Area Sanremo fanno accesso agli atti e scoprono che la loro esclusione è anomala e che ci sarebbero state circostanze oscure nella selezione dei finalisti.
Le etichette dei prodotti alimentati
La scorsa
settimana Report aveva messo a confronto il sistema di
etichettatura francese, il Nutriscore, che usa la metafora del
semaforo che, in base alle indicazioni raccolte dagli utenti
intervistati nel corso del servizio, sembra più semplice da
comprendere rispetto al modello scelto dall’Italia, il
Nutrinform.
In Francia, oltre a Nutriscore, hanno sviluppato una
App Yuka (scaricabile anche in Italia), che assegna un punteggio agli
alimenti in base all’etichetta, segnalando anche gli additivi
pericolosi, in base ad un principio di precauzione. Basta selezionare
con lo smartphone il codice a barre del prodotto per scoprire cosa
c’è dentro: nel suo Database sono schedati circa 4 ml di codici a
barre, prodotti alimentari ma anche cosmetici. Il punteggio finale
che da al prodotto è basato sulla qualità nutrizionale, gli
additivi e la dimensione biologica per avere così una visione
globale. L’algoritmo si basa su fonti scientifiche che sono tutte
menzionate nell’applicazione.
Lucina Paternesi ne ha chiesto
conto alla dottoressa Renata Alleva, nutrizionista: “su questo
punto i francesi stanno lavorando molto, noi non abbiamo una
regolamentazione che ci fa capire quant’è la tossicità legata al
cocktail che noi abbiamo.. ”
Questa app è finita in tribunale
a causa della reazione delle industrie degli insaccati.
La scheda del
servizio: Tutti
contro Yuka
di Lucina Paternesi e Giulia Sabella
Immagini di Davide Fonda
Montaggio di Sonia Zarfati
Grafiche di Giorgio Vallati
Come finirà la guerra delle etichette?
Non solo Nutri-score e NutrInform Battery, la battaglia delle etichette diventa sempre più hi-tech. Per invogliare i cittadini a prendere confidenza con la proposta di etichetta fronte-pacco di stampo italiana, il Ministero dello Sviluppo economico ha lanciato lo scorso luglio un’applicazione per smartphone con cui scansionare i codici a barre dei prodotti, ma funziona? In Francia, invece, sulla base dell’etichetta a semaforo qualche anno fa è nata Yuka, l’app che assegna un punteggio agli alimenti segnalando anche gli additivi pericolosi in base al principio di precauzione. Oggi più di 35 milioni di utenti l’hanno scaricata in tutto il mondo perché nei suoi database sono schedati oltre 4 milioni di codici a barre: alimenti ma anche cosmetici. I giudizi più severi sono riservati proprio agli alimenti ultra-processati e agli insaccati: prosciutti, salami e carni trasformate sono sempre giudicati negativamente dall’app, proprio per l’eccessivo utilizzo di additivi e sale da parte dell’industria. La reazione non si è fatta attendere e la Federazione francese degli industriali della salumeria ha trascinato la start up in tribunale.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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Mi raccomando, siate umani