Arrivava correndo nella pioggia, scalza. Il riflesso liquido dell’insegna al neon e dei semafori schizzava via sotto i piedi in corsa. Lei e la sua immagine sull'asfalto bagnato fuggivano simile a gemelle siamesi unite in modo bizzarro, i piedi a contatto coi piedi riflessi su lucido asfalto bagnato, pozzanghere di rosso e di verde, di arancione e di azzurro che spruzzava in sua macchiare le gambe col fango della città.
Sanguinava.
Sanguinava da una ferita sulla guancia destra e sanguinava dai tagli alle dita e ai Palmi di tutte e due le mani. Il davanti del vestito era stato strappato, e mentre correva lei cercava di tenere accostati, a coprire il reggiseno, i lembi della stoffa.
Pioveva dalle dieci. Adesso la pioggia non era né violenta né fitta, si era trasformata in gocce minuscoli che facevano salire dalla strada una specie di nebbia leggera. In distanza i globi Verdi dell'87° Distretto brillavano tra la pioggia e la nebbia.
I gialli di Ed McBain che ho letto finora, scontando il peccato di aver trascurato per anni questo scrittore, non mi hanno mai deluso. Anche questo, “Parenti di sangue” (Blood relative il titolo originale, pubblicato nel 1975) conferma la regola: ci troviamo di fronte ad un delitto particolarmente cruento che viene raccontato, in presa diretta, con gli occhi degli agenti investigativi che dovranno seguire il caso.
C’è
una ragazza che in una mattina di pioggia si presenta all’87
Distretto tutta insanguinata e col vestito strappato: si chiama
Patricia, ha quindici anni al poliziotto che l’accoglie, Bert
Kling, racconta di essere stata aggredita in un androne dove si era
rifugiata per la pioggia, da un uomo che prima ha accoltellato la
cugina e poi cercato di uccidere lei.
In
parallelo, un agente di pattuglia mentre sta imprecando per quella
pioggia che gli ha inzuppato le scarpe, nel suo giro scorge una mano
che spunta da un androne. È una ragazza che, dai segni lasciati sul
corpo, è stata uccisa a coltellate, il sangue è schizzato su tutte
le pareti.
Ancora non lo sa, non può saperlo, che si tratta
dello stesso delitto di cui Bert Kling sta raccogliendo le prime
informazioni al distretto: così l’agente di pattuglia chiama il
Distretto che assegna il caso a Steve Carella.
Al
distretto arriva anche una telefonata della signora Liliam Lowery: la
figlia e la nipote, Patricia e Muriel, sono andate ad una festa
dovevano tornare alle dieci ma non sono ancora tornate a casa (siamo
negli anni settanta e non c’erano i cellulari dei giorni
nostri).
Una denuncia per violenze, un corpo di una giovane
ragazza trovata morta e una madre preoccupata per la figlia e la
nipote: i tre casi sono destinati a riunirsi in un’unica indagine,
seguita da Steve Carella che si mette scrupolosamente ad indagare.
Prima la scena del crimine, la ricerca di impronte, dell’arma del delitto casomai l’assassino l’avesse gettata poco distante per sbarazzarsene; poi la raccolta del parere del medico legale (c’è stata anche violenza sessuale su quella ragazza?) che lascia all’agente il suo parere, tutte quelle coltellate, in quel modo furioso, sono opera di un sadico.
Infine,
la testimonianza di Patricia, sopravvissuta all’agguato: il suo
racconto è estremamente dettagliato, l’uomo – bianco – che le
ha aggredite e che ha ucciso la cugina Muriel, era alto e aveva gli
occhi azzurri.
C’è un primo indiziato, scoperto da
altri agenti in pattuglia attorno alle strade dove è avvenuto il
delitto: si tratta di un uomo che stava dormendo per strada e che di
fronte alle domande degli agenti, cerca di aggredirli. Potrebbe
essere il colpevole lui? No, è scagionato da un incredibile alibi,
mentre Muriel veniva accoltellata, stava picchiando la moglie..
perché ogni tanto scappa, “sanguinava parecchio quando sono uscito
di casa, ma non voglio guai con la legge.”
Non è un
assassino, solo uno dei tanti, troppi, uomini violenti. Che
andrebbero curati.
Il lavoro di indagine va avanti: l’autore
ci racconterà di come procedono questo tipo di indagini passo dopo
passo, portandoci dentro il distretto e perfino dentro la vita degli
agenti, costretti a convivere con tutto il male del mondo, cercando
di tenerlo fuori dalla vita privata.
Un altro passaggio
fondamentali in casi come questi è sentire tutte le persone del
Distretto condannate per reati di violenza contro le donne (o
minorenni): questa procedura porta ad un altro possibile assassino,
si tratta di un uomo bianco, con una condanna per violenza contro
minori, che ha pure gli occhi azzurri.
L’uomo che la ragazza toccò su una spalla era un agente investigativo con diciassette anni di anzianità di servizio che era stato trasferito all’87 Distretto un mese prima.
Ma ancora una volta questa si rivelerà un buco nell’acqua: messo a confronto con Patricia, la testimone, per il classico “confronto all’americana”, quest’ultima riconosce un altro uomo. Un poliziotto che non ha niente a che fare con questa brutta storia..
Succede,
coi testimoni: un poliziotto con qualche anno di esperienza sul
campo, le sa queste cose. I testimoni, anche quelli che si dicono
sicuri di saper riconoscere la persona, che dicono di aver visto
tutti quei dettagli, poi alla prova dei fatti spesso si sbagliano.
Questo riconoscimento sbagliato però riduce la credibilità di
Patricia, siamo sicuri che quella sera abbia veramente visto in
faccia l’assassino della cugina? Il lampione davanti l’androne
era rotto, quando è passato l’agente di ronda.
Nel
frattempo, accadono diversi eventi che cambiano il corso delle
indagini: per prima cosa viene ritrovato il coltello con cui sono
state colpite Patricia e Muriel. E non si tratta di un coltello
qualsiasi, non è stato comprato in un negozio. Sarà un primo
tassello che metterà Steve Carella sulla pista giusta.
Poi è
Patricia, che, come un fulmine a ciel sereno, decide di cambiare la
sua deposizione. No, l’assassino non è più quell’uomo con gli
occhi azzurri (ma allora, da dove ha preso l’ispirazione per questo
finto assassino? Come mai ha scelto proprio quel particolare per
quell’assassino?).
Infine, è sarà questa la scoperta
più importante, frutto anche del caso, perché a volte per risolvere
un caso serve anche un pizzico di fortuna: è la scoperta del diario
di Muriel, ritrovato in una discarica dal Tom “il re del mondo”,
un senzatetto che vive di quanto ritrova nell’immondizia che i suoi
concittadini buttano via e che per lui costituisce una sorta di
donazione.
.. si sedette su una poltrona sventrata, e alla luce del tardo pomeriggio cominciò a leggere un libro rilegato in pelle rossa.
Sulla prima pagina lesse le parole stampate che dicevano: “Questo è il diario di.” E sotto, scritto a mano sopra l’apposita riga punteggiata, lesse:
“Muriel Stark.”
Il nome gli suonò familiare. Muriel Stark. Senza dubbio era una sei suoi sudditi.
La
lettura del diario, consegnato prontamente agli agenti dell’87
Distretto e poi all’agente incaricato, Carella, darà gli ultimi
elementi per chiudere il caso.
E capiremo anche noi perché quel
titolo, Parenti di sangue.
Dentro
questo giallo c’è dentro il lavoro del poliziotto, non eroe o
superman, ma un uomo che si affida al suo intuito, all’esperienza,
per portare avanti al meglio il suo lavoro. Che è un lavoro che
rischia di pesare anche nella vita privata, dentro le mura di casa.
Ed McBain ci mostra passo passo come funzionano questo genere
di indagini, come si muovono i poliziotti, con i presunti
responsabili (e i diritti che devono essergli riconosciuti), con le
vittime che si porteranno sempre dentro il loro dolore, coi
testimoni.
Perché ogni delitto, come questo di una ragazza
uccisa in un androne di un palazzo in ristrutturazione, finita dentro
un amore inseguito, poi diventato soffocante, racconta quanto può
essere profondo e vicino a noi, il male.
C'è, a metà racconto, un passaggio interessante sul tema della libera circolazione delle armi in America, sulla presunta maggior sicurezza che deriverebbe dall'avere più armi e di come, invece, questo costituisca un problema a cominciare dai poliziotti stessi:
Nonostante quello che l'associazione nazionale armaioli proclamava sul diritto di ogni e qualsiasi uomo di possedere armi e di andarsene allegramente per i boschi e divertirsi cacciando, a Carella, come ogni altro poliziotto di quella città, sarebbe piaciuta, sopra ogni altra cosa, una legge che proibisse a ogni privato cittadino, di possedere o portarsi a spasso un'arma da fuoco di qualsiasi genere e per qualsiasi scopo. Ma i poliziotti non hanno gran voce in capitolo a Washington, anche se sono loro che quotidianamente raccolgono tempesta mentre i fabbricanti d'armi, che seminano vento, raccolgono invece grossi profitti.
Questo libro non si trova in vendita negli store online (almeno, io non l’ho trovato): potete trovarlo usato su Ebay
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Mi raccomando, siate umani