31 agosto 2024

Anteprima Presadiretta – Casa verde quanto ci costi?

Il governo italiano (quello dei patrioti) assieme al governo unghereseha votato contro la direttiva dell’Unione Europea “case green”: sarebbe un salasso per le tasche delle famiglie italiane – è stata la giustificazione presa.

Ma è proprio vero che questa direttiva peserebbe tanto sulle tasche degli italiani? Presadiretta è andata a verificare cosa c’è dietro questa proposta, quali i costi e quali i vantaggi, per l’ambiente e per i proprietari delle case (in termini di minori spese energetiche): un fact checking che partendo dalla direttiva, che vorrebbe rendere le nostre case più efficienti, è andato poi a vedere come sta messo il patrimonio immobiliare degli italiani, come sono fatte (male) le nostre case e cosa invece potremmo fare.

Le nostre case sono un colabrodo, disperdono tutta l’energia – racconta l’anteprima del servizio che potete trovare sui canali social della trasmissione: significa che già oggi noi italiani paghiamo più di quanto dovremmo ogni anno per riscaldarle in inverno e per raffreddarle in estate. Lo spiega bene a Presadiretta Nicola Armarolo, ricercatore del CNR tra i tanti scienziati italiani impiegati da anni nel lavoro di divulgazione scientifica a favore della transizione energetica.


Secondo il ricercatore, questo progetto per le case green è un’opportunità, oltre che un costo:

Non possiamo far passare il messaggio assurdo e inconsistente, privo di qualsiasi significato, che le pompe di calore e la transizione energetica sia una roba da ricchi. La domanda è, le bollette che gli italiani hanno ricevuto negli ultimi tre anni sono da poveri? Dal 2021 al 2023, lo Stato per venire incontro alle bollette impazzite [ovvero per chi ha speculato sull’energia] degli italiani, cittadini e imprese, ha speso 119 miliardi di euro. Questi sono soldi che sono diventati immediatamente debito, che pagheremo noi, i nostri figli e i nostri nipoti. Quindi il sistema attuale già costa. Quelli che stanno lottando contro i poveri e contro i più deboli sono esattamente quelli che non vogliono cambiare il sistema energetico, non vogliono le pompe di calore, non vogliono le auto elettriche e tutto il resto. Senza dimenticare 70 anni di guerre per il petrolio e per il gas. Il punto è che [le case green] non è un costo, questo è un altro messaggio devastante che viene dati, noi stiamo parlando di investimenti, perché l’idea è migliorare le nostre case, in questo modo aumenterà il valore degli immobili, diminuiranno le bollette e avremmo anche delle case che ci permetteranno di affrontare le estati che conosciamo. Ormai vivere in alcuni contesti immobiliari d’estate è diventato impossibile, soprattutto per le persone più deboli come gli anziani. Quindi noi dobbiamo cambiare le nostre case anche per questo motivo. E qui entra in campo il legislatore: negli ultimi anni abbiamo speso 7000 miliardi di dollari in sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili, incluso il metano. Vuol dire 19 miliardi al giorno: vuol dire che i soldi ci sono, si tratta di decidere dove li vogliamo investire.”

Con questa direttiva si vuole diminuire la spesa energetica per le nostre case del 16%, perché gli edifici in Europa consumano e inquinano tantissimo, sono responsabili del 40% dei consumi energetici e del 36% delle emissioni climalteranti europee: ci sono delle stime sui costi che dovremmo sostenere nei prossimi 5 anni per questa riduzione, oscillano dai 100 ai 600 miliardi di euro, ma sono stime realistiche? Il problema è che questa direttiva oltre ad aver suscitato forti reazioni negative, polemiche spesso accompagnate da fake news, che trovano una vasta platea in quanto il nostro paese è in larga parte costituito da possessori di case.
Ma sono case vetuste, vecchie, in Italia il 74% di queste appartengono alle peggiori classi energetiche (le classi F e G), in totale 5 ml: a Roma ci sono quartieri grandi come città e popolosi come province che sono stati costruiti prima del 1975, anno della prima legge che ha preso in considerazione l’efficienza energetica.


Presadiretta mostrerà in esclusiva uno studio del Politecnico di Milano (che verrà diffuso in autunno) dove si mostrano le immagini dei palazzi a Milano la notte, uno studio termografico che mostra la loro dispersione energetica: dove l’immagine è rossa significa che tutta l’energia immessa è poi sprecata, soldi buttati, perché spendiamo in energia il 90 per cento più del necessario.
Lo studio racconta poi che laddove si è intervenuto sul patrimonio pubblico, con soluzioni tecnologiche (ne esistono per tutte le tasche), queste case diventano meno costose per il riscaldamento (o il raffreddamento), servirà meno energia per loro, che potrà arrivare anche da fonti rinnovabili.
Ma quanto ci costa? Come ha raccontato lo scienziato Armaroli, già oggi spendiamo più del necessario per l’inefficienza delle case, per i sussidi ai fossili, per aiutare le famiglie con le bollette. È solo una questione di volontà politica, non mancano i fondi da cui poter attingere.

E non mancano nemmeno gli strumenti per farlo: Lombardini22 è uno degli studi di architettura e ingegneria in Italia dove lavorano professionisti focalizzati sull'efficienza energetica, tra cui Elena Stoppioni, Direttrice ESG che Alessandro Macina ha intervistato proprio su questo argomento.

Gli architetti di Lombardini22 hanno mostrato i cantieri in città per illustrare cosa significa costruire edifici a basse o zero emissioni, in classe A, come richiesto dalla direttiva per le nuove costruzioni. Riscaldamento, raffrescamento e acqua calda sanitaria sono garantiti da un unico impianto condominiale elettrico, eliminando la necessità di bruciare combustibili fossili.

Elena Stoppioni ha sottolineato che l'efficienza energetica non è solo un contributo significativo alla riduzione dell'inquinamento, ma anche un modo per migliorare l'efficienza delle abitazioni. Gli edifici efficienti richiedono meno energia per riscaldare o raffreddare, grazie a soluzioni come involucri isolanti, infissi performanti e sistemi domotici.

Stoppioni ha inoltre risposto alle preoccupazioni sui costi degli interventi di efficientamento energetico, affermando che tali interventi possono essere accessibili a tutte le tasche. Ha ribadito che la direttiva europea rappresenta un'opportunità per vivere meglio e risparmiare nel tempo.

Presadiretta ha visitato il festival Ecofuturo dove sono state presentate le novità tecnologiche in tema di bioedilizia, ma al festival quest’anno è stato dedicato ampio spazio anche alle comunità energetiche e alle tecnologie per case efficienti, come i pannelli solari da balcone, già molto diffusi nel nord Europa, facili da installare e senza permessi.

Ci sono poi i cappotti termici a basso costo, realizzati con la tecnica del “cappotto invisibile”, cioè l’insufflaggio, nelle intercapedini e nei sottotetti, di materiali isolanti naturali (che non si incendiamo facilmente, come i cappotti spesso usati oggi nell’edilizia), ottenuti dal riciclo della carta o del vetro. Tutto questo permette di guadagnare da tre a quattro gradi di temperatura d’inverno ma soprattutto avere una temperatura più confortevole anche d’estate, di due o tre gradi più fresca. Oggi sul mercato sono disponibili anche materiali innovativi per l’edilizia come la calce-canapa (di cui se ne era già occupata questa primavera un servizio della trasmissione di Sabrina Giannini, Indovina chi viene a cena), che va ad agire sull’isolamento, sull’acustica e sulla regolazione dell’umidità, trattandosi di un materiale anche molto traspiranti.

Altro team di cui Presadiretta si occuperà è quello della speculazione sul prezzo delle case, con gli affitti nelle grandi città che sono schizzati fino a 700 euro al mese per una stanza singola.

Ci sono le case che disperdono energia, ovvero soldi nostri, è ci sono anche case che si muovono, come ai Campi Flegrei, sottoposte da più di un anno da decine di migliaia di scosse: cosa dobbiamo fare per renderle antisismiche e salvare la vita alle persone che ci abitano?
Il servizio racconterà degli studi che sta facendo qui l’Università Federico II, attraverso il Centro Studi PLINIVS (Centro Studi di Ingegneria Idrogeologica, Vulcanica e Sismica) che è una struttura del Centro Interdipartimentale di Ricerca LUPT dell'Università federiciana. Nel corso degli ultimi 30 anni sono stati raccolti sull’ambiente e su quanto è stato costruito, sia a livello regionale che nazionale, sono stati sviluppati diversi modelli di simulazione probabilistica per valutare gli impatti dei rischi naturali e questo a consentito di costruire un database geografico (GIS) che contiene sia i dati della popolazione che una classificazione delle tipologie di costruzioni, oltre che le reti di trasporto. Questo database servirà ad identificare le zone più a rischio per intervenire in modo tempestivo.
Sempre alla Federico II, al Laboratorio Di Tecniche Avanzate sui Materiali e sulla Messa in Sicurezza degli Edifici afferente al DIST, si è concentrata la ricerca delle tecniche con cui aumentare la resistenza dei materiali a seguito dei terremoti “con l'utilizzo di tessuti a fibre di carbonio che si dispongono attorno ai pilastri per avere un incremento di prestazioni sismiche con interventi non invasivi utilizzabili anche su edifici vulnerabili.”

Altri argomenti di cui si occuperà il servizio sono gli impatti del Superbonus, che ad oggi ha riguardato appena il 4,2 per cento del patrimonio immobiliare italiano: cosa non ha funzionato nei controlli? E di chi è la responsabilità politica?
E, infine, il test elettorale in Germania, dove il partito di estrema destra AFD ha portato avanti una battaglia contro la transizione ecologica che ha preso di mira le pompe di calore. Quanto ha pagato questa retorica anti ambientalista in termini elettorali?

La scheda del servizio:


Tornano le inchieste di Riccardo Iacona con “PresaDiretta”, in onda da domenica 1° settembre alle 20.35 su Rai 3. La serata si apre con “Aspettando PresaDiretta” che, con ospiti e filmati, si occuperà dell’emergenza nell’area flegrea dove vivono 800 mila persone. I modi per rendere antisismiche le case ci sono, ma con quali soldi? Gli ultimi aggiornamenti sulla situazione, in collegamento da Bacoli, con il sindaco Josi Gerardo dalla Ragione. Obiettivo, inoltre sull’emergenza abitativa che dilaga a livello nazionale. La speculazione sugli affitti brevi satura il mercato: ci sono sempre meno case e sono sempre più care. Riccardo Iacona ne parlerà in studio con Filippo Celata, professore di Geografia economico-politica dell’università La Sapienza di Roma. Alessia Bongarzone, madre single, racconterà invece le difficoltà di vivere nella Capitale, con il 60% dello stipendio che se ne va per l’affitto.

Alle 21.25, quindi, “PresaDiretta” proporrà l’inchiesta “Casa verde quanto ci costi?” di Riccardo Iacona, con Cecilia Carpio, Marianna De Marzi, Alessandro Macina, Emilia Zazza, Eugenio Catalani, Fabrizio Lazzaretti, Massimiliano Torchia. La direttiva europea Case Green fissa l’obiettivo di ridurre del 16 per cento la dispersione energetica. Le stime sui costi per adeguarsi, nei prossimi 5 anni, oscillano dai 100 ai 600 miliardi di euro. Quanto denaro serve davvero? Tra gli strumenti sperimentati: ecobonus, bonus sisma e il contestato 110. Un superbonus che doveva favorire grandi condomini di periferia e famiglie poco abbienti. A oggi ha riguardato appena il 4,2 per cento del patrimonio immobiliare italiano. Che cosa non ha funzionato? E di chi è la responsabilità politica? Eppure le soluzioni tecniche ci sono. “PresaDiretta” è andata a vedere le incredibili novità tecnologiche dell’edilizia green e, in anteprima, uno studio del Politecnico di Milano sulla dispersione termica. Una risposta arriva anche dal basso, dai cittadini solari come quelli incontrati vicino Bologna e a Roma, che autoproducono e si scambiano tra loro tutta l’energia di cui hanno bisogno, rinnovabile naturalmente. Dalla Germania, invece, la battaglia del partito di estrema destra tedesco Afd contro la transizione ecologica che ha preso di mira le pompe di calore, e la campagna elettorale in Sassonia e Turingia, che proprio domenica andranno al voto. Con la giornalista di "La Repubblica" Tonia Mastrobuoni, in collegamento da Berlino, l’analisi dei primi risultati nei due Laender tedeschi.


CASA VERDE QUANTO CI COSTI? è un racconto di Riccardo Iacona, con Cecilia Carpio, Marianna De Marzi, Alessandro Macina (nella foto), Emilia Zazza, Eugenio Catalani, Fabrizio Lazzaretti, Massimiliano Torchia.


Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

30 agosto 2024

Se i morti non risorgono, Philip Kerr


Parte prima, Berlino 1934

Era uno di quei rumori che provengono da lontano e che possono essere scambiati per qualcosa di diverso: una sudicia chiatta che sbuffa lungo la Spree; il lento movimento di una locomotiva sotto il grande tetto a vetri della stazione di Anhalter; il respiro caldo e frequente di un drago enorme, come se uno dei dinosauri di pietra dello zoo di Berlino avesse preso vita e si trascinasse lungo Wilhemstrasse. Finché non ci si rendeva conto che si trattava di una banda militare era difficile riconoscerlo, e anche a quel punto sembrava troppo meccanico per trattarsi di musica prodotta da esseri umani.

Probabilmente, di tutti i romanzi scritti da Philip Kerr con protagonista l’investigatore berlinese Bernie Gunther, questo è il più complesso e articolato, come trama, come racconto. Le 560 pagine abbracciano un periodo ampio, dalla Berlino del 1934 coi tanti cantieri per le opere destinate a celebrare il trionfo del reich millenario e di Hitler, per le Olimpiadi del 1936. Fino all’Avana del 1954, ai tempi del presidente Batista, dove il protagonista si ritroverà a stilare un bilancio della sua vita.

Nella prima parte del racconto troviamo Bernie Gunther che se ne è già uscito dalla Kripo, la polizia criminale, dopo l’arrivo al governo del partito nazionalsocialista di Hitler. Meglio andarsene con le proprie gambe che essere cacciato, di piegarsi ai desiderata della polizia nazista, nemmeno a parlarne.

Ero stato costretto a dare le dimissioni dal mio lavoro di investigatore capo della KRIPO – un lavoro che amavo – e a sentirmi come un paria per la mia adesione alla vecchia Repubblica di Weimar.

Ma anche adesso, che è un
detective dell’hotel Adlon, non mancano certo altri problemi coi nuovi padroni della Germania: esprimere un dissenso contro Hitler per strada poteva essere pericoloso, come capiterà al protagonista nelle prime pagine.
Ma
c’è anche di peggio: in quella Germania sono in vigore le leggi che discriminavano i cittadini di religione ebraica (o che discendevano da ebrei), come nel caso di Bernie con la sua nonna ebrea e di tanti altri tedeschi cacciati dai luoghi di lavoro, dai sindacati.
Ma era anche la Germania dove nelle strade sfilavano le bande, i militi delle SS (la notte dei lunghi coltelli era avvenuta sei mesi prima con l’eliminazione dei cugini delle SA), “Germania svegliati!” era scritto sui cartelloni del partito nazista:

.. sembrava che, immersi nel nostro sonno, marciassimo a passo dell’oca verso un disastro terribile, anche se ancora ignoto.

Le leggi di Norimberga, approvate poi nel 1935 (chiamate ipocritamente leggi del sangue, ovvero leggi a tutela del sangue tedesco), renderanno ancora più difficile la vita agli ebrei tedeschi.

Anche all’Adlon, dove Bernie è l’investigatore dell’albergo, non mancano problemi:

Come a tutti i detective dell’Adlon mi veniva richiesto di tenere fuori dall’albergo teppisti e assassini. Ma questo poteva anche risultare difficile quando i teppisti e gli assassini erano funzionari nazisti. Qualcuno di loro, come Wilhelm Frick, ministro degli Interni, aveva persino scontato una condanna penale.
Ad un ospite americano, Max Stiles, un imprenditore venuto a Berlino per cercare di stringere affari per le Olimpiadi, è stato rubato un oggetto nella sua stanza. Si tratta di una scatola, un pezzo di una collezione cinese, dall’alto valore artistico e storico risalente alla dinastia Ming: come ha fatto questa persona ad entrarne in possesso? E come mai questo interesse per recuperarlo?
Sempre all’Adlon, viene scoperto il cadavere di un altro imprenditore, tedesco questa volta, che sembra morto per un malore dopo una notte passata con una prostituta:
Herr Rubusch era ancora a letto. Speravo che si svegliasse gridando di andarcene e di lasciarlo dormire, ma non lo fece..
Rubush era presente la sera prima ad una festa organizzata dal comitato olimpico, un comitato che di sportivo aveva ben poco, essendo solo un veicolo della propaganda nazista.
Un furto di un pezzo di una collezione cinese, un ospite trovato morto nella sua stanza: Bernie dovrà occuparsi anche di un caso irrisolto, un cold case, come favore personale che gli viene chiesto dal capo della Kripo di Berlino, che gli chiede di fare da mentore ad un giovane investigatore della polizia criminale senza esperienza.
Si tratta di uomo trovato annegato dentro un canale di cui non si conosce nemmeno l’identità.


Investigando su questi casi, Bernie scopre che non si tratta di episodi isolati ma che in realtà sembrano nascondere delle verità imbarazzanti che toccano proprio le opere in cantiere per le prossime Olimpiadi.
Ci sono forti interessi, nella Germania di Hitler, affinché tutti i lavori procedano spediti e si concludano per tempo,
nei due anni che mancano prima che la fiamma portata da Atene incendi il braciere nel nuovo stadio di Berlino.

Ma, soprattutto, è importante che si vincano le remore del governo Americano nei confronti dei giochi in Germania, mostrando che non è vero che in questo paese ci siano discriminazioni, se non peggio, nei confronti dei cittadini ebrei. Non basta far sparire le vignette dello Sturmer, serve oliare il meccanismo, magari nei confronti del presidente del comitato olimpico americano, Avery Brundage, che, infatti, dopo aver visitato la Germania aveva stabilito che di discriminazioni non ce ne fossero. Brundage riceverà poi l’incarico di costruire l’ambasciata tedesca a Washington, ma poi gli eventi della guerra bloccheranno questo progetto.

C’è una giornalista americana ospite all’Adlon, che deve scrivere un articolo sul suo giornale proprio su queste olimpiadi: ha un interesse particolare per questa storia, essendo anche lei, Noreen Charalambides, di origine ebrea, vorrebbe scrivere di tutto il marcio che sta dietro quest’opera di propaganda che il governo nazista sta allestendo per nascondere le violenze e gli omicidi contro gli oppositori, contro gli ebrei. Come anche l’esclusione dalla squadra olimpica tedesca di tutti gli atleti ebrei, non degni di rappresentare la grande Germania.

Un’Olimpiade senza l’America non avrebbe senso. Ecco perché il boicottaggio sarebbe una cosa importante: perché se i giochi non si tenessero qui sarebbe il colpo più duro che potrebbe ricevere il prestigio nazista all’interno della Germania.

Mrs Charalambides seguirà Bernie Gunther nelle sue indagini, anzi, lo assumerà proprio come investigatore: intuisce che i casi che l’investigatore sta seguendo, il furto denunciata da quell’imprenditore americano che si comporta come un gangster di Chicago, quel corpo ritrovato in un canale (che appartiene ad un pugile ebreo) fino alla morte di Herr Rubusch, una morte per aneurisma secondo il medico, sono legate ai veri “giochi” che stanno dietro le Olimpiadi.

«Mi chiedevo…», disse Mrs Charalambides, «mi chiedevo se lei potesse essere così gentile da aiutarmi a scoprire qualcosa su Fritz. Come una specie di investigatore privato. Come può rendersi conto parlo discretamente il tedesco ma non saprei orientarmi in questa città. Berlino per me rappresenta una sorta di mistero».

Ma ci sono misteri che sono pericolosi, che è meglio non toccare, meglio rimanerne fuori, perché c’è il rischio di prendersi una pallottola, o di finire in fondo ad un fiume con una pietra legata ai piedi. Bernie, che si è lanciato in queste indagini come un “cavaliere del cielo”, verrà messo di fronte ad una scelta, pur di salvare Noreen, di cui si è innamorato, dovrà vendersi un altro pezzetto della sua anima, non al diavolo, ma a qualcuno che ci assomiglia molto.

PARTE SECONDA
L’Avana, febbraio 1954
Quando il vento soffia da nord, il mare si frange sulla muraglia di Malecón come se si scatenasse da un assedio che tenta di rovesciare L’Avana con una rivoluzione.
Dopo vent’anni, dopo essere finito sul fronte russo con le SS, la fuga dal treno che lo stava portando in una prigione in Siberia, la parentesi viennese negli anni della Germania e dell’Austria in macerie, dopo la fuga in Argentina (per scampare ad una condanna), incontriamo nuovamente Bernie Gunther a l’Avana sotto l’identità del signor Carlos Hausner.
A l’Avana si è più o meno integrato, confondendosi in mezzo ai tanti americani venuti sull’isola per le sale da gioco, i locali dove vendere droga e sesso a poco prezzo.
Ma il signor Hausner non ha ancora rinunciato al sogno di tornare in Germania, magari non proprio a Berlino, finita nelle mani dei russi.
Ma il destino ha scelto per Bernie altre strade: sull’isola si ritrovano alcuni dei protagonisti della vicenda berlinese di venti anni prima, la ancora bella scrittrice americana Noreen Charalambides, ospite nella villa di Hemingway assieme alla giovane figlia Dorah.
E, soprattutto, quell’uomo d’affari che sembrava un gangster (e che alla fine lo era proprio) Max Reles: tutti sembrano aver voglia di dargli un incarico, Noreen che vuole che controlli la figlia, Reles invece gli offre un incarico nel suo albergo e nel suo casinò. Chi meglio di un ex investigatore, che non aveva paura di fare le sue battute anche nei momenti meno opportuni, per tener d’occhio le casse di Reles?

Come si è detto, il destino per Bernie ha altri piani, l’idea di tornare in Germania e di mimetizzarsi con quel nome da argentino, non potrà avverarsi.
Ancora una volta si troverà di fronte a fare un patto col diavolo, come successo anni prima con Goering, con Heydrich, pur di salvare sé stesso e chiudere vecchi conti col passato

Dici a te stesso che puoi mettere da parte i tuoi principi e stringere un patto con il demonio solo per tenere lontano i problemi e rimanere vivo. Ma lo devi fare troppo spesso, e così ti trovi a dimenticare quali fossero quei principi.

Sull’isola di Cuba, dove la rivoluzione castrista sta prendendo piede nonostante il controllo della Cia e della polizia, Bernie Gunther si ritroverà a fare un bilancio della sua vita

Alcuni di noi muoiono nell’arco di un giorno. A uno come me ci vuole un tempo più lungo. Forse anni. È vero, tutti moriamo, come Adamo, solo che non a tutti è concesso tornare a vivere come a Ernest Hemingway. Se i morti non risorgono, cosa accade all’anima umana? E se non risorgono, con che corpo ritornano a vivere?

Se i morti potessero risorgere, pensa Bernie, forse varrebbe la pena di farsi uccidere.

“Se i morti non risorgono” è un romanzo complesso, capace di raccontare con accuratezza di dettagli della Germania nazista, negli anni in cui il popolo tedesco era indotto a seguire il suo pifferaio di Hamelin verso il baratro, con tutti i retroscena sulle Olimpiadi (quelle che, per un ennesimo gioco del destino, videro celebrare il trionfo di un atleta di colore, Jesse Owens), fino all’Avana degli anni precedenti all’arrivo al potere di Castro, quando era un’isola nelle mano della mafia. Tutto questo viene raccontato con gli occhi del poliziotto Bernie Gunther, un investigatore in perfetto stile hard boiled, come nei romanzi di Raymond Chandler o Dashiel Hammett (autori tra l’altro citati nel racconto): cinico, con un umorismo tagliente usato anche come arma, intelligente, sufficientemente onesto per guardarsi allo specchio.

Berlino, la mia città Natale, era riconoscibile a stento. Prima era il luogo più libero del mondo. Adesso sembrava una vera e propria piazza d’armi.

Le dittature sembrano sempre buone finché qualcuno non comincia a darti ordini.

La scheda del libro sul sito di Fazi editore
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La porta di George Simenon

 

Come in molte vecchie case del quartiere le finestre, alte strette, scendevano fino a 30 centimetri dal pavimento e arabeschi in ferro battuto reggevano la sbarra del davanzale. Attraverso quegli arabeschi Foy, dalla sua sedia, seguiva più o meno coscientemente il viavai sulla strada.
I racconti di Simenon sanno essere crudeli e stranianti come questo, La porta, scritto nel 1961: in poco più di 140 pagine l’autore mette a nudo le ossessioni e i pensieri inconfessabili che possono nascere dentro una coppia come questa, Bernard e Nelly, sposati da quasi venti anni.
Non sono una coppia come le altre:
lo si comprende già dalle prime battute dove lui segue la moglie mentre va a lavoro in bus.
Bernard infatti è un mutilato avendo perso entrambe le mani passando sopra una mina nei mesi della guerra balorda prima dell’invasione tedesca del giugno 1940.
Il medico che l’aveva preso in cura in quegli anni, Aubonne, viene ancora a visitarlo, mensilmente, come succede proprio in questa mattina.

Non si era mai lamentato. Non si considerava un uomo da compiangere ma, al contrario, una sorta di miracolato perché avrebbe potuto saltare sulla mina tutto intero. All'ospedale militare all'inizio non lo avevano forse giudicato un caso disperato?

E non era un miracolo anche di aver ritrovato Nelly? E che Nelly avesse continuato a vivere con lui non era un altro miracolo?

Non è un malessere fisico quello che sta colpendo Bernard e di cui Aubonne gli chiede conto. Da dove arrivano allora quei giramenti di testa che lo colpiscono di quando in quando?

Anni prima un altro medico gli aveva riscontrato una micro frattura al cranio, probabilmente causata dallo scoppio della mina. Ma il problema di Bernard è un altro ed è legato alla sua vita con Nelly. Si erano conosciuti nel 1940 quando lui era soldato e lei era una mascherina al cinema: aveva imparato a memoria tutti i film, per tutte le volte che era stato in quel cinema, pur di incontrare quella ragazza, magra, che pur di sopravvivere si era dovuta a fare cose umilianti, anche con altri soldati come Bernard.

La loro coppia non era in un certo senso l'opposto delle altre coppie? Era lui ad aspettare che sua moglie tornasse dal lavoro. Era lui a restare tutto il giorno in casa mentre Nelly spariva al mattino, d'inverno nel freddo grigiore all'alba, e passava la maggior parte del suo tempo in un mondo estraneo incontrando persone che Bernard non conosceva...

Ora è lui che deve rimanere a casa, ad aspettare il ritorno della moglie a casa, a cui tocca il compito di fare la spesa e di preparare il pranzo e la cena.

Mentre la moglie lavora in un’azienda di “passamanerie”, incontrando altri uomini, vivendo una vita di cui Bernard è estraneo.
Nelly è felice di questa vita? Si direbbe di sì, vista l’affezione, le cure, gli sguardi di lei. Eppure Bernard si trova a pensare che se accadesse che lei incontrasse un uomo, un uomo vero, che potrebbe soddisfarla come lui non pensa di essere in grado di fare, beh, sarebbe anche disposta ad accettarlo. Ma, e qui Simenon è abile nel raccontarlo nel romanzo, questi pensieri diventano nella testa di Bernard ogni giorno più molesti, ogni giorno più pesanti.

Era possibile che per tutti quegli anni lei fosse stata felice con lui e che lo fosse ancora? Stentava a crederlo e se ne tormentava. Negli ultimi mesi, soprattutto nelle ultime settimane, quel dubbio lo tormentava. Aubonne ci aveva visto giusto. Solo che il suo tormento non assomigliava a ciò che immaginava il dottore.

Bernard, quando non dipinge gli abat-jour con le sue decorazioni, si trova ad osservare la vita degli altri, i vicini nel suo stabile, la vicina che vive nell’appartamento di fronte. Ma si trova anche a seguire mentalmente la sua Nelly, arrivando anche a seguirla una mattina al lavoro.
Arrivando a seguirne i passi mentre scende dal bus, mentre entra nel loro palazzo in rue de Turenne, mentre si ferma in quell’appartamento al primo piano.
Eccolo, il culmine della sua ossessione di gelosia: in quell’appartamento, dietro quella porta con pomolo in maiolica, vive il fratello di una collega di Nelly, bloccato su una carrozzina per una poliomielite, per cui lei fa delle commissioni.

.. ecco che adesso era ipnotizzato da una porta da un pomolo di maiolica color avorio, al punto di aver voglia di toccarlo con l'estremità della protesi. Si sarebbe detto che soffrisse per quello che Nelly sapeva e lui no. Continuò a scendere. La sua sosta in realtà era durata solo pochi secondi.

Si amano, sinceramente e anche fisicamente, Nelly e Bernard. Ma quei pensieri rimangono nella sua testa, quei dubbi sua sua sincerità, quelle domande, quelle ossessioni, come il pomolo della porta del primo piano.
Come le nuvole che si addensano prima del temporale, vediamo la tragedia prepararsi, dentro questa coppia “strana”, perfetta solo apparentemente, ma in realtà dilaniata da quei sospetti, quel non poter raccontare tutti i pensieri.

Non era sgradevole. Un malessere sordo e voluttuoso si insinuava in profondità nel suo corpo e lui aveva voglia di far scoppiare quella sorta di ascesso. Voglia, anche, di parlare a Nelly, di dirle quello che non le aveva mai detto, di liberarsi una volta per tutte di quel groviglio confuso, brulicante, di cattivi pensieri che riaffioravano sempre più spesso.

La scheda del libro sul sito di Adelphi

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29 agosto 2024

La fossa dei lupi di Ben Pastor

 

I promessi sposi è sicuramente Il libro italiano più famoso nella storia italiana: la storia, sulle sponde di quel ramo del lago di Como, del rapimento della promessa sposa Lucia per soddisfare la prepotenza di Don Rodrigo con l’aiuto di un altro signorotto che si riteneva al di sopra della legge per il suo rango.
Gli intrighi, i complotti, il latinorum dell’azzeccagarbugli e l’ignominia del prete di Olate e dall’altra parte il coraggio del cappuccino di Pescarenico, “verrà un giorno!”.
La provvidenza da una parte con la conversione del conte del Sagrato, l’Innominato, e l’intervento del cardinale Borromeo dall’altra.

E poi la peste, a sconvolgere la vita di quel pezzo dell’Italia allora sotto la dominazione spagnola, si era nel pieno diciassettesimo secolo.

Un modo, per Alessandro Manzoni, per raccontare un altra Italia, quella della prima metà dell’ottocento, con la dominazione austriaca del lombardo-veneto.

In questo romanzo la scrittrice italo americana Ben Pastor si cimenta in un arduo compito: scrivere il seguito di questa storia italiana, ambientandola nel 1630, a pochi anni dai fatti raccontati dal Manzoni, partendo da un fatto delittuoso, l’omicidio di Bernardino Visconti, l’Innominato, ucciso da un colpo d’arma da fuoco nella sera tra il 9 e il 10 marzo mentre in sella al suo cavallo, stava facendo una delle sue uscite serali.
Dopo la conversione e il pentimento, per i fatti legati al rapimento di Lucia Mondella, il Visconti aveva dedicato la sua vita e le sue fortune per porre rimedio alle violenze, ai soprusi a cui aveva preso parte nella sua prima parte della vita, assieme ai suoi bravi.
Il delicato compito di scoprire il nome dell’assassino tocca al luogotenente della della Giustizia di Milano, Diego Antonio Olivares.

Nobile spagnolo, uomo di cultura e di spada, avendo combattuto contro gli eretici in Valtellina, ma anche uomo di fede, per il suo proposito di diventare missionario gesuita per andare a cercare il martirio in una di quelle terre lontane e selvagge, le Americhe, il Catai, il Cipango..
C’è una promessa fatta anni prima con la sorella, dietro questa scelta, una promessa fatta con la sorella, Sibilla, ora suor Cattarina, legata ad un episodio della sua giovinezza, una brutta storia di stregoneria della sua Tata, una giovane donna colpevole solo di essere troppo curiosa della vita..

Tocca a questo strano e giovane investigatore, scoprire chi ha sparato quel colpo, sopra Lecco in località Panderduto contro l’Innominato: una delle tante vittime della passata esistenza del Visconti? Questo è il primo sospetto del luogotenente, ma perché colpire a freddo allora, a distanza di anni da quei fatti, ormai passati dopo la conversione (con tanto di medaglietta di San Carlo donata dal cardinale Borromeo)?
Potrebbe essere stato un omicidio nato all’interno di quei bravi di cui i signorotti dell’epoca si servivano per far valere la loro legge nei confronti della povera gente? Con la conversione la bella vita di questi bravi era cambiata, si erano dovuti accontentare della “buonuscita” del Visconti, insufficiente per pagarsi i bagordi nelle osterie e nei bordelli, diventando così una “muta senza collare”.

«Antonio Rivolta.. Chi era costui?»

Olivares, venuto a fare rapporto, sentì le parole stizzite provenire dallo studio dove il capitano di giustizia rimestava, tra le cartacce, grida, proclami e denunce anonime pervenute durante l’ultimo mese. Il nome gli giungeva nuovo..

L’indagine di Olivares diventa un modo per re incontrare i personaggi del racconto manzoniano a cui l’autrice da nuova vita: Lucia e Renzo, ora sposi e in attesa del primo figlio, non più contadini ma proprietari di una filanda nel bergamasco ma ora ad Olate nella vecchia casa di Agnese, vera dominatrice del focolare domestico.
Dal Visconti avevano ricevuto un risarcimento con la promessa di altro denaro per la figlia, che ora dovranno chiedere agli eredi del conte.
Anche don Abbondio è rimasto ad Olate, sopravvissuto come Renzo (e come Olivares) alla peste: il coraggio se uno non ce l’ha, non se lo può dare – così scriveva Manzoni, per descrivere questo curato che si era trovato come un vaso di coccio in mezzo in una storia più grande di lui e che ancora oggi gli ha lasciato tanto rancore e tanto veleno per quei due ragazzi, Renzo e Lucia, per quel tiro che gli avevano fatto quando avevano cercato con l’inganno di farsi sposare.

Molti dei testimoni di quella storia dei “promessi sposi”, quasi sicuramente alla base di questo delitto, sono ormai morti.
Morto per peste quel Don Rodrigo dei Candiani, colpito dal morbo al ritorno da una festa. Morto il cugino Attilio e il conte zio.
Pochi i sopravvissuti, come Gian Paolo Osio, compare delle scorribande di Don Rodrigo, responsabile del ratto di Lucia fuori dal convento di San Margherita a Monza, un convento su cui girano tante brutte voci, raccolte da Olivares, sulle monache e sui rapporti con mondo esterno, in particolare con una di queste, Marianna De Leyva, suor Virginia.
Il conte del Sagrato, come era chiamato l’Innominato, era molto amico di don Ottaviano Gallarati: nel tentativo di avere maggiori informazioni sui rapporti tra don Rodrigo e il Visconti, Olivares incontro la giovane vedova del Gallarati, donna Polissena, una signora colta e intelligente, che da una parte fornisce al luogotenente di vecchi carteggi, dall’altra lo stuzzica col suo fascino.
Per la prima volta il desiderio di farsi gesuita e trovare martirio, come espiazione di un antico peccato, inizia a vacillare per Olivares.
Quanto è lecito per un uomo di fede provare una passione carnale per una donna? Può il giudizio di Dio essere di “manica larga” per tollerare queste passioni fisiche? Forse, come sostiene il suo confessore, figliastro di quel Pizzarro conquistadores delle Americhe, conoscere carnalmente una donna aiuta a comprendere meglio la sua missione in mondi lontani…

Alle porte del giorno, fra i due estremi della villa incantata e del resto del mondo capitanato da Milano, l'equilibrio era instabile, precario. I suoi affetti albergavano là dietro al quarto miglio, mentre il suo incarico e le sue responsabilità, anche le meno piacevoli, lo chiamavano avanti e altrove. Si muoveva verso la città nella bruma impregnata di fumo fra il ricordo della Borghesa [la villa di donna Polissena] e ciò che non l'apparteneva, consapevole - ulteriore causa di sottile malinconia - che da qualche parte la fede in Dio non aveva mai cessato di reclamarlo.

Polissena gli parlava sorridendo del martirio in terra di missione, come se sapesse che intendeva davvero andarci e non ne fosse gelosa. Gli regalava libri in proposito, lo rassicurava discorrendone, ponendosi come pietra miliare lungo quel percorso per rendergli più facile il cammino.
Per tutto ciò Olivares le era grato e non si sentiva in colpa.
Faceva bene? Se le tentazioni di Sant'Antonio, invece di apparire al vecchio eremita come mostri o sirene lascive, gli si fossero palesati in guida di sagge e amiche smagate, avrebbero avuto più speranze di vittorie su di lui.

La giustizia milanese, nel nome del re di Spagna, si deve muovere in modo accorto, cercando di non pestare i piedi alle guardie del cardinale, anche lui desideroso di trovare il responsabile della morte del famoso convertito, usando le corde e gli altri strumenti di tortura per sciogliere le lingue (ed esibire le esecuzioni alla Vetra). Siamo nella Milano che cercava di risorgere dopo la decimazione della peste (un dramma che dovrebbe ricordarci quanto successo nemmeno troppi anni fa con l’epidemia del covid), col contrasto tra l’anima laica del capoluogo del contado e l’anima religiosa, sempre pronta però a indulgere nei peccati dei nobili.
La Milano dove convivevano la borghesia “operosa” meneghina e il lusso sfrenato della nobiltà spagnoleggiante, la superstizione del popolo e l’arte e la scienza di cui è appassionata donna Polissena. La Milano dei fetidi bassifondi e delle locande mal frequentate dove, comunque, uno sbirro come Olivares, deve addentrarsi per trovare le notizie che gli servono.

Finché ci saranno lupi, pensava Olivares, ci saranno trappole. Se siamo fortunati, non sarà vero il contrario.

Questo è l’ultimo pensiero di Olivares, ovvero i lupi (quelli della fossa poco lontano dal luogo dell'agguato e i lupi in forma umana)  dopo aver messo ai ferri il responsabile di quel delitto, con una soluzione che, scrive l’autrice presentando il libro, probabilmente sarebbe piaciuta anche a Manzoni.

Interesse, crudeltà, miseria morale – la morte di Bernardino Visconti derivava da tali cose, eppure egli stesso, in un tragico contrappasso, aveva vissuto per anni di quelle stesse cose.

La scheda del libro sul sito di Mondadori
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


03 agosto 2024

Le colpe storiche dell'estrema destra in Italia

Le parole di Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione delle vittime della strage fascista di Bologna portano dritto alle responsabilità politiche di questa destra che, non potendosi difendere nei fatti (avendo sempre difeso i Nar, sostenendo le piste alternative per Bologna, nonostante la loro infondatezza), attacca Bolognesi colpevole di voler strumentalizzare la storia di Bologna.

Eppure sulle responsabilità di questa destra non si scappa: leggetevi "La ragazza di Gladio" di Paolo Biondani, che mette assieme tutte le stragi nere, da Milano a Brescia (soprattutto), fino a Peteano e Bologna, 2 agosto 1980

In Italia non esiste il concetto di responsabilità politica. Assoluzione con qualsiasi motivazione (tanto le sentenze non le legge quasi nessuno) fa sempre linea con beatificazione. 

Anche la responsabilità giudiziaria è relativa: le condanne si possono far dimenticare o comunque contestare a oltranza, come nel caso della strage di Bologna. La trama nera del terrorismo di destra diventa così una storia tutta sommata edificante, dove il dottor Maggi e pochi altri sono gli stragisti; l'onorevole Rauti é il capocorrente distratto, che non si accorge di avere i terroristi in sede, magari un po' convivente, ma non complice; Almirante è il grande leader, lo statista che espulso gli estremisti violenti. Ma a sparigliare il gioco delle mezze verità è ancora una volta l'istruttoria sulla strage di Peteano.

Nel processo per la strage di Peteano, Almirante fu rinviato a giudizio per favoreggiamento della latitanza di un terrorista Cicuttini, si salvò dopo un'iniziale condanna, solo grazie ad una amnistia.

La verità giudiziaria sulle stragi in Italia ricostruita in tutte le sentenze più importanti è la storia della corrente di un partito. Ordine nuovo nasce nei primi anni cinquanta come ala di estrema destra del movimento sociale Italiano.

01 agosto 2024

La voce del crimine (I casi dell'87º distretto Vol. 4) di Ed McBain

 

Folate d’aria profumata salivano dal parco e penetravano, pigre, dalle finestre spalancate della sala agenti. Era il quindici di aprile, la temperatura oscillava sui venti gradi e chiazze di sole riempivano la stanza.

Seduto sulla sua scrivania, il cranio calvo sfiorato da un raggio d'oro, Meyer Meyer leggeva un rapporto, un sorriso beato sulle labbra nonotsante si trattasse di un crimine.

[..]

Quando il telefono suonò, a Meyer parve il canto di mille allodole. Tale era il suo uomo in quella lucente giornata di primavera.

Agente Meyer, – disse. – Ottantasettesimo distretto. 

– Sono tornato, – disse la voce. 

– Mi fa piacere, – rispose Meyer. – Ma lei chi è?

Le indagini degli agenti dell'87 esimo distretto riguardano casi di omicidi, furti, piccoli o grandi, liti domestiche: tutte storie in cui vediamo gli agenti, Steve Carella, Bert Kling, Cotton Hawes, Mayer Mayer, muoversi come una squadra, ciascuno in grado di portare quel pizzico di conoscenza un più, quell'intuizione che consente alla squadra (ancora una volta), di trovare il bandolo della matassa e risolvere il caso.

Non ci risparmia nulla, Ed Mc Bain, della loro vita da poliziotti: l'andare avanti e indietro lungo il quartiere di Riverhead, in questa città immaginaria che tanto assomiglia alla New York degli anni Sessanta e Settanta.

Ma, forse per la prima volta in un libro giallo, il lettore li segue anche nella vita privata, quando Steve Carella torna a casa e trova Teddy, la sua splendida moglie capace di leggergli le emozioni in faccia ad un primo sguardo, senza nemmeno bisogno di scambiarsi una parola. D'altronde, nemmeno potrebbe, essendo sordomuta.

Il titolo di questo romanzo della serie, "La voce del crimine" rimanda ad un altro personaggio importante, questa volta un antagonista degli agenti: si tratta de Il Sordo, è lui che nell'incipit chiama l'agente Meyer in una tranquilla mattina di primavera.

Un tempo Carella aveva odiato il Sordo. Ora non piú. Un tempo aveva temuto la sua intelligenza e il suo sangue freddo. Ora non piú. Strano, ma era quasi contento che il Sordo fosse tornato..

Un criminale astuto, Il Sordo, particolarmente intelligente: in questo racconto c'è già stato un incontro scontro con Carella, in un conflitto a fuoco. Carella ha imparato a temere l'astuzia e l'assenza di scrupoli di questo nemico che, ora, ha lanciato agli agenti una sfida.

Stando attendo a non farsi rintracciare, chiama i poliziotti del distretto spiegando loro che ha intenzione di rapinare una banca l'ultimo giorno di aprile, aggiungendo un dettaglio rivolto proprio a Carella

– Con la sua collaborazione, – disse il Sordo, – l’ultimo giorno di aprile ruberò cinquecentomila dollari. 

Cosa vuol dire con la sua collaborazione? 

E cosa vogliono dire quelle foto che arrivano, con cadenza quasi regolare all'attenzione dell'87 esimo distretto? La foto del direttore dell'FBI Hooverm, del presidente Washington.. 

Sta lanciando una sfida, il Sordo. E tocca a Carella e a tutta la squadra trovare una spiegazione per questi indizi.

C'è poi una seconda indagine, che viaggia in parallelo, sul ladro fantasma: 

– Vedete, in questo stesso isolato sono stati svaligiati dodici appartamenti, e sempre con il medesimo modus operandi: niente segni di scasso, nessun segno di nessun genere. 

Non è un ladro qualunque quello che ha svaligiato una serie di appartamenti lungo Richardson Drive: non ha lasciato tracce, è entrato nelle case senza difficoltà, violando lo spazio personale dei proprietari delle case e portandosi via parte dei loro preziosi.

Unica nota di colore, nell'appartamento lascia un gattino, come beffa per gli investigatori.

– Di solito ne lascia uno sul cassettone, in camera da letto. Un piccolo micio, ogni volta diverso. Gattini di un mese circa.

Dove cercare questo ladro? Forse un fabbro che recentemente ha fatto dei lavori negli appartamenti del quartiere?

Oppure il portiere del palazzo, che come i maggiordomi nei gialli, è il classico indiziato?

Tocca a Bert Kling il lavoro di indagine, pista per pista e appartamento per appartamento. In uno di questi appartamenti "visitati" dal ladro ha la fortuna di incontrare una modella di una modella, tanto bella da mettere in difficoltà il poliziotto dai capelli rossi.

Anche i poliziotti sono persone che provano sentimenti, no?

Infine il caso dell'uomo crocifisso: si tratta del cadavere di un uomo trovato dentro uno stabile abbandonato, letteralmente crocifisso al muro della parete. Il caso è affidato ancora al detective Steve Carella che però, come anche in altre occasioni, deve partire con ben pochi elementi. Non c'è identità dell'uomo, nel luogo non sono presenti elementi utili, se non una scarpa di tela bianca abbandonata in mezzo alla sporcizia.

Ma la tenacia di Carella sarà tale da cercare in tutti i modi di non far "morire" questo caso, lasciandolo tra quelli irrisolti, anche per una questione di rispetto per il morto. Un nome sulla tomba deve esserci. E, possibilmente un responsabile da assicurare alla giustizia.

Così, con molta pazienza si mette a girare nei palazzi attorno alla "scena del crimine", portandosi dietro la foto del morto: in questa indagine vecchio stile scopriamo un altro aspetto dei nostri poliziotti, la capacità di essere superiori ai pregiudizi nei confronti degli ultimi, dei balordi arrivati in quella città da posti lontani e trattati peggio della spazzatura. Persone abituate a chiamare "porci" i poliziotti da cui si aspettavano solo le bastonate:

Carella non era un porco e i ragazzi con i quali aveva parlato quel pomeriggio non erano dei balordi. Erano soltanto giovani cresciuti in un quartiere che aveva in sé profonde spaccature, come un paese asiatico devastato dalla guerra.

Ma al centro di tutta la storia rimane la sfida che Il sordo ha lanciato ai poliziotti dell'87 esimo distretto anzi, la sfida a Carella: quello tra loro è un legame simbiotico, non solo legato al fatto di essersi sparati. E' una sfida all'intelligenza dell'investigatore:

Sorridendo, il Sordo pensò al suo diversivo, o meglio all’unico diversivo che avrebbe assicurato il successo dell’operazione. o meglio all’unico diversivo che avrebbe assicurato il successo dell’operazione. Dire che il Sordo considerava la polizia antiquata, sarebbe fare un torto al suo immenso disprezzo per i poliziotti.

Gli agenti hanno ricevuto tanti elementi: il quando (l'ultimo giorno di aprile), il cosa (una rapina), hanno ricevuto diverse foto di soggetti che dovrebbero metterli sulla buona strada. Ma.. manca sempre qualcosa, perché uno come Il Sordo dovrebbe aiutare la polizia ad acciuffarlo?

Se tutto sembrava logico, allora niente era logico. Perché mai il Sordo avrebbe dovuto dare precise indicazioni sulla banca che intendeva svaligiare in un particolare giorno già preannunciato?

Ci sono tanti protagonisti in questo racconto, corale come tutti i romanzi di Ed McBain: ci sono gli agenti, che vediamo in divisa e anche nella loro vita quotidiana. Ci sono le vittime, da rassicurare, da ascoltare.

Ci sono poi i ladri, gli assassini, persone normali che, all'improvviso, compiono gesti violenti e assurdi.

C'è questa città, così vasta da sembrare un mondo. Così reale che è impossibile non amarla:

Domenica. Guardatela questa città. Come si può odiarla? È composta di cinque parti estranee l’una all’altra quanto altrettante nazioni che abbiano in comune solo i confini.

Una città fatta da strada che si incrociano in modo regolare, da altissimi palazzi in cemento che nascondono il cielo.

Una città autentica, per quanto bella e crudele.

In tutto il mondo le città autentiche sono una mezza dozzina, e questa ne fa parte, ed è impossibile odiarla quando vi viene incontro con quell’accenno di risatina femminile pronta a eromperle dalla bocca imprevedibile.

Considerazione personale: Eccola da dove arriva l'ispirazione per Maurizio De Giovanni per la sua serie sui Bastardi di Pizzofalcone.

Buona lettura e non fidatevi del Sordo!

La scheda del libro sul sito di Einaudi e il link per scaricare il primo capitolo

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