I migratori erano in ritardo. Uno strascico d’estate e un autunno mite li avevano trattenuti nelle pozze di tepore delle valli ben esposte, lascito di un’estate rovente. Adesso, con pigrizia d’ali, senza fretta, varcavano il crinale grigio dell’Appennino respirando già l’afrore salino del Mar Ligure.
Un’indagine a metà tra due mondi: quello solitario, intimo, dei monti sopra Parma, dove ci si conosce tutti quanti, montanari, forestali, allevatori e dove i forestieri che vengono dalla città per le passeggiate tra i boschi sono visti come degli estranei.
E quello della città di Parma, coi suoi riti, i suoi ritmi: la città che il commissario Soneri ama attraversare a piedi per lasciar scorrere i suoi pensieri.
E l’indagine che deve affrontare adesso è una di quelle che di pensieri in testa ne fa venire tanti: alla Mobile era arrivata la denuncia anonima che portava proprio a quei posti, che Soneri aveva attraversato da giovane, dove è stato ritrovato un cadavere sfigurato.
Anche il commissario si avvicinò per osservare il morto. Il viso non conservava nemmeno un lineamento e pareva grattugiato contro le rocce basse del Marmagna.
Forse per i lupi che si sono accaniti sul corpo, che potrebbe essere quello del professore Gianrico Bonaccorsi. Un uomo di destra, di quella destra che una volta avremmo definito estrema destra, quella degli assalti ai centri sociali, delle risse contro i giovani di sinistra. Quella destra che oggi abbiamo sdoganato e lasciato circolare liberamente in nome della libertà delle idee.
Il cadavere verrà riconosciuto per essere effettivamente quello di Bonaccorsi: lo riconoscerà la moglie, anche lei appartenente a quell’area politica, anche lei insegnante. Ad unire Dora Comanci e Gianrico Bonaccorsi era la stessa visione del mondo e della vita: quella per cui dalla massa devono emergere dei leader capaci di guidare il popolo, incapace di fare delle scelte da solo.
«Quel che mi appassiona è la casualità con cui i fatti si mettono in fila fino a sembrare un disegno preordinato» rifletté Soneri mentre guidava col sigaro spento in bocca. «Arriva una lettera anonima che denuncia una scomparsa, e già questo è strano. Poi un camminatore un po’ svitato s’imbatte in un cadavere..
Chi ha ucciso Bonaccorsi? Perché non è stato un incidente, anche se in montagna può succedere di tutto, e nemmeno i lupi, contro di cui si è scagliata quella parte della stampa che solletica la pancia del paese e le sue paure per vendere qualche copia in più in nome di pregiudizi senza senso.
Il professore, uno che una volta sarebbe stato definito un ideologo di destra, prima che la destre si mettesse giacca e cravatta per governare, è stato colpito da un colpo di fucile.
È stato un delitto politico maturato nei suoi nemici a sinistra?
«È un’indagine senza un centro» mormorò lui tralasciando l’ironia della compagna. «Non so dove stare. Sono come il fotografo che non trova l’inquadratura.»
Questa indagine, e tutto il racconto, rimane sospeso tra la montagna di Lago Santo e la città, il commissario è sempre più convinto che le ragioni del delitto si debbano ricercare da ambo i lati.
Un anarchico, anche lui ospite di quei sentieri, di quelle montagne innevate, viene aggredito.
Uno strano rifugio su cui girano leggende macabre e che attira le attenzione di visitatori misteriosi.
C’è una domanda, poi, che assilla Soneri: perché qualcuno, tra i nemici di Bonaccorsi, è dovuto salire fin sulla montagna per sparargli quell’ultimo colpo? Tra i nemici, forse, potremmo mettere anche il gruppo di potere che comanda a destra a Parma, e non solo a Parma.
Parliamo
degli (ex) amici del morto, con tanto di busto di Mussolini in casa
da spolverare che, smessa la camicia nera, hanno iniziato a prendere
le distanze dai gruppi fascisti e da questi ferrivecchi come
Bonaccorsi per poter attirare il “voto moderato” (che poi
moderato non è).
L’indagine tra mari e monti (e tra cielo e
terra, ma questa è un esca che vi lancio per la fine) di Soneri tra
questo gruppo di potere non passa inosservata: il timore che le
indagini possano arrivare a disturbare questo comitato d’affari che
più che la camicia nera si interessa della spartizione del potere,
arriva fino a ministri e sottosegretari. A Soneri arriva prima una
minaccia velata, poi un richiamo dal Questore, uno dei tanti don
Abbondio prono al nuovo potere che pende a destra.
Un potere
non democratico, fatto da clan, che si infiltra dappertutto, alla
faccia del merito:
«..Ma lei deve imparare che oggi non conta il merito, bensì la fedeltà. E sa cosa succede agli infedeli, vero?» «Gli tagliano la testa come faceva il feroce Saladino.»
«La politica è regredita al Medioevo, quando regnava solo il rapporto personale.
Un
livellamento verso il basso che non sfugge alle amare considerazioni
che il commissario si trova a condividere con Angela, la compagna
avvocata, di fronte ad un bel piatto di affettati.
Uno
scivolamento verso il basso che sembra non interessare la massa degli
italiani, forse perché presi da problemi più terra terra o perché
siamo diventati come la rana dentro la pentola.
«La maggioranza non vuole sapere la verità, ma avere conferma delle proprie opinioni. Se sono sballate non importa, è un fatto di fede. E c’è sempre qualche santone che sa di raccontare una marea di stronzate,..»
Lago Santo è molto più di un giallo: è una critica verso questa
politica che si occupa delle poltrone e non del futuro del paese, che
attacca giornalisti scomodi e magistrati che si permettono di
applicare la legge anche sui potenti.
Diventando nemici.
Un giallo molto politico, come tanti altri scritti da Valerio Varesi, dove la realtà è vista con gli occhi lucidi di questo commissario a cui la velocità del mondo di oggi e il bombardamento di informazioni, inutili a volte, non piace proprio.
Ok, ma chi ha ucciso il professore Gianrico Bonaccorsi? Un tassello alla volta, Soneri arriverà alla soluzione, svelata nelle ultime pagine.
La
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