“Il potere non è nel Consiglio comunale di Palermo. Il potere non è nel Parlamento della Repubblica. Il potere è sempre altrove. Lo stato per me è la Costituzione e la Costituzione non esiste più.”Leonardo Sciascia
Ricordate il Principe di Machiavelli? In politica qualsiasi mezzo è lecito. C’è un braccio armato (anche le stragi sono utili alla politica del Principe), ci sono i volti impresentabili di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, e poi c’è la borghesia mafiosa e presentabile che frequenta i salotti buoni e riesce a piazzare i suoi uomini in Parlamento.
Ma il potere è lo stesso, la mano è la stessa.
Il ritorno del principe è l'analisi politica, sociale e storica della criminalità al potere, ovvero del potere criminale in Italia.
Dai tempi del principe del Machiavelli non è mai stato capace di sciogliere il legame con la violenza.
Questo libro è lucido e spietato nel raccontare la banalità del male della classe dirigente italiana: sempre più oligarchia, autereferenziale, dinastica, sempre più tribù e sempre meno paese.
E, di riflesso, la nostra, sempre meno democrazia rappresentativa basta sul diritto.
In che modo il principe mantiene il suo potere: con l'assenza di meritocrazia, con la nomine dal vertice (vedi legge elettorale), togliendo l'informazione su indagini e processi che vedono come imputati i colletti bianchi.
Non dobbiamo preoccuparci solo di Riina e Provenzano: ma del potere criminale che li usa.
In che modo il Principe amministra il potere? Secondo i consigli del Machiavelli, per cui "il fine giustifica i mezzi".
Iniziamo a capire che cosa si intende per fine del principe: il fine è il potere, sul territorio, sui sudditi elettori, sull'amministrazione.
Potere senza controlli, sapendo di godere del diritto dell'impunità, e senza dover essere chiamato a rispondere delle sue malefatte.
Perchè il principe ama mostrarsi ridente al suo pubblico: ma è è solo la sua faccia pulita. Il principe non ama che gli si faccia i processi, che si indagi su di lui e che di questo se ne parli di fronte ai cittadini sudditi.
E la nostra democrazia, sempre meno partecipativa, sempre meno scelta e selezionata dagli elettori e sempre più simile ad una oligarchia di gruppi di poetere, va proprio in questa direzione.
E quali sono i mezzi con cui raggiungere questo fine? Essenzialmente, secondo l'analisi del procuratore antimafia Scarpinato, con la corruzione, con la mafia e con il terrorismo stragista.
I soldi per comprare consenso, avversari e potere.
Mafia per controllo del territorio, ma anche per corrompere e controllare la società.
Infine lo stragismo (della strategia della tensione, delgi anni di piombo), come extrema ratio, per creare confusione , paura, tensione: per soffocare le pulsioni di rinnovamento, di ammodernamento, la ricerca di democrazia, la spinta verso le riforme che la gente in piazza urla.
Il libro parla dell'oscenità del potere, cui abbiamo assistito negli anni delle inchieste di Tangentopoli, cui abbiamo assistito nei processi di mafiopoli (il maxi processo a Palermo con i boss alla sbarra), la guerra alla mafia negli anni 90, dove si è processato un ministro della Repubblica (Giulio Andreotti), un giudice di Cassazione (Corrado Carnevale) e un esponente dei servizi (Bruno Contrada, 'u dutturi).
Non solo la mafia militare alla sbarra, ma anche i collusi con la mafia.Potrei aggiungere anche le intercettazioni lette sui "furbetti del quartierino" circa le scalate bancarie del 2005: ecco il Principe non ama che si mostri il suo lato oscuro, degli accordi occulti tra politica, imprenditoria e criminalità.
Verrebbe fuori un quadro che parla della criminalità dei potenti, ovvero del potere criminale, non come una eccezione di pochi, sanguinari, avidi, o malati. No: viene fuori un quadro che racconta della "banalità del male" (citando in libro uscito dopo il processo ad Eichmann che parlava di come il nazismo fosse entrato dentro la società tedesca).
Il principe non ama, come ho detto, essere processato: durante i processi per Tangentopoli e per Mafiopoli (il maxi e i successivi processi di Palermo) per la prima volta gli italiani vedevano giudicati i potenti (che fossero capi mafia o esponeti della politica non importa).
Si stava mettendo in crisi tutto in sistema basato su equilibri, intoccabilità, livelli cui è bene non oltrepassare.
Si stavano toccando i colletti bianchi e non solo più la manovalanza militare (i Riina, i Brusca, ..).
Ecco spiegata la violenta reazione del Principe che ha saputo aspettare pazientemente che si calmasse la piena: un sistema che è sopravvissuto alla monarchia sabauda, al fascismo, alla prima repubblica, non si spazza via solo con qualche processo, pur importante.
Ecco spiegata la rezione violenta della Casta politica: attacchi ai magistrati, sia quelli di Milano che indagavano sulla corruzione (una manisfestazione del potere del Principe) che quelli di Palermo (che indagavano sulla mafia).
Ecco allora le leggi (sui pentiti, per ostacolare l'azione della magistratura), il ritorno all'indietro, la fine dei collaboratori di giustizia (trattati peggio dei mafiosi che accusavano), i distinguo.
Si iniziò parlare di giustizialismo, di forcaioli, di voler affossare l'economia, la politica, il paese. Di magistratura politicizzata ..
Il Principe, che governa l'Italia dalla sua unità, ha una lunga storia alle spalle. L'autore cita, in proposito come esempio "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni: si potrebbe rileggere la storia come una vicenda dove i "poteri forti" (Don Rogrigo, L'Innominato) si danno da fare per impedire le nozze di Lucia, per spaventare Don Abbondio, per allontanare Fra Cristoforo.
Il libro che è strutturato come una lunga intervista di Lodato a Scarpinato si articola in tre macro capitoli: il primo "Il principe e il declino italiano" dove si parla della realtà criminale in cui viviamo.
Con la giustizia a doppia velocità: tolleranza zero sui piccoli reati, silenzio su corruzione, frodi allo stato, all'Unione Europea, mafia, 'ndrangheta.
Della doppia etica: indulgente verso i potenti (seppure accusati di furto, ladrocinio) e senza possibilità di remissione per i pesci piccoli.
La seconda parte "Il principe e l'eterna corruzione" è una lunga carrellata sulla storia criminale di Italia.
Dal crac della Banca Romana, che arrivò a coinvolgere anche il presidente del Consiglio Giolitti (perchè coprì i colletti bianchi legati allo scandalo), con un processo che assolse tutti i responsabili.
Al periodo fascista della storia: non è vero che la corruzione e il fascismo furono sconfitti. La corruzione, dei gerarchi, dei ras del partito, c'era eccome. Non se ne poteva parlare.
E il prefetto Cesare Mori, che riuscì a reprimere la mafia "bassa", la mafia militare anche con metodi non ortodossi, fu fermato dal governo quando alzò il tiro sui colletti bianchi, sui legami tra mafia e fascismo.
Si passa poi alla repubblica, fondata dai padri della Costituente sulla Costituzione che sancisce i nostri diritti.
Una costituzione i cui articoli e principi belli sulla carta, si scontrano ogni giorno con la dura realtà di un paese, che in realtà sta andando verso una democrazia governata dalla correzione.
Che è così entrata nel tessuto sociale, che nemmeno viene percepita come ostacolo alla vita politica e sociale.
L'applauso del Parlamento alle dimissioni di Mastella, nel febbraio 2008, racconta tutto.
L'ultima parte si chiama "Il principe e l'eterna mafia". Una lunga carrellata sulla mafia all'interno della nostra repubblica.
Repubblica che fondata le sue radici sui legami tra mafia, OSS, e Cia. Sulla prima Strage di Stato di Portella della Ginestra, sui misteri della morte di Salvatore Giuliano e del suo luogotenente Gaspare Pisciotta. Soldati di mafia usati dal principe per i suoi fini (ostacolare la crescita delle sinistre sull'isola, proteggere gli interessi dei mafiosi e dei latifondisti) e poi fatti uccidere quando troppo ingombranti.
La Mattanza dei corleonesi: l'ala militare più estrema del principe, i viddani Corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano che portò al colpo di dato interno a coasa nostra.
Alle 1000 morti in pochi anni nella sola Palermo: agli omicidi politici di quanti cercarono di ostacolare il potere del principe.
Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici ... fino alla stagione delle bombe.
Quelle che uccisero i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E quelle che avevano dietro il disegno eversivo di cambiare il profilo dell'Italia, del 92-93.
A fermare l'ascesa dei corleonesi furono due eventi esterni: primo il crollo del muro di Berlino e la conseguente fine della necessità della mafia (e dei partiti collusi) in funzione anticomunisti.
Poi il cambio di politica americana (coinciso col passaggio del periodo repubblicano a quello democratico), che vedeva nella lotta al traffico di droga una urgenza, rispetto alla lotta al comunismo.
I corleonesi, con la decimazione delle famiglie avversarie, con l'istituzione di una oligarchia che sostituì la commissione interprovinciale (la Cupola), le pretese esose in temini di pizzo nei confronti degli imprenditori, avevano destituito l'equilibrio che per anni si era mantenuto.
Scarpinato racconta del piano eversivo che si voleva mettere in atto (l'ala militarista del principe?): dividere l'Italia in tre macroregioni, destituire i vecchi partiti politici, riformare la Costituzione ....
Qualcosa di simile a quanto sta accadendo oggi. Con il sud abbandonato al suo destino e il nord in mano ad un federalismo non slidale.
Putroppo.
Non è vero che la mafia non esiste più. Semplicemente è stata cancellata dalle priorità di chi governa. Come anche cancellata la famosa questione morale.
I cittadini che ancora le si oppongono, le associazioni di Addio Pizzo, Ammazzateci Tutti, la Confindustria Siciliana sono solo le punte avanzate della società: fino a quanto potranno reggere la battaglia (contro il pizzo, contro la 'mdrangheta, contro la mafia) se lasciati isolati?
La battaglia contro il Principe deve essere una rivoluzione civile che mette assieme tutte le componenti dello stato: magistratura, polizia e politica.
Il Principe deve sentirsi isolato, escluso dalla società, dal mondo istituzionale.
E' lui l'anomalia.
Amaro il finale del magistrato, nella lunga intervista con il giornalista.
"Se il meridione dvesse essere abbanonato al suo destino, le mafie - quelle alte e quelle basse - avrebbero finalmente coronato l'antico sogno di riaffermare la loro totale supremazia su quella parte del paese.Verrebbe da dire: buona fortuna, Italia".
Il link per ordinare il libro su ibs.
Technorati: Saverio Lodato, Roberto Scarpinato.
Il libro sul blog di chiarelettere.
Alcune recensioni sui giornali.
Ho trovato il tuo blog sul motore di ricerca Google (stavo cercando recensioni sul libro - il ritorno del principe) e devo farti i miei complimenti, è davvero molto interessante!!! Mi sono permessa di mettere sul mio blog un tuo post che parla del libro - il ritorno del principe - ovviamente indicando la tua fonte e il tuo link.
RispondiEliminaParli di argomenti nel tuo blog che mi stanno molto a cuore e che mi interessano molto, pertanto ti ho messo tra i miei link preferiti.
Ti rinnovo i miei complimenti per la qualità del tuo blog.
Un grandissimo saluto
Ciao!!!!
Anna
Mi è molto piaciuto il tuo post, ma ...
RispondiEliminahttp://www.enricodigiacomo.it/?p=1595#respond
http://www.centroimpastato.it/php/crono.php3?month=2&year=1998
"... 21 Febbraio 1998 ... I rappresentanti di Rifondazione e dei Verdi nella Commissione antimafia ..."
Non capisco il commento di adduso ..
RispondiEliminaAldo
Per Alduccio
RispondiEliminaNon ho voluto aggiungere altro perché conosco da poco questo blog e volevo capire meglio, ed anche perché quando oggi si parla di certa magistratura sembra quasi di essere negli anni 70', 80' e primi 90', quando si accennava di mafia. Tanti, anzi pure troppi, guarda caso, come in quegli anni, si “inalberano”. Una inquietante assonanza.
Ad ogni modo, quanto da me riportato, lo ritengo oltremodo eloquente con quanto anche asserito alla presentazione del libro dall'autore Dott. Scarpinato. Io sono siciliano e quindi, alcune sue affermazioni le capisco e le conosco molto bene, purtroppo.
Se tu fai una ricerca su internet, vedi ad esempio come la città di Messina e la sua provincia (a proposito di ciò che ho postato) sono strette in una "morsa", a detta di tutti, politico-istituzionale (“mafiosa”) dalla quale non riesce più a liberarsi. Anzi, sembra aumentare. In merito, l'ultima trasmissione di Blu-Notte è stata chiarissima.
Di recente, purtroppo, c'è stato anche un caso palesemente consequenziale piuttosto noto quanto significativo, del suicidio di un professore universitario, appartenente mi pare alla SD, http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=32148&sez=HOME_INITALIA http://www.pattionline.it/index.php?option=com_content&task=view&Itemid=102&id=836
Per problemi di linea, mi è sfuggita la prima parte con il copia incolla:
RispondiEliminaIl mio "ma..." era solo chiaramente ed unicamente riferito al tema del tuo interessante post e avevo lasciato la frase in sospeso affinché ognuno dai link che avevo aggiunto traesse le sue eventuali considerazioni.
Non ho voluto aggiungere altro perché ... ecc. (già scritto sopra)
Ciao, alla prossima.