“Nella terza puntata di PRESADIRETTA ancora inchieste sui temi più caldi dell’attualità.
Un lungo viaggio dentro la guerra. Partendo dall’Europa, dove il terrorismo fa parte ormai del nostro quotidiano, fino alle zone più calde del conflitto in Iraq dove tutto è cominciato e lo Stato Islamico è nato.
E poi il futuro delle nostre pensioni con tutte le novità recentemente proposte dal governo, dagli aumenti per le minime alla possibilità di andare in pensione con qualche anno di anticipo”.
Lo scorso fine
settimana il segretario di stato Kerry si è incontrato col suo
pari grado russo, il ministro Lavrov, per firmare un'accordo per la
fine delle ostilità in Siria: l'idea è aprire una fase di
transizione politica che metta fine alle ostilità. Nell'accordo non
si parla di mettere fine anche al regime di Assad in Siria, che è
stato causa delle guerra civile nella quale si è poi inserito lo
stato islamico (e della tragedia dei profughi in fuga dal conflitto
verso l'Europa).
L'accordo tra USA e Russia servirà a
trovare una strategia comune contro l'ISIS in Iraq e Siria?
E a che punto siamo con la guerra
all'Isis?
Questo sarà uno dei due argomenti
della puntata (l'altro riguarderà le pensioni): i giornalisti di
Presa diretta si erano già occupati di Isis portando le telecamere
nella Turchia
dell'alleato Erdogan, mostrando la situazione nei territori curdi
e lungo la frontiera, troppo permeabile ai traffici di armi (con
l'Isis) e di petrolio.
Presa diretta era andata
anche in Libia, l'avamposto dello stato islamico più vicino a
noi, per raccontare la guerra per bande, gli attentati con le caserme
della polizia.
Cosa sta succedendo a Mosul (dove i nostri soldati presidiano la diga)? Cosa sta succedendo a Bagdad (città senza pace sin dai tempi della guerra a Saddam Hussein del 2003)? E, soprattutto, cosa sta succedendo in Europa, nei nostri paesi, ora che i terroristi hanno dimostrato di saper colpire molto vicino a noi?
Che influenza hanno avuto e avranno sulla nostra politica (nei confronti degli immigrati, nei confronti dell'Islam) e sui nostri gesti quotidiani?
Sull'Huffington
post si trova un'anticipazione del servizio che andrà in onda
questa sera:
E’ inutile negarlo, dal Bataclan in poi viviamo tutti nel terrore perché abbiamo capito che la scia degli attentati dell’Isis non terminerà così presto. Mentre scrivo è altissimo il livello di sicurezza in tutta Europa e in particolare in Francia per possibili nuovi terribili attentati. Questa paura ha già cambiato le abitudini di decine di milioni di cittadini europei. Si sceglie con attenzione il posto per andare in vacanza, si sta attenti quando si è in mezzo alla folla, dentro una stazione ferroviaria, in un aeroporto. Ci si guarda attorno. Tutta la nostra vita è diventata una vita che “ci si guarda attorno”. Gli attentati si sono susseguiti uno dietro l’altro e il fatto che siano stati fatti tutti con modalità diverse non ci tranquillizza per niente perché dimostra che possiamo essere colpiti ovunque e con tutti i mezzi disponibili. Mohammed Bouhlel, il camionista franco-tunisino di Nizza, è stato capace di uccidere da solo 84 persone e ferirne centinaia, semplicemente usando un camion. E poi l’ISIS oramai non ha neanche bisogno di grandi organizzazioni visto che gli ultimi attacchi sono stati fatti dai “lupi solitari”, gente che fino al giorno prima era del tutto insospettabile. Ci colpisce, infine, la determinazione con la quale queste persone cerchino di fare più vittime possibili, colpendo nel mucchio e in maniera indiscriminata. Hanno un odio radicale nei nostri confronti al punto da schiacciarci come insetti. Un primo risultato, quelli dell’ISIS lo hanno già ottenuto, una prima battaglia l’hanno già vinta: ci hanno gettato nel terrore e ci costringono a vivere nella paura, a prendere decisioni politiche condizionate dalla paura. Ma c’è un’altra battaglia, ancora più importante per l’ISIS e che non dobbiamo assolutamente perdere.
Con le telecamere di PRESADIRETTA siamo stati per parecchi giorni a Nizza, dopo l’attentato del 14 luglio di quest’anno ed è incredibile quello che è successo in questa città, proprio sotto i nostri occhi. E’ stata subito ipotizzata una “rapida radicalizzazione dell’attentatore”, ricostruzione che peraltro ha sollevato dubbi e interrogativi tra i migliori giornalisti del mondo. Nonostante gli evidenti buchi neri delle indagini di polizia, nonostante non sia stata dimostrata l’appartenenza dell’attentatore ad una rete radicale islamica e nonostante i complici individuati siano stati subito rilasciati per mancanza di prove certe e nonostante la comunità islamica di Nizza abbia immediatamente condannato l’attentato e abbia espresso solidarietà a tutta la città, nonostante tutto questo, a Nizza in pochi giorni la parola “terrorista” e la parola “musulmano” sono diventati nella testa della gente la stessa cosa. Noi abbiamo filmato le urla, le grida, le proteste della gente durante i funerali di Stato, ma soprattutto abbiamo filmato le facce tese e le parole di odio che hanno creato all’interno delle nostre citta, all’interno delle banlieu, una prima trincea tra musulmani e non musulmani.
Questo è il vero gioco dell’ISIS, la vera posta in gioco, l’obiettivo degli attentatori: portare la guerra a casa nostra e creare così un terreno fertile per radicalizzare sempre più giovani musulmani. E noi non dovremmo, a rigor di logica, fare il loro gioco. Ma il problema è che ad ogni attentato crescono i serbatoi elettorali dei partiti populisti, isolazionisti e antieuropei, tutti di destra e tutti grandi produttori di “paura”, perché è la paura che li fa andare sempre più avanti. E le loro proposte per combattere il terrorismo alimentano la guerra sul fronte interno, al posto di disinnescarla, di spegnerla. Siamo stati pochi giorni fa nel piccolo villaggio francese di Brachay, a duecento chilometri da Parigi, dove ogni anno il 3 settembre si riapre la campagna politica del Front National di Marina Le Pen con una specie di Pontida francese. Quest’anno c’erano decine di migliaia di persone, famiglie intere con bambini. Tutti molto contenti, perché il Front National sta aumentando il suo bottino elettorale, l’exploit più grande lo ha raggiunto dopo gli attentati di Parigi, il 6 dicembre del 2015, quando alle elezioni regionali la Le Pen si è ritrovata in testa con quasi il 30% delle preferenze. Ed oggi, dopo l’attentato di Nizza e l’uccisione del sacerdote nella chiesa di Sant’Etienne, l’ultimo sondaggio la vede al suo massimo storico, 34%. Con questi numeri la Le Pen potrebbe vincere le prossime presidenziali che si terranno tra un anno esatto.
“Per tutti i cittadini francesi la migliore arma contro il terrorismo è il voto. È il voto che caccerà via questo governo e questo presidente che è debole e bugiardo!” – grida dal palco Marina Le Pen ed è talmente osannata dalla sua gente che fa persino fatica a finire le frasi, tante sono le urla, gli applausi, gli incoraggiamenti della folla. Tutta la scena è coperta da migliaia di bandiere francesi, che sventolano dappertutto, fin dietro il podio da dove Marina Le Pen sta parlando. “Patria”, “Nazione”, “Orgoglio”, “Dignità”, sono queste le parole che ricorrono di più nel suo comizio e i bravi musulmani se vogliono stare in pace con noi si devono integrare – “Il nostro modello è l’assimilazione, con l’obbligo per i nuovi francesi di seguire le regole di vita della comunità nazionale che li accoglie!” – scandisce dal palco. E poi se la prende con i migranti e le frontiere troppo aperte: “Vi ricordate? Già nel 2002 mi chiedevo quanti terroristi ci sono tra i migranti, quanti terroristi?!”. Infine, l’attacco finale, mortale all’Unione Europea, con queste parole: “Con questa Europa la Francia è condannata a subire, i francesi a diventare spettatori inerti della loro sofferenza. Ma, cari amici, niente di tutto questo è ineluttabile. Guardate gli inglesi! Hanno avuto questo coraggio! Contro tutti i profeti della sfortuna, hanno scelto i loro destino, hanno deciso di ridiventare padroni a casa loro e rifiutare l’Unione Europea! Hanno fatto la scelta dell’indipendenza! L’ho promesso, quando diventerò Presidente della Repubblica, il referendum sull’appartenenza all’Unione Europea lo faremo anche in Francia!”. Quindi, oltre a farci vivere nella paura, quelli dell’Isis con i loro attentati riescono a condizionare l’elettorato e la politica dell’Europa, un bel risultato per poche decine di migliaia di jihadisti dell’ISIS che vivono a Raqqa, un piccolo villaggio in mezzo al deserto siriano, sotto continui bombardamenti. A proposito, e la guerra sul campo come va? Chi sta vincendo sul “fronte orientale”? C’è un osservatorio speciale per rispondere a queste domande, è l’Iraq.
Con le telecamere di PRESADIRETTA siamo stati sul fronte di Falluja e di Mosul, abbiamo seguito da vicino le azioni di guerra, abbiamo parlato con i capi militari e con i soldati al fronte, abbiamo visto i villaggi appena liberati dal controllo dell’ISIS. Non è una guerra facile! E’ vero, la coalizione ha conquistato Falluja, ha preso qualche villaggio attorno a Mosul, ma sul fronte interno gli attentati continuano a sconquassare l’Iraq, mentre i villaggi vanno conquistati casa per casa. Ma l’Iraq è importante anche per capire la strategia politica e militare dell’ISIS, perché l’ISIS nasce in Iraq, perché Bagdad è la città che sta pagando il prezzo più alto in morti e feriti nella guerra contro l’Isis e infine perché se l’Iraq è così è colpa dell’Occidente, dell’intervento americano del 2003. E questa è una storia che vale la pena di essere raccontata. Una storia di terribili sofferenze per il popolo iracheno. Tredici anni di guerra civile, di distruzioni, di attentati, 250 mila morti tra combattenti e civili e un Paese che è stato riportato indietro di 50 anni, senza ospedali, scuole, infrastrutture, persino l’elettricità manca in uno dei più grandi produttori di petrolio. Questo è quello che ho visto a Bagdad. E la classe politica che ha sostituito Saddam Hussein è la più corrotta di tutta la regione. Ma soprattutto gli americani hanno distrutto l’Iraq come Stato, come Nazione. E non c’è da stupirsi che in Iraq si sia sempre sull’orlo di una guerra civile, tra le tante milizie armate, sciite e sunnite, pronte ad intervenire. Che poi è l’obiettivo preciso dell’ISIS, fare esplodere l’Iraq in mille pezzi e così destabilizzare l’intera Regione.
In Iraq, infine, abbiamo potuto constatare come le guerre si muovano veloci come le fiamme di un grande incendio. Finisce Falluja e scoppiano gli attentati a Bagdad. Si stringe l’assedio a Mosul ma intanto si alzano le fiamme in altre città e in tutta la Regione. Ancora l’Isis non è stato sconfitto che già si accendono altre guerre. Due sono le brutte notizie di queste settimane che confermano questo scenario che vi abbiamo appena raccontato. La prima, il fallimento dell’ultimo vertice tra Putin e Obama, una soluzione condivisa tra queste due grandi superpotenze sul futuro della Siria non c’è. La seconda, è che l’esercito della Turchia, un paese della Nato, è entrato in Siria per combattere i curdi siriani, che sono alleati della Nato e che insieme ai curdi iracheni sono quelli che la guerra all’Isis l’hanno fatta veramente. Ognuno dei Paesi che alimenta la coalizione contro l’ISIS ha in realtà interessi e nemici diversi, Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita ce l’hanno con Assad, l’Iran e la Russia lo difendono, la Turchia ce l’ha con i curdi. E all’ISIS chi ci pensa? Una cosa è sicura, la guerra sarà ancora lunga.
La scheda del servizio La
vera guerra dell'Isis:
LA VERA GUERRA DELL’ISIS, un grande reportage di PresaDiretta, che ha attraversato la guerra dentro e quella fuori. Il terrorismo che insanguina le strade delle nostre città e la guerra contro lo Stato Islamico che da troppi anni devasta la Siria e l’Iraq. Cosa accade davvero in Iraq, dove è nato il visionario progetto di creare uno Stato Islamico col sangue e col terrore? Quale è il prezzo che quel paese sta pagando e quale il risultato della scelta americana di abbattere il regime di Saddam Hussein?Le telecamere di PresaDiretta sono andate a Nizza, poche ore dopo l’attentato del luglio scorso, quando un uomo alla guida di un camion ha investito e travolto quasi 90 innocenti lungo la Promenade des Anglais. Sono andate in Iraq, al fronte dove si combatte contro i miliziani dello Stato Islamico e nelle città, attaccate quotidianamente con attentati suicidi. E nelle trincee dei Peshmerga, i combattenti curdi, quelli che la guerra all’Is la fanno davvero, che difendono il territorio centimetro su centimetro con il sogno di avere un futuro Stato Curdo indipendente. Loro la guerra la fanno con poche armi, vecchie e tanto coraggio.
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Mi raccomando, siate umani