Masimo Marcotullio,Valerio Varesi, Nicoletta Sipos, Cecilia Scerbanenco e Paola Pioppi |
Nicoletta Sipos ha moderato
l'incontro con due giallisti e una figlia d'arte, Cecilia
Scerbanenco, figlia del grande Giorgio (autore non solo di libri
gialli)
Massimo Marcotullio, Neve sporca,
Todaro
L’Angelo della Morte è disceso sulla città di Pavia per dispensare ai malvagi la giusta punizione. Così la pensa chi dà credito ai messaggi di contenuto apocalittico rinvenuti sulla scena degli omicidi che insanguinano la comunità. Gli scettici, al contrario, interpretano i raccapriccianti delitti come l’opera di un pericoloso psicopatico o una nuova strategia jihadista.
Cecilia Scerbanenco, Il fabbricante di
storie. Vita di Giorgio Scerbanenco, La Nave di Teseo
Narratore, autentico e instancabile, della razza di un Georges Simenon", come lo definì fulmineo Oreste del Buono, Giorgio Scerbanenco veniva da lontano, da quella Russia zarista che lasciò ancora in fasce e che lo accompagnerà per sempre nel suono di un cognome diventato il marchio del maestro indiscusso del noir italiano.
Valerio Varesi, La paura nell’anima,
Frassinelli
Il commissario Soneri non vedeva l'ora di lasciare l'afa agostana di Parma, e fuggire insieme ad Angela a Montepiano, sul suo amato Appennino. Troppo bello per essere vero. Infatti non è vero: pochi giorni dopo il loro arrivo, la quiete notturna del paesino viene squarciata da un grido proveniente dal bosco. Sarà il primo di una lunga serie.
Massimo Marcotullio, Neve sporca,
Todaro
Si comincia con Pavia e con Teo
Fulminazzi, un investigatore in cerca disperata di un caso perché si
trova in un momento difficile della sua vita.
E' sempre stato un lupo solitario, ma
ora sembra che le cose stiano girando nel verso giusto: ha una
compagna molto più giovane di lui e ha scoperto di avere un figlio.
Ma in questo inverno rimane solo e
logorato dalla gelosia mentre la compagna è in America con dei
coetanei: l'autore ha spiegato che in questo romanzo ha deciso di
sparigliare le carte col suo personaggio Fulminazzi, trasferendolo da
Milano a Pavia, dove incontra un serial killer, “perché volevo
scrivere un romanzo di fantasmi e di assenze”.
Il suo è un protagonista che ha un
approccio pragmatico alla realtà, poco riflessivo e molto di azione:
forse è l'ultimo cow boy, come El Grinta di Wayne.
Cecilia Scerbanenco, Il fabbricante
di storie. Vita di Giorgio Scerbanenco, La Nave di Teseo
La prima domanda: cosa hai imparato
studiando la vita di tuo padre?
Il lavoro su mio padre mi ha fatto
scoprire una parte della sua vita che non conoscevo: la sua vita da
giornalista, consapevole del suo ruolo, che rispondeva alle lettere
dei suoi lettori.
Faceva parte di un gruppo che era di
giornalisti e scrittori: persone che hanno attraversato due guerre
per sbarcare poi negli anni sessanta.
Ho scoperto una sua sensibilità, un
mondo molto bello e professionale.
Mio padre scriveva molto partendo dal
suo vissuto personale, aveva una ipersensibilità di carattere: mia
madre raccontava che Duca Lamberti era la versione forte di mio
padre, che però dall'altra parte amava le situazioni estreme.
L'incontro con la paura e la durezza
della guerra si riflette nella sua scrittura: amava le situazioni
estreme come la guerra, la miseria, perché in quei frangenti viene
fuori la nostra vera paura.
LA paura come tutti i sentienti
sgradevoli, era molto importante per il suo lavoro di scrittore:
l'angoscia dei partigiani che andavano in montagna e non sapevano se
sarebbero tornati.
Paura e angoscia che si ritrovano nei
suoi gialli.
E poi c'è il sentimento dell'amore:
ha un ruolo importante nei suoi romanzi, anche in quelli con
Lamberti.
Mio padre era molto tormentato nella
vita, anche negli amori e non trovava consolazione ai tormenti
nemmeno nel cibo.
Cecilia Scerbanenco scriverà un
libro?
Forse, ma non un giallo: un romanzo
rosa storico, un'idea che mi stanno chiedendo da un po'.
E poi la seconda parte del libro sulle
memorie del padre, dove metterò dentro anche ricordi personali.
Valerio Varesi, La paura nell’anima,
Frassinelli
Si percepisce la paura, anche nel suono
del grillo, sull'Appennino emiliano dove Soneri cerca rifugio alla
calura agostana: il libro trae spunto dalla storia di Igor, il
criminale in fuga che per i suoi delitti ha portato ad una caccia
all'uomo mai vista ed ha alimentato una sensazione di paura che ha
cambiato i rapporti tra le persone.
Un fantasma che ha sbriciolato una
comunità: il vicino che sente parlare la badante ucraina e pensa che
sia una complice, la paura nell'uscire di sera, quella persona che
compra più pane..
La paura che poi porta a non fidarsi di
nessuno, a perdere ogni punto di riferimento, la perdità dei luoghi
di aggregazione: le persone si sentono sole e dunque minacciate.
Dalla paura nasce l'aggressività: ho
spostato l'azione da Bologna a Ferrara al crinale appenninico per
parlare della paura nell'anima.
Dentro una piccola comunità dove ci si
conosceva tutti.
Il mio personaggio cerca sempre di
raccontare qualcosa di nuovo della sua vita, per non renderlo
ripetitivo. Cerco anche di fargli vivere storie diverse, anche se
prese dalla cronaca.
Oggi la paura più grande è dentro
di noi: il padre di Varesi era partigiano e aveva paura dei
fascisti oggi i protagonisti del romanzo hanno paura della natura, di
qualcosa di irrazionale.
Il rapporto di Soneri col cibo:
oggi il cibo è l'unica cosa che ci lega con la realtà, oggi le
città sono tutte uguali, se si toglie la parte storica.
Le vetrine delle catene sono uguali, i
gusti sono gli stessi: il cibo è una delle poche cose che ci
riaggancia a cosa siamo, il cibo ci racconta e ogni città può
essere raccontata dal suo cibo.
E' un senso di appartenenza ai luoghi,
al passato.
Nella trilogia della Repubblica parlo
invece del delitto della nostra democrazia: speriamo che si trovi una
penicillina per questa malattia.
Ultima domanda per Varesi: qual è il rapporto di Soneri con l'amore:
Angela è il suo specchio, le differenze cementano il loro
rapporto, ormai stabile da diversi romanzi.
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