10 luglio 2022

La coscienza di Montalbano, di Andrea Camilleri


Per molto tempo ho fatto fatica a riprendere in mano un libro di Camilleri, la sua scomparsa ha lasciato un vuoto, come scrittore e come intellettuale, che ora i tanti scrittori che ai suoi romanzi si sono ispirati dovranno colmare.
In libreria è uscita questa raccolta di sei racconti con Montalbano, alcuni già usciti in altre raccolte, altri in parte inediti: pur non apprezzando sempre il Camilleri dei racconti brevi (non tutti quelli pubblicati avevano raggiunto il livello dei suoi romanzi), non ho potuto trattenermi dal prendere questo volume. Anche per rifarmi dal triste ricordo delle ultime pagine di Riccardino, col personaggio che si ribella all’autore cancellandosi…
Cancellando Vigata, il paese inventato della Sicilia più reale, il commissariato dentro cui abbiamo seguito le indagini di Montalbano col galantuomo Fazio, con Augello il “fimminaro”, con Catarella e i suoi nomi storpiati, i cannoli dell’irascibile Pasquano e le sciarriatine con la zita Livia.

Sono racconti che si svolgono in piani temporali diversi, dal Montalbano appena arrivato a Vigata al commissariato, in attesa di gustarsi gli arancini di Adelina (Una cena speciale); c’è un Montalbano più in là negli anni che si trova a Roma in trasferta per un corso di aggiornamento per cui è stato “prescelto” (causa di un trauma per dover abbandonare i suoi ritmi, le sue abitudini) e si ritrova dentro la “pilicula” del maestro della tensione, Hitchcock (La finestra sul cortile).
Un racconto è ambientato a Ferragosto (Notte di ferragosto) quando, nella spiaggetta davanti il suo villino a Marinella, si consuma un delitto. Un altro invece è ambientato dopo Natale e l’epifania (La calza della befana), dove la sua zita gli ha regalato una calza piena di “cravoni” (il carbone), mentre un’altra calza contenente un regalo più importante farà partire un’indagine sottotraccia di Montalbano e Fazio.
Un racconto parla della piaga della sua Sicilia (Ventiquattr’ore di ritardo), la mafia, che stringe in una morsa le brave persone costrette da una parte a vedersela con cosa nostra (e il pizzo, la sua violenza), dall’altra lo stato e le istituzioni, spesso complici e colluse con la mafia.

Non s’arricordava quali scrittori tanto tempo passato aviva affirmato che i siciliani si vivivano ad attrovari tra l’incudini e il martello. Un’incudini legali che rappresentava lo Stato e un martello illegali che rappresentava la mafia. E dopo tant’anni la situazioni non era cangiata.

Infine un racconto (Il figlio del sindaco) fa da spunto al romanzo Una voce di notte uscito nel 2012.

In questi racconti troviamo il Montalbano che abbiamo conosciuto nel corso dei tanti romanzi usciti per Sellerio: lo sbirro capace di vedere l’anomalia, quello che non torna da piccoli dettagli, la persona curiosa nello spiare le vite delle altre persone (come James Stewart nel film di Hitchcock). Uno sbirro capace di ergersi a giudice delle vite degli altri, non sempre per emettere condanna, come leggeremo nel racconto La calza della befana. Oppure giudice capace sì di infliggere una pena, ma per salvare quella persona da pericoli maggiori, come in Ventiquattr’ore di ritardo.

C’è la sua passione per il cibo, che solo l’essere “prescelto” per un corso a Roma (prescelto, come i personaggi della Bibbia) riesce a smorzare.
Si parla della mafia, degli onorevoli della politica capaci di navigare tutte le stagioni della politica con ogni vento e con le mani in pasta dappertutto.

C’è la Sicilia di Moltalbano, bella e senza troppe speranze per il suo futuro, quella che Camilleri è stato così bravo a raccontarci.

Questi i racconti inclusi ne La coscienza di Montalbano:

Notte di ferragosto

Da anni e anni oramà a Vigata si era pigliata l’usanza che la notti di Ferrausto, quello tra il quattordici e il quinnici, chiossà di mezzo di metà paisi scassasse per annare a passare la sirata a la pilaja. Era ‘na speci di migrazione momintania, Vigata ristava diserta, proprietari ‘nni addivintavano cani e gatti, i latri delle case non si pirdivano l’occasione e s’arricampavano macari dai paìsi vicini. Evidentementi si erano passati la parola.

Ventiquattr’ore di ritardo

Quel jorno faciva un misi esatto da quanno che si era accattato la casa di Marinella, epperciò Montalvano addicidì che la ricorrenza annava fistiggiata. Avribbi voluto che accanto a lui ci fusse Livia ma quella si nni era dovuta ristari a Boccadasse pirchì ‘n ufficio aviva chiffari assà.

La finestra sul cortile

«Il signore questore l’aspetta. La introduco subito» disse a Montalbano il capo di gabinetto Lattes e proseguì: «Tutto bene in famiglia?»
Quello si era amminchiato, da anni e anni, che Montalbano era maritato e patre di figli. Lui, le prime volte, aviva circato di dirgli che non sulo non aviva né mogliere né figli, ma che era macari orfano di patre e matre.

Una cena speciale

Trasenno ‘n commissariato, Montalbano s’addunò con sorprisa che Catarella non era al sò posto nel centralino, pirchì quanno era ‘n sirvizio non si cataminava da quello sgabuzzino che era il sò quartiere ginirali. Forsi era ‘nfruenzato, in quell’urtimi jorni di dicembriro il friddo era stato forti assà.

La calza della befana

Stava camminanno supra a ‘na stratuzza di paìsi stritta stritta, lorda di munnizza indove che tutte le porti e le finestri delle case erano, và a sapiri pirchì, ‘nserrate. ‘Na decina di passi davanti a luim procidiva ‘na fìmmina anziana, malamenti vistuta, la gonna tutta spirtusata, le quasette sciddricate sciddricate fino all’osso pizziddro.

Il figlio del sindaco

In genere la scoperta di ogni ammazzatina viniva comunicara a Moltalbano alle sett’albe con le paroli di Catarella, già difficili da accapirsi nel corso della jornata, vali a diri quanno s’attrovava in condizioni di normali lucidità, figurarsi in stato di semicoma dovuto a ‘mprovviso arrisbigliamento. L’omicidio di Laura Sorrentino perciò s’appresentò anomalo fin dal principio..

La scheda del libro sul sito di Sellerio

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