30 ottobre 2012

Una voce di notte, di Andrea Camilleri

Incipit:
S'arrisbigliò che erano appena le sei e mezza del mattino, arriposato, frisco, e perfettamente lucito di testa.
Si susì, annò a raprire le pirsiane, taliò fora.
Mari carmo, 'na tavola, e un celo sireno, cilestre con qualichi nuvoletta bianca che pariva pittata da un pittori dilettanti e mittuta lì per fari billizza. 'Na jornata 'n definitiva anonima che gli piacì propio per questa mancanza di carattiri.
Pirchì ci sunno certe jornate che t'impongono fino dal primo lumi d'alba la loro forti pirsonalità, e tu non puoi fari autro che calari la schina, sottomittiri e sopportari.

Il Montalbano nervoso: nervoso nelle prime pagine del libro, per l'arrivo del suo compleanno (annunciato via telefono dalla fidanzata Livia), quei 58 anni che significano meno due ai "sissanta". L'età della vecchiaia:
D’ora in po’ non avrebbi cchiù pigliato un mezzo pubblico,
nello scanto che qualichi picciotto, vidennolo, si
susiva e gli cidiva il posto.
Po’ arriflittì che i mezzi pubblici avrebbi potuto
continuari a pigliarli tranquillamenti pirchì quella di cediri
il posto all’anziani era ’na costumanza che non s’usava
cchiù.
Ora non c’era cchiù rispetto per l’anziani, vinivano
sdilliggiati e offisi, come se quelli che li sdilliggiavano
e l’offinnivano non erano distinati ad addivintari vecchi
macari loro.
Ma pirchì gli vinivano ’n testa ’sti considerazioni?
Forsi pirchì si sintiva d’appartiniri già alla categoria dei
vecchi?

Ma il nervoso nasce anche da altri spunti: lo scontro con un pirata della strada Giovanni Strangio, figlio del presidente della Provincia Michele Strangio, che poi avrà anche un ruolo più importante nella storia:
"Montalbano gli augurò di catafottirisi dintra a un burroni. E per essiri cchiù sicuro, gli agurò macari che la machina pigliava foco.
Ma come erano addivintati in questo paisi? Nell'urtimi anni pariva che erano arretrati di secoli, forsi, se gli livavi i vistiti, sutta avresti attrovata la pelli di pecora dell'omini primitivi.
Pirchì tanta insofferenza reciproca? Com'è che non si sopportava cchiù il vicino di casa, il collega d'ufficio e macari il compagno di banco?2
pagina 19

Ma il fato (o chi per lui) congiura per rendergli il festeggiamento indigesto: la scoperta di un furto in un supermercato, controllato da prestanome della famiglia mafiosa dei Cuffaro e dove nel cda siede un politico nazionale colluso con loro (l'onorevole Mongibello).
Un caso da poco, che però sfocia da subito in tragedia, per il suicidio (almeno all'apparenza) del direttore del supermercato, tale Borsellino: un suicidio per cosa? Perchè era responsabile del furto, avendo dato le chiavi al ladro? O c'è altro sotto?

Il giornalista Ragonese, di Televigata, non ha dubbi: la colpa è dei commissari Montalbano e Augello, per i loro metodi inquisitori, che hanno portato il direttore al gesto estremo.
"Finuta la tilefonata, si annò ad assittari nella verandina fumannosi 'na sicaretta. Pirchì uno come Ragonese, si spiò, e come lui tanti autri, cchiù importanti, che scrivivano supra ai giornali nazionali e comparivano nelle televisioni cchiù seguite, facivano il loro misteri in questo modo?
Un giornaista serio gli avrebbi tilefonato per conosciri la sò virsioni dei fatti e, ascutate le dù campane, avrebbi detto la sò opinioni.
'Nveci i giornalisti come Ragonese stavano a sintiri 'na sula campana, quella dei loro patroni. E spisso non si potiva diri che lo facivano per dinaro.
E allura pirchì? Non c'era che 'na risposta: pirchì avivano l'anima del servo. Erano gli entusiasti volontari del servilismo, cadivano 'n ginocchio davanti al Potirim uali che era.
Non ci potivano fari nenti: erano nisciuti accussì."
pagina 55

Ragonese, e i giornalisti come lui, sono pupi nelle mani di pupari che vogliono portare l'indagine, e l'opinione pubblica, secondo una certa direzione. Ovvero scaricare le colpe sul povero direttore, che comunque era uomo di mafia.
In questo storia ci va di mezzo anche una guardia giurata, che ha pagato la colpa di essere passato nel posto sbagliato, il supermercato dove è avvenuto il furto, e di aver visto qualcosa che non doveva vedere.

Ma altri fatti di sangue, capitano a Vigata: il pirata della strada con cui Montalbano aveva avuto uno scontro (e che il pm aveva liquidato, in onore del padre presidente della provincia), arriva in commissariato a denunciare la morte della fidanzata Mariangela. Che qualcuno ha ucciso, andando anche ad infierire sul corpo.
Due casi che scottano: la morte del direttore fa scattare le solite reazioni da parte di certa politica. Il politico che chiede una interpellanza per lamentarsi dei modi della polizia. Il presidente della provincia che fa pressioni sul Questore e sulla stampa.
Lo sdegno, per Montalbano, è troppo: troppi i fronti contro cui dovevano cautelarsi, loro, i poliziotti onesti, o che comunque avevano una certa idea del loro lavoro, dell'etica, della democrazia, delle legge:
"Nell'ultimi anni, e forsi macari per l'avanzari dell'età, sempri meno arrinisciva a controllari lo sdegno, e la conseguenti rivolta, che gli viniva provocato dall'appoggio, cchiù o meno scoperto, che un certo potiri politico dava, attraverso deputati e senatori collusi, alla mafia. E ora stavano accomenzando a fari 'na serie di liggi che con la legalità non avivano nenti a chiffare.
Che paisi era quello indove un ministro che era stato  'n carrica 'na vota aviva ditto che con la mafia bisognava convivere? Che paisi era quello indove un senatore, connannato in primo grado per collusione con la mafia, si era risprisintato er era stato rieletto?  Che paisi era quello indove un deputato regionali, connannato in primo grado per aviri aiutato mafiosi, viniva promosso senatori? Che paisi era quello indove uno che era stato ministro e presidenti del consiglio 'na gran quantità di volte, aviva avuto riconosciuto in via definitiva , ma prescritto , il reato di collusione con la mafia e continuava a fari il senatore a vita?
Il fatto stisso che 'sta genti non si dimittiva spontaneamenti, stava a dimostrare di quali pasta erano fatto."
pagina 73

Che fare allora: assogettarsi ai voleri dei pupari che stanno manovrando i fili dall'alto? Alle false raccomandazioni del "signori e quistori" Bonetti Alberighi, timoroso di finire a fondo assieme a Montalbano per l'interpellanza parlamentare, perché in queste inchieste ci sono troppi potenti, e allora chi tocca i fili muore?
No. Montalbano non ci sta: a costo di allordarsi le mani, il nostro commissario è disposto anche a infrangere qualche regola, qualche legge, per sbrogliare questa matassa, i due crimini (il furto e il suicidio nel supermercato, e la morte della ragazza) che partono separati per poi intrecciarsi nuovamente. Stretto in mezzo tra il superiore, l'opinione pubblica (combinata da giornalisti come quel Ragonese), pm troppo zelanti col potere, decide di intervenire in prima persona per forzare la mano gli aventi. Anche con l'aiuto "tecnologico" di Catarella, e quello più sbirresco dell'ispettore Fazio.
"Pò aviva pensato che lui potiva non aviri a chiffare con la morti di Strangio. Era stata ’na voci di notti, anonima, a parlari con lui. 'Na voci di notti che avrebbe potuto essiri benissimo quella della stissa sò coscienza. Era ’na giustificazioni tanticchia tirata, tanticchia ipocrita, certo, ma per un gesuita sarebbi stata addritta. E po, pirchì farisi tanti scrupoli davanti a genti che li scrupoli non sapivano manco indove stavano di casa e non facivano autro che sfuggiri al castigo giovannosi del loro potiri politico?
No, avrebbi fatto quello che aviva addeciso. E se aviva funzionato ’na prima volta, avrebbi funzionato macari la secunna."
pagina 246

Una voce di notte è, forse, il romanzo pià politico di Camilleri, tra quelli con protagonista Montalbano: imprenditori mafiosi, e mafiosi dal colletto bianco; presidenti di provincia che si credono padreterni; politico collusi e funzionari dello Stato zelanti col potere. Giornalisti ventriloqui, che parlano con le parole dettate da chi li paga.
"Si imbatte in un sogno, Montalbano, che gli è rimasto attaccato alle palpebre. La sua devozione cinematografica vi riconosce lo spezzone di un film di Brian De Palma con le atmosfere thrilling della Chicago corrotta e violenta di Al Capone. Il film è il remake di un serial televisivo. Il sogno è un remake di secondo grado, che fa il verso al citazionismo del regista (e dello stesso Camilleri, che intitola il romanzo con il rivolgimento parodico della serenata napoletana Voce ’e notte). Montalbano è come l’agente governativo del film. Ha anche lui una squadra di tre poliziotti «intoccabili» che lavorano d’intesa. Della squadra, insieme a Fazio con il suo portatile archivio genealogico, e ad Augello, zelante quanto suscettibile, fa parte a pieno titolo il telefonista Catarella: l’elettrizzato folletto della scienza tecnologica messa al servizio delle indagini, cui non nuocciono esilaranti frappa menti e sfracelli linguistici.
Montalbano non trattiene lo sdegno davanti alla Chicago di Al Capone, che dilaga in terra italica. Fa sua l’irritata impazienza di Cicerone contro Catilina. E rimodula in vigatese l’antica requisitoria latina: «In quale parte del mondo ci troviamo? Quale governo abbiamo? In quale città viviamo?»."
Salvatore Silvano Nigro

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