Uno dei capitoli del libro "Armi, un affare di Stato", dei giornalisti Facchini Sasso Vignarca, è dedicato al progetto del caccia F35, chiamato "il caccia dello spreco".
Gli autori smontano, nel capitolo, tutte le giustificazioni fatte dai successivi governi (compreso questo che dovrebbe essere composto da tecnici) per andare avanti con l'acquisto di questo sofisticati (ma anche pieni di difetti di progettazione) caccia "con proiezione d'attacco".
Per iniziare, non è vero che negli Stati Uniti non si siano sollevati voci critiche, contrarie al progetto.
Gli autori smontano, nel capitolo, tutte le giustificazioni fatte dai successivi governi (compreso questo che dovrebbe essere composto da tecnici) per andare avanti con l'acquisto di questo sofisticati (ma anche pieni di difetti di progettazione) caccia "con proiezione d'attacco".
Per iniziare, non è vero che negli Stati Uniti non si siano sollevati voci critiche, contrarie al progetto.
"Nell'aprile del 2012 anche la prestigiosa rivista «Foreign Policy», voce molto ascoltata a Washington, ha definito l'F35 «una calamità». Secondo un articolo di commento molto duro, la decisione da prendere sarebbe solo una: «l'F35 è di una mediocrità insostenibile, e il programma non sarà mai rimesso a posto da un qualsiasi tipo di modifica hardware o di controllo dei costi. c'è solo una cosa da fare con l'F35: cestinarlo. Le forze aeree americane meritano un aereo migliore, e i contribuenti ne meritano uno molto più economico. La pattumiera attende». Parole forti e chiare che però non sembrano trovare ascolto al Pentagono e nemmeno nelle stanze di via XX Settembre a Roma, sede del ministero della Difesa. Ancora una volta, nel mondo militare e delle armi, si gioca sulle parole e si dipingono a uso di interessi particolari solo quadri irrealistici e pienamente ideologici."
pagina 153
L'esplosione dei costi:
"Ultime stime diffuse dal Pentagono sul prezzo medio di tutte le versioni sviluppate parlano di 133 milioni di dollari per esemplare, comunque ben al di sopra di una qualsiasi stima previsionale (anche aggiornata). Prima dell'ipotesi di diminuzione del numero degli aerei , questi costi unittari avrebbero portato all'Italia una spesa di circa 15 miliardi di euro, più i costi dei propulsori, cioè altri 735 milioni di euro dei contribuenti italiani. Se aggiungiamo a queste somme quanto l'Italia ha già speso per la precedente fase di sviluppo (un miliardo di euro) e per l'impianto di Cameri, in provincia di Novara (800 milioni di euro), dove l'Alenia (un'industria privata inun insediamento produttivo pubblico) divrebbe costruire il cassone alare del velivolo, otteniamo un salatissimo conto complessivo di 18 miliardi di euro. Un numero che, va sottolineato con forza, è molto al di sopra dei 13 miliardi che abbiamo visto riportare nei documenti ufficiali del bilancio del ministero della Difesa negli ultimi anni."
pagina 154
La bufala delle penali:
"In caso di ritiro prima della sottoscrizione del contratto di acquisto degli aerei, nemmeno i costi di chiusura della linea produttiva, altrimenti condivisi, potrebbero essere imputati, e in ogni caso non potrebbero superare la quota partecipativa al programam da parte di ciascuno stato. Per l'Italia, che è coinvolta con una quota del 5%, ciò significherebbe, nella fase attuale, una cifra massima totale di 904 milioni di dollari. Niente di più."
pagina 155
Come a dire, siamo ancora in tempo a dire di no. Se c'è la volontà politica.
L'inganno delle ricadute occupazionali:
L'inganno delle ricadute occupazionali:
"Secondo la Difesa italiana, nella struttura industriale di Cameri si creeranno nella fase di picco circa 600 posti di lavoro, con una ricaduta sull'indotto di altri 10000.
Una cifra sicuramente esagerata, se si pensa che nel 2008 in Italia l'industria a produzione militare nel suo complesso a dato occupazione a 26395 persone. E' più realistica l'ipotesi delle parti sociali sindacali , che parlano di 200 occupati, più altri 800 nell'indotto. In realtà, molte saranno di fatto solo ricollocazioni di chi perderà il posto di lavoro per i tagli all'Eurofighter, l'aereo che in questa competizione ha perso terreno.
Bisogna tener conto che i profitti dell'industria militare sono alti (anche perché sono garantiti dai governi), ma le ricadute occupazionali sono basse rispetto alle sommme investite. Tra il 1993 e il 2003 sono stati cancellati in Europa 750000 posti nel settore militare e circa 120000 in quello aerospaziale, mentre il fatturato è più che raddoppiato."
E ancora:
"l'F35, spacciato come fonte di affarii milionari e di migliaia di posti di lavoro, per ora ha contribuito a far crescere il debito pubblico insieme alle altre spese militari e non ha creato un posto di lavoro in più, se si considera le centinaia di migliaia di lavoratori del settore messi in mobilità. La Lockheed Martin non regala niente e i suoi conti prevedono un profitto per gli Stati Uniti, non certo per l'italia."
pagina 159
E per fortuna che il ministro Di Paola ha affermato, a proposito di chi criticava l'acquisto di questi caccia «spesso si parla in termini ideologici, ma non c'è ideologia da fare». Appunto.
Che faranno ora i tecnici? E il Parlamento? E i candidati di sinistra?
La scheda del libro su Chiarelettere.
Il link per ordinare il libro su ibs.
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