“La stampa serve chi è governato, non chi governa” - così si concludeva la sentenza della Suprema Corte degli Stati Uniti nella vertenza tra l’amministrazione Nixon e i giornali New York Times e Washington Post per la vicenda dei Pentagon Papers.
Sono
passati più di 50 anni e ancora siamo a dover difendere questo
principio: non deve essere Report (o Presadiretta o le altre poche
voci libere dell’informazione) ad aver paura della politica, ma il
contrario, deve essere la politica a temere delle inchieste
giornalistiche, sempre che abbia cose da nascondere.
Sono uscite
da pochi giorni le anticipazioni dei servizi della prima puntata di
questa stagione di Report e la politica è in fibrillazione: sono
partiti gli attacchi, la richiesta di vedere “tutto il girato”
(manco fosse una manifestazione dei giovani di FDI).
I temi che
toccheranno i servizi sono quanto mai attuali, specchio di questa
classe dirigente incapace di essere trasparente: la campagna
elettorale a Genova e i voti raccolti dalla mafia. Uno sguardo dentro
il Ministero della Cultura in questi mesi con la gestione
Sangiuliano. Un servizio sull’altra Cutro, una strage di migranti
tenuta nascosta dopo il tragico eventi davanti le coste calabre per
non mettere in imbarazzo il governo.
Infine il quadro di Sgarbi: chi aveva ragione?
La
novità di quest’anno è la mezz’ora in più che verrà dedicata
ai giovani, “sarà un laboratorio, formare giornalisti per la Rai,
con la dedizione all’inchiesta, con lo spirito del servizio
pubblico, col rigore proprio di Report” racconta il conduttore
Sigfrido
Ranucci
nell’intervista a Gli imperdibili: “l’informazione indipendente
è un dovere del servizio pubblico, più ancora del pluralismo perché
è nell’indipendenza il pluralismo, è una maggiore
garanzia.”
Report
Lab
Report
è andata a Vasto a raccontare dei Trabocchi dentro la riserva marina
di Vasto istituita nel 1988: oltre al vincolo ambientale, uno di
questi (quello di Punta Aderci) è pure vincolato dal punto di vista
monumentale, “è un patrimonio che rappresenta l’Abruzzo in modo
importante” racconta a Report Raffaella De Francesco – titolare
del Trabocco di Punta Aderci.
La comunità di Vasto ci tiene
veramente al mantenimento di questo ecosistema, di cui i Trabucchi ne
fanno parte: sono stati loro, da soli, a salvare un branco di
capodogli che si era arenato sulla spiaggia di Punta Penna. In tanti
sono accorsi lì per dare una mano, anche solo portando bacinelle,
per tenere bagnati i cetacei spiaggiati, alcuni tra i più
intraprendenti hanno spinti fisicamente gli animali in mare.
“Abbiamo
fatto una cernita su quali animali da salvare per prima e abbiamo
scelto il più piccolo” racconta a Report Fernando Sorgente.
I
capodogli avevano capito cosa stavano facendo le persone attorno a
loro.
La scheda del servizio: Vasto. Esempio di solidarietà di Chiara De Luca
di Chiara De Luca
Collaborazione di Greta Orsi
Immagini di Chiara D'Ambros,
Ricerca immagini di Eva Georganopoulou
La riserva di Punta Aderci è la vetrina dell’Abruzzo costiero.
La riserva di Punta Aderci fu istituita nel 1988 dalla Regione Abruzzo, a gestirla dal 2006, per conto del Comune di Vasto, è la cooperativa Cogcstre che riceve ogni anno da Regione e Comune rispettivamente circa 40 mila euro. La riserva e tutti gli habitat presenti sono sottoposti a tutela, lo scenario unico che la contraddistingue è lo sfondo di una storia di altruismo e solidarietà i cui protagonisti sono i cittadini di Vasto che hanno unito tutte le loro forze per soccorrere sette capodogli spiaggiati sulla costa di Punta Penna. Una testimonianza di quello che è in grado di fare una comunità quando è unita. Le istituzioni invece sono state in grado di valorizzare la riserva e i suoi habitat?
La candela di Sgarbi
Chi ha ragione allora, Sgarbi o la procura di Macerata, sulla vicenda del Manetti che, come ha ricostruito Report in diversi servizi, è “molto uguale” ad un’opera rubata in un castello a Buriasco?
Il
servizio di Report, dove parla di un frammento di tela rimasto
incastrato nel telaio dopo il furto dell’opera, è stato acquisito
per la perizia della Procura, “la chiave per ricostruire il mistero
del dipinto” l’aveva definito il critico d’arte Alessandro
Bagnoli. Un pezzo di puzzle che si incastra perfettamente nel lavoro
fatto dal restauratore incaricato dall’ex sottosegretario.
Cosa
dice la perizia? Che l’analisi dell’opera sottoposta a sequestro
coincide con quella del frammento consegnato dalla signora Buzio e
“si ritiene pertanto che sia lo stesso dipinto provento di furto e
oggetto di denuncia.”
Prosegue la perizia che nella parte
superiore sinistra sono stati realizzati, con pigmenti industriali,
nuovi elementi sulla tela originale: la fiaccola accessa, il chiarore
attorno ad essa e le stesure che definiscono il contorno della
colonna. Tutte aggiunte non originali.
Ma chi ha aggiunto sulla
tela quel lume? Si chiama Lino Frongia e Report e andata a chiedergli
una sua versione dei fatti: quel lume l’ha messo lui su una tela
che gli era stata portata da Sgarbi, non sapeva nulla della
provenienza. Era stato invitato dal restauratore Mingardi a Brescia,
fu Sgarbi a chiedergli di aggiungere un particolare “l’idea di
aggiungere un particolare per far passare altro il quadro mi sembrava
demenziale, io non mi faccio pagare per fare ste cose, faccio il
pittore”.
La scheda del servizio: Rimetta a posto la candela
di Manuele Bonaccorsi
Collaborazione di Thomas Mackinson e Madi Ferrucci
Riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte.
La procura di Macerata ha chiuso le indagini su Vittorio Sgarbi, ex sottosegretario alla Cultura del governo Meloni, accusato di aver esposto in mostra e contraffatto un’opera del Seicento su cui pendeva una denuncia di furto. Si tratta della Cattura di San Pietro, del caravaggista Rutilio Manetti, che risultava rubata nel 2013 al castello di Buriasco, in provincia di Torino. Sgarbi aveva esposto a Lucca nel 2021 un dipinto del tutto identico, escluso un particolare: una fiaccola in alto a sinistra. L’inchiesta giudiziaria era nata a partire da un’inchiesta realizzata da Report e dal Fatto Quotidiano nel dicembre del 2023. Nella puntata in onda il 27 ottobre Report rivelerà gli ultimi aspetti ancora sconosciuti della vicenda, emersi dalle indagini condotte del Nucleo di Tutela dei Beni Culturali dei Carabinieri. L’opera rubata a Buriasco e quella di proprietà di Sgarbi sono due diverse copie dello stesso soggetto – come sosteneva Sgarbi – o sono la stessa opera? Qualcuno ha aggiunto la candela? E su ordine di chi?
Il sistema Genova e Liguria
Chi ha portato i voti a Toti alle regionali del 2020?
Il capo di Gabinetto di Toti chiese i voti alla comunità riesina di a Genova, contattando i fratelli Testa, due gemelli che vivono in provincia di Bergamo ma che nel quartiere Certosa di Genova sono di casa.
Uno dei due fratelli (entrambi detenuti al 41 bis) è indagato per voto di scambio aggravato per aver agevolato la mafia: è a loro che Cozzani, il capo di gabinetto, chiede i voti per la lista di Toti.
Siccome a Genova non avevano una casa, l’ex consigliere totiano, oggi candidato con Bucci, mette loro a disposizione una stanza all’hotel Mercure: qui sono stati spesati dall’associazione ciclistica, che ha anticipato i soldi per la permanenza dei fratelli ad Anzalone.
In
quei giorni a Genova c’era il giro ciclistico dell’Appennino e
Anzalone ha fatto ricorso al tesoriere dell’associazione sportiva
per sistemare i Testa a spese dell’associazione. Si è arrivati
così ad un conto da 700 euro, per una settimana in
hotel.
L’influenza della comunità riesina a Genova è tale da
aver importato nel quartiere di Certosa la festa della Madonna della
catena: a Riesi questa celebrazione raccoglie migliaia di fedeli
dalla provincia per vedere questa Madonna che libera gli uomini dalle
catene di ogni oppresione.
Nel quartiere di Certosa questa
festività ha scalzato quella del vecchio santo, San Bartolomeo: oggi
– racconta Cristian Abbondanza della casa della legalità –
quella festività non si celebra più perché, lo ha spiegato lo
stesso parroco, veniva usata per incontri di mafia.
L’amministrazione di Toti si è distinta nell’attrarre i turisti, ricorrendo anche a forme pop di comunicazione che, come racconta modo ironico il giornalista Mimmo Lombezzi, andrebbero messi in un museo. Come l’enorme pestello per fare il pesto esposto a Londra nel 2023: un gonfiabile di 6x8 metri che lo scorso anno ha solcato le acque del Tamigi, per promuovere il pesto ligure nel mondo.
Ma
a far discutere sono stati anche i 100mila euro dati ad Elisabetta
Canalis che, dagli Stati Uniti, ha promosso il mare ligure in uno
spot andato in onda durante Sanremo nel 2022, costato in tutto
204mila euro. Una star di Mediaset che da Las Vegas ricorda di essere
andata in vacanza in Liguria.
Il servizio sulla Liguria di Toti
si occuperà anche della diga foranea, la grande opera davanti al
porto di Genova che consentirà l’arrivo di navi sempre più grandi
che consentirebbe maggiori guadagni ai terminalisti come Spinelli: è
l’opera più importante su cui ha puntato il sindaco Bucci, del
valore di 1,3 miliardi di euro.
Soldi pubblici per interessi
anche privati di cui Toti e Spinellli parlavano al telefono: il primo
rassicurava il secondo in una intercettazione, “la diga è fatta, è
già in gara, sappiamo anche chi la fa..”. C’è la gara, per
rispettare almeno un po' le regole, ma poi “secondo me vince
Salini-Fincantieri” continua al telefono l’ex governatore Toti
che sapeva in anticipo il vincitore della gara pubblica, il consorzio
guidato da We Build, cioè Salini.
Oggi, dopo l’inaugurazione dello scorso maggio, sembra tutto fermo: un operaio che ha lavorato lì tutta l’estate ha documentato lo stato dei cassoni sul fondale. Già si vedono dei cedimenti strutturali – racconta – “a occhio nudo già si vede che si sta sgretolando.”
Questo servizio è stato accusato di fare propaganda per il centrosinistra, in quanto andrà in onda nel giorno delle elezioni regionali (dopo l’inchiesta su Toti e il patteggiamento col Tribunale): ma Report parlerà anche dei rapporti tra gli imprenditori del porto ed esponenti locali del PD. Ancora una volta viene fuori il gruppo Spinelli: nel 2021 quando chiama Toti e Bucci per farsi rinnovare la concessione per il terminal Rinfuse, Spinelli decide di ospitare sul suo yacht anche l’ex governatore Burlando, assieme al neo eletto consigliere PD Armando Sanna. Report ha incontrato Burlando a Genova all’iniziativa del candidato Orlando, candidato alla presidenza.
“Non
avrai il mio scalpo” è stata la risposta di Burlando alla domanda
sul perché di quegli incontri: “non insista perché mi sta
rompendo le palle”, l’ex presidente non ne vuole parlare, l’ho
spiegat tante volte.. Se questa è l’alternativa a Toti siamo a
posto.
Cosa sia stato il sistema Burlando (che ha sempre avuto
buoni rapporti con gli imprenditori portuali) l’ha spiegato bene il
giornalista Marco Grasso del Fatto Quotidiano: “il fatto che non
sia ben chiaro il ruolo che ha avuto in questa storia è esattamente
quello che poi mette in imbarazzo il PD”.
“Io non penso che
il PD abbia un conflitto” spiega il candidato Andrea Orlando a
Report “il PD dopo questa vicenda deve cambiare anche alcune prassi
che secondo me, in un altro contesto potevano anche essere accettate
e tollerate ma che oggi sono diventate pericolose..”
Certo, in
un altro contesto.
La scheda del servizio: Liguria nostra
di Luca Chianca
Collaborazione di Alessia Marzi
Immagini di Alfredo Farina e Fabio Martinelli
Ricerca Immagini di Tiziana Battisti
Montaggioe grafica di Giorgio Vallati
A maggio scorso Giovanni Toti è stato arrestato per corruzione e finanziamento illecito.
Con Toti finiscono in manette anche l’ex presidente dell'autorità portuale Emilio Signorini e uno dei più importanti terminalisti del porto, Aldo Spinelli, che in cambio di soldi al comitato elettorale di Toti ha ottenuto, secondo la procura, il rinnovo di alcune concessioni. Un terremoto giudiziario che ha portato la Regione Liguria a nuove elezioni. Per capire i nuovi equilibri politici e i nuovi candidati, Report è ripartita dalle ultime regionali del 2020, ripercorrendo, attraverso interviste esclusive ai protagonisti sui rapporti tra la criminalità organizzata e il partito di Toti. A sinistra invece, si deve fare i conti con i rapporti che alcuni esponenti hanno con alcune società del Porto di Genova guidate dall'imprenditore Mauro Vianello indagato anche lui nell'inchiesta su Toti, con l’accusa di aver corrotto l'ex presidente dell'Autorità Portuale Signorini.
Dentro il ministero della Cultura
Cosa
è successo dentro il ministero della Cultura in questi ultimi mesi?
Si tratta di un ministero sensibile, perché abbiamo il patrimonio
culturale più importante al mondo.
Report ha intervistato lo
storico dell’Arte Alberto Dambruoso che ha vissuto una storia
simile a quella di Maria
Rosaria Boccia, la consulente (o forse no) dell’ex ministro
Sangiuliano: “ho ricevuto anch’io un incarico che di fatto non è
stato poi formalizzato, io non ho avuto il contratto”.
Alberto
Dambruoso insegna storia dell’arte all’Accademia di Frosinone,
Sangiuliano gli aveva affidato la co-curatela della mostra sul
Futurismo anche se, fino a quel momento, non aveva mai avuto rapporti
con lui. Tutto nasce da un articolo pubblicato su Il Tempo, il
giornale della famiglia Angelucci: la scintilla è la recensione che
il critico d’arte Simongini scrive sull’ultimo libro di Dambruoso
che ha come tema il futurista Boccioni. Aveva chiesto una recensione
su Il Tempo perché questo è un giornale d’aria, di orientamento
di destra, perché questo avrebbe potuto facilitare un contatto tra
Simongini e il ministro, cosa che effettivamente è avvenuta.
Si
arriva così alla possibilità di curare la mostra del Futurismo a
Roma, ma costi e scelte artistiche non vanno giù a Sangiuliano –
spiega nell’anteprima del servizio Giorgio Mottola – che
organizza quindi un comitato organizzatore di cui ne fanno parte il
direttore dei musei Massimo Sanna, la direttrice della gallezia
nazionale Mazzantini e il presidente del Maxxi Alessandro Giuli. Ma
il comitato organizzativo commissaria il curatore e co-curatore:
hanno praticato un taglio drastico di oltre 300 opere, con una
decisione presa dal comitato organizzatore. Quello che doveva essere
il più grande evento culturale del governo Meloni si è rivelato un
pasticciaccio infarcito di gaffe farcito da conflitti di interesse e
scandali.
L’origine
politica del neo ministro Giuli è stata raccontata a Report dal
neofascista Rainaldo Graziani, a partire dalla militanza in Meridiano
zero, quelli che ogni tanto davano qualche schiaffone a chi gli
rifiutava i volantini che tanto non denunciavano perché se lo
meritavano (parole di Graziani). In questa rivista l’esperienza
neofascista si accompagnava a quelle esoteriche a cominciare dal
simbolo, una runa celtica simboleggiante la lotta del bene contro il
male. Direttamente dalle SS derivano dei culti arrivati fino a questa
rivista, in stile neo pagano come il festeggiamento del solstizio di
inverno, “una pratica tuttora in voga” secondo Graziani.
Giuli
era una delle figure brillanti – ricorda oggi il fondatore di
Meridiano Zero – altrimenti non sarebbe arrivato al ministero.
Ma in base a quali meriti è arrivato fino al ministero della Cultura? Come è stata la sua gestione al Maxxi? Il museo è stato aperto nel 2010, nel corso di una decina d’anno è riuscito ad affermarsi come uno dei più importanti musei dell’arte contemporanea in Italia, arrivando nel 2022 a staccare 300mila biglietti. Numeri che sono crollati durante la presidenza di Alessandro Giuli, nel 2023 gli incassi dei biglietti sono diminuiti del 30% rispetto al 2022 quando la presidente era Giovanna Melandri. Ancor più grave il bilancio delle sponsorizzazioni, i soldi dei privati dati al Maxxi per pagare mostre ed eventi, passati da 1,2 ml nel 2022 a 600mila euro nel 2023 con Giuli.
“I
conti si fanno alla fine” ha risposto il ministro alla domanda di
Mottola aggiungendo che “al momento del mio insediamento ho
ricevuto una programmazione che ho lasciato andare fino a
conclusione, come diceva qualcuno i conti si fanno alla fine.”
Nelle
anticipazioni del servizio si è parlato (e lo ha fatto lo stesso
conduttore) di un altro caso Boccia: è la storia del capo di
Gabinetto, che si è dimissionato pochi giorni fa, Spano, che ai
tempi del governo Renzi (dove era capo dell’ufficio anti
discriminazione) era finito indagato dalla Corte dei Conti per essere
poi definitivamente assolto. Era stato aiutato nella sua battaglia
dall’avvocato Carnabuci, poi diventato suo compagno, che è anche
stato assunto come consulente legale dal museo Maxxi (da sei anni,
prima della gestione Giuli). Una situazione da conflitto di interesse
non dichiarata.
L’avvocato Carnabuci ha preferito non
rispondere alle domande del giornalista.
La scheda del servizio: Da Boccia a Boccioni
di Giorgio Mottola
Collaborazione di Greta Orsi
Immagini di Alfredo Farina, Carlos Dias e Cristiano Forti
Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi
Montaggio e grafica di Giorgio Vallati
Conflitti di interesse, pressioni, scandali: come se la passa la politica culturale del governo Meloni
Si è dimesso, dopo l’annuncio della puntata di Report, il capo di gabinetto del ministero della cultura Francesco Spano, che era stato l’eminenza grigia nella gestione del Maxxi di Roma durante la presidenza di Alessandro Giuli. Mentre l’attuale ministro della Cultura ne era al vertice, il Museo non ha perso solo migliaia di visitatori ma, come riveleremo in esclusiva, anche milioni di euro di finanziamenti pubblici. A far acqua da tutte le parti sembra essere l’intera politica culturale del governo Meloni, come dimostra la vicenda della mostra sul futurismo. Doveva essere l’evento culturale più importante dell’esecutivo in carica, si sta rivelando un pasticciaccio infarcito di pressioni, conflitti di interesse e di scandali.
L’altra Cutro – la strage nascosta
Dopo la disastrosa e imbarazzante conferenza stampa a Cutro, la presidente Meloni non ha fatto altri incontri coi giornalisti, con domande aperte (a meno delle ospitate a Mediaset in territorio amico). Meglio evitare domande scomode, specie se fatte ad una politica che si dichiara madre e perfino cattolica.
Report è venuta a
conoscenza di una seconda strage di migranti avvenuta pochi mesi dopo
quella del febbraio 2023 a Cutro, tenuta nascosta per evitare
ulteriori imbarazzi: 65 persone morte nel tentativo di attraversare
quel bacino d’acqua tra noi e l’Africa.
Sul sito di Report
potete trovare un’anteprima del servizio: è il racconto del
giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, la sera del 16 giugno,
vede uscire una nave della Guardia Costiera italiana dal porto di
Roccella Jonica ma, da un certo punto in poi, “non abbiamo ricevuto
più nessun aggiornamento”.
Aggiunge Yasmine Accardo,
attivista di “Memoria Mediterranea”: “cala il silenzio
immediato su questo tipo di strage, noi quando siamo arrivati sul
posto non c’era assolutamente nessuno a Roccella Jonica, anche
rispetto a Cutro io ricordo migliaia di giornalisti che provenivano
da tutto il mondo, in quella situazione era il nulla totale.”
Nemmeno
gli operatori presenti al porto di Roccella Jonica sapevano
esattamente quello che stava succedendo.
“Ci viene comunicato
tramite messaggio che dodici persone erano in arrivo al porto di
Roccella Jonica” spiega a Report Cecilia Momi di Medici senza
frontiere “di solito ci avverte la Prefettura o la Capitaneria di
Porto, quello che scopriamo una volta in banchina è che le persone
non erano state soccorse da una imbarcazione in situazione di
sicurezza ma erano sopravvissute ad un naufragio .. ”.
Non
erano arrivati preparati a gestire quello che poi hanno trovato:
“nessuno era preparato, nessuno aveva le informazioni su un
naufragio.”
Commenta Sergio Scandura: “tutta l’informazione
ormai è blindata, la vita e la morte, il soccorso delle persone in
mare è trattato come un segreto di Stato.”
Chi ha deciso
questa strategia? Arriva dal Viminale – spiega l’ammiraglio
Vittorio Alessandro, “che ha un ruolo politico di controllo e di
informazione.”
Come sono andate le cose quella sera del
16 giugno 2022? Quelle morti si potevano evitare? Come mai una barca
è rimasta in balia del mare per cinque giorni per essere poi salvata
da un diportista francese? Come mai quei naufraghi non sono stati
visti da nessuno? Non è facile ottenere risposte, si capisce che c’è
una certa tendenza a nascondere le informazioni, sia da parte di
Frontex che da parte della Guardia Costiera di Roccella.
La scheda del servizio: La strage nascosta
di Rosamaria Aquino
Collaborazione di Norma Ferrara ed Enrica Riera
Immagini di Chiara D'Ambros, Dario D'India e Marco Ronca
Ricerca immagini di Tiziana Battisti e Eva Georganopoulou
Montaggio di Sonia Zarfati
Grafiche di Michele Ventrone
Una strage, successiva a quella di Cutro, che è stata tenuta nascosta: è il naufragio di Roccella Jonica.
È la notte tra il 16 e il 17 giugno 2024. Una barca a vela di turisti francesi soccorre un’altra barca a vela, quasi affondata, a 120 miglia dalle coste calabresi. A bordo c’erano 12 migranti, solo una piccola parte di un gruppo di 76 persone, un terzo dei quali bambini, imbarcatosi una settimana prima da Bodrum, in Turchia. Una strage. È il naufragio di Roccella Jonica, dal porto dove i superstiti verranno trasportati dalla Guardia Costiera. Da quel momento inizia a calare uno strano silenzio su quelle operazioni. Non tornano i numeri delle salme recuperate, le operazioni di trasporto dei cadaveri recuperati in mare si svolgono di notte in porti distanti tra loro centinaia di chilometri, rendendo difficile alla stampa di documentare il naufragio. I parenti che devono riconoscere i corpi, recuperati nei giorni successivi in mare, sono costretti a fare la spola tra diversi ospedali, ma anche i vivi vengono ricoverati in posti diversi, persino in altre province. Nessuna cerimonia comune, nessun messaggio di cordoglio, nessun comunicato in quei giorni dal Governo. Si voleva evitare l’effetto Cutro? Report, con testimonianze inedite, ripercorre tutte le fasi di quel naufragio, dal primo allarme lanciato da Alarm Phone alla gestione dei superstiti e dei rimpatri.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
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