02 agosto 2025

Bologna, la matrice che si vuole cancellare

 

Immagine presa dal sito de l'Ansa

Bologna 2 agosto 1980: una bomba esplode nella sala d’attesa della stazione, nei giorni dell’esodo estivo degli italiani.

85 morti e più di duecento feriti: diversamente da altre stragi degli anni settanta, per Bologna le sentenze sono riuscite a portare a delle condanne dei responsabili, nonostante i tanti depistaggi partiti dall’interno delle stesse istituzioni.

La bomba è stata messa da esponenti dei NAR, la formazione neofascista formata da giovani missini, Giovanna Mambro, Giusva Fioravanti, Luca Ciavardini, Gilberto Cavallini.

I giudici, le parti civili, l’associazione vittime della strage non si è voluta fermare solo ai responsabili materiali (rimasti in carcere per pochi anni per essere ammessi poi a regime di semilibertà): le ultime sentenze sono arrivate ad individuare chi ha finanziato la strage fascista, la Loggia P2 di Licio Gelli e chi ne ha tirato le fila all’interno dello stato, il prefetto Umberto D’Amato a capo dell’Ufficio Affari Riservati nel ministero dell’Interno.

Ma queste sentenze ci portano dritto verso il Movimento Sociale, per la condanna al senatore missino Mario Tedeschi e la condanna di Paolo Bellini.

Strano personaggio quest’ultimo: esponente di Avanguardia Nazionale, con diversi omicidi alle spalle, implicato nella trattativa stato mafia, in rapporto coi carabinieri come confidente..

La sentenza che lo condanna per la strage di Bologna lo indica come responsabile del “trasportare, consegnare e collocare quantomeno parte dell’esplosivo” per la strage.

Abbiamo ora abbastanza materiale per tirare assieme le fila: strage fascista, coperture istituzionali (non dimentichiamoci del depistaggio messo in atto dal Sismi per avallare la presunta pista internazionale che viene sempre tirata fuori, nonostante l’insussistenza di prove), finanziamenti dalla massoneria deviata di Gelli, una persona influente con buoni rapporti oltreoceano, la moglie americana a cui eravamo sposati negli anni della strategia della tensione.

Questa la matrice che emerge dalle sentenze: lo scrive oggi Lirio Abbate su Repubblica

I neofascisti hanno messo la bomba alla stazione di Bologna. L’hanno trasportata, piazzata, fatta esplodere. Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini, Gilberto CavalliniPaolo Bellini: cinque nomi, cinque sentenze. Tutti esecutori, tutti terroristi neri. E dietro di loro il burattinaio: Licio Gelli, capo della loggia P2, finanziatore e mandante. Non è più un’ipotesi. È una verità storica e giudiziaria. Ma è anche una verità che imbarazza. E che l’Italia di oggi, con un governo di destra post-missina, preferisce non vedere.

Come per le stragi di mafia della stagione 1992-1993, la destra di governo non vuole vederla questa matrice, preferisce glissare, “noi non c’eravamo”, tirano fuori la pista palestinese. Non si fanno scrupolo nel nascondere quelle relazioni che altrove sarebbero imbarazzanti: i legami tra tanti personaggi coinvolti nelle stragi e il movimento sociale, il partito dell’ordine, il partito nato dalla fiamma fascista dentro cui si sono formati la presidente Meloni e altri esponenti di governo.

Meglio dimenticare allora, meglio non dire nulla, tanto domani gli italiani, non tutti certo, si saranno dimenticati di Bologna, delle vittime, delle loro famiglie.

Ma noi no, noi il nodo al fazzoletto lo abbiamo fatto e non ci dimentichiamo di cosa sia stata la destra italiana.

Quella su cui stava indagando il magistrato Mario Amato prima di essere ucciso da Luigi Ciavardini (si, quello della foto assieme alla presidente della commissione antimafia Colosimo):

«Sto arrivando alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori materiali degli atti criminosi».

La “verità d’assieme” che mette assieme tutto legando assieme i NAR, i fascisti della generazione precedente ritenuti collusi col sistema e coi servizi (parliamo di Ordine Nuovo, quelli delle bombe di Milano e Brescia e di Avanguardia Nazionale), la P2, pezzi deviati dello stato fino ad arrivare alla soglia del movimento sociale, il partito che praticava l’ordine e la sicurezza di giorno per poi praticare la violenza di notte.

E oggi vedremo nuovamente gli attacchi ai magistrati (e all'associazione dei familiari delle vittime) da parte di una maggioranza che, sarà un caso, sta approvando una "riforma" della giustizia con la separazione delle carriere che era presente nel piano di rinascita di Gelli. Un caso.


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