Un uomo 11 anni fa aveva previsto il
disastro della missione militare in Afghanistan, è Julian Assange
che però oggi è in carcere con l'accusa di essere una spia. Il suo
processo è uno scandalo per quei paesi occidentali, compreso il
nostro, che pretendono di esportare la democrazia.
Per la prima volta, sulla Rai, si parla
del processo ad Assange e di Wikileaks, il sito che con le sue
rivelazioni (ricevute da whistleblower degli apparati di sicurezza)
aveva gettato luce sulla guerra al terrore scatenata dagli USA dopo
l'attacco alle Torri Gemelle del 2001: sono i documenti segreti che
parlavano delle torture, dei crimini di guerra e della situazione
della guerra sul campo dando una visione completamente diversa da
quelli che erano i comunicati stampa ufficiali.
Assange è in carcere a Londra, in
attesa che si concluda il processo di estradizione degli Stati Uniti
(ad oggi si è concluso il primo grado): il racconto di Iacona parte
da Ginevra, dove sono presenti le principali associazioni sui diritti
civili.
In questa città in difesa del
giornalista è stato organizzato un incontro dalla stampa, dove hanno
parlato tra gli altri il sindaco della città e relatore Onu sui
reati di tortura, Niels Melzer.
Sulla riva del lago sono presenti le
statue dei tre maggiori whistleblower, Assange, Chelsea Manning e
Edward Snowden, realizzate da un artista italiano, Davide Dormino.
Qui Iacona ha incontrato anche la
compagna di Assange, l'avvocato Stella Morris, con cui il
giornalista ha avuto due figli, che non vede da mesi per colpa del
Covid.
“Non dirò ai miei figli che il padre
è in prigione, perché in prigione ci sono persone cattive” –
dice Stella Morris che è convinta che se Assange non uscirà dalla
prigione, ne morirà dentro, perché lo avranno ucciso.
Assange è stato arrestato da Scotland
Yard nell'aprile 2019: su quali basi legali un giornalista è in
carcere, senza una condanna definitiva, in piena Europa, non in una
dittatura? Che segreti del potere Assange ha
rivelato?
Ha rivelato al mondo della strage di
civili a Baghdad compiuta da soldati americani: è la strage che
trovate su youtube cercando il video “collateral
murder”,
dove i piloti di un elicottero apache sparano a dei civili scambiati
per terroristi. Sparano anche ad un furgone che stava soccorrendo un
ferito scampato alle prime raffiche: i soldati si mettono anche a
ridere, di fronte ai 18 morti, tra cui un giornalista della Reuters e
il suo operatore. Tra i feriti di questa strage ci sono due bambini:
colpa loro perché portano i bambini in battaglia – si sente dire
da un pilota.
Questo video è stato consegnato a
Wikileaks, dall'analista Chelsea Manning: questa piattaforma
era stata creata pochi anni prima da uno strano giornalista
australiano, Assange appunto. E' grazie a questo che è stata
smontata la bugia dei soldati americani, secondo cui l'azione
dell'elicottero rispettava le regole d'ingaggio.
Queste uccisioni di civili, in Iraq e
anche in Afghanistan, hanno avuto un impatto forte sulla popolazione
di questi paesi: ancora oggi il figlio di Saeed Chmagh non riesce a
non piangere, pensando alla morte del padre, a Baghdad, un reporter
che si ostinava a fare il suo lavoro nonostante i pericoli.
Saeed è stato ucciso, come un animale:
nel video si vede che si trascina a fatica, dopo i primi spari: i
piloti che lo hanno ucciso sono oggi liberi, gli americani non hanno
posto le scuse alla famiglia, solo la Reuters è stata vicina alla
sua famiglia, ma solo per un breve periodo.
Mosul è stata liberata dall'esercito
iraqeno nel 2017 e oggi è ancora una città di macerie: qui vivono i
familiari di Namir, l'operatore che lavorava con Saeed. Anche qui, i
genitori, provano tanta rabbia contro gli americani e sono grati ad
Assange e Wikileaks che gli ha consentito di vedere coi loro occhi la
verità sulla morte del figlio.
Nell'aprile 2010 la pubblicazione di
“collateral murder” cambia le regole del gioco, racconta la
guerra per quello che è: per questo Wikileaks doveva essere chiuso,
perché smontava la bugia della propaganda americana.
Dal 2010 Assange è finito in un
calvario, che lo ha privato della libertà: prima gli anni dentro
l'ambasciata dell'Ecuador, poi il carcere.
Dopo la pubblicazione del primo video,
Assange annuncia la pubblicazione dei 400mila file dei report redatti
dai soldati sul campo: sono gli Afghanistan
War Logs e poi l'Iraq War
Logs pubblicati assieme ad una serie di testate internazionali,
tra cui anche l'Espresso e Der Spiegel.
Lo racconta Stefania Maurizi, la
giornalista de l'Espresso e oggi del Fatto Quotidiano che ha iniziato
a collaborare con Assange in quel periodo: grazie a Wikileaks il
giornalismo aveva in mano dei documenti, non secretati, in tempo
reale, della guerra.
Documenti sulla guerra, minuto per
minuto, in Afghanistan e in Iraq: i massacri ai check point dove si
sparava a tutto ciò che si muoveva, le torture in tutti i dettagli,
le uccisioni di massa, le bombe tra le due fazioni, gli sciiti e i
sunniti.
Questi report raccontavano già anni fa
come la coalizione in Iraq e in Afghanistan non potesse vincere la
guerra, per gli attentati, per le bombe degli insorgenti.
Di questa guerra in Iraq chi ha
sofferto di più è stato il popolo iraqeno: altro che missione
compiuta, come annunciò Bush sulla portaerei nel 2003, altro che
missione compiuta, altro che libertà e pace, altro che
ricostruzione. Nel 2003 l'Iraq piombò in una guerra civile che fece
migliaia di morti.
Bradley Manning era un analista
di 22 anni di stanza a Baghdad: chattando con un hacker americano,
che poi lo denunciò al governo americano, Manning racconta la
ragione del consegnare a Wikileaks dei documenti segreti sulla
guerra. Perché il mondo deve sapere, le persone devono essere
informate, devono conoscere il volto del “potere segreto”,
quello composto dalla lobby delle armi, dalle strutture di
intelligence, dalla grande finanza che va a braccetto con i primi
due.
Chelsea Manning (come oggi si chiama)
ha consegnato un'enorme quantità di materiale classificato che
smontava in tempo reale la bufala della propaganda sulle guerre
umanitaria: il potere segreto che poteva andare sopra i miliardi
spesi per queste guerre, sul lager di Guantanamo, sui 15 mila morti
civili in Iraq, sulle torture e sulle rendition (tra cui anche quella
in Italia dell'imam Abu Omar).
Senza il suo coraggio, senza la
pubblicazione delle schede degli arrestati a Guantanamo, non sapremmo
nulla dei detenuti in questo lager: sono storie incredibili, persone
reclutate da Al Qaeda per una lotteria e per questo spedite a
Guantanamo, persone arrestate perché conoscevano i sentieri impervi
dell'Afghanistan.
La guerra per esportare la democrazia è
diventata subito una guerra sporca: lo dicono i documenti di
Wikileaks, lo dicono le foto di Abu Ghraib pubblicate dal
giornalista Seymour Hersh, che si era basato su un rapporto di un
generale, Tabuga,
che scelse di non nascondere le torture.
Altro che onore, dovere, patria: ad Abu
Ghraib c'era solo omertà, come nella mafia.
Edward Snowden, ex analista
dell'NSA, è un altro whistleblower di Wikileaks che rivelò al
mondo dello spionaggio di stato su cittadini americani ed europei,
degli omicidi compiuti dai droni (che non uccidono solo terroristi),
delle rendition e delle torture di persone sospettate di essere
terroristi, come il cittadino tedesco El-Masri o Abu Omar in Italia.
Tutte storie in cui i tribunali, la
giustizia, le leggi, non potevano intervenire perché c'era il
segreto di stato, perché in nome della sicurezza si bloccava tutto.
Ma era un segreto di stato usato per nascondere torture e reati.
Il caso Abu Omar è l'unico che
è approdato in un processo e che ha portato a delle condanne, sia
degli agenti della Cia che del Sismi che collaborarono al rapimento:
l'ex magistrato Spataro ha spiegato come il rapimento e la tortura
non sono servite a salvare vite umane, a prevenire attentati. Siamo
tornati al medioevo, alla tortura per ottenere una confessione, con
un salto indietro di secoli, calpestando le convenzioni
internazionali e la nostra Costituzione.
Ma poi il segreto di Stato ha salvato
gli agenti della Cia, grazie a tutti i governi che si sono succeduti
dal 2007 e alla grazie presidenziale: nei documenti inviati dalle
ambasciate e che Wikileaks ha pubblicato (i cable-gate) emergono le
pressioni fatte dal governo americano per bloccare l'azione dei
magistrati italiani di Milano.
Ci sono le pressioni all'allora
sottosegretario Enrico
Letta per bloccare i pm di Milano e poi quelle all'allora
ministro La Russa.
Non abbiamo chiesto l'estradizione di
quegli agenti, “è una tradizione” dice Frattini oggi,
come se fosse normale che un paese alleato calpesti la nostra
sovranità nazionale.
Nei cabli pubblicati da Assange
emerge come per gli americani l'Italia fosse il giardino di casa:
il nostro paese ha dato assistenza per le missioni di guerra, ha
bloccato le proteste dei pacifisti che potevano bloccare il materiale
militare.
L'Italia è il posto eccellente per
fare i nostri affari politici e militari – racconta
l'ambasciatore Sembler riferendosi al governo Berlusconi.
A fine 2010 sulla testa di Assange
piomba un'accusa terribile, quella di stupro nei confronti di due
donne svedesi, nel corso di una sua visita.
Con queste due accuse la sua immagine
inizia ad essere scalfita, perché si tratta di accuse infamanti: nel
suo libro (“Il potere segreto” -
Chiarelettere) la giornalista Stefania
Maurizi racconta le stranezze dell'accusa della procuratrice
svedese, le zone oscure, quanto le indagini si siano protratte a
lungo per colpa della procura svedese e della corte inglese.
Anche il relatore per l'Onu sulla
tortura, Nils Melzer, che si è letto le carte
dell'istruttoria su Assange, è convinto che questo processo non
abbia delle basi solide e che dietro abbia invece solo il tentativo
di metterlo a tacere.
Assange avrebbe potuto essere
interrogato a Londra dalla procuratrice svedese, che invece voleva
per forza interrogarlo in Svezia, dove c'era il rischio che venisse
estradato in America.
Dopo aver perso la battaglia per
l'estradizione, Assange si rifugiò nell'ambasciata dell'Ecuador,
dove rimane per sette lunghi anni, anni in cui il caso rimase
incredibilmente aperto.
Anche qui diventa prezioso il lavoro di
indagine della giornalista italiana: sono stati gli inglesi ad aver
impostata la strategia di accusa con gli svedesi, nessuna
interrogazione per via telematica, ma portare il caso per le lunghe
per bloccare Assange che non può mettere il naso fuori dall'edificio
circondato da poliziotti inglesi.
Assange rimane per sei anni rinchiuso
in una piccola stanza, senza la luce del sole, senza poter respirare
all'aria aperta: ma finché in presidente rimase Correa, il
giornalista poteva stare tranquillo. Ma poi arrivò un altro
presidente, più sensibile ai desiderata degli Stati Uniti, del Fondo
Monetario: il governo Correa fu fatto cadere anche per le manovre
della Cia, sostiene oggi l'ex presidente, che aveva fomentato una
rivolta nel paese sudamericano.
Col nuovo presidente Moreno, la vita
dentro l'ambasciata inizia a diventare un inferno: Assange inizia ad
essere isolato, non può ricevere visite, il tutto per rendergli la
vita difficile, per costringerlo a fare un passo falso.
Dentro l'ambasciata Assange era
spiato: è quanto è emerso dallo scoop di un giornale spagnolo,
El Pais, sulla UC
Global di David Morales che spiò per gli americani Assange
dentro l'ambasciata, in modo illegale, tutti i giorni.
Vengono spiati anche gli incontri
dell'ambasciatore dell'Ecuador, gli incontri di Assange coi suoi
avvocati, i cellulari dei visitatori compresi i codici Imei, tutte
informazioni poi finite nelle mani dei servizi segreti americani.
Assange avrebbe potuto essere nominato
diplomatico dall'Ecuador, per consentirgli di uscire dall'ambasciata
senza il rischio di essere arrestato: lo si era deciso in una
riunione del 21 dicembre, ma guarda caso il 22 dicembre gli Stati
Uniti formalizzano un'accusa contro Assange, che evidentemente erano
stati avvisati per tempo.
Nell'aprile del 2019 viene revocato nel
2019 e così la polizia inglese riuscì ad entrare dentro
l'ambasciata per arrestarlo, in attesa del processo di estradizione.
Una detenzione crudele, ai limiti della
tortura, per zittire un giornalista che aveva colpito questo potere
segreto: Assange ha i sintomi di una tortura psicologica racconta a
Iacona Niels Melzer “quando mi manderanno negli Stati Uniti
quella sarà la mia condanna a morte” racconta Nils Melzer
relatore speciale contro la tortura all'Onu, “se mi dovessero
estradare farò in modo di non andarci vivo”.
Assange è sotto
processo per una legge del 1917 che per la prima volta colpisce un
giornalista: ma secondo il governo americano non è un
giornalista, è solo uno che ha violato la sicurezza di chi
collaborava con gli USA nei teatri di guerra.
Viene accusato
anche di avere le mani sporche di sangue, ma si tratta di una bugia
perché ad oggi non risulta nessun caso di analista, collaboratore,
informatore ucciso per colpa di questi leaks. Non solo, Wikileaks ha
filtrato la documentazione rivevuta da Assange e Snowden prima di
pubblicarla.
Condannare
Assange considerandolo come una spia significa condannare il
giornalismo: come potranno poi gli Stati Uniti puntare il dito
contro altre dittature che non amano la libertà di stampa?
Se Assange verrà
condannato sarà un precedente per altri giornalisti che si dovessero
permettere di pubblicare atti secretati.
Assange è
perseguito perché ha sfidato la nazione più potente del mondo
pubblicando notizie vere per informare le persone: la sua condanna è
un deterrente per preservare il potere segreto, che protegge la
criminalità di stato (le torture, i rapimenti come nel Cile di
Pinochet), che consente alle aziende delle armi di continuare a fare
affari.
Se Assange dovesse
essere condannato, conclude la sua intervista Nils Melzer,
“significa che noi viviamo in una tirannia”.
Questa è la
partita dietro il processo ad Assange: in gioco è la democrazia
dell'occidente e dentro ci siamo tutti, lo vediamo dalle immagini
della caduta rovinosa di Kabul.
Le parole di Gino Strada sul suo
Afghanistan, morto in questo agosto, diventano ancora più
importanti: fino alla fine aveva denunciato questa guerra, senza
senso, che è andata avanti da venti anni, che è costata 8,5
miliardi di euro, che ha reso questo paese più povero, che ha
causato un flusso di 4 milione di profughi.
Una guerra persa, non solo dal punto di
vista militare ma anche da quello dei diritti, per liberare le donne
dal burqa, quando avremmo dovuto portare istruzione e lavoro.
La guerra si associa sempre con la
bugia – continua Strada nell'intervista - si raccontano frottole
per giustificare l'uccisione di persone, la scusa di aver ospitato
Bin Laden non teneva, perché si era rifugiato al confine col
Pakistan.
Ma il potere non ama la verità, per
questo Assange è oggi sotto processo.