31 maggio 2022

Report – il bonus edilizio, la pista nera dietro Capaci e la guerra per twitter

Report tornerà sulle stragi di Capaci e via D'Amelio, aggiungendo qualche altro tassello all'inchiesta sulla pista nera. Poi un servizio sul bonus edilizio, uno sull'accoglienza in Polonia.

Nell'anteprima il tentativo di acquisizione da parte di Elon Musk di Twitter: come cambierà il social?

GUERRE STELLARI – To buy or not to buy di Lucina Paternesi

Elon Musk e il suo impero spaziano dalle auto elettriche, i viaggi sulla luna, i satelliti: ora sta puntando a Twitter, mettendo sul piatto 44 miliardi di dollari, pari ad un quarto del next generation UE. Come mai questo interesse?
Su twitter si discute di politica, di temi economici: Elon Musk non difende la libertà di stampa, ma difende la sua di libertà.
Che idea ha di democrazia e libertà di Musk, che si appresta a diventare il padrone della più grande piazza di discussione al mondo? E quali soldi sta usando?

Elon Musk ha paragonato su twitter il premier canadese Trudeau a Hitler e a fatto crollare il valore delle azioni di Tesla per qualche tweet azzardato nel 2018, che gli è costato due multe dalla SEC per un totale di 40ml di dollari. Con 95 ml di follower, Elon Musk è anche un troll, per i suoi tweet irritanti e fuori luogo.
Chi è Musk? Lo spiega Riccardo Staglianò giornalista e autore de “I giga capitalisti”: nasce in Sudafrica, è un programmatore di videogiochi va poi a fare uno stage nella Sylicon Valley nel 1994 e capisce che è quello il posto dove deve stare, il posto dove si creano le cose.

Da lì ha creato un impero che oggi vale 1000 miliardi di dollari, da Paypal a Tesla: dagli altri giga capitalisti si distingue per come racconta delle sue aziende, per Musk Tesla è un modo di salvare il pianeta, perché si riducono le emissioni con le auto elettriche. Evoca costantemente la salvezza del pianeta e dell’umanità.

Con l’obiettivo di salvare il pianeta Musk ha messo a disposizione dell’Ucraina il sistema Starlink, le migliaia di satelliti che hanno permesso agli ucraini di rimanere connessi ad internet la guerra.

“Si è guadagnato i galloni sul campo di difensore dell’occidente” racconta Michele Mezza, docente di comunicazione alla Federico II “e vorrà esercitare un ruolo di influencer sul pianeta, anche sulla galassia, visto che punta a Marte e alla Luna.”

Dopo aver conquistato la terra, ora Musk ha bisogno di una piazza digitale di sua proprietà: come sarà il nuovo twitter? Ci sarà l’identificazione obbligatoria dell’utente, e ci sarà anche un problema dell’erosione della privatezza e della protezione dei dati personali, twitter potrà collezionare informazioni sulla vita reale delle persone, situazione bancaria, creditizia, indirizzo di casa, abitudini di acquisto.

Creerà un impero di informazioni di massa, che sta rastrellando, da usare poi nelle sue aziende. Per comprare twitter deve vendere azioni Tesla, per questo il valore del titolo è sceso: il suo patrimonio è solo sulla carta, finché non vende non avrà soldi. Per comprare twitter dovrà prendere un prestito da Morgan Stanley per 6 miliardi, il resto lo metterà lui e gli investitori. Un acquisto a debito, come nelle vecchia finanza, anche in Italia.
Ma anche Tesla, che vende molto meno di altri marchi, ha un valore di azioni molto superiore agli altri marchi: potrebbe essere una bolla sul mercato.
Twitter nel gennaio 2021 ha sospeso l'account di Trump dopo due tweet che incitavano alla violenza: ma ora potrebbe rientrare, come potrebbero entrare anche altri account fake.

Col nuovo twitter saremo più protetti dalla disinformazione?
Presto entrerà in azione la nuova legge europea sulla disinformazione, ma come si decide che un tweet è un fake o no?
Elon Musk sarà un editore indipendente e un imprenditore indipendente?
E se iniziasse a sponsorizzare un preciso partito politico?

LA PISTA NERA di Paolo Mondani

Report la scorsa settimana aveva percorso la pista nera sulla strage di Capaci (e di Via D'Amelio): raccogliendo le testimonianze di Alberto Lo Cicero, vicino a boss mafiosi come Troia, è emerso che a Capaci sarebbe stato presente anche l'ordinovista Stefano Delle Chiaie.

Testimonianza confermata dalla fidanzata di Lo Cicero e dal brigadiere Giustini: era presente a Capaci prima del 23 maggio per organizzare la strage terroristico-mafiosa?

Lo Cicero è stato confermato dal giudice Borsellino, prima di entrare nel programma di protezione, ma dopo Capaci: al giudice parlò di Delle Chiaie, della presenza sul luogo della strage e, secondo quanto dice Lo Cicero, Borsellino sapeva molte cose, che forse ha appuntato sulla sua agenda rossa.
Borsellino parla anche con Walter Giustini, che gli racconta di Lo Cicero e dei tentativo di Contrada di spostarlo ad altro incarico.

Dopo questo servizio, Report e il giornalista Mondani hanno subito una perquisizione, poi sospesa: i documenti ricercati erano vecchi di vent'anni, nulla di segreto e nulla di riservato, solo documenti che erano stati dimenticati.
Mondani ha scoperto di essere stato pedinato e seguito: è stato convocato dalla procura, a cui ha opposto il segreto per quanto riguarda la divulgazione delle sue fonti.
La procura di Caltanissetta ha smentito le notizie del servizio di Report: la pista Delle Chiaie è priva di fondatezza, dicono dalla procura nissena.
Ma l'ex giudice Scarpinato tira fuori un altro documento rimasto nel cassetto per anni.

Riina poteva essere arrestato prima del gennaio 1993: il brigadiere Walter Giustino era già sulle tracce dell'autista Biondino grazie alle rivelazioni di Lo Cicero, ricevute nell'aprile maggio 1992.
I carabinieri sapevano dunque di Biondino come autista di Riina ben prima della strage: Giustini rinfacciò al procuratore Aliquò, dopo la cattura di Riina, che lui il nome di Biondino lo sapeva già. “Lo sa qual'era l'autista di Riina? Quel Biondino che per voi non era nessuno..”

Ma Lo Cicero parla anche di Delle Chiaie, del suo sopralluogo sul luogo della strage, di come fosse il portavoce dei politici di Roma per la mafia: i boss mafiosi stavano organizzando qualcosa di grosso – racconta Maria Romeo, la fidanzata di Lo Cicero, a Report.

Vero o falso? Scarpinano a Spotlight la scorsa settimana ha raccontato delle sue indagini su Delle Chiaie, poi archiviate nel 2001. Parlò anche di un documento del 1992 secondo cui Delle Chiaie aveva fatto un viaggio a Palermo per preparare la strage.

Le dichiarazioni di Lo Cicero spariscono e poi riappaiono: come l'informativa del capitano Cavallo dell'ottobre 1992, come quella di Arcangioli. Come le registrazioni delle deposizioni di Lo Cicero, che la fidanzata aveva portato ai magistrati sono sparite.

Giuliano Turone, ex magistrato, a Mondani ha ricordato le parole di Falcone alla Commissione Parlamentare nel 1988: il giudice aveva raccontato dei contatti tra mafia, massoneria, servizi segreti ed estremismo di destra, coinvolti nei delitti politici avvenuti in Sicilia. Come l'omicidio di Piersanti Mattarella: i processi per questi delitti andrebbero rifatti – conclude Turone – per arrivare ai mandanti delle stragi, i mandanti esterni, non solo i mafiosi.

Il quadro è lo stesso di Bologna, dell'Italicus, di Piazza Fontana.
Destra eversiva, massoneria, pezzi dei servizi, i partiti che da quelle stragi, da quei delitti hanno avuto maggiori vantaggi.

Dovremo riscrivere trent'anni di indagini, trent'anni di storia italiana: non è Report che sta facendo depistaggi. Semmai è lo stato.

110 E LODE di Luca Bertazzoni

Luca Bertazzoni, per il servizio sulle truffe legate al bonus edilizio, ha seguito il lavoro di investigatori privati, incaricati di seguire imprenditori, veri o fittizi.
L'arrivo dei bonus edili ha portato lavoro non solo nelle costruzioni: molte ditte hanno preso i bonus e poi si sono rese irreperibili.
Giuseppe Strollo, investigatore, negli ultimi due anni ha lavorato su 15 casi di truffe: finti imprenditori che incassavano crediti, compravano materiali e poi li rivendevano al mercato nero, creavano società edilizie in mano a prestanome o a persone con precedenti, false perizie. Per una truffa complessiva fino a 1 ml di euro.

Nel 2020 per far ripartire il paese dopo il covid puntò sull'edilizia, in crisi dal 2011: mette sul piatto 40 miliardi di bonus edilizi, servivano per muovere l'economia e per rigenerare il nostro patrimonio immobiliare.
Sull'anticipazione del credito, a soggetti terzi come aziende o anche le Poste, è partita la truffa: ci sono imprenditori che alla fine hanno vantato crediti per 1 miliardo con lo Stato.

“Ho approfittato, sono diventato uno squalo..” così parlava uno di questi in una intercettazione della Finanza di Rimini: c'era un gruppo centrale di 12 soggetti che procacciavano prestanomi, professionisti del settore, il tutto per passare dalla moneta virtuale dei crediti alla moneta reale. Tanti soldi, al punto che queste persone nemmeno sapevano dove aprire i conti.

Chi è mr miliardo, ovvero il signor Martino, a Foggia? Era uno di queste persone che alla fine è arrivato ad acquisire un miliardo di crediti, passando attraverso società fittizie, con sedi in diversi garage a Foggia.

Servono società che emettono false fatture, girate al fiscalista che poi le mette nel circuito delle verifiche fiscali. Crediti ceduti a soggetti prestanome che poi vanno in banca a riscuotere soldi: Bertazzoni ha seguito la storia dei fratelli De Martino, del procacciatore Tenace (e dei suoi parenti). Parenti, amici e conoscenti per riscuotere crediti per milioni.

Tutto troppo semplice? Hanno solo applicato la normativa, che problemi ci sono – si è difeso con Bertazzoni il signor Tenace.

Secondo la procura di Roma, i signori De Martino avrebbero accumulato crediti per 1 miliardo, fittizi, per opere non fatte. Questi però negano di aver violato alcuna legge, in una lettera inviata a Report.

Su 40 miliardi di investimenti sui bonus, le truffe ammonterebbero a 4,4 miliardi di euro: ma di quali opere parliamo?

Alla fine, il miraggio del bonus nato col governo Conte 2, ha fatto sorgere nuove aziende che si sono buttate nel settore nel 2020: sono 45mila imprese in più quelle nel settore, secondo Unioncamere.

Le prime truffe sono venute fuori dopo due anni, col nuovo governo Draghi: lo stesso presidente ha espresso forti dubbi su questo provvedimento in Europa.

Le truffe edili sui bonus del governo Conte ammontano a 4,4 miliardi: la più grave truffa secondo il ministro Franco, una mistificazione secondo Conte, che difende la sua norma.

Si poteva fare la legge meglio? E l'occupazione che si è creata col bonus è una buona occupazione?

Le irregolarità sono passate dal 5 al 90%, raccontano gli ispettori del lavoro, intervistati da Report: le nuove 45mila imprese edili in più non sono sintomo di una ripresa del settore, ma di persone che si sono gettate nel mondo dei bonus senza averne la preparazione.

Il governo introdurrà la patente per le imprese, per ridurre le truffe, ma solo per lavori dall'anno prossimo.

Nel frattempo sui cantieri ci sono lavoratori non in regola (che non sanno per chi lavorano), ponteggi non a norma, protezioni che mancano, lavori fatti senza seguire le norme, nessun capocantiere. Così se si cade, si muore: il numero di incidenti è infatti cresciuto del 16%.

I bonus hanno drogato il mercato, come ha sostenuto Draghi? Alla fine sembra così, i costi dei ponteggi sono saliti, i materiali sono venuti a mancare, il prezzo delle lavorazioni aumenta (per i bonus, che alla fine hanno tolto la contrattazione, la scelta dell'azienda col costo minore).
Così, questi bonus non hanno coperto le lavorazioni che sarebbero state vitali in alcuni terrotori.

Luca Bertazzoni è andato a visitare le zone colpite dal sisma del 2016 in Umbria e nelle Marche, “l’Italia colpita al cuore, l’Italia che non muore”, citando la canzone di De Gregori che accompagna il servizio.
Paesi come Amatrice, ancora da ricostruire, compreso il palazzo del comune: a sei anni dal terremoto che è costato la vita a 300 persone il paese ancora desolante, “un paese che non c’è più .. ad oggi nel centro storico è partito un unico cantiere e conto di farne partire due o tre nel giro di breve tempo. È stato ricostruito solo il 15%, c’è stata una prima partenza forte della ricostruzione, poi c’è stato un fermo causato dagli incentivi fiscali che hanno drogato il mercato per il bonus edilizio, che ha penalizzato tantissimo la ricostruzione, tant’è che le ultimamente le pratiche presentate sono pochissime” – racconta a Report il sindaco.
Non si trovano imprese, non si trovano professionisti disponibili a lavorare sul terremoto: il superbonus ha creato una bolla nel settore edile che ha penalizzato il settore stesso, alla fine i ricavi non ripagano l'aumento dei costi, per colpa del rincaro dei prezzi.

Qual è il rischio adesso? Che i bonus oggi non sono serviti per rifare le facciate dei palazzi vecchi, che avrebbero bisogno di lavori di efficientamento.
I bonus sono affluiti alle famiglie più ricche – racconta la Corte dei Conti – quelle che possono sostenere gli esborsi iniziali per iniziare i lavori.

L'Enea, l'agenzia per lo sviluppo sostenibile, monitora per il governo l'andamento del superbonus: peccato che non abbiano i dati sul superbonus, chi lo preso e per fare cosa. Non sappiamo quali lavori in periferia e quali al centro di Roma, il governo non li ha chiesti.
Sappiamo invece che in Sardegna prevalgono le villette unifamiliari: 5300 richieste di supebonus, di cui solo 400 per condomini, il resto per villette, molte delle quali seconde case.

I controlli li doveva fare a monte la politica (magari lo stesso Conte che ancora difende la sua norma), che oggi ha stretto i controlli sul bonus, col rischio che oggi ci sono aziende che non riescono ad incassare i crediti.
Oltre a questo il bonus non ha favorito l'efficientamento energetico: Claudio Gallo è una vittima del superbonus, ha firmato un contratto per istruire la pratica del superbonus.
È stato poi contattato dalla Finanza, che gli ha chiesto di verificare il suo credito sul suo cassetto: sono 60mila euro che sono stati incassati da qualcuno e che ora lo stato potrebbero chiedergli indietro, per lavori mai eseguiti.

È tempo di un primo bilancio, dopo due anni di bonus: ogni 100 euro investiti, fa risparmiare 12 kw/ore nei prossimi 30 anni, ovvero per rendere efficiente l'intero patrimonio dovremmo investire 2000 miliardi, pari al nostro debito pubblico.

Potevamo spendere meglio i nostri soldi.

30 maggio 2022

Anteprima inchieste di Report – il bonus edilizio, la guerra in Ucraina e la guerra per Twitter

Il bonus edilizio è stata veramente il più grave scandalo italiano? E come mai è potuto accadere?

Report torna ad occuparsi della pista nera dietro le stragi di Capaci e via D’Amelio, dei profughi ucraini in Polonia. Nell’anteprima Report si occuperà dell’acquisizione (o del suo tentativo) di twitter da parte di Elon Musk.

Cosa non ha funzionato sul bonus edilizio



Il superbonus edilizio (che fino ad oggi è costato 30 miliardi allo stato) è una opportunità, per rilanciare l’edilizia, per rimettere a norma parte delle costruzioni in Italia, oppure la più grave frode della repubblica italiana (parole del ministro Franco)? Il servizio di Luca Bertazzoni è partito dalle zone colpite dal sisma del 2016 in Umbria e nelle Marche, “l’Italia colpita al cuore, l’Italia che non muore”, citando la canzone di De Gregori che accompagna il servizio. Paesi come Amatrice, ancora da ricostruire, compreso il palazzo del comune: a sei anni dal terremoto che è costato la vita a 300 persone il paese ancora desolante, “un paese che non c’è più .. ad oggi nel centro storico è partito un unico cantiere e conto di farne partire due o tre nel giro di breve tempo. È stato ricostruito solo il 15%, c’è stata una prima partenza forte della ricostruzione, poi c’è stato un fermo causato dagli incentivi fiscali che hanno drogato il mercato per il bonus edilizio, che ha penalizzato tantissimo la ricostruzione, tant’è che le ultimamente le pratiche presentate sono pochissime” – racconta a Report il sindaco.
Nel gennaio scorso l’inchiesta free credit della Guardia di Finanza di Rimini ha scoperto una maxi frode ai danni dello stato che ha portato all’esecuzione di 35 misure cautelari e 12 arresti con accuse che vanno dalla truffa aggravata al riciclaggio.
La finanza ha scoperto, indagando sui titolari delle imprese di costruzione coinvolte, del denaro contante, nascosto dentro delle botole, di denaro riciclato in lingotti d’oro, in criptovalute, queste persone stavano comprando delle società. Sui loro conti, nel giro di pochi mesi si passa dal caricamento di poche decine di migliaia di euro, a centinaia di migliaia di euro, milioni di euro per arrivare a fine estate a centinaia di milioni di euro. Tutti crediti fittizi per opere mai realizzate.

Report ha seguito il lavoro degli investigatori che si sono messi sulle tracce di queste truffe, che vengono pedinati nei loro spostamenti con mezzi dotati di telecamere (chiamati balene): il bonus edilizio ha portato tanto lavoro anche a questi investigatori privati, incaricati da condomini che avevano affidato il superbonus a delle ditte che, poco dopo, si erano rese irreperibili (della serie, prendi i soldi e scappa).

Ma a chi è arrivato il bonus edilizio? A quante seconde case? È stata una misura per ricchi? All’Enea (l’agenzia per le nuove tecnologie e risparmio energetico) – a cui si è rivolto Luca Bertazzoni - non hanno i dati per dare una risposta a queste domande, nemmeno quanti lavori sono stati fatti in periferia o in centro storico in una città come Roma. Il governo non lo ha chiesto e loro questo lavoro non lo hanno fatto.

La scheda del servizio: 110 E LODE di Luca Bertazzoni

Collaborazione Edoardo Garibaldi

Una delle più grandi truffe della storia della Repubblica”: così il Ministro dell’economia Daniele Franco ha definito le frodi generate dai bonus edilizi concessi dallo Stato. Finora la Guardia di Finanza ha scoperto 4,4 miliardi di euro di crediti fittizi derivanti da lavori mai effettuati da imprese di costruzioni. Proprio per i bonus, abbiamo assistito a un boom, da maggio 2020 a oggi ci sono 45mila imprese in più che operano in edilizia. Report è andato a vedere come queste imprese lavorano in un settore che ha vissuto un’impennata dei prezzi da quando è stata introdotta questa misura, che è già costata allo Stato italiano quasi 30 miliardi di euro. E poi un viaggio a San Severo, in provincia di Foggia, alla ricerca di “mister miliardo”.

La pista nera dietro le stragi di Capaci e via D’Amelio.

Report questa sera torna ad occuparsi della stragi che hanno insanguinato la Sicilia nell’estate del 1992 (e l’Italia nel 1993), ripartendo dal servizio di Paolo Mondano andato in onda lo scorso anno “Il vertice delle stragi”, sull’incontro in cui mafie, massoneria, estrema destra e servizi avrebbero deciso e pianificato la strategia della tensione a colpi di bombe con cui condizionare la politica in quegli anni di fine prima repubblica.
Nello scorso lunedì lo stesso Mondani nel suo servizio aveva tirato fuori un documento e delle testimonianze, rimasto nel cassetto, circa la presenza del terrorista Stefano Delle Chiaie a Capaci nei giorni precedenti la strage e dei suoi incontri coi boss mafiosi.

Seguendo queste nuove piste investigative si affacciano nuovi volti tra i responsabili delle bombe, oltre a Delle Chiaie anche il venerabile maestro della Loggia P2, Licio Gelli, oltre ai vertici della cupola corleonese, pezzi dei servizi e altre parti dello stato. Come quelli responsabili del più grave depistaggio della storia italiana, quello della falsa pista Scarantino, messo in piedi dai poliziotti del Questore La Barbera: un depistaggio che serviva a spostare l’attenzione degli inquirenti lontana dai veri responsabili, come i Graviano. Possiamo veramente pensare che gli obiettivi delle bombe della primavera estate 1993 arrivassero da Riina, Provenzano o Bagarella?

Anche la scelta di quel nome, Falange armata, la sigla che rivendicò quegli attentati (come anche gli omicidi dell’educatore Mormile, i delitti della Uno Bianca) non è casuale: porta dritto al cuore nero delle istituzioni italiane, testimonia una precisa volontà di disinformazione.

Falcone era stato ossessionato da Gladio e dalla pista nera, su cui aveva indagato per l’omicidio del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, che indagò i due estremisti nero Cavallini e Giusva Fioravanti e nel 1989 interrogò l’estremista Roberto Volo: era il miglior amico di Francesco Mangiamelo – racconta il pm Tartaglia a Report – che verbalizza con Falcone di aver saputo da Mangiameli che l’omicidio di Piersanti Mattarella è stato realizzato da Fioravanti e Cavallini e che questa decisione nasce da una volontà politica e massonica che lui ascrive in quei verbali interamente alla volontà di Licio Gelli di arginare definitivamente l’apertura a sinistra della DC e di interrompere quel nuovo tentativo di riprendere il vecchio discorso lasciato in sospeso con il sequestro Moro. Dice anche Volo a Falcone, e siamo nel 1989, che tutte queste cose le sa non solo perché amico di Mangiameli, ma perché appartiene ad una organizzazione paramilitare di servizi americani e italiani che lui definisce Universal Legion, non parla di Gladio, ma ci assomiglia molto. Lo stesso Volo la definisce in un verbale come La rosa dei venti (l’organizzazione eversiva di Sogno, su cui aveva indagato il giudice Tamburino) ma molto più articolata.

Nel 1898 e nel 1990 Falcone ribadirà alla Commissione antimafia di credere alla pista nera: Mondani ha scoperto poi un altro verbale su Volo. Il 14 luglio 2016 viene interrogato da Roberto Tartaglia e Nino Di Matteo e rivela un fatto assolutamente inedito: afferma di essere stato sentito da Paolo Borsellino dopo la morte di Falcone nel giugno 1992. I due parlarono della fase esecutiva della bomba di Capaci, “scoprì che Borsellino non credeva alla teoria del bottoncino”, dice Volo, e cioè alla tesi del telecomando della strage premuto dai mafiosi. Borsellino insomma, secondo quanto dice Volo, riteneva che la mafia non aveva fatto quella strage da sola e forse per questo era così importante far sparire la sua agenda rossa.

Falcone, con questa sua indagine su Gladio e il terrorismo nero, si crea un nuovo nemico – racconta a Report l’ex giudice Scarpinato: quel sistema criminale che era stato protagonista della strategia della tensione. Un sistema dentro cui troviamo gli autori – secondo Mangiameli nelle parole riportate da Alberto Volo – della strage alla stazione di Bologna.

La stessa moglie di Mattarella aveva identificato in Fioravanti il killer del marito (omicidio che Giusva avrebbe anche confidato al fratello Cristiano).

Da tutti questi episodi si comprende come Falcone e Borsellino avessero preso sul serio la pista nera, estremisti di destra, servizi e la massoneria della loggia P2, erano i veri responsabili (non solo la mafia) degli omicidi politici in Sicilia tra gli anni 70 e 80.

La scheda del servizio: LA PISTA NERA di Paolo Mondani

Collaborazione Roberto Persia

La presenza di Stefano Delle Chiaie, il fondatore di Avanguardia Nazionale, a Capaci e i suoi contatti con esponenti mafiosi continuano a emergere dalle parole dell'ex brigadiere dei carabinieri Walter Giustini e da quelle di Maria Romeo, ex compagna del pentito Alberto Lo Cicero. Nel racconto della Romeo a Report emerge la testimonianza da lei fornita all’allora ufficiale dei carabinieri Gianfranco Cavallo. Nella informativa scaturita da quell’incontro si attesta il coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie nella strage di Capaci del 23 maggio 1992.

La catastrofe umanitaria in Europa

La guerra in Ucraina sta causando una delle più gravi catastrofi umanitarie in Europa: la morte dei civili sotto le bombe, il blocco dei cereali che porterà alla fame i paesi del sud del mondo (e causerà altre tensioni), fino all’esodo dei profughi dai territori colpiti. Siamo arrivati a 10 milioni: questo è il numero delle persone che hanno perso le proprie case, mentre i profughi sono saliti a 3 milioni.
Come si è organizzata l’Europa per accoglierli? Come stanno gestendo i polacchi questi profughi e cosa chiedono in cambio all’Europa?
Si tratta della stessa Polonia che, da una parte sta accettando i profughi ucraini e dall’altra sta alzando un muro lungo 186 km lungo il confine con la Bielorussia. Ad un’ora da Varsavia, a Lesnowola, si trova un centro di detenzione per migranti, una struttura circondata interamente da un muro: dentro si trovano gli “altri” profughi, gli afgani, i siriani che hanno provato ad attraversare il confine con la Bielorussia. Ai giornalisti di Report è stato negato il permesso di visitare la struttura: di questa ne ha parlato Maria Ksiazak, un membro del meccanismo nazionale contro le torture.

“Sono delle vere e proprie prigioni” racconta alla giornalista “le condizioni di detenzione sono disumane, proprio oggi in qualità di psicologa sarei dovuta entrare al centro di Lesnowola, ma alla fine non mi hanno dato il permesso.”

Dentro la struttura sono presenti 5 siriani che , al momento dell’intervista, stanno facendo lo sciopero della fame: “si, io so bene che sono stati vittime di violenze e torture, è orribile che stiano chiusi lì dentro, l’unico reato che hanno commesso è stato l’attraversare il confine nel tentativo di chiedere protezione.”

In una lettera aperta, i siriani hanno scritto di essere stanchi di essere trattati come criminali, “abbiamo più volte scritto alle autorità senza ricevere una risposta, vogliamo essere trasferiti in un centro di accoglienza aperto.”
Un attivista, che ha scelto di fare lo sciopero della fame in solidarietà ai migranti, ha parlato con Report in forma anonima: “in questi centro di detenzione dovrebbe starci solo chi ha commesso dei reati, mi copro il volto perché non vorrei che la mia faccia diventasse il volto della protesta.”

Tre milioni di ucraini sono entrati in Polonia senza problemi, cento siriani, quelli detenuti a Lesnowola costituiscono un problema. Cos’è questo, se non un considerare i profughi divisi in serie A e serie B?

Report raccoglierà anche la testimonianza di Anna Dabrowska, presidente dell’associazione Homo Faber, su casi di stupro verificatesi nei primi afflussi dall’Ucraina, quando le donne e i bambini erano state accompagnate da uomini che si erano offerti di dare un aiuto, senza alcun controllo.

La scheda del servizio: PROFUGHI IN POLONIA Di Claudia Di Pasquale

Collaborazione Cecilia Bacci, Giulia Sabella

Dall'inizio della guerra in Ucraina, circa 3 milioni e mezzo di profughi ucraini hanno attraversato il confine con la Polonia. Tanti sono poi andati in altri paesi europei ma circa 2 milioni di ucraini sono rimasti. La Polonia sta compiendo enormi sforzi per accoglierli. Qui vengono di fatto equiparati ai polacchi, hanno accesso libero all'assistenza sanitaria, al lavoro, alla scuola. Ma dove vivono? Tutti riescono poi a lavorare o a studiare nelle scuole polacche? La Polonia può farcela a gestire da sola questa emergenza umanitaria? E l'Europa in che modo la sta aiutando?

La guerra per Twitter

Come mai Elon Musk è disposto a spendere 44 miliardi (che poi arriveranno dai fondi e dalle banche) per comprarsi Twitter?


Elon Musk ha paragonato su twitter il premier canadese Trudeau a Hitler e a fatto crollare il valore delle azioni di Tesla per qualche tweet azzardato nel 2018, che gli è costato due multe dalla SEC per un totale di 40ml di dollari. Con 95 ml di follower, Elon Musk è anche un troll, per i suoi tweet irritanti e fuori luogo.
Chi è Musk? Lo spiega Riccardo Staglianò giornalista e autore de “I giga capitalisti”: nasce come programmatore di videogiochi, va a fare uno stage nella Sylicon Valley nel 1994 e capisce che è quello il posto dove deve stare, il posto dove si creano le cose.
Da lì ha creato un impero che oggi vale 1000 miliardi di dollari, da Paypal a Tesla: dagli altri giga capitalisti si distingue per come racconta delle sue aziende, per Musk Tesla è un modo di salvare il pianeta, perché si riducono le emissioni con le auto elettriche. Evoca costantemente la salvezza del pianeta e dell’umanità.

Con l’obiettivo di salvare il pianeta Musk ha messo a disposizione dell’Ucraina il sistema Starlink, le migliaia di satelliti che hanno permesso agli ucraini di rimanere connessi ad internet la guerra.

“Si è guadagnato i galloni sul campo di difensore dell’occidente” racconta Michele Mezza, docente di comunicazione alla Federico II “e vorrà esercitare un ruolo di influencer sul pianeta, anche sulla galassia, visto che punta a Marte e alla Luna.”
Dopo aver conquistato la terra, ora Musk ha bisogno di una piazza digitale di sua proprietà: come sarà il nuovo twitter? Ci sarà l’identificazione obbligatoria dell’utente, e ci sarà anche un problema dell’erosione della privatezza e della protezione dei dati personali, twitter potrà collezionare informazioni sulla vita reale delle persone, situazione bancaria, creditizia, indirizzo di casa.

La scheda del servizio: GUERRE STELLARI di Lucina Paternesi

Collaborazione Eleonora Zocca

Potrebbe essere l’acquisizione social più costosa della storia: 44 miliardi di dollari. Ma perché l’uomo più ricco del mondo vorrebbe comprare Twitter, il social network che più di tutti rappresenta il sentire comune e l’orientamento politico dei suoi utenti? “La libertà di parola è il substrato di una democrazia che funziona e Twitter la piazza digitale dove si discutono questioni vitali per il futuro dell’umanità, ha affermato Elon Musk. Il suo Twitter potrebbe essere senza censure e con un tasto per modificare i cinguettii. Ma qual è la sua idea di libertà? Cosa cambierà per gli oltre 250 milioni di utenti attivi ogni giorno? Ed è giusto che sia l’uomo più ricco del mondo a imporre agli altri la propria idea di libertà?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

29 maggio 2022

Scritto sulla sabbia: L'ultima indagine di Gori Misticò, di Fausto Vitaliano

 


Località Casavrusciàta Bosco della Papalùta

Tra i serpenti più diffusi in Calabria vi sono ’a sèrpa nìgura (altrove nota come biacco carbonaro), ’u saettùna, ovverosia il còlubro di Esculàpio (celebre per comparire avvolto lungo il bastone del patrono della medicina), la biscia tassellata e la biscia dal collare e, soprattutto, il possente cervone, che da queste parti chiamano ‘mbastùravàcchi, in quanto la leggenda riteneva fosse attirato dal latte delle mucche.

Un incipit dove si parla di serpi, di leggende che affondano nel passato. Sulla copertina l'immagina di una cassetta delle lettere (qualcosa che oggi non vediamo più).. 

Libri come questo, ultimo della trilogia di Fausto Vitaliano con Gori Misticò, vorresti non finissero mai, perché arrivati in fondo scopri di aver conosciuto un amico, una persona che ti ha messo a nudo le sue debolezze, che non ti ha nascosto i suoi pensieri, anche quelli più cupi e ora, dopo tutto questo viaggiare assieme, sai che lo devi lasciare..

Leggendo le pagine di questo romanzo mi sembrava di rileggere le pagine del maestro Camilleri, per la sapienza con cui si alternava italiano e dialetto (calabrese in questo caso), per come si raccontava la Calabria dell’interno (inventata ma non per questo meno reale, come Vigata), una terra bella e disgraziata che si affaccia su due mari, con montagne e foreste.
Per come l’autore è stato capace di raccontare, in un libro giallo che si muove su ben due piani temporali, anche pagine dove si discute del senso della vita: per cosa vale la pena vivere? Cosa ti porterai dietro nei momenti finali? L’attaccamento alla vita, perché ogni giorno vale la pena di essere vissuto.

Ritroviamo in questo romanzo l’ex maresciallo Gori Misticò, reduce dall’operazione contro il suo male, su a Milano, che non ha sconfitto il suo male. Il suo nemico è ancora lì, col suo carico di dolore a cui non bastano nemmeno più le medicine dell’amico medico Nico Strangio, uno dei pochi amici veri, assieme a Michele, l’eterno ragazzo morto giovane a sedici anni, tanti anni fa.

Questa volta, Gori, vorrebbe veramente farla finita: dopo tanti anni nell’arma come infiltrato nei gruppi terroristici, dopo quella sparatoria finita male, dopo aver lasciato Julia, la sua compagna a Milano, per tornare al suo paese, San Telesforo Jonico, per essere solo un maresciallo di un paese dove è cresciuto e che ha abbandonato tanti anni fa. Quel paese dove ha ritrovato i tanti ricordi del passato, le estati passare assieme a Nicola e Michele, i tramonti sulla spiaggia del Pàparo.
Nonostante sia ormai un maresciallo in congedo non è ancora il tempo di mollare tutto: il suo vice, il brigadiere Federico Costantino, ha bisogno di lui per uno strano caso.

.. verso la casupola che spuntava dall’erbaggio e si accorse che ci stava qualcuno. Un brivido gli si strascinò lungo la spina dorsale. Ommadònnadocàrmine, disse tra sé. ’A Papalùta!

Nucenzo, il ragazzo che abbiamo incontrato nell’incipit, si imbatte nel cadavere di una donna, davanti una casupola nel bosco della Papàluta, la strega che secondo la leggenda popolare rapisce i bambini per succhiargli il sangue.

.. era proprio la strega che si annidàva nel boscàme e che avrebbe rapito pure a lui, come aveva fatto molto tempo addiètro con quei due poveri bambini, di cui ricordava pure i nomi: Leone e Margherita. Che anno era? Forse il 1960 o il 1961,

Ma qui non si tratta di strega: la morta è una donna che, secondo i registri ufficiali, è già morta una volta. Chi è allora questa donna allora? E come è potuto accadere questo scambio? Dopo un rimpallo di responsabilità, la grana arriva sul tavolo del povero brigadiere.

Queste pagine, ambientate nel tempo dell’oggi, si alternano ad una brutta storia accaduta in un paese vicino, Brancaccio, in un piano temporale che porta indietro negli anni: è la storia di due bambini rapiti da una ragazza giovane, che forse (raccontano le voci del popolo) si era invaghita del loro padre, rimasto vedovo, un uomo potente nel paese. Un rapimento sciagurato, allora, come gesto estremo di un amore malato..

Brancaccio (attualmente, paese fantasma)
Leo si era svegliato per primo e, coraggioso com’era – suo papà glielo diceva sempre: Devi essere coraggioso come il nome che porti. Ti chiami Leone Altieri – non era scoppiato a piangere,

Come si intreccia questa storia, i bambini, la giovane ragazza con una passione insana, col mistero del cadavere morto due volte e ritrovato proprio nel bosco dove, secondo la leggenda (che però dietro ha sempre un pezzo di verità) viveva questa strega crudele?

Misticò, che è sceso giù in Calabria per prendere un’importante decisione, vorrebbe tenersi lontano dalle indagini, dai problemi, perfino dalle persone. Ma certe scelte non dipendono da noi, a volte il destino ha già scelto e non rimane che assecondarlo. A Linate incontra una ragazza che sta scendendo anche lei al suo paese e a cui da un passaggio.

Misticò sembrava non capire. “Lùs,” disse lei indicandosi. Lui la guardò strano. “Lùs? In che senso?” “Il nome completo è Luzija.”

Sta organizzando qualcosa, giù in Calabria, perché non va a visitare le sue installazioni, qualche giorno? C’è sempre tempo per imparare a fare cose nuove ogni giorno.
C’è poi un’altra persona, anche lei venuta dal nord, che incrocia la vita di Misticò: è sceso a San Telesforo per una missione, portandosi dietro la sua tosse insistente e una pistola. Sta cercando proprio l’ex carabiniere: per fare cosa? Qual è la sua missione?

Solo qualche giorno, si ripeteva. Devi resistere solo qualche giorno, Armando. È l’ultimo atto, il finale della storia. E il finale definisce il racconto, gli dà senso.

Alla fine è la curiosità, scoprire la verità sulla donna morta due volte, che spingerà Misticò verso questa sua “ultima indagine”, in cui si interroga su sé stesso su fino a quando riuscirà a resistere al dolore della sua malattia. In cui dovrà andare a scavare nella storia passata del paese, anche attraverso l’incontro con una santona, la “Benadìca”, la “La donna che toglieva il malocchio”. Incontreremo i Tre Fenomeni di San Telesforo, “cioè a dire Mario Corasaniti, detto ’u Filòsofu, Peppa Caldazzo, noto come ’u Sapùtu, e Ciccio De Septis, che tutti indicavano come ’u Rinàtu, stavano seduti al tavolino del Bar Centrale”, ormai parte del architettura del paese.

Emergerà una storia di soprusi, da parte di uno di quei tanti don Rodrigo che comandano vita e morte nei paesi, al di sopra della legge, ieri come anche oggi. Una storia di padri mancanti e di madri scomparse e di figli abbandonati.. Una storia che è anche quella personale di Misticò, che in questo suo ritorno a San Telesforo, oltre all’indagine sulla morte, è alle prese con una indagine più privata, personale, quella che porta al grande mistero su suo padre. Chi era, come si muoveva, quando è stata l’ultima volta che da piccolo lo ha preso in braccio?

Eccola, allora la vita, il senso della vita, quello che ci portiamo dentro, quello per cui, arrivati al gran giorno, ci dispiacerà perdere e per cui è valso la pena aver vissuto:

Stava per dire un’altra cosa, ossia che tutti dicono la vita, la vita… Ma la vita sono le persone. Quelle che conosci, che incontri, che ti amano e che ami.

Gli altri romanzi della trilogia

- La mezzaluna di sabbia

- La sabbia brucia

La scheda del libro sul sito di Bompiani

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28 maggio 2022

Abbiamo ricordato pochi giorni fa la strage di Capaci e la morte del giudice Falcone con la moglie e la sua scorta. Un attentato con ancora, dopo 30 anni, tanti punti da chiarire, compresa la pista nera oggetto del servizio di Report lunedì scorso.

Ma anche oggi dobbiamo ricordare qualcosa: la strage fascista di Brescia e l’omicidio da parte di un gruppo di terroristi dell’estremismo rosso del giornalista Walter Tobagi.

Non ci sono punti da chiarire, per fortuna, dietro queste due storie di dolore e sangue: i responsabili della morte di Tobagi (che con quel delitto volevano accreditarsi presso le BR) sono stati arrestati e condannati. Uno di loro, pentito, è passato a lavorare per Comunione e Liberazione. Chissà cosa avrebbe scritto di lui, della follia di questi rivoluzionari, lo stesso Tobagi, il cui motto era “humanas actiones non ridere, non lugere, necque detestari, sed intelligere” - non bisogna deridere le azioni umane, né piangerle, nè disprezzarle, ma comprenderle.
Quanta comprensione avevano dimostrato su di lui, sul mondo, sull’Italia, i terroristi rossi che volevano instaurare la dittatura del proletariato?

Giornalista lucido, capace di comprendere il paese, specie in quegli anni difficili, tra terrorismo nero, rosso, strategia della tensione, con una società in crisi e una politica non sempre capace di prendere delle decisioni per strappare il paese dalla deriva che stava prendendo.

Così scriveva, del terrorismo rosso (e dei brigatisti, che non sono “samurai invincibili”):

La lezione pare fin troppo chiara: le lotte sindacali più dure, quelle oltre i limiti convenzionali della legalità, sono servite agli arruolatori delle Br come un primo banco di prova e di selezione. Il sindacato dovrà tenerne conto, giacché i proclami nobili vanno accompagnati con revisioni coerenti. Questo può implicare anche una temporanea diminuzione del potere sindacale in fabbrica. Ma la scelta non ammette grandi alternative, se è vero come è vero (e tutti i dirigenti sindacali lo ripetono) che il terrorismo è l’alleato «oggettivamente» più subdolo del padronato, e se non viene battuto può ricacciare indietro di decenni la forza del movimento operaio.

La sconfitta politica del terrorismo passa attraverso scelte coraggiose: è la famosa risaia da prosciugare. Tenendo conto che i confini della risaia sono meglio definiti oggi che non tre mesi fa. E tenendo conto di un altro fattore decisiva l’immagine delle Brigate rosse si è rovesciata, sono emerse falle e debolezze. E forse non è azzardato pensare che tante confessioni nascano non dalla paura, quanto da dissensi interni, laceranti sull’organizzazione e sulla linea del partito armato.

Per la strage di Brescia, la corte d’Appello ha deciso di accogliere la richiesta di un nuovo processo per Maurizio Tramonte, la fonde del SID che era stata condannata all’ergastolo.

Ma la “matrice” della strage, i responsabili, il contesto, il perché sono chiari: Brescia come Milano prima e come Bologna poi, l’uso delle bombe per sovvertire il sistema o quanto meno per condizionarlo, per bloccare le richieste di riforme progressiste da sinistra per svecchiare il paese.

Chi voleva sovvertire il sistema, insomma, dichiarava di essere in lotta contro un sistema vecchio e malato. Gli attacchi alla «farsa democratica» e a a una politica marcia e pletorica hanno sempre avuto gioco facile, in Italia. Insieme all'anticomunismo, questi argomenti sono stati la «placenta del golpe»[..]
La corruzione diffusa, la crisi di governabilità, la necessità di interventi forti in materia economica erano argomenti reali. Già negli anni settanta, infatti, il sistema aveva un livello di efficienza pateticamente basso: uno dei tanti frutti avvelenati della democrazia «bloccata» della guerra fredda. Certi della propria insostituibilità, la Democrazia Cristiane e i partiti a lei consociati al governo perfezionarono un sistema di potere clientelare, spartitorio e diffusamente corrotto.”La corruzione diffusa, la crisi di governabilità, la necessità di interventi forti in materia economica erano argomenti reali. Già negli anni settanta, infatti, il sistema aveva un livello di efficienza pateticamente basso: uno dei tanti frutti avvelenati della democrazia «bloccata» della guerra fredda. Certi della propria insostituibilità, la Democrazia Cristiane e i partiti a lei consociati al governo perfezionarono un sistema di potere clientelare, spartitorio e diffusamente corrotto.”

Da Una stella incoronata di buio – Benedetta Tobagi

25 maggio 2022

United state of armi

In Texas ieri è avvenuta l'ennesima strage causata dalla proliferazione incontrollata delle armi: non sorprende che il paese, considerato il faro delle democrazie occidentali, che si trova riunito nell'armamento dell'Ucraina per difendersi dall'aggressione russa non riesca ad approvare una legge per controllare e monitorare le armi.

E' il peso della lobby delle armi, bellezza. Il peso di una ideologia che è colpevole dei mass shooting in America: ci sono troppi pazzi armati nelle scuole? E allora armiamo anche i professori.

Il governatore Abbott del Texas non ha mostrato alcun segno di pentimento per la legge approvata nel 2021 (in piena pandemia, per dire, le priorità dei repubblicani) che consente di possedere armi e di poter girare per le strade, senza alcuna formazione.

La democrazia in America funziona così: tanto pronta a difendere la libertà altrui, tanto poco incline a difendere diritti e a lottare contro le disuguaglianze al suo interno.

Ancora oggi, dopo anni, questo grande paese (sotto il cui scudo in molti si sentono sicuri) considera ancora un tabù i crimini di guerra nelle sue guerre per esportare la democrazia, come dimostra la vicenda Assange.

E sì, lo so benissimo che in Russia non stanno messi meglio (e non da ora che ha invaso l'Ucraina): purtroppo nemmeno l'Italia non è messa bene, in termini di libertà di stampa (e disuguaglianze, povertà, diritti).

Il giorno dopo la messa in onda del servizio sulla pista nera dietro le stragi di Falcone e Borsellino, la procura di Caltanissetta ha chiesto alla DIA di perquisire la casa del giornalista Paolo Mondani. 

Per chi non l'avesse vista, sono piste vecchie di anni, basate su documenti rimasti nei cassetti, su testimonianze di ex uomini dello stato i cui verbali non sono stati ascoltati in quegli anni. 

Anche noi in fondo ci consideriamo una democrazia. 

24 maggio 2022

Report – la pista nera di Capaci (e il vaccino cubano e la trap)

A 30 anni dalla strage di Capaci Report dedica il servizio di questa sera per seguire piste inedite sui mandanti e sui responsabili, vecchie conoscenze dell'eversione nera.

Un servizio poi sul vaccino cubano e nell'anteprima, un servizio dedicato alla trap

LA TRAPPOLA di Chiara De Luca

A parlare di rap Fabri Fibra, 1 milione di copie vendute, uno dei pilastri del rap: oggi il messaggio del rap, sopra le righe, viene più accettato, ma solo perché fa guadagnare.
La trap è un sottogenere, dove si lavora sugli effetti, anche sulla voce di chi canta: nasce in America ad Atlanta, il nome nasce da “trappola”, quella dentro cui si rischia di rimanere bloccati.

Nei testi si parla di soldi, di donne come oggetti, i poliziotti sono sbirri: come il rap, anche la trap racconta cosa c'è fuori, attirando anche l'attenzione delle mafie.
La musica crea consenso, come per i neomelodici, può essere usate dalle mafie per raccogliere consenso: come per Manuel Di Silvio, arrestato per droga, come Samuel Casamonica, a Spinaceto.
Come Nico Panghetta nasce come cantante neomelodico per diventare un trapper famoso in tutta Italia: nelle canzoni si parla dello zio arrestato per droga, viene oggi accusato di cantare la mafia, di farne apologia.

A Rosarno sta spopolando un cantante che si fa chiamare Glock 21: la Glock, i gioielli mostrati nei video, i fucili mitragliatori nei video, sono messaggi chiari.

C'è un gruppo che si chiama P38 e inneggia alle BR, parla nelle sue canzoni del rapimento Moro: sono stati denunciati da un figlio di una vittima delle BR, per pagarsi le spese legali hanno fatto una raccolta fondi, ma sapranno chi sono state veramente le Brigate Rosse?

Bruno D'Alfonso, il denunciante, è stato minacciato dopo aver depositato la denuncia.

C'è un fenomeno che sta degenerando: la politica si sta muovendo, coi suoi tempi, per evitare che giovani che non hanno completa conoscenza delle mafie o dei terroristi, esalti le gesta della criminalità anche in modo non pienamente consapevole.


LA BESTIA NERA di Paolo Mondani

A 30 anni dalle stragi del 1992, Capaci e via D'Amelio, le ultime piste investigative mostrano che gli uomini dell’eversione di destra, dei depistaggi e degli apparati deviati dello stato, della massoneria piduista potrebbero non essere estranei a quelle stragi. E iniziamo a scorgere il volto dei mandanti, ben oltre il volto di Totò Riina.

Sono le menti raffinatissime di cui parlava Falcone col giornalista Saverio Lodato: nell’intervista diceva anche altro “ho l’impressione che per comprendere le ragioni che hanno portato qualcuno a decidere e a pensare di eliminarmi bisognerà pensare all’esistenza di centri occulti di potere in grado di orientare certe azioni della mafia.”

Giuseppe Lombardo, un magistrato che ha indagato sulla ndrangheta stragista, aggiunte un altro pezzo: “io le dice sinceramente che si deve abbandonare una ipocrisia di fondo, che spesso ruota attorno al concetto di zona grigia, che è un concetto che non mi convince. Io sono convinto che il grigio in questo caso è una sfumatura del nero. E il nero è mafia. ”

Ecco, quell’antistato emerge anche dietro i delitti eccellenti che fino ad oggi abbiamo addossato alla mafia, alle stragi del 1992-1993: esistono delle connessioni con lo stragismo di destra responsabile delle bombe degli anni settanta, stragi fatte in collaborazione con esponenti della P2 e dei servizi segreti al nord.

Ed è per questo – spiega nel servizio l’ex magistrato Scarpinato – che la corte d’Assise di Bologna cita Falcone, il quale in una audizione alla commissione parlamentare antimafia del 1988 dice “forse dovremmo rileggere tutta la storia italiana.”

Falcone era rimasto impressionato dall'omicidio di Piersanti Mattarella, il politico DC che stava cambiando la politica regionale: secondo il magistrato non era solo la mafia responsabile della sua morte, dietro vedeva la massoneria di Gelli e come autori i Nar.
Massoneria e destra eversiva avrebbero avuto un ruolo anche negli altri delitti eccellenti in Sicilia: sono gli stessi responsabili della strage di Bologna, come è emerso dalle ultime indagini.

Dopo la morte di Falcone non si è riletta la storia italiana ma leggendo le carte emerge una storia straordinaria: da vecchi archivi emergono verbali mai considerati come quelli del pentito Lo Cicero, autista di un boss mafioso. Pochi mesi prima della strage aveva confidato all'ex brigadiere Giustina su come catturare Riina.
L'informativa di Giustini se fosse stata presa in considerazione poteva evitare la strage? Forse, in ogni caso Riina verrà catturato a gennaio del 1993, mentre Lo Cicero continua a fare da confidente ai carabinieri.
Il boss di cui Lo Cicero era autista era Mariano Troia: era un personaggio mafioso vicino alla destra, in quei mesi avrebbe incontrato anche Delle Chiaie, il fondatore di Avanguardia Nazionale. Di Delle Chaie aveva parlato anche la fidanzata di Lo Cicero: era stato visto perfino a Capaci, prima della strage.

Delle Chiaie aveva avuto rapporti coi servizi e con la massoneria: Vinciguerra, in carcere dove è detenuto, ha esposto i dubbi sulle sue vicinanze con la mafia, “l'estrema destra non è mai stata una forza opposta allo stato, ma una forza per fare le cose che lo stato non poteva fare.”

Avanguardia Nazionale era una organizzazione per raccogliere le informazioni, che poi affluivano ai servizi segreti – racconta Vinciguerra.

Alberto Lo Cicero, il confidente, avrebbe accompagnato Delle Chiaie a Capaci come se fosse un sopralluogo per preparare la strage: l'ex compagna di Lo Cicero lo ha raccontato a Mondani, aggiungendo che Delle Chiaie avesse un ruolo di intermediario tra la mafia e “quelli di Roma”.

Lo Cicero avrebbe incontrato anche Borsellino, dopo la strage di Capaci: al magistrato avrebbe raccontato di Delle Chiaie, di averlo visto a Capaci, dei contatti Roma Palermo tenuti da Delle Chiaie. Forse Borsellino sapeva già queste cose, aveva già il quadro.

Per questo avrebbe poi convocato il brigadiere Giustini, Borsellino, poco prima della sua morte in via D'Amelio.

Raccogliendo la confidenza di Lo Cicero, il brigadiere Giustini era sulla pista giusta, sulla strage di Capaci e poi per la pista che da Biondino avrebbe portato a Riina. Ma le sue informazioni sono rimaste lettera morta.

Il 19 maggio 1999 il magistrato Chelazzi interrogò il collaboratore Sparacio, anche lui parlò del ruolo di Delle Chiaie come suggeritore della strage di Capaci e poi degli altri obiettivi storici.

Nel 1969 Delle Chiaie, assieme a Borghese e Concutelli, sarebbe andato in Aspromonte per portare le sue competenze alla ndrangheta, all'indomani del golpe Borghese e dei moti di Reggio Calabria. Ma ebbe un ruolo anche nella stagione delle leghe meridionali.

Il fenomeno del leghismo meridionale, esploso negli anni tra il 1990 e il 1992, è stato studiato anche dall’ex procuratore aggiunto Roberto Scarpinato

“C’era una connessione molto stretta tra un progetto politico iniziale che era quello di creare un nuovo soggetto politico, la Lega Meridionale, che doveva agire di concerto con la Lega Nord per creare un’Italia federale nell’ambito del quale il sud doveva essere lasciato alle mafie. E la strategia stragista di destabilizzazione. Ce lo dicono vari collaboratori di giustizia che ci definiscono appunto che questo progetto fu discusso segretamente nel 1991, in tutti i suoi dettagli, e che dietro questo progetto c’erano Gelli, la massoneria deviata, esponenti della destra eversiva i quali avevano consigliato di rivendicare la strage con la sigla di Falange Armata.”

La storia di quegli anni, tra fine anni 80 e inizio anni ‘90, la ricorda bene Antonio D’Andrea, vice segretario della Lega Meridionale centro sud e isole (una tra le più importanti leghe nate in quegli anni a cavallo tra prima e seconda repubblica) – a cui si iscrissero Licio Gelli (venerabile della P2), Vito Ciancimino (il più politico dei mafiosi – così lo descrisse Falcone) e il figlio di Michele Greco (il “papa” di cosa nostra) e Pino Mandalari, il commercialista Riina: obiettivo di questa Lega era dividere e destabilizzare l’Italia, in un piano che avrebbe portato ad un’Italia federale divisa in tre, col sud di fatto lasciato nelle mani della mafia.

Un’ipotesi fantasiosa oppure un piano politico condiviso perfino ai piani alti dello Stato?
“Questo progetto di dividere l’Italia non era un progetto massonico” - spiega a Mondani D’Andrea – “non era un progetto estraneo allo Stato, era un progetto nato e partorito nato e partorito all’interno della vita politica italiana e istituzionale, quindi di vertice.”
Un progetto inizialmente appoggiato da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga:

Appunto, quindi parliamo del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio.”

Perché Delle Chiaie era interessato al progetto?

Perché anche lui aveva avuto disposizioni dai vertici dello stato.
Una nazione si può unire con la forza ma si può dividere anche con la forza.

Dopo le leghe per dividere l'Italia, nascono altre leghe, quella pugliese, quella marchigiana, quella siciliana, tutte fondate dal legale di Delle Chiaie Menicacci, mentre Delle Chiaie fonda una nuova Lega di tutte le leghe.
Tutti impazziti per il leghismo, come mai?
Chi andava ad incontrare Delle Chiaie in Sicilia?
Secondo D'Andrea, Delle Chiaie andava in Sicilia a trovare gente da usare, carne da macello.

Qual è il contesto che porta all’uccisione di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino?
“Lo Stato, quando non sa cosa dire, escono sempre fuori i servizi segreti deviati. I servizi segreti deviati per definizione non possono esistere e non esistono, i servizi segreti agiscono in base agli ordini che ricevono dai ministri di riferimento e dalla presidenza del Consiglio. Per cui l’omicidio di Falcone non può che essere stato concepito all’interno del governo e delle più alte sfere istituzionali. ”

Le stragi del 1992 e 1993 come le stragi della strategia della tensione?
Erano gli anni della caduta del muro, di Tangentopoli, della crisi dei partiti che avevano governato l'Italia, tra cui quelli di riferimento della mafia. C'era anche il problema dei pentiti, il bisogno di trovare nuovi referenti politici. C'era il rischio che la sinistra vincesse le elezioni, non c'era più lo spauracchio dei comunisti.

Così la mafia si mette in un viaggio politico assieme alla massoneria e a pezzi dell'estrema destra: sullo sfondo di questo viaggio ci sono Miglio, l'ideologo della Lega, Andreotti e Gelli.
Delle Chiaie fonda la Lega Nazional Popolare, Menicacci il suo avvocato ne fonda altrettante.

Se tutte queste testimonianze, racconti, fossero confermati, emergerebbe il ruolo di ispiratore della strategia stragista da parte di Delle Chiaie, strategia inizialmente decisa già nel 1991, con le stragi da attribuire ad una sigla, Falange Armata, che porta a Gladio.

Al processo sulla Trattativa Stato mafia è emerso il ruolo di uomini dello stato nella strage di Capaci: persone come Peluso, uomo dei servizi, di cui parla il pentito Pietro Riggio.
Un uomo chiamato dallo stato per fare delle “pulizie”, per fare pulizia di persone che davano fastidio allo stato. Marianna Castro, la fidanzato, racconta che con lei Peluso avrebbe confidato che Falcone sarebbe stato ucciso dai servizi e non dalla mafia.

L'esplosivo usato a Capaci sarebbe stato “rafforzato” con pentrite, un esplosivo di origine militare. Pietro Riggio, sempre al processo sulla trattativa, racconta di un tentativo di uccidere il giudice Guarnotta nel 2001, nei mesi in cui quest'ultimo indagava su Dell'Utri.

Sempre Marianna Castro parla di “faccia da mostro”, Giovanni Aiello, che era superiore di Peluso, dentro una struttura che aveva a capo l'ex Sisde Contrada: Mondani ha ascoltato l'ex funzionario del Sisde Contrada, prima condannato per mafia e poi assolto dalla corte di giustizia europea. Forse, racconta Mondani, la verità sulla strage l'avevamo davanti sin dall'inizio senza vederla.

Paolo Mondani è andato ad Alcamo ad incontrare un bandito-poliziotto, chiamato così perché restio a seguire le regole, di nome Antonio Federico: sulla base delle indicazioni ricevute da un confidente nel 29 settembre 1993 in una casa di Alcamo trovò un tesoro, una santabarbara detenuta da due carabinieri. Esplosivi, pistole, fucili e una cassetta col simbolo delle radiazioni: nella seconda perquisizione, il giorno dopo, la cassetta era sparita.
I due carabinieri sono stati condannati ad una pena lieve, come fossero dei collezionisti di armi: il poliziotto, nel mentre dei controlli, ebbe la sensazione che i carabinieri fossero in contatto coi servizi.
Nella provincia di Trapani – racconta Scarpinato – era presente Gladio e quell’arsenale scoperto da Antonio Federico (di cui non si scoprì mai la provenienza) fosse proprio un deposito della Stay Behind italiana.

Nella casa viene trovata anche una foto di una donna sorridente. Racconta il poliziotto: “il confidente mi dice di far vedere la fotografia nell’immediatezza della perquisizione, ai presenti, che erano quasi duecento, tra poliziotti e carabinieri, compreso il generale Cancellieri. Il significato di far vedere la foto non l’ho mai capito, il senso era chi deve capire, capirà. ”

Questa foto, che sparisce e poi riappare nei verbali dopo 29 anni, ritrae una giovane donna che solo oggi è diventata un elemento di prova per la procura di Firenze.

Nella foto viene riconosciuta Rosa Belotti, imprenditrice con qualche precedente penale, ora accusata di essere coinvolta nell’attentato di via Palestro a Milano del 27 luglio 1993. E forse anche in quello di Firenze del 27 maggio. La Belotti si è riconosciuta nella foto ma ha dichiarato di non avere nulla a che fare con le stragi.

La fonte segnala anche l'esistenza di un bunker dentro una villa nella campagna di Alcamo: dentro trova una struttura, come gli strumenti a bordo di un aereo e poi armi.
Nell'appostamento davanti la villa bunker, situato vicino ad una pista di atterraggio, l'ex poliziotto ha riconosciuto Giovanni Aiello, “faccia da mostro”.
La sua fonte gli aveva parlato di un summit politico mafioso: la perquisizione che doveva essere fatta nell'imminenza dell'incontro non fu poi fatta.

“Io penso che ci sia un secondo stato parallelo” – è la conclusione dell’ex poliziotto a Mondani – “la criminalità organizzata è pilotata comandata gestita da queste persone.”

Alcamo, Gladio, il centro Scorpione di Trapani, gli incontri tra i gladiatori e i mafiosi.
Ciampi nel 1991 voleva sciogliere il settimo reparto del Sismi, ovvero Gladio, ritenendoli responsabili delle bombe: gli orfani della guerra fredda non volevano essere messi a riposo e soprattutto non volevano essere messi sotto condanna dallo stato.
Questo spiega le bombe del 1993 fino alle due scoppiate nel luglio 1993 quando, sono le parole di Ciampi, si ebbe il timore di un colpo di stato.
Era un primo ricatto allo stato dei gladiatori. A cui seguì il ricatto di Matteo Messina Denaro, custode di altrettanti segreti con cui tenere sotto scacco un pezzo dello stato?

Del ruolo dello stato dentro le stragi del 1992-93 e dei delitti politici degli anni '80 aveva parlato per primo il collaboratore Luigi Ilardo, ucciso pochi giorni prima di iniziare il programma di protezione.

Massoneria, Gladio, mafia, la destabilizzazione: nel 1984 Falcone fu intervistato da un giornalista brasiliano. Il giudice voleva avere maggiori informazioni sulla P2, di cui il giornalista aveva parlato con Buscetta in carcere.
Il giornalista, cercando notizie sulla P2, si imbattè sulla Bafisud, la finanziaria di Ortolani, piduista anche lui, ritenuto uno dei mandanti della strage di Bologna.
Al giornalista arrivarono confidenza per cui l'opera di destabilizzazione nei confronti del governo Alfonsin, nel 1983, era opera della P2.

LA corte d'Assise di Bologna ha condannato lo scorso aprile Paolo Bellini, uomo della destra eversiva, collegato ai servizi: nel 1991 è presente ad Enna nel periodo in cui i vertici della mafia si sono riuniti per decidere del progetto di destabilizzazione del paese attraverso le stragi e la creazione di un nuovo soggetto politico.
Nel 1992 lo stesso Bellini assieme a Gioè inizia una sua trattativa con lo Stato: Bellini propone di fare attentati contro monumenti per mettere in ginocchio lo stato.

Ritroviamo, a distanza di anni, gli stessi personaggi: la P2, Gelli, Bellini, l'estrema destra. I soldi da Gelli verso gli esecutori della strage, un documento nascosto per anni grazie al ricatto di Gelli allo stato (il documento “artigli” del 1987) e al capo della polizia Parisi.

Della vicinanza di Gelli coi servizi ne parlò, in un passato servizio, l'ex generale Notarnicola: a Report ha raccontato delle strategie di egemonia americane, passate dai colpi di stato ad intossicazione delle istituzioni dall'interno e alla destabilizzazione con le stragi.
Era la dottrina Westmoreland: il tramite in Europa per questa strategia – racconta Notarnicola – era Gelli.

Mostri: come i mostri dentro villa Palagonia, corpi deformi, animali mitologici, statue ritenute portatrici di un potere malefico.

Come i mostri che ci circondano e che vollero queste stragi.
La retorica delle commemorazioni ha deformato la storia – racconta Mondani - siamo incapaci di ricordare, conviviamo con una manipolazione della realtà: ecco perché villa Palagonia è così moderna, questo luogo rappresentò una clamorosa critica dei potenti e ci fa vedere i mostri.

Forse dobbiamo iniziare a leggere e vedere la nostra storia con occhi diversi, perché senza la conoscenza del passato, non potremmo controllare il nostro futuro.

Chi controlla il passato, controlla il futuro – Orwell 1984.

23 maggio 2022

Anteprima inchieste di Report: l’anniversario di Capaci, il vaccino cubano e la trap

Un omaggio ai due giudici Falcone e Borsellino, morti assieme alle rispettive scorte (e alla moglie Francesca) nelle stragi di Capaci e via D’Amelio: chi sono i mandanti dietro la mafia e perché quelle stragi. Poi a seguire un servizio sul vaccino sviluppato a Cuba e infine un servizio sulla Trap.

Il cuore nero dentro le istituzioni italiane – a 30 anni da Capaci

Dentro Villa Palagonia, a Brancaccio, ci sono delle statue di mostri: sono riproduzione di animali, esseri umani deformi, mostri. È la metafora di come la retorica delle celebrazioni in ricordo di Giovanni Falcone hanno deformato la storia, rendendoci incapaci di ricordare.

Perché i mostri che hanno voluto queste stragi, quelle della stagione 1992-93, sono ancora tra noi.

A 30 anni dalla strage di Capaci e via D’Amelio sono ancora tante le domande senza risposta: perché quelle stragi e con quella modalità terroristica? Perché l’accelerazione per uccidere Borsellino a soli 57 giorni dopo la morte di Falcone?
Nonostante i tanti processi su questi due attentati (e le tante condanne) ci sono ancora verbali nascosti e piste investigative che nel passato sono state insabbiate e che aiuterebbero ad avvicinarci alla verità. Il giornalista di Report Paolo Mondani, con questo servizio in cui si mostrano interviste esclusive, morta un quadro compatibile con quella strategia della tensione degli anni settanta, dove si voleva destabilizzare il paese per impedire ogni cambiamento.
Gli uomini dell’eversione di destra, dei depistaggi e degli apparati deviati dello stato, della massoneria piduista potrebbero non essere estranei alle stragi di 30 anni fa. E iniziamo a scorgere il volto dei mandanti, ben oltre il volto di Totò Riina.
Sono le menti raffinatissime di cui parlava Falcone col giornalista Saverio Lodato: nell’intervista diceva anche altro “ho l’impressione che per comprendere le ragioni che hanno portato qualcuno a decidere e a pensare di eliminarmi bisognerà pensare all’esistenza di centri occulti di potere in grado di orientare certe azioni della mafia.”

Giuseppe Lombardo, un magistrato che ha indagato sulla ndrangheta stragista, aggiunte un altro pezzo: “io le dice sinceramente che si deve abbandonare una ipocrisia di fondo, che spesso ruota attorno al concetto di zona grigia, che è un concetto che non mi convince. Io sono convinto che il grigio in questo caso è una sfumatura del nero. E il nero è mafia.


La storia di quegli anni, tra fine anni 80 e inizio anni ‘90, la ricorda bene Antonio D’Andrea, vice segretario della Lega Meridionale centro sud e isole (una tra le più importanti leghe nate in quegli anni a cavallo tra prima e seconda repubblica) – a cui si iscrissero Licio Gelli (venerabile della P2), Vito Ciancimino (il più politico dei mafiosi – così lo descrisse Falcone) e il figlio di Michele Greco (il “papa” di cosa nostra) e Pino Mandalari, il commercialista Riina: obiettivo di questa Lega era dividere e destabilizzare l’Italia, in un piano che avrebbe portato ad un’Italia federale divisa in tre, col sud di fatto lasciato nelle mani della mafia.

Un’ipotesi fantasiosa oppure un piano politico condiviso perfino ai piani alti dello Stato?
“Questo progetto di dividere l’Italia non era un progetto massonico” - spiega a Mondani D’Andrea – “non era un progetto estraneo allo Stato, era un progetto nato e partorito nato e partorito all’interno della vita politica italiana e istituzionale, quindi di vertice.”
Un progetto inizialmente appoggiato da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga:

Appunto, quindi parliamo del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio.
Qual è il contesto che porta all’uccisione di Giovanni Falcone e poi di Paolo Borsellino?
“Lo Stato, quando non sa cosa dire, escono sempre fuori i servizi segreti deviati. I servizi segreti deviati per definizione non possono esistere e non esistono, i servizi segreti agiscono in base agli ordini che ricevono dai ministri di riferimento e dalla presidenza del Consiglio. Per cui l’omicidio di Falcone non può che essere stato concepito all’interno del governo e delle più alte sfere istituzionali. ”

Il fenomeno del leghismo meridionale, esploso negli anni tra il 1990 e il 1992, è stato studiato anche dall’ex procuratore aggiunto Roberto Scarpinato

“C’era una connessione molto stretta tra un progetto politico iniziale che era quello di creare un nuovo soggetto politico, la Lega Meridionale, che doveva agire di concerto con la Lega Nord per creare un’Italia federale nell’ambito del quale il sud doveva essere lasciato alle mafie. E la strategia stragista di destabilizzazione. Ce lo dicono vari collaboratori di giustizia che ci definiscono appunto che questo progetto fu discusso segretamente nel 1991, in tutti i suoi dettagli, e che dietro questo progetto c’erano Gelli, la massoneria deviata, esponenti della destra eversiva i quali avevano consigliato di rivendicare la strage con la sigla di Falange Armata.”

Destabilizzare il paese con stragi e attentati, vecchi arnesi dell’area post-fascista a servizio, la massoneria nera: sono gli stessi protagonisti che abbiamo già visto all’opera in diverse fasi della storia italiana, come hanno raccontato nel saggio “Le menti del doppio stato” gli storici Giovanni Fasanella, Mario José Cereghino. Era successo negli anni tra il 1944 e il 1948 quando si doveva ostacolare a tutti i costi i governi di unità nazionale. Poi le bombe erano esplose negli anni settanta, quando si doveva bloccare le spinte progressiste nel paese e l’idea di governi di centro sinistra, con la non astensione del PCI. Periodo culminato prima col rapimento di Aldo Moro e poi con la strage fascista alla stazione di Bologna.

Fino ad arrivare alle bombe della stagione del 1992 – 1993: i segnali di continuità ci sono tutti a ben vede, la sigla Falange Armata dietro cui si nascondevano gli ex Gladiatori che avevano lavoratdietro le quinte negli anni della strategia della tensione, la P2 di Gelli, lo stato che si dimostra impotente, fino a quella sensazione di essere ad un passo dal colpo di Stato. Lo ha raccontato Ciampi dopo le bombe esplose a Roma il 27 luglio del 1993

«Le comunicazioni erano misteriosamente interrotte. Non esito a dirlo, oggi: ebbi paura che fossimo a un passo da un colpo di stato.»

I due autori del saggio, di fronte a queste bombe, Capaci, via D’Amelio, Firenze, Milano, Roma, si chiedono se “Fu solo la mafia, o dietro Cosa nostra si mossero anche pezzi deviati dell’apparato statale, anzi dell’antistato annidato dentro e contro lo Stato?”.

Ecco, quell’antistato emerge anche dietro i delitti eccellenti che fino ad oggi abbiamo addossato alla mafia, alle stragi del 1992-1993: esistono delle connessioni con lo stragismo di destra responsabile delle bombe degli anni settanta, stragi fatte in collaborazione con esponenti della P2 e dei servizi segreti al nord.

Ed è per questo – spiega nel servizio l’ex magistrato Scarpinato – che la corte d’Assise di Bologna cita Falcone, il quale in una audizione alla commissione parlamentare antimafia del 1988 dice “forse dovremmo rileggere tutta la storia italiana.”

Paolo Mondani è andato ad Alcamo ad incontrare un bandito-poliziotto, chiamato così perché restio a seguire le regole, Antonio Federico: sulla base delle indicazioni ricevute da un confidente nel 29 settembre 1993 in una casa di Alcamo trovò un tesoro, una santabarbara detenuta da due carabinieri. Esplosivi, pistole, fucili e una cassetta col simbolo delle radiazioni: nella seconda perquisizione, il giorno dopo, la cassetta era sparita. I due carabinieri sono stati condannati ad una pena lieve, come fossero dei collezionisti di armi: il poliziotto, nel mentre dei controlli, ebbe la sensazione che i carabinieri fossero in contatto coi servizi.
Nella provincia di Trapani – racconta Scarpinato – era presente Gladio e quell’arsenale scoperto da Antonio Federico (di cui non si scoprì mai la provenienza) fosse proprio un deposito della Stay Behind italiana

Nella casa viene trovata anche una foto di una donna sorridente. Racconta il poliziotto: “il confidente mi dice di far vedere la fotografia nell’immediatezza della perquisizione, ai presenti, che erano quasi duecento, tra poliziotti e carabinieri, compreso il generale Cancellieri. Il significato di far vedere la foto non l’ho mai capito, il senso era chi deve capire, capirà. ”

Questa foto, che sparisce e poi riappare nei verbali dopo 29 anni, ritrae una giovane donna che solo oggi è diventata un elemento di prova per la procura di Firenze.

Nella foto viene riconosciuta Rosa Belotti, imprenditrice con qualche precedente penale, ora accusata di essere coinvolta nell’attentato di via Palestro a Milano del 27 luglio 1993. E forse anche in quello di Firenze del 27 maggio. La Belotti si è riconosciuta nella foto ma ha dichiarato di non avere nulla a che fare con le stragi.
“Io penso che ci sia un secondo stato parallelo” – è la conclusione dell’ex poliziotto a Mondani – “la criminalità organizzata è pilotata comandata gestita da queste persone.”

Sul Fatto Quotidiano di oggi, Marco Lillo riprende questa inchiesta

Strage di Capaci, s’indaga di nuovo sulla pista nera e su Delle Chiaie

INCHIESTA A CALTANISSETTA - 30 anni dopo i pm verificano se vi fu un ruolo del neofascista nell’agguato in cui perse la vita Giovanni Falcone

La scheda del servizio: LA BESTIA NERA di Paolo Mondani

Collaborazione Marco Bova, Roberto Persia

Consulenza Andrea Palladino

A 30 anni dalla morte di Giovanni Falcone, emergono documenti e protagonisti dimenticati in grado di gettare una nuova luce su quei fatti. A Capaci, Cosa Nostra non ha agito da sola: estremisti di destra e uomini di mafia, secondo testimoni e documenti ritrovati, sarebbero stati di nuovo insieme, dopo gli anni della strategia della tensione, in un abbraccio mortale costato la vita ai giudici Falcone e Borsellino. I due magistrati avevano il quadro completo, e oggi, tornando ad ascoltare collaboratori ed ex carabinieri, Report prova a ricostruirlo.

Il vaccino cubano

Mancano tante cose a Cuba, compresa libertà completa di una vera democrazia (che forse non manca solo a Cuba), ma non mancano i vaccini, tanto da far diventare l’isola il secondo paese al mondo per tasso di vaccinazione.
Ne hanno sviluppati ben due, Abdala e Soberana: ma al centro di ingegneria biomedica e tecnologica non si accontentano, oggi stanno sperimentando un vaccino intranasale, con una tecnologia che non solo consentirebbe di fermare la malattia, ma anche il contagio. Progetti del genere arrivati alla fase clinica nel mondo sono solo 8, quello cubano si chiama Mambisa, di come funziona e dei trial in corso ne ha parlato a Report la dottoressa Gomez-Vazquez:

“è uno spray, una volta iniettato nelle narici dovrebbe coprire tutta la zona della mucosa nasale, la porta d’entrata del virus e quindi potrebbe fermare l’infezione, non agire solo sui sintomi. Fino ad oggi tutti i pazienti su cui lo abbiamo sperimentato non hanno mostrato sintomi di reazione avversa.”
Sembra promettente ma, nel caso lo volessimo far arrivare in Europa, che barriere avremmo con Cuba?

La scheda del servizio: IL VACCINO PUBBLICO CHE L’OCCIDENTE NON VUOLE Di Manuele Bonaccorsi e Alessia Marzi

A Cuba manca il latte, il pane, il sapone. Ma il piccolo Paese caraibico, sottoposto a 60 anni di durissimo embargo, è riuscito a fronteggiare il covid tutto da solo. Grazie a tre vaccini pensati e sviluppati dall’industria biotecnologica nazionale. Un'industria integralmente pubblica, eppure capace di importanti innovazioni scientifiche. Oggi Cuba è il secondo Paese del mondo per tasso di vaccinazione (dopo gli Emirati arabi, che hanno un reddito 13 volte superiore) e soprattutto l’unico che ha vaccinato anche la popolazione infantile, dai 2 anni in su. Merito di Soberana, prodotto dall’Istituto Finlay de L’Avana, e sviluppato a partire proprio dalla piattaforma di un vaccino pediatrico, con effetti collaterali vicini allo zero. Risultato? Oggi Cuba ha un tasso di contagi bassissimo, e anche l’ondata di Omicron nell’isola caraibica è passata senza far danni.

Ora Soberana potrebbe essere importato anche in Europa, per completare la vaccinazione dei più piccoli, rimasta finora al palo. Ma gli ostacoli dei regolamenti di Bruxelles potrebbero essere insormontabili. Anche a causa dell’embargo, infatti, Cuba non può rispettare le buone pratiche di fabbricazione imposte in Europa. E perfino l’ipotesi di fabbricarlo in Italia, in un’azienda all’avanguardia, potrebbe non essere sufficiente per superare questo ostacolo. Un muro che impedisce ai Paesi in via di sviluppo, molti dei quali capaci di importanti innovazioni scientifiche, di accedere al ricco mercato farmaceutico del primo mondo.

Cos’è la Trap

Cosa sono in Italia il rap e la trap?“il rap è una magia non è una cosa data per scontato, devi avere la giusta base strumentale, le giuste parole”.
Di rap e della trap ne parla a Report Fabri Fibra, uno dei pilastri del rap italiano: in questi ultimi anni ha avuto una evoluzione da cui è nata la trap, con le sue caratteristiche, l’autotune, la correzione vocale con l’effetto robotico

La scheda del servizio: LA TRAPPOLA di Chiara De Luca

La trap è un sottogenere della musica rap, molto in voga tra i giovani, che racconta in maniera brutale e compiaciuta la vita di strada. Questo stile, nato nel mondo delle gang americane di Atlanta, in Italia è stata strumentalizzata dalla criminalità organizzata, alcuni tra i più noti cantanti sono vicini a famiglie di mafia. Report ha incontrato alcuni dei più noti interpreti di questo genere.


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