10 luglio 2021

La sabbia brucia, di Fausto Vitaliano

 


San Telesforo Jonico

Piazza Regina Margherita

5 luglio 1982, giorno del famoso Italia – Brasile 3-2 ai Mondiali di calcio in Spagna

I primi due, vale a dire Nicola e Gregorio, avevano fatto le elementari al paese disopra, presso la scuola intitolata al celebre poeta dell'altitàlia Giovanni Pascoli. Stavano addirittura nella stessa sezione, la A, quella maschile, ma non si può dire che fossero amici. Non erano nemmeno vicini di banco: uno, Nicola, stava seduto in prima fila per via del fatto che era il figlio del medico; l'altro, Gregorio, vagava a centro classe dato che lui il padre non ce l'aveva [..]

Il terzo, Michele, andava alla Marina, alla scuola elementare dedicata a un altro famoso poeta, Giacomo Leopardi, che di origine era più che altro del centro, mezza collina con vista mare.

Il secondo romanzo di Fausto Vitaliano con protagonista il maresciallo Gori Misticò (il primo è "La mezzaluna di sabbia" Bompiani) è in realtà una sorta di prequel, un salto all'indietro nel passato che racconta come e quando Misticò fu trasferito in quattro e quattr'otto da Milano, dal nucleo investigativo dove dava la caccia ai terroristi, in Calabria, nella piccola caserma del suo paese nativo.

Ma l'autore ci regala anche un altro pezzo della sua infanzia, degli anni in cui si cementò la sua amicizia con Nicola, il futuro medico che poi dovrà anche prenderlo in cura, e Michele, il terzo del gruppo morto giovane, investito da un camion a 16 anni.

Tutto nacque il giorno in cui questi tre ragazzi si ritrovarono nella piazza del loro paese: mentre l'intera nazione seguiva la partita di calcio Italia Brasile, loro decisero che quei ghiri tenuti nella gabbietta da Rosaròne dovevano essere liberati.

Ecco, se dovessimo stabilire un momento in cui tre dodicenni di nome Michele, Gori e Nicola divennero amici per sempre - o, almeno per il tempo che venne loro concesso - fu quando Michele, Gori e Nicola si resero conto che quella storia l'avrebbero potuta sapere solo loro, che nessuno, a cominciare dal padre di Michele, avrebbe mai potuto avere notizia di quanto accaduto.

Andando avanti e indietro con la storia, scopriremo cosa è successo a Milano, tanto da far saltare l'operazione sotto copertura del maresciallo, la sparatoria con una ragazza dentro la cellula di terroristi che l'aveva riconosciuto, la notizia della sua identità finita sui giornali.

La scelta di lasciare Milano, il suo lavoro di investigatore, la ragazza con cui aveva una relazione. Scelte, fatte anche con sacrificio, ma anche con l'idea di non lasciarsi nulla alle spalle.

Questo andare a ritroso nel tempo passato, il passato di Gori Misticò, è interrotto da brevi pagine di “preludio”. Perché lo scorso romanzo era terminato con un viaggio, a Milano, per fare quell'operazione contro quel suo male, tanto a lungo sottovalutato.

Ma anche questi interludi, dove vediamo il bisturi del chirurgo entrare nel suo corpo per operare, la mente di Gori vaga nella sua memoria. Chi è quella persona sulla spiaggia che crede di conoscere? E quelle altre persone, da quale anfratto dei suoi ricordi sono usciti?

E dopo un'altura, ecco lo Jonio, tale e quale a come Misticò se lo ricordava: un minuto oceano dolce e feroce, come la terra che bagnava. Le spiagge lunghe e bianche, deserte, ideale approdo per chiunque volesse essere accolto o depredato. Anche quella terra era amorevole e vendicativa, che se la amavi ti amava, ma appena ti distraevi ti chiedeva severamente conto. [..] La verità è che la Calabria è una parentesi chiusa in mancanza di una aperta. Arrivi qui per terminare il discorso, non per cominciarlo.

E cosa è venuto a fare qui, Gori Misticò?

Nel paese di San Telesforo lo attende una caserma in malo stato, un appuntato molto timido e impacciato, una piazza con i tre “fenomeni” del bar, 'u filosofu, 'u saputu e 'u rinatu. Nessun delitto, nessun caso di cui occuparsi, giornate passare una uguale all'altra.

Nel mezzo, una breve indagine sul furto di una reliquia in chiesa, un osso di San Bartolomeo, una indagine che lo porterà in mezzo ai boschi, nella “Timpa d'o Perdùtu” ad inseguire un pastore che ha scelto di stare da solo, come atto di amore estremo.

In queste lunghe giornate la vita di Gori si incrocia con quella di una comunità di “fratelli”, che vivono assieme presso Villa Algìda: sono i fratelli di Demetra, il nome che si è data la loro santona, Regina Filangeri. Una comunità che accoglie persone che dietro hanno una storia di sofferenza e che in questa comunità, è stato promesso loro, potranno ricevere un percorso per uscire da questo dolore.

La gente muore in continuazione”, aveva detto a un certo punto Regina. “E chi sopravvive vuole trovare pace.”

I primi volantinaggi li organizzarono fuori da chiese e cimiteri. La voce si sparse rapidamente e in breve non ci fu più bisogno di andare a trovare discepoli addolorati: arrivavano da soli. Di lì a poco il problema fu selezionare. Charlou accettava solo quelli messi finanziariamente meglio e più facilmente manovrabili..

Persone sole, con un lutto alle spalle, manovrabili, che per non affogare nel dolore hanno solo bisogno di una nuova comunità dentro cui ritrovarsi. E a cui affidare i loro beni.

Per credere nelle parole di Demetra, per sentirsi tutti fratelli. Come le api in un alveare, dove ciascuna ha il suo ruolo: chi operaia, destinata a lavorare per gli altri, chi fuco e chi ape regina. Come Regina appunto: un'ape regina che ama circondarsi di giovani fuchi da amare e poi mangiare, con cui anche Gori intreccia uno strano rapporto.

C'è anche un'indagine vera, con dei morti, che comincia alla fine del racconto: un'indagine su fantasmi, di padri e di bambini abbandonati (in una storia speculare a quella di Gori), a testimonianza del fatto che questo non è solo un racconto giallo, un noir.

La sabbia brucia è un racconto, con buone dosi di houmor, quasi interamente incentrato su questo strano investigatore, sulla sua fuga dal mondo, sul suo continuo guardarsi alle spalle, al suo passato, sulla sua solitudine, sulla sua perdita di identità.

In fondo, pensava Gori, è quello che facciamo tutti – ci mimetizziamo per difenderci o per attacca, per dissuadere un attacco o per nasconderci e passare inosservati.

A volte la solitudine e la perdita di identità si facevano difficili da sopportare. Le pastiglie magiche gli consentivano di sopportare il problema...

Ma viene un momento in cui non si può più scappare, “perché il passato è passato, nessuno può cambiarlo. Al limite si può cercare di capirlo”.

La scheda del libro sul sito di Bompiani.

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