Tempo cinque o sette anni e il problema dei negazionisti dei cambiamenti climatici nemmeno si porrà più.
Gli effetti delle nostre azioni, presenti e passate, sul clima, saranno a tutti evidenti, anche qui in Italia: la serie di alluvioni che sono avvenuti in Germania, in Belgio e parzialmente anche in Svizzera, sono solo un assaggio di quanto dobbiamo aspettarci, come anche le stagioni roventi nei paesi del nord del mondo.
Già ora è tardi per agire, eppure sembra di assistere all'ultimo ballo sul Titanic: a Milano ad esempio le prossime elezioni comunali verteranno sul tema dello stadio (e della nuova colata di cemento per costruire strutture commerciali o case di lusso), sulle piste ciclabili da togliere, sull'affare immobiliare dei privati che metteranno mano agli scali ferroviari su cui sorgeranno gli alloggi olimpici.
A Venezia forse riusciremo a togliere le navi dai canali, che forse passeranno per Marghera, dove serviranno però altri lavori (e altri soldi pubblici) per farle passare.
Mentre la Germania finisce sott'acqua, contando morti e dispersi, qui si discute ancora di idrocarburi, di stoccaggio del gas sotto il mare (coi soldi del PNRR), di nuove opere come il ponte di Messina. Il ministro della presunta transizione ecologica, che ha speso parole a favore del mini nucleare, ha tagliato fondi ai parchi, alle nostre aree verde, al nostro polmone.
Quante persone dovranno ancora ammalarsi per l'aria inquinata delle nostre città?
Tempo pochi anni e il susseguirsi di eventi drammatici (come la tempesta in Veneto di due anni fa che distrusse la foresta degli abeti rossi), la continua erosione delle coste e la sparizione delle spiagge, saranno la norma – racconta a Il Manifesto il climatologo Pasini - e ci metteranno di fronte al fatto compiuto. E, come da canovaccio, i responsabili dell'inazione o delle scelte sbagliate (sul cemento, sui trasporti, sulla cura del territorio, sulla transizione ecologica non fatta), daranno la colpa ai verdi, agli ambientalisti, a quelli che sanno dire solo di no.
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