11 settembre 2020

La mezzaluna di sabbia, di Fausto Vitaliano

 Aereo

37000 piedi sopra a tutto

Volando la sera da Milano verso sud magari non è la prima cosa che vedi ma di sicuro è la prima cosa di cui ti rendi conto: sono le luci del porto di Livorno. Sempre ammesso che il volo non punti verso La Spezia, perché se invece il pilota o chi per lui decide di prendere per l'entroterra, allora il passeggero non vedrà più niente già dopo Parma. Tutto buio, fino a quando non spunteranno, sui finestrini sul lato di sinistra, le vaghe e tremolanti luci della pista di Lamezia Terme.

Tutti noi abbiamo una “mezzaluna di sabbia e silenzio”, un luogo della nostra infanzia dove rifugiarci, dove trovare riparo dai cattivi pensieri che offuscano la nostra giornata, dove annegare nei ricordi dei bei tempi andati, quando la vita sembrava felice, senza nubi all'orizzonte. Un posto dove ritroviamo i nostri sogni, dove risentiamo le voci dei nostri compagni di avventure.

Per il maresciallo in aspettativa Gori (diminutivo di Gregorio) Misticò quella mezzaluna è la spiaggetta del papàro, una piccola insenatura di sabbia e canneti, cui si arriva dopo una ripida discesa dal paesino di San Telesforo Jonico, nella Calabria ionica.

Gregorio o Gori, Misticò, maresciallo dei carabinieri, lo incontriamo nelle prime pagine sull'aereo che lo riporta da Milano verso casa, dopo l'ennesima seduta di chemioterapia, in cura da un medico che, scopriremo subito, è anche uno degli amici di infanzia. Erano in tre, tanti anni prima, a godere il sole e a guardare le turiste senza “reggipetto”, Gregorio, Nicola Strangio (il medico) e Michele, un ragazzo morto a sedici anni.

Dopo tanti anni nell'arma a Milano, dopo una sparatoria fu trasferito nella sua terra, in Calabria, a San Telesforo, per poi chiedere di essere messo in aspettativa dopo la scoperta di quel male che lascia ben poche speranze.

A San Telesforo Jonico non succede mai niente: una chiesa ma pochi fedeli, tante case vuote e pochi giovani, perché se ne sono tutti andati via, in altitalia a cercare un lavoro. Un medico curante che poi è anche il sindaco (con una professione di politico alle spalle interrotta per un'inchiesta di tangenti).

E, nella piazza del paese, tre figure che ormai fanno parte del paesaggio: 'u filosofu, 'u saputo e 'u rinato, tre “fenomeni” che passano il tempo a ragionare dei fatti del paese e dell'Italia, con la stessa incompetenza.

Il ritmo del paese nell’ultimo secolo non era praticamente mai cambiato, quell’andatura di calesse che non ti affatica né ti condiziona, un tempo sospeso che non ti chiede niente e niente ti darà in cambio. Si facevano chiacchiere aspettando chissà che, ci si salutava e ci si ignorava”.

Non succede mai niente, a San Telesforo, un paese dalla memoria perduta, ma all'improvviso questo lento morire, questo lento spegnersi viene interrotto da una serie di fatti.

Il primo è il via vai di mezzi, pale meccaniche, bulldozer, che girano, all'apparenza a vuoto, lungo le vie del paese fino ad arrivare proprio sulla spiaggia del papàro. Come se dovessero iniziare dei lavori enormi, di cui nessuno sa nulla.

Ci sono poi gli stranieri, a riempire le discussioni nel paese: stranieri che arrivano dal mare e sbarcano sulle coste per essere poi rinchiusi nei centri di accoglienza che di accogliente non hanno niente.

E poi c'è un forestiero, venuto dall'est questa volta,dall'Ucraina, che si presenta all'improvviso in paese e, sempre all'improvviso, viene ucciso per qualcosa che ha cercato di fare.Forse un ricatto alle persone sbagliate.

Finirebbe pure lui perso per sempre, come la memoria del paese, come la vita San Telesforo, se il suo corpo, per un caso fortuito non fosse ritrovato da un altro straniero, proprio uno di quelli arrivati in barca dall'altra sponda del Mediterraneo.

Un caso, uno dei tanti in questa storia, che farà partire le indagini del giovane brigadiere della stazione dei carabinieri, Federico Costantino.

Giovane e pure orfano, in senso letterale e anche in senso figurato, avendo perso i genitori e anche il suo comandante, che era proprio Gori, dopo che se ne è andato in aspettativa senza dir niente a nessuno.

Il brigadiere vorrebbe occuparsi anche del terzo fatto accaduto in paese: la morte del barone Celata di Lauria, trovato morto nella sua stanza dal figlio, Falco.

Una morte che viene subito addossata alla moglie, Silene Celata, una vera filantropa per il suo impegno in giro nel mondo ad aiutare il prossimo con la sua fondazione.

Tanto generosa la madre, quanto presuntuoso e fannullone il figlio, “‘nu cùnnu come raramente se ne erano visti non solo sul versante jonico della Calabria, ma sull’intera faccia della terra”.

Ma che aveva messo gli occhi proprio sulla spiaggia del papàro per realizzare il suo sogno di soldi e cemento.

L'autore ce li presenta tutti, uno dopo l'altro i personaggi della storia: dal maresciallo al suo figlioccio, il brigadiere Federico Costantino, donna Silene e il suo ambizioso e ambiguo avvocato. Il magistrato Califano, un “ciucciu presuntuoso” incapace di condurre un'inchiesta.

E poi quei personaggi che si trovano nella terra di mezzo, come il geometra (chiamato ingegnere) Di Teodoforo, “uno che no ha mai lavorato” ma che ama la bella vita, e il costruttore Gassone piccolo e grasso come “quei bidoncini di alluminio che un tempo si usavano per trasportare il latte”.

Gori Misticò vorrebbe rimanere fuori da tutto questo: la scoperta del cancro, del male che si porta dentro, gli ha fatto cambiare visione del mondo. Inutile battersi per la giustizia, per arrivare alla verità, come ha fatto per anni quando era poliziotto, anche come infiltrato, su a Milano.

Ma è proprio quel dolore fisico, che diventa ogni giorni più pesante, a fargli cambiare idea: cosa rimarrà di me, alla mia morte? Cosa lascerò a quelli che verranno dopo?

Ecco, salvare quella “mezzaluna di sabbia e di silenzio”, dove ancora parla con l'amico morto, diventa la sua ultima indagine, ultima prima di quella operazione per sconfiggere il mostro che è cresciuto dentro di lui:

È proprio questa la ragione, si rispose mentalmente Gori Misticò. Proprio perché ne ho ancora per poco, allora intanto che ci sono ancora gli voglio rendere la vita difficile, a 'sti vastàsi. Voglio che quando si ricordano di me pensano a uno che, pure che il cancro se lo stava mangiando, gli ha fatto sputare il sangue lo stesso. Perché se a raccontare la storia tua devono essere i sopravvissuti, almeno che non si inventino troppe chiacchiere. Che raccontino la verità. Chi era Gori Misticò, che uomo è stato, che cosa è stato capace di fare.

Sarà questo a dargli la forza di scoprire chi sono i pupari dietro certi depistaggi, dietro le due morti (lo straniero venuto dall'Ucraina e il barone), scoprire alcuni segreti imbarazzanti e cercare di rimettere in ordine le cose.

Perché qualcuno un giorno, ricordandolo, dirà bene di lui, quello che ha difeso quella mezzaluna di sabbia:

Esiste un ciclo delle cose dal quale non puoi scappare, ecco l'unica verità. Nasci, cresci e poi fai spazio a quelli che verranno, che forse si ricorderanno di te o forse no, a cui forse avrai lasciato qualcosa o forse no. Il tuo scopo, il senso della tua vita. O almeno solo un segno.

Una scrittura brillante e scorrevole, dove padroneggia il dialetto (come nei romanzi di Camilleri, a Vigata) e dove padroneggia questo investigatore controvoglia, Gori Misticò, con la sua umanità, col suo essere burbero, solitario e capace di fare la scelta giusta. O, in questa storia, la scelta più conveniente, perché non sempre si può fare la cosa giusta.

A volte quello che è giusto e quello che conviene sono la stessa cosa”, disse a Federico Costantino uscendo dall'automobile. “Anche se sono cose diverse”.

E si avviò verso l'ingresso dell'aeroporto senza cerimonie e senza nemmeno sceneggiate.

E' un racconto amaro e dolce, amaro e divertente anche, sulla Calabria (e forse su una buona parte del sud), dove “una nuova parte di ferocia aveva sostituito le vecchie consuetudini del sottomondo”, dove si respirano tutti i profumi e i sapori di una terra bella e aspra, dove forse, saranno proprio gli stranieri, quelli venuti da lontano, a salvarla.

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