Avremmo dovuto imparare qualcosa da questa pandemia, da questo virus che non se ne è ancora andato (e di cui sappiamo ancora poco dei suoi effetti sull'organismo).
Cambiare la sanità, smontando il modello dei grandi ospedali, delle grandi strutture, del ti pago per quante prestazioni fai (la sanità a cottimo).
Cambiare il modello di lavoro, puntando ad un vero smart working dove il lavoratore è responsabilizzato in quello che fa, dove si regalano alle persone ore della propria giornata, evitando gli spostamenti verso le grandi città.
Durante il lockdown abbiamo rivisto l'acqua di Venezia pulita, l'aria delle grandi metropoli sempre più pulita.
Quanto sarebbe bello riuscire a conciliare turismo, industria e rispetto per l'aria, l'acqua e la terra.
Smetterla col cemento, con le città ingolfate dal traffico perché questo è l'unico modello di spostamento concepibile.
Investire in ricerca (quella a cui adesso chiediamo il vaccino), sulla professionalità, sulla scuola, sulla salute, sulla messa in sicurezza del territorio (quante altre alluvioni, tempeste sui vitigni, fiumi straripare dovremo vedere?).
E invece.
Gli articoli acchiappa gonzi sul reddito di cittadinanza.
Ma le discoteche sono di destra o di sinistra?
Se vince il no il governo va a casa?
E se vince il si la democrazia viene meno, perché la rappresentanza, perché non basta tagliare gli onorevoli per far lavorare meglio il Parlamento..
Come facciamo a tenere in piedi la bolla economica di Milano se la gente sta a casa?
Cosa ne facciamo delle Torri, delle case da dare in affitto ai giovani dal sud, alle insegnanti (che non si possono permettere il costo della vita per il loro stipendio), dei tanti bar spuntati attorno ai vecchi luoghi di lavoro?
Potevamo scegliere se cambiare le cose, invece sembra che si voglia tornare a come si stava prima. E non si stava bene.
L'Italia dei mille contratti di lavoro e del precariato (anche nella sanità privata).
L'Italia dei pendolari sui treni stipati.
L'Italia dove mancano gli insegnanti di sostegno, ogni anno, anche questo.
L'Italia delle grandi opere, del TAV e del Ponte sullo Stretto.
L'Italia delle mafie che sono diventate un pezzo dell'economia, dell'imprenditoria.
L'Italia dove si aspetta la fine del blocco dei licenziamenti per rinnovare le imprese (?).
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