30 settembre 2020

Nel paese dei sussidistan

Durante il lockdown l'economia italiana è rimasta in piedi (maluccio, certo) grazie a chi ha continuato a lavorare (dai medici, infermieri alle cassiere nei supermercati), grazie a chi ha lavorato da casa organizzando la sua giornata, grazie alla cassa integrazione.

Che però, a differenza dei sussidi verso chi è in difficoltà, non è un sussidio.

Come non sono sussidi i piani industria 4.0 con gli sgravi per gli investimenti e le spese per la formazione.

Perché, dicono i saggi sui giornali, gli economisti liberali, le spese per l'industria sono produttive, mentre le spese per i poveri, per chi sta male sono improduttive.

E poi finisce che le persone diventano schizzinose e non accettano salari da fame, lavori a cottimo, a giornata, a chiamata.

Ieri ad ascoltare il discorso del presidente di Confindustria Bonomi c'erano sindacati, governo e anche la sua opposizione interna (Italia Viva). Cosa avranno portato a casa di quanto ascoltato?

Quali strategie innovative sono state proposte?
Sul telelavoro, per togliere traffico e caos dalle città e restituire ore di vita alle persone.
Sul tema dei cambiamenti climatici e della difesa dell'ambiente.
Contro le discriminazioni, le morti bianche, lo sfruttamento.
Contro la fuga dei cervelli, per evitare un futuro di precariato a quelli che sono entrati o entreranno nel lavoro oggi.

Confindustria è contraria al salario minimo e ha criticato gli accordi di Federalimentare che premiavano, con aumenti salariali, i dipendenti che nel lockdown hanno continuato a lavorare.

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