23 settembre 2020

L'anniversario della morte di Giancarlo Siani

Oggi su molti giornali si ricorderà l'anniversario dell'omicidio del giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla Camorra 35 anni fa, perché nei suoi articoli parlava dei boss, delle guerre interne, dei soldi per la ricostruzione finiti nelle mani dei clan con la complicità di sindaci e assessori.
Ucciso perché raccontava delle faide all'interno della "nuova famiglia" che si contendevano il traffico di droga nella zona di Torre Annunziata

Dopo il 26 agosto dell’anno scorso – scriveva Siani nell’articolo del 10 giugno 1985 – il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di ‘Nuova famiglia’, i Bardellino“. “Gionta Valentino – continuava – un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. [Da Vesuviolive]

Spero che sugli stessi giornali si ricordi di come ancora oggi i giornalisti che vogliono fare il loro lavoro, i "giornalisti giornalisti", spesso debbano rischiare del loro.

Se non la propria pelle, perché grazie al cielo non siamo nel Messico dei narcos, rischiano perché lavorano con contratti precari, da abusivi come lo era Giancarlo prima di essere assunto al Mattino.

Rischiano perché in Italia si fa in fretta a minacciare querele, citazioni per danni, senza rischiare nulla.

Non si finisce in galera, ma si rischia, per aver raccontato una realtà scomoda, di dover pagare di tasca propria.

Nemmeno questa legge, di riforma del meccanismo delle querele temerarie, si è riusciti a fare.

D'altronde i giornalisti, quelli che non rispondono agli sms o ai messaggi whatsapp, danno fastidio a tutti.

E oggi, a furia di dirette social senza domande, ci siamo abituati al fatto che il potente di turno, nel comune, nella regione o in un ministero (ma vale anche per i grandi manager privati) non debba essere scocciato con domande inopportune.


Che si tratti dei 49 ml di rimborsi pubblici, della trasparenza di Rousseau o della piattaforma Open.

Perché siamo tutti liberali, come dice sempre l'ex cavaliere Berlusconi, la gamba moderata del centrodestra. Finché non si toccano gli affari personali.


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