Banche,
tribunali, commissari sommersi: il mondo della Cina che non si
conosce in Italia.
Poi
Unicusano, il sindaco di Terni Bandecchi dopo l’ultima puntata di
Report aveva promesso due manrovesci. Domenica vedremo chi li ha
presi veramente.
I
manrovesci di Bandecchi
Il
sindaco di Terni nonché fondatore ed ex rettore di Unicusano,
l’università telematica, è stato rinviato a giudizio per evasione
fiscale.
Aveva
promesso a Sidfrido Ranucci e a Report due schiaffoni, “lei e la
sua libertà di stampa se la deve mettere nel c..” cito le testuali
parole di un sindaco che oramai non si vergogna più di nulla,
“finché lei continuerà a fare programmi dove risulterà
infame”.Il servizio di Report su Unicusano non gli era piaciuto,
soprattutto i conti che Luca Bertazzoni aveva fatto sugli stipendi
dei docenti.
Come
spiegava il consulente di Report Pier Gaetano Bellavia, “questi
incassano più di 80 ml dagli studenti a fronte di questo per i
docenti spendono 9 milioni e mezzo”.
9,5
ml su 1107 docenti fa una media di 8600 euro lordi l’anno questi
sono i dati che arrivano dal MIUR: ma i numeri non bastano a
convincere Bandecchi, “i nostri docenti sono pagati 4 volte gli
altri..”
Ma
chissà se nella media di Bandecchi rientra l’ex docente che Report
ha intervistato per capire come funzionano veramente le cose: ha
insegnato ad Unicusano dal 2018 fino al 2023, la retribuzione era di
4000 euro lordi per tutta la produzione di 40 ore di videolezioni,
250 pagine di dispense e altro materiale. “L’anomalia di questo
contratto è che innanzitutto mi venivano chiesti dei diritti
d’autore per cinque anni ed oltre”.
Cosa
vuol dire? La signora – così la chiama il sindaco, non la docente
– “fa una lezione, scrive il suo libro, questo prodotto potrà
essere utilizzato da noi per almeno cinque anni”.
I
materiali per l’insegnamento erano diventati vecchi e obsoleti,
c’era bisogno di un aggiornamento – spiega a Report l’ex
docente che aveva segnalato il problema all’università – e le
era stato risposto che avrebbero verificato..
Ma
il tema non appassiona Bandecchi: “lei sta parlando di una
categoria di professori che è lo stato che produce questa gente, io
mi limito ad andare su uno scaffale e prendere i prodotti che lo
Stato ha già confezionato, lei mi vuole dire che non capiscono un
c.. da mo che lo dico..”
Questo
è il livello di competenza, di rispetto per il lavoro altrui, del
fondatore di Unicusano.
Però
Bandecchi non è così aperto nei confronti delle opinioni altrui,
quando lo riguardano direttamente: il professor della Statale di
Milano Piero Graglia è stato querelato dall’ex rettore e da
Unicusano per diffamazione aggravata a causa di un post pubblicato
sui social in cui scriveva che le università telematiche sono “il
frutto malato della riforma Gelmini”.
L’articolo
era stato scritto a seguito del sequestro dei beni a Bandecchi da
parte della Finanza, come spunto per un ragionamento sulle università
telematiche, aggiungendo che questa vicenda (il sequestro) poteva
essere catalogata come un ennesimo caso di peculato cialtrone e gli è
stato contestato che aveva dato del cialtrone a Bandecchi.
Il
professore ha dovuto prendersi un avvocato e comparire di fronte ad
un giudice, non c’era nessuno dall’altra parte tanto che il
giudice che poi ha archiviato tutto in seduta ha detto “molto
gentile il signor Bandecchi a non aver mandato nemmeno un avvocato.”
Sembrava
quasi una querela intimidatoria – commenta oggi il professor
Graglia che, per questa vicenda, ha speso duemila euro.
Nella
sentenza è scritto che l’opponente sembra non comprendere nemmeno
il senso di alcune espressioni: tutta colpa degli avvocato, sbotta il
fondatore di Unicusano, sicuramente laureati in qualche università
italiana.
La
Cina sommersa
La
guerra commerciale in corso tra Pechino e l’amministrazione
americana si lega con i traffici delle mafie internazionali in Italia
e nel mondo.
Traffici che si appoggiano alla rete commerciale
delle industrie cinesi, alle banche illegali create dalla comunità
cinese in Italia (e non solo).
Report
ha preso parte, assieme alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle
Dogane, ad un controllo sulla merce in arrivo dalle grandi metropoli
cinesi, compie un mezzo giro del mondo e arriva poi in Italia al
porto di Trieste.
La
merce passa perfino per l’Ucraina, per l’Estonia, tra gli oggetti
controllati c’è anche uno sberleffo per Musk, il logo della Tesla
rifatto: giochi, apparecchi elettronici, calzature e caschi, ogni
container assomiglia ad uno scrigno dei desideri.
Desideri
contraffatti, come gli auricolari ritrovati dalla Finanza in un
container che poi sarebbero andati in Ungheria.
Tutto
questo è solo la punta dell’iceberg della rete commerciale dalla
Cina che si avvale del controllo di numerosi porti in Europa per il
transito delle merci: nel 2024 il valore complessivo delle merci
vendute dalla Cina nel mondo è stato pari a 5 trilioni di dollari.
Sempre
in Italia, questa volta a Civitanova Marche: i carabinieri
individuato qui una banca clandestina cinese con filiali in tutta
Italia, col compito di riciclare denaro per la criminalità
organizzata.
Il
traffico si svolgeva in una anonima villetta nella campagna
marchigiana, in una agenzia di viaggi e in un supermercato
all’ingrosso a pochi km da Civitanova. Qui la GDF di Ancora a
Macerata coordinate dalla procura europea smascherano nell’ottobre
2024 un’organizzazione criminale transnazionale e ricostruiscono
operazioni finanziarie illecite per un valore complessivo di 3
miliardi di euro.
“L’associazione
criminale riusciva a gestire una underground chinese bank” spiega a
Report Peppino Abbruzzese comandante del GICO di Ancora “che riceve
denaro contante in cambio di commissioni, il corriere che doveva
fisicamente trasportare la merce da un punto a ad un punto b, portava
con sé una banconota da 5 euro, questa veniva postata all’interno
di una chat criptata, quindi il destinatario della richiesta non
faceva altro che verificare il codice alfanumerico presente sulla
banconota che esibiva al corriere e automaticamente lo scambio
avveniva.”
Quanto denaro veniva scambiato nelle borse dei
corrieri?
“In
un caso siamo riusciti ad individuare un corriere che trasportava più
di 100mila euro in un trolley, fisicamente aveva ritirato un borsone
da dentro l’agenzia di viaggi, nelle Marche e si recava in una
regione del centro Italia.”
Un
sistema che vedeva accanto mafia albanese e facoltosi imprenditori
italiani tutti in fila agli sportelli della banca cinese clandestina.
“Siamo
sicuri che alcuni versamenti andavano in direzione Cina” prosegue
il comandante Abbruzzese “ma la presenza di conti virtuali ha un
po’ di fatto limitato la nostra capacità investigativa .. un
conto virtuale viene identificato da un iban europeo, di fatto però
quando abbiamo chiesto la collaborazione alle autorità straniere ci
hanno comunicato che quelli erano conti specchio dal momento che
dietro quel conto virtuale si nascondeva un conto cinese.”
Ci
sono dunque degli iban in Germania per cui quando a vai a fare un
accredito i soldi arrivano in Cina.
Il
GICO ha chiesto aiuto alle autorità cinesi ma “ad oggi è mancato
un dato oggettivo di collaborazione.”
Questo
meccanismo di riciclaggio di denaro sporco è stato scoperto anche
negli Stati Uniti dove decine di broker cinesi avevano messo assieme
un sistema bancario parallelo per i riciclaggio del denaro sporco
frutto del narcotraffico. New York, Chicago, Los Angeles, Miami, le
grandi città sono il parco giochi dei grandi cartelli messicani e il
bancomat a cielo aperto dove i narcos costruiscono le loro fortune:
miliardi di dollari accumulati dalla vendita delle droghe a
cominciare dal fentanyl. Un fiume di soldi che ha bisogno di essere
ripulito e nessuno è così bravo a ripulire i soldi quanto i broker
cinesi.
Chris
Urben è direttore generale dell’agenzia di investigazione
Nardello&Co: “quello che prima richiedeva dai sette ai dieci
giorni per essere riciclato e restituito ai cartelli messicani ora
richiede appena uno o due giorni e con un costo dell’1% contro il
7-10% del passato”.
Urben
è stato per anni un agente della Dea il reparto anti droga delle
forze speciali statunitensi: olrte vent’anni in cui Chris ha
pertecipato alla caccia dle re dei narcos, El Chapo Guzman oltre ad
essere stato tra i primi a finire sulle rtacce della grande rete di
riciclaggio messa in piedi dal sistema bancario clandestino cinese.
“Man
mano che i lavoratori cinesi si disperdevano in tutto il mondo
avevano buisogno di un modo per rimpatriare i loro fondi in patria.
Questa rete di lavoratori cinesi all’estero ha dato origine al
sistema bancario clandestino cinese, che era una rete basata sulla
fiducia, si trattava di un metodo affidabile per riciclare denaro e
rimandarlo nella Cina continentale” spiega a Report Urben.
Dal
2018 l’antidroga americana scopre che all’interno della comunità
cinese di New York si nasconde una rete sotterranea di riciclatori
ben strutturati e con rapporti di fiducia in ogni angolo del pianeta.
“C’era
quindi un nuovo metodo di riciclaggio” prosegue il racconto di
Urben “ed era quello operato da reti cinesi negli Stati Uniti che
raccoglievano grandi quantità di contanti in dollari, uno o due
milioni di dollari tenuti in luoghi controllati da loro. Questo ci ha
permesso di comprendere come funzionava la rete, abbiamo osservato
trafficanti di droga consegnare denaro a soggetti per noi nuovi,
riciclatori di denaro cinesi che prendevano quei fondi e li portavano
nelle “stash houses” e accumulavano grandi quantità di valuta.”
Le
stash houses, le filiali bancarie clandestine possono essere ovunque,
nel retrobottega di una pescheria, come nel sottoscala di un
magazzino, a Manhattan come come nel Bronx.
“C’erano
decine di broker cinesi a NY e nel New Jersey e ci siamo resi conto
che avevano dei dipendenti, come qualunque altra organizzazione:
corrieri che consegnavano il denaro, corrieri che lo recuperavano,
avevano persone che lo gestivano con le stash location dove il
denaro veniva custodito e contato. E poi avevano altri soggetti che
operavano su applicazioni criptate come wechat e su bacheche e canali
in mandarino dove vendevano quel denaro.”
Report
ha ottenuto un’intervista in esclusiva con l’ambasciatore cinese
Jia Guide a cui ha aperto le porte della sua residenza: alla
trasmissione ha condiviso le linee guida del governo di Pechino su
questioni delicate come dazi e commercio internazionale.
La
presidente della commissione UE Von Der Leyen ha telefonato primi
ministro cinese dove han parlato dei dazi americani sostenendo che
possano costituire una deviazione commerciale cinese verso l’Europa,
esiste il rischio che l’Europa sia invasa da merci cinesi?
“Comprendiamo
le preoccupazioni dei paesi europei” risponde l’ambasciatore Jian
Guide “ma in realtà questa questione è stata esagerata, la Cina è
ormai il secondo mercato di consumo mondiale, da molti anni il
mercato interno costituisce la principale forza motrice della nostra
crescita economica.”
L’applicazione
dei dazi, quelli attuali e quelli annunciati rischia anche di
influire negativamente sui rapporti commerciali tra l’Italia e la
Cina?
“Le
tensioni sul commercio internazionale hanno avuto un impatto
sull’ordine commerciale globale e inevitabilmente anche
un’influenza negativa sulle cooperazioni economiche e commerciali
tra Cina e Italia. In generale le relazioni economiche e commerciali
poggiano su basi solide.”
Il
governo cinese sta facendo qualcosa per arginare delle prassi
illecite che possono in qualche modo influire sulla giusta
concorrenza dei mercati?
“La
Cina attribuisce grande importanza alla concorrenza leale e alle
regole del mercato e la legge impone chiaramente alle imprese
operanti all’estero di rispettare le leggi del paese ospitante e le
norme internazionali. Attualmente il maggiore fattore di turbamento
dell’equità sul mercato internazionale è rappresentato dalla
guerra dei dazi, unilateralmente avviata dal governo americano:
l’abuso delle tariffe da parte degli Stati Uniti danneggia i
legittimi interessi degli altri paese e viola gravemente le regole
dell’organizzazione del commercio e mette a rischio l’ordine
economico e commerciale internazionale. Chi rispetta le regole del
commercio internazionale non può cedere a chi le infrange. ”
Antonella
Mascali ha firmato un articolo che anticipa alcuni dei contenuti
del servizio:
“Ombre
cinesi”: la guerra dei dazi e la mafia di Prato
di
Antonella Mascali
La
guerra di mafia cinese in Italia e non solo, è al centro
dell’inchiesta di Report di questa sera, che mette in evidenza come
omicidi, tentati omicidi, attentati con pacchi bomba, hanno a che
fare con la guerra commerciale di Pechino contro Usa ed Europa, che
ha avuto un’impennata dopo la guerra dei dazi voluta dal presidente
Usa, Donald Trump.
“Ombre
Cinesi” esplora la complessa rete di attività illegali che
coinvolge in particolare Prato, città storicamente dell’artigianato
tessile. Lì la comunità cinese è scossa da una guerra criminale
definita “guerra delle grucce”. Ai profani potrebbe sembrare di
basso livello delinquenziale, ma in realtà nasconde interessi
economici enormi legati al settore tessile, alla logistica e al
controllo della distribuzione globale delle merci. Secondo l’analisi
di centri studi Usa, confermate dal Brookings Institution, le quattro
grandi banche di Stato cinesi avrebbero riciclato quasi 22 trilioni
tra dollari ed euro, in modo da garantire quella solidità
finanziaria per poter combattere la guerra commerciale
internazionale. Questo è possibile, sostiene Report, perché a
fianco dello Stato ufficiale c’è uno Stato parallelo, occulto, in
tutti i paesi del mondo dove sono radicate comunità cinesi.
Le
concessioni degli stabilimenti balneari
Secondo
quanto ha stabilito l’Unione Europea le concessioni pubbliche sui
lidi concesse ai privati andranno messe a gara: tra i gestori c’è
anche Gabriele Pagliarani proprietario della stabilimento Tiki26 a
Rimini.
“Rimarrei
qui altri 38 anni qui, pagando quello che mi fa pagare lo Stato
italiano, perché cambiano i governi ma noi siamo sempre andati
avanti.”
Gabriele
è il bagnino d’Italia, una star della riviera romagnola, lo
conoscono anche oltre oceano, da sempre gestisce la concessione 26 a
Rimini, oltre 8mila metri quadrati di spiaggia, bar, ristoranti,
campi da beach volley e un chiringuito a pochi passi dal mare.
Quanto
paga di concessione? Poco più di 15 mila euro l’anno da versare al
demanio per un giro d’affari che nel 2023 ha sfiorato il milione e
mezzo di euro.
E
ora lo spauracchio della gara pubblica, “un coltello puntato sulla
schiena” lo definisce Gabriele che ora per le gare rischia di
andare a casa: ad inizio giugno la corte di Giustizia europea si è
espressa su una controversia tra i balneari di Rimini e il comune che
ha deciso al rinnovo automatico delle concessioni dando ragione
all’ente.
Cosa
farà il bagnino d’Italia, che dall’intervista a Report sembra
poco felice di fare questa gara?
La
riviera è famosa nel mondo grazie ad imprenditori come lui che si
sono sempre ingegnati attirare turisti e guadagnare: il lampo di
genio lo ha avuto anche quest’anno. Per aggirare un’ordinanza che
prevede il divieto di ballare in spiaggia, si è inventato la lezione
di zumba a due passi dal mare.
Se
lo stato gli dovesse chiedere, ad esempio, duecentomila euro l’anno,
non rimarrebbe qui a lavorare..
Il
servizio racconterà anche del bando per l’assegnazione del lotto
A25 a Castelfusano, una delle concessioni demaniali a Ostia che è
stato assegnato all’unica società che ha presentato domanda.
Qui
il circolo sportivo Nauticlub Castelfusano, che gestiva la spiaggia
sin dal 1985, rischia di sparire – racconta Massimo Intorto uno dei
soci del Nauticlub – perché il consiglio direttivo ha deciso di
non presentare domanda per il bando del comune di Roma, optando per
un ricorso al TAR.
“Noi
lo scopriamo dalle trapelazioni uscite dai vari giornali, uscivano
già i bandi e si vedeva che c’era una società che aveva messo
l’occhio sul bando del lotto A25.”
Con
la concessione scaduta e con l’assenza di partecipazione alla gara
pubblica il TAR ha rigettato il ricorso “perché Nauticlub non ha
dimostrato interesse ..”
Ma il TAR aggiunge però che sono
ancora in tempo per ripresentare domanda perché i termini ci sono
ancora ma lo stesso i vertici del circolo non hanno voluto fare
domanda.
L’impressione
è che le nuove società che si presentano ai bandi, siano nate per
non far perdere la concessione ai vecchi proprietari o per
accaparrarsene di nuove.
La
società MAMB (che ha partecipato alle gare per
l’assegnazione del lotto A16 a Ostia) ha come amministratore
Fabrizio Burlone, fratello di Alessandra amministratrice della Kokai
SRL la società che ha messo le mani sul Nauticlub.
A
parte l’essere fratello e sorella, le due società hanno la stessa
sede legale, il commercialista e un oggetto sociale identico con uno
statuto con gli stessi errori di battitura.
Fabrizio Burlone è
dipendente dello stabilimento La Bicocca e ora partecipa alla gara
per aggiudicarsi la concessione che per 30 anni è stata gestita dal
cognato Marcello Milani, marito di Alessandra.
Questo
comportamento, creare società nuove con dentro le stesse persone che
gestiscono gl stabilimenti assegnatari delle vecchie concessioni, non
significa aggirare la legge?
“L’avranno
valutato se hanno aggirato le regole? L’avranno valutato al
comune?” risponde Fabrizio Burlone che poi ammette di aver
presentato la proposta fatta a Marcello (il cognato) per due società
e presentarsi al bando per aver più possibilità di tenersi la
concessione.
Domenica
scorsa al Nauticlub si è svolta l’ultima assemblea dei soci, il
clima era teso non solo per l’approvazione del bilancio: in questa
assemblea si parla per la prima volta della gara vinta dalla Kokay di
Alessandra Borlone e le telecamere di Report non sono gradite.
“Non
vogliono nessun contraddittorio .. ma ti pare che uno non partecipa
ad un bando e non lo comunichi ai soci, non fai un verbale al
consiglio..” racconta a mezza voce uno dei presenti all’assemblea.
Il
direttore del circolo aveva promesso di rispondere alle domande di
Report al termine dell’assemblea ma alla fine ha scelto di non
presentarsi di fronte ai giornalisti.
Vista
la caratteristica di quel territorio – commenta il procuratore
Sabella – si sarebbe dovuto fare una verifica preventiva sia sulle
imprese che partecipavano al bando sia su come si erano comportati i
concessionari precedenti: “io li avevo fatti controllare tutti e 91
gli stabilimenti, tutto finito negli scatoloni della fiera di Roma.”
La scheda del servizio:
Roma fa il bando, ma i lidi restano in famiglia
Il comune di Roma è uno dei pochi in Italia che decide di indire il bando sulle concessioni balneari. A gara chiusa, più della metà delle concessioni è tornata ai vecchi gestori: incrociando i dati delle società nuove e vecchi amministratori, sedi legali e studi tecnici di riferimento, sembra esserci un unico centro di interesse.
Ad aggiudicarsi il lotto A25, dove attualmente c'è il Nauticlub Castelfusano, è stata l'unica società che ha fatto domanda. Ma perché l'associazione sportiva che gestisce quel tratto di spiaggia dal 1985 non ha partecipato al bando.
Venezia
da non svendere
Bezos,
il padron di Amazon, avrebbe voluto entrare nella laguna di Venezia
per festeggiare il suo matrimonio col suo veliero, un tre alberi da
127 metri di lunghezza dal valore di mezzo miliardo di dollari.
Perché
a lorsignori, i superricchi destinati grazie alle politiche
fintamente liberali tanto in voga a diventare ancora più ricchi,
ogni capriccio deve essere consentito.
Tra
l’altro il matrimonio si è celebrato nel palazzo della Scuola
Grande della Misericordia, un palazzo storico del 1500 che il sindaco
di Venezia Brugnaro ha dato in gestione per 35 anni ad una società
dell’imprenditore Brugnaro (non è un’omonimia).
Brugnaro,
e tanti assieme a lui, è contento che Bezos abbia scelto Venezia per
festeggiare il suo matrimonio, perché da lustro alla città (come se
Venezia avesse bisogno di ulteriore pubblicità, poi): ma a Venezia
ci sono anche tanti cittadini che non sono contenti di questa scelta.
Persone
come Federica Toninello del laboratorio Morion, che considerano Bezos
rappresentante di quell’1% che pensa di poter fare quello che vuole
e che soprattutto vive grazie al 99% del resto della popolazione,
calpestando le loro libertà, calpestando i loro diritti.
Attivisti
e semplici cittadini si sono riuniti nel laboratorio occupato di
calle del Morion, una casa dei beni comuni fuori dai circuiti
turistici e commerciali di Venezia: è una chiamata a raccolta di
quei cittadini che non accettano questa svendita della loro città,
solo per chi ha i soldi. La loro idea della città è quella di una
Venezia per tutti, abitabile, piena di socialità.
Le
immagini delle proteste contro Bezos hanno fatto il giro del mondo
(sebbene siano state silenziate qui da noi) e così alla fine il
veliero è rimasto ormeggiato in Croazia.
La scheda del servizio:
È lecito trasformare Venezia in un set privato per feste e cerimonie d’élite?
Venezia, così fragile e già soffocata dal turismo di massa, dal traffico inquinante di vaporetti e imbarcazioni che erodono con il moto ondoso e le fondamenta della città, meriterebbe più rispetto?
Le
anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate
sulla pagina FB o
sull'account Twitter
della trasmissione.