30 novembre 2021

Cuore di rabbia, di Marina Visentin

 

«L'ho sognata.»

«In che senso?»

«Tu in quanti sensi riesci a sognare?»

«Non so, verticale, orizzontale, diagonale.»

Ecco, perfetto. Alfio ha già cominciato a prendermi per i fondelli, forse era meglio se questa cosa me la tenevo per me.

Ma ormai è fatta. Andiamo avanti.

«Era una mia compagna di università, morta 25 anni fa. Bruciata. Hanno ammazzato lei il cane. E nessuno ha mai scoperto chi è stato»

«E tu ci hai pensato per tutto questo tempo?»

«No. io non ci ho pensato mai. È solo che adesso l'ho sognata»

«E che ti ha detto cosa.. ?»

«Ma che domande fai? Non ho mica fatto una seduta spiritica, l'ho solo sognata, non mi ha detto niente. Che cosa mi doveva dire?»

Ho conosciuto Marina Visentin alla Passione per il delitto, la rassegna di libri gialli che si tiene ogni anno a Monticello Brianza: mi aveva colpito positivamente come aveva presentato questo suo romanzo, terzo ma primo di una probabile serie, ambientato a Milano dove la protagonista, la vicequestore Giulia Ferro, si trova a dover affrontare un'indagine delicata che riguarda una sparizione. E poi un cold case, la morte di una sua amica avvenuta nel giardino di una vecchia villa sul lago Maggiore.

Una poliziotta dura, quasi spigolosa, questa Giulia Ferro: un unico amico, tra i colleghi, l'ispettore Alfio Russo, a cui concede qualche battuta e un minimo di confidenza. Un matrimonio non finito bene e poi, ma a questo si arriva man mano che si leggono i capitoli, anche rapporti difficili in famiglia. Con la madre e con la sorella.

E ora questo sogno: Letizia Giorgi studiava con lei filosofia, nonostante fosse giovane, aveva già pianificato il matrimonio con un ragazzo più grande laureato in medicina.

Come ha fatto a finire morta e per di più bruciata, nel giardino di Villa Saporiti a Laveno? Come mai dopo tanti anni, 25 per la precisione, il suo fantasma è tornata a visitarla?

Giulia decide di iniziare una sua indagine, non ufficiale, senza alcun appoggio da parte dei magistrati e dei superiori, per sentirsi in pace con sé stessa.

Ma poi capita un altro caso, la scomparsa di una signora anziana, Esmeralda Musumeci: un caso che normalmente non toccherebbe alla squadra omicidi se non fosse che la scientifica trova delle macchie di sangue in casa Musumeci. Una casa piena di mobilio antico, tante foto della signora, ma nessuna recente. E poi quel sangue che farebbe pensare ad una scena del crimine.

A complicare le cose c'è il fatto che la scomparsa è la suocera dell'assessore regionale al bilancio, l'avvocato Soneri: uno di quei politici che sono sempre stati bravi a schivare tutte le inchieste, rimanendo sempre pulito.

Questo caso le sta portando molte pressioni, sia dall'assessore che dal Questore, mentre lei è ossessionata da questa storia vecchia, a cui lavora di nascosta confidandosi solo con Alfio.

Ma è una sparizione, che poi si trasformerà in un omicidio, con ben pochi indizi e all'interno di un contesto familiare molto ambiguo.

Nella famiglia della signora Soneri, vedova e con due mariti alle spalle, sembra che le uniche persone in qualche modo preoccupate o colpite siano l'autista, che era quasi diventato uno di famiglia, e la nuora, la moglie del figlio minore. Gli altri figli sembrano freddi o disinteressati a questa scomparsa.

Nessuno ha visto o sentito niente, il giorno della sparizione, che era anche un triste giorno di pioggia (come sanno esserlo i giorni di pioggia a Milano): solo la portinaia che aveva notato un ombrello rosso lasciato davanti il cancello.

«Alla fine cosa abbiamo in mano? Un ombrello rosso, una scarpa nera, un cadavere senza testa, tanti parenti serpenti ma nessun movente »

La mia risposta non è piaciuta al sostituto Cardini che infatti si agita sulla sedia guardandosi intorno con aria infelice.

C'è n'è abbastanza per mettere in crisi qualunque investigatore: ma Giulia Ferro riuscirà a far saltare quel covo di serpi per smontare gli alibi dei familiari, per arrivare a comprendere il movente di quell'omicidio.

Con la stessa caparbietà riuscirà anche a trovare il perché di quella morte orribile, col fuoco, dell'amica. Che non era andata a seguire nel suo ultimo viaggio il giorno del funerale, ma che ancora tornava nella sua mente.

Come il fantasma della madre, morta tanti anni prima, come il pensiero della sorella, diversissima da lei.

È proprio vero con i fritti e così o li mangi subito oppure non vale più la pena. Chissà forse anche per i delitti è lo stesso, aspettare troppo rende qualunque verità stantia, indigesta. Forse probabilmente del tutto inutile

Racconta l'autrice che, sebbene non si sia mai occupata nel suo lavoro di cronaca nera, il crime l'abbia sempre affascinata: ma è dalla cronaca che nasce questa storia, dal caso di ragazza tanti anni fa a Novara.

L'autrice Marina Visentin, seconda da sinistra, alla Passione per il delitto


Come è nato questo personaggio?
Nel corso della presentazione a La passione per il delitto, l'autrice aveva spiegato che Giulia Ferro arriva dall'osservazione di me stessa e che tutti i personaggi attorno a lei arrivano dalle persone che osservo tutto il giorno, passeggiando e muovendomi per Milano:

Amo spiare i dialoghi delle persone, che camminano davanti a me. Le persone che chiacchierano al telefono e che devi ascoltare anche se non lo vuoi.

Tutti pezzetti di vite che poi entrano nei romanzi, assieme ai pezzetti della mia vita [che non è quella di una poliziotta]: se io a 25 anni fossi entrata in polizia come sarebbe stata la mia vita?”

I luoghi del giallo: i due casi che Giulia Ferro deve risolvere sono ambientati in due luoghi diverse, la Milano dei grattacieli per la morte della cognata dell'assessore, mentre il cold case è ambientato nella zona tra il Lago Maggiore e Novara 25 anni prima: sempre l'autrice nel corso della presentazione

“mi interessava raccontare come Milano si è trasformata, il rapporto di odio amore con la città della protagonista è lo stesso rapporto personale della scrittrice. Per anni non ho amato Milano, sebbene fosse il posto dove stavo”.

Il presente e il passato: questo è un giallo ambientato nel presente ma dove ogni tanto resuscitano pezzi del il passato della protagonista, pezzi della sua vita che aveva rimosso perché dolorosi.

Ad un certo punto devi fare i conti con i tuoi fantasmi, dolorosi, per cominciare a far pace con sé stessa”.

PS: nel corso del racconto l'autrice si lascia prendere la mano in lunghi periodi dedicati a vecchi ricordi, a pezzi del passato che, spezzando la storia, secondo me appesantiscono la lettura.

E' l'unica nota negativa di un giallo interessante e molto reale (per la descrizione dei luoghi, dei personaggi) e che lascia dentro una sensazione cupa, come quelle ferite che Giulia Ferro si porta dentro.

La scheda del libro sul sito di SEM editore

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Report – nuovi vaccini e varianti

Il fact checking su quelli che hanno fatto il fact checking a Report, il pfizergate, i nuovi vaccini che si stanno sperimentando. Ma prima, il nobel lombardo.

Il nobel lombardo di Luca Chianca

Nel 2019 il premio Lombardia è ricerca è stato vinto da un biologo Guido Kroemer, una vittoria che ha suscitato qualche polemica tra la giuria.

Guido Kroemer ha fatto molte pubblicazioni, ma sulle cure per gli anziani c'erano stati altri studi di altri medici e ricercatori, che si erano anche resi disponibili con la regione Lombardia.

Dare supporto agli gli anziani con una rete di medici sul territorio avrebbe aiutato la regione ad affrontare meglio la pandemia che in questa regione ha colpito duro, specie nella fascia degli anziani.

Eppure, durante la premiazione, il presidente Fontana nel gennaio 2020 lodava il sistema sanitario regionale, un modello da copiare.

La regione, tramite il suo portavoce, non risponde alle domande Report come nemmeno ha risposto alle offerte dei geriatri lombardi: i soldi del bando lombardo sono finiti a Kromer e in parte anche a istituti privati di eccellenza, ma sempre privati, nessun euro è finito sul territorio per aiutare gli anziani.

Il dossier anonimo contro Ranucci

Sigfrido Ranucci ha esposto la storia del dossier anonimo (dove si accusa il conduttore di molestie) di cui due componenti della commissione di Vigilanza, Faraone e Ruggeri, hanno chiesto conto alla Rai. Ma lo stesso Ranucci aveva già posto attenzione al dossier, girandolo alla procura che ora accerterà i fatti.

Il fact checking di Report (contrordine compagni, il covid è tornato) di Lorenzo Vendemiale e Manuele Bonaccorsi

Sono tante le accuse che sono state rivolte a Report per la puntata di due settimane fa sulla terza dose dei vaccini. Per esempio aver detto che la terza dose è un business per le case farmaceutiche che preferiscono vendere ai paesi europei rispetto ai paesi poveri che non possono pagare lo stesso prezzo.

Pfizer e le altre case danno meno dosi ai paesi poveri e questo è uno scandalo, specie alla luce della nuova variante, Omicron.

Report non ha mai parlato di infermieri infettati per colpa delle case farmaceutiche: Report aveva raccontato che adesso si stanno ammalando perché l'effetto del vaccino sta decadendo e negli ospedali stanno esplodendo altri cluster, come successo in Israele.

La scadenza del green pass prorogata da 9 mesi a 12 è fatta non su basi scientifiche (dal CTS) ma solo per non creare problemi politici (avrebbe creato un caos per chi lavora e non avrebbe potuto fare subito la nuova vaccinazione).

Infatti il 24 novembre il governo ha deciso di abbassare la durata del green pass a 9 mesi.

Le accuse fatte a Report, da deputati come Faraone e Anzaldi, di fare teorie complottistiche, su che basi si fondano? I giornalisti di Report lo hanno chiesto ai politici stessi che ora, passate poche settimane, nemmeno si ricordano il perché, si arrampicano sugli specchi oppure, come Nobili di Italia Viva, puntano il ditino contro il servizio senza aver compreso bene le parole di Ranucci.

Non si tratta di diversità di opinioni: perché questi politici hanno il potere di bloccare la Rai, perché una interrogazione parlamentare costringe l'azienda a dover rispondere e i giornalisti a doversi difendere.

Report aveva sollevato il tema dei sanitari negli ospedali, dentro cui si entra anche senza green pass: all'Umberto I si fa un tampone ogni 15 giorni ma lo stesso è stato rilevato un cluster, mentre all'ospedale S Andrea nemmeno si fa il tampone.

I dati sulla efficacia del vaccino erano noti – racconta Crisanti – sin da settembre o quanto meno a ottobre: l'ISS ha pubblicato il suo report a novembre.

Avremmo dovuto fare prima la terza dose – continua Crisanti: ora il governo sta cercando di porre rimedio col super green pass, ma come mai la sua scadenza è a nove mesi (se la copertura è a sei mesi)?

Perché vaccinare in fretta e furia tanti italiani è difficile - è quello che dice uno dei membri del CTS, Abrignani, secondo cui dovremo accettare questa malattia come una influenza più pesante.

LA campagna per la terza dose apre un problema etico: gran parte del mondo non ha ricevuto nemmeno la prima dose mentre in Europa ci si sta attrezzando per la terza.

Lo dice l'OMS non i no vax: le case farmaceutiche hanno interesse a vendere i vaccini in Europa e non ai paesi africani a sei euro.

Questo è scritto nei conti di big-pharma: dai ricavi per la terza dose possono arrivare biliardi, se gli accordi arrivano per tempo. Scritto nero su bianco.

Un giorno arriveranno vaccini meno costosi e che magari fermano l'infezione, che non necessitano di iniezione.

In Francia a Tour stanno sperimentando un vaccino nasale che potrebbe bloccare il virus nelle vie aeree superiori: proteggerà l'infezione e bloccherà anche la contaminazione delle altre persone, arrivando ad eradicare il virus come successo per il vaiolo.

A Tour stanno iniziando il trial sulle persone e sarà venduto ad un prezzo competitivo: una bella speranza per il mondo.

Lo pfizergate 

Sui Trial fatti da Pfizer ci sono state delle irregolarità, fatte da Ventavia (un'azienda specializzata in questi Trial) nell'estate del 2020: non si tratta di azione che mettono a rischio la sicurezza del vaccino, ma di dati falsificati e cattive pratiche nei test.

LA fonte dello scoop, Brook Jackson, è stata intervistata, senza mostrare il volto: si era accorta di questi errori, di queste “cattive pratiche” se ne era accorta e ne aveva parlato coi suoi capi, che però di fronte ai problemi posti dalla Jackson, non volevano fermare i test, sebbene fossero consapevoli che sarebbe potuto arrivare la FDA, coi suoi ispettori.

Per le sue accuse mosse all'azienda è stata licenziata dai suoi manager.

Ma FDA non ha mandato ispettori e Ventavia continua a lavorare per Pfizer: i regolatori del sistema sono deboli e dall'altra parte abbiamo case farmaceutiche potenti.

Il vaccino è a rischio: Pfizer conferma che i suoi controlli sono rigorosi, mentre Ema rassicura che non c'è nessun impatto sull'efficacia del vaccino e non hanno dunque preoccupazioni.

Lo scoop ha acceso i riflettori sui controlli, FDA che avrebbe dovuto controllare ma non lo ha fatto: ma ora il problema sono i giornalisti che hanno sollevato il caso che sono sottoposti a degli attacchi, come dei novax. Come successo al giornalista Paul Tacker e come successo a Report.

29 novembre 2021

Anticipazione Report - l'Ilva che continua ad inquinare e il nuovo commissario

Sul Fatto Quotidiano esce oggi una anticipazione a firma di Francesco Casula del servizio di Report sulla nuova Ilva che, a distanza di anni, continua ad inquinare e a far ammalare i tarantini

L’Ilva continua a inquinare e si lavora tra i gas tossici

REPORT - Mentre il commissario prefettizio vuole la fine delle ostilità con l’azienda, il programma di Rai3 stasera rivela che con il governo Draghi non è cambiato quasi nulla

DI FRANCESCO CASULA

“Pensare che un’amministrazione locale debba entrare in conflitto con lo Stato significa non conoscere le regole della democrazia. Il Comune di Taranto è più Stato di qualunque altro”. Vincenzo Cardellicchio è il nuovo commissario prefettizio che dovrà traghettare il Comune ionico fino alle prossime elezioni amministrative. Dopo l’esperienza alla guida del Comune di Cerignola in provincia di Foggia, sciolto per infiltrazioni mafiose, la nomina di Cardellicchio a Taranto è stata la conseguenza delle dimissioni di 17 consiglieri comunali, di opposizione e maggioranza, che hanno interrotto l’azione amministrativa di centrosinistra guidata da Rinaldo Melucci.

Eletto nel 2017 e da sempre in sinergia col presidente pugliese Michele Emiliano, Melucci ha avuto un rapporto burrascoso con Ilva, oggi guidata da Acciaierie d’Italia, la joint venture tra la multinazionale Arcelor Mittal e lo Stato attraverso Invitalia: nel 2020 ha infatti firmato un’ordinanza per spegnere l’area a caldo dello stabilimento, la più inquinante. Il Tar gli aveva dato ragione confermando che a distanza di 9 anni dal sequestro del 2012, l’ex Ilva continuava a essere un pericolo per la salute dei tarantini. Il Consiglio di Stato, però, ha ribaltato la sentenza del Tar e riconfermato la possibilità di continuare a produrre e inquinare. Ma la linea dell’amministrazione non era cambiata e con quella posizione chiara, Melucci si sarebbe seduto al tavolo con Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, per discutere il nuovo piano industriale che dovrebbe portare alla decarbonizzazione in dieci anni. Con le dimissioni dei consiglieri, alcuni dei quali vicini alla maggioranza e dinanzi a un notaio come avvenne a Roma per Ignazio Marino, le cose sono cambiate.

Il nuovo commissario, infatti, non sembra voler perseguire la linea dell’ex sindaco. Del resto, Cardellicchio è un tecnico nominato dallo Stato che oggi è socio della fabbrica. “Lo Stato – ha aggiunto Cardellicchio incontrando la stampa – ha preso cura di quello che era divenuto un problema locale e nazionale e il commissario farà sicuramente parte della città-Stato di Taranto”. Una cura che, però, non ha ancora portato i benefici sperati dai tarantini.

Anteprima inchieste di Report – l'Ilva di Taranto

Tre le inchieste che andranno in onda questa sera: una sull'Ilva di Taranto, che racconterà di come è stata avvelenata una città, cosa è cambiato oggi col passaggio allo Stato?

Il secondo servizio riguarderà la campagna vaccinale, tema quanto mai attuale oggi con la quarta ondata, la minaccia di una nuova variante e l'introduzione di questo super green pass. A seguire un servizio sul premio “Lombardia è ricerca” del 2019.

Report – lo racconta il conduttore Ranucci nell'anticipazione - farà anche il fact checking sui tanti che hanno fatto le pulci, per non dire altro, ai servizi andati in onda nelle settimane passate sui vaccini.

L'ambiente svenduto a Taranto

Taranto è diventato, in questi anni, sinonimo di Ilva, di inquinamento ambientale, del fumo che esce dai camini e che avvelena l'aria, fin dentro le case delle famiglie che vivono vicino all'impianto gestito fino al 2012 dalla famiglia Riva (che a sua volta lo aveva preso dallo Stato, dopo le privatizzazioni degli anni '90).

Il processo per disastro ambientale a Taranto ha portato in primo grado ad una serie di condanne per 300 anni di carcere ai 47 imputati: cosa è cambiato oggi, per quelle persone che si sono battute per anni contro l'inquinamento, subendo pure il ricatto del posto di lavoro?

Tra i condannati l'ex presidente Nichi Vendola, che avrebbe fatto pressioni sull'allora direttore dell'Agenzia per l'ambiente pugliese, Giorgio Assennato.

A Report ha raccontato che non aveva il potere di chiudere l'azienda e che, anzi, la chiusura avrebbe portato ad un altro problema, quello della perdita dei posti di lavoro.

Report è andata a scovare anche Fabio Riva, vicepresidente della società Riva Fire ed ex proprietario, anche lui condannato in primo grado.

Al centro dell'inchiesta il ruolo di Archinà, il responsabile delle relazioni istituzionali dell'Ilva negli anni della proprietà Riva, secondo cui la stampa va comprata per tagliargli la lingua ed evitare che racconti dei problemi dell'Ilva, dell'inquinamento, delle malattie.

Ma soprattutto verranno raccontati gli effetti dell'inquinamento sulla terra, nell'aria e nel mare: il 18 ottobre scorso la Guardia Costiera, nel corso dell'operazione Oro di Taranto, ha rimosso 22 tonnellate di cozze nel braccio di mare più vicino all'acciaieria, un mare inquinato.

In questa zona non c'erano titoli per coltivare e allevare i mitili, suscitando la reazione dei pescatori che lavorano in questo tratto di mare: un sequestro fatto per motivi sanitari ma anche perché quegli allevamenti sono considerati abusivi. Ma dietro ci sono gli impatti economici sui pescatori che vivono su questo: nell'acqua era presente la diossina, dicono le carte, ma nell'aria ne è presente di più – è la difesa degli allevatori.

“L'abbiamo inquinato noi il mare?” è la difesa dei pescatori.

L'inquinamento dell'Ilva non sta portando solo al rischio della chiusura dell'impianto, ma ha portato anche alla perdita di posti nel settore dell'allevamento e anche nella miticultura, mille posti dal 2011 ad oggi.

A separare le case del quartiere Tamburi dalle acciaierie ci sono le collinette ecologiche costruite lungo il confine della fabbrica per contenere la diffusione delle polveri minerarie. Ma di ecologico hanno solo il nome, nel 2019 la procura di Taranto sequestra questi 9 ettari definendoli una enorme discarica abusiva di rifiuti industriali: sono stati trovati diossine, policloro bifenile, idrocarburi, su terreni mai bonificati – spiega al giornalista Luciano Manna dell'associazione Veraleaks.

A fianco delle collinette che contengono veleni ci sono scuole, le abitazioni, le persone.

Il 10 maggio scorso la rivista Natura pubblica un report del professor Lucchini che mette in relazione l'esposizione ad un mix di metalli come piombo e arsenico e lo sviluppo cognitivo dei bambini: “stiamo parlano delle sviluppo delle cognizioni nervose, cose importanti, in realtà possono portare all'autismo o nel deficit intellettivo.”

Lo studio ha suddiviso i bambini in tre fasce: quelli più vicini all'Illva, quelli ad una distanza media e infine quelli più lontani, quali le differenze?

“La cosa che ci ha colpiti è stata vedere una differenza di dieci punti di quoziente intellettivo tra le aree più lontane e quelle più vicine, questa è una grossa differenza.”

Lo studio era iniziato nel 2012, ma i ricercatori sono ritornati nel 2019, cosa è cambiato in qusti anni?

“Abbiamo notato che la differenza di dieci punti intellettuali era un po' aumentata di un paio di punti in più e questo ci ha preoccupato questa cosa.”

Un bambino che nasce e cresce a Tamburi ha un quoziente intellettivo di 12 punti più basso rispetto a un suo coetaneo che vive in un quartiere accanto.

Ma dentro l'acciaieria la situazione è peggiore: a Luca Bertazzoni sono stati mostrati dei video che riprendono il lavoro degli operai, costretti a raccogliere col badile il materiale che cade dai nastri trasportatori, materiale nocivo che contiene idrocarburi e metalli dentro la pancia dell'altoforno.

Oggi Acciaierie Italia, la nuova Ilva in mano allo Stato produce pochi milioni di tonnellate annue di acciaio, sotto i picchi degli anni dei Riva dove si arrivava anche a duecento tonnellate annue: in Italia avremmo bisogno di quell'acciaio per le nostre imprese che renderebbe Ilva una macchina per fare soldi – spiega il giornalista del Sole 24 ore Paolo Bricco, ma nel frattempo i suoi dipendenti sono in cassa integrazione (sono 3500) e tutti fanno affari sull'acciaio, tranne lo Stato (che è oggi in joint venture con Mittal attraverso Invitalia) e Taranto.

Perché in due anni si è perso 1 miliardo di euro perché, guardando i bilanci come ha fatto il consulente finanziario Bellavia, sono aumentati i costi.

La scheda del servizio: Il prezzo dell'Acciaio di Luca Bertazzoni con la collaborazione di Edoardo Garibaldi, immagini di Davide Fonda e Ahmed Bahaddou

Il 31 maggio scorso la Corte di Assise di Taranto ha condannato in primo grado i 47 imputati del processo Ambiente Svenduto a 300 anni di carcere. Per i magistrati dal 1995 al 2012 fu disastro ambientale. Cosa è cambiato oggi con la nuova proprietà e l'ingresso dello Stato rispetto ai tempi in cui le acciaierie erano gestite dalla famiglia Riva? Attraverso un viaggio nella città di Taranto, Report racconta la contaminazione di un territorio inquinato, con il divieto di pascolo nel raggio di 20 chilometri dallo stabilimento ex Ilva e la coltivazione abusiva di cozze nel primo seno del Mar Piccolo. Una serie di video inediti raccolti da operai all’interno dello stabilimento mostra le attuali condizioni di lavoro dell'acciaieria più grande d’Europa. Le telecamere di Report si spostano poi nella Ruhr, un tempo una delle regioni più inquinate della Germania, che da anni ha avviato un percorso di riconversione e riqualificazione delle vecchie acciaierie.

La campagna dei vaccini

Dobbiamo salvaguardare la normalità per gli italiani, quelli vaccinati almeno, ci dice il presidente del Consiglio. Che tradotto in termini pratici, vedendo anche le ordinanze dei sindaci, significa salvaguardare lo shopping e il diritto di andare al ristorante.

Niente chiusure, dunque, ma di fronte alla quarta ondata, le misure messe in atto sono il ritorno alle mascherine, il super green pass (ovvero solo se sei vaccinato puoi partecipare ad eventi al chiuso, come cinema o palestre), da esibire anche sui mezzo del trasporto locale.

Nessun invito allo smart working, che eviterebbe inutili rischi sui mezzi e sui luoghi di lavoro.

Ma tutto questo ci salverà da una nuova ondata? I numeri al momento ci devono preoccupare, ma non siamo messi come lo scorso anno: vero è che ci siamo affidati solo ai vaccini, in questi mesi, vaccini che paghiamo caro dalle grandi case farmaceutiche, che si sono rifiutate di liberare i brevetti per aiutare le campagne vaccinali anche nei paesi del sud del mondo: “ogni sei booster somministrati nei Paesi ricchi c'è una prima dose nei Paesi a basso reddito, ha denunciato l'Oms” si racconta nell'anticipazione del servizio.

Servirebbe allora un vaccino meno costoso, spiega il dottor Crisanti, scettico anche sulla vaccinazione ai bambini.

La scheda del servizio: Contrordine compagni,il Covid è tornato di Manuele Bonaccorsi, Lorenzo Vendemiale

Report ritorna sul tema della terza dose, dopo il pezzo “Non c’è due senza tre” del 1 novembre, che ha suscitato un’aspra polemica politica. Report aveva raccontato le scelte di Israele che, dinanzi alla perdita di efficacia dei vaccini dopo 6 mesi, aveva deciso di offrire il booster a tutta la popolazione. Mentre in Italia - nonostante alcuni segnali di crescita dei contagi, specie tra i sanitari - la durata del green pass era stata estesa da 9 a 12 mesi. Dopo la messa in onda del servizio alcuni politici ci avevano accusato di essere "novax e complottisti”. Come è andata a finire?

L’Italia alla fine ha deciso di fare come Israele: il green pass torna a nove mesi e viene introdotto l’obbligo della terza dose per i sanitari, gli insegnanti, le forze dell’ordine.

Per sconfiggere davvero il Covid 19 potrebbe servire un vaccino di nuova generazione. Le telecamere di Report sono andate a Tours, in Francia, dove sta iniziando il trial di un vaccino nasale, che potrebbe permettere, se somministrato alla maggioranza della popolazione, di raggiungere davvero l’immunità di gregge ed eradicare il virus.

Report, infine, racconterà alcuni retroscena dello Pfizergate, lo scandalo internazionale sulla conduzione dei trial di Comirnaty, il vaccino Mrna più diffuso al mondo: grazie alla collaborazione col British Medical Journal, una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo e tramite audio e documenti finora mai pubblicati, svelerà le inefficienze e le imprecisioni metodologiche dello studio clinico che ha portato all’approvazione del vaccino, emerse grazie alle informazioni raccolte da Brook Jackson, ex manager di Ventavia, una società texana impegnata nel trial di Comirnaty. Secondo le agenzie regolatorie americana ed europea le rivelazioni della manager non inficiano le certezze scientifiche su sicurezza ed efficacia del siero. Ma aprono uno squarcio sulle carenze dei controlli condotti dai regolatori sui trial del vaccino più diffuso al mondo.

Il premio Lombardia è ricerca

Il premio Lombardia è ricerca mette un palio un milione di euro al miglior ricercatore, che meglio si è distinto nel suo lavoro: chi ha vinto il premio lo scorso anno?

A gennaio 2020, prima della pandemia, il professor Incalzi, presidente dell'associazione italiana di gerontologia e geriatria, scrive al presidente della regione Fontana esprimendo la sua disponibilità a supportare la regione qualora avesse intenzione di promuovere iniziative e attività a favore dell'healthy aging, senza però ricevere risposta. Nel gennaio 2020, racconta un altro gerontologo Ettore Bergamini, la regione aveva già ricevuto una informativa secondo cui sarebbe stato utile valorizzare i geriatri locali che avevano delle informazioni molto importanti per una prevenzione primaria e probabilmente le persone avrebbero affrontato la malattia in condizioni diverse.

La fotografia dell'Eurostat della pandemia in Lombardia è impietosa – racconta il servizio di Luca Chianca: la Lombardia è la regione che ha contato più morti nella prima fase della pandemia e tra questi, gli anziani sono quelli che hanno avuto la peggio.

Tuttavia a gennaio 2020 Fontana durante la premiazione ha celebrato il suo modello sanitario: “io credo che il nostro modello sia un modello che dobbiamo continuare a portare avanti, anzi sono convinto che dovrebbe essere esportato nel resto del paese”.

Così vincente questo modello da non aver bisogno dei suggerimenti e della disponibilità del dottor Incalzi? “Sei un buffone e basta” è stata l'unica risposta che il giornalista di Report è riuscito ad ottenere.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

26 novembre 2021

Tele propaganda

Non che prima avessi molta fiducia nella qualità giornalistica del tg1, ma questi mesi del governo dei migliori hanno reso il tg della rete ammiraglia tele propaganda.

Arriva la riforma fiscale? Ne beneficerà il ceto medio (e gli altri? E i disgraziati che stanno sotto?).

Arriva la quarta ondata? Bisogna salvare il Natale, ovvero lo shopping. Niente sui trasporti, niente sul tracciamento, niente sullo smartworking (la cui fine nella ppaa ha causato il botto del pil dice Brunetta).

Oggi si parlava della nuova variante del covid chiamata sudafricana (arriva dal sud del mondo): in un mondo globalizzato è un attimo che ti ritrovi il virus sotto casa (mica bastano i muri e il filo spinato come per i migranti). Forse se si fosse spinta la vaccinazione anche in Africa, magari togliendo i brevetti, non saremmo a questo punto.

Secondo servizio del Tg1, l'accordo tra Italia e Francia di cui il parlamento è stato tenuto all'oscuro. Maledetto governo Conte.. ah no, non c'entra.

Nel frattempo ci siamo messi alle spalle la giornata contro la violenza sulle donne: proposte per limitare l'uso delle armi tenute in casa (magari per uso sportivo)?

Ma il governo tira dritto, ora c'è il super green pass.

 

25 novembre 2021

Non basta la giornata contro le violenze sulle donne

Non basta una giornata contro la violenza sulle donne, come non basta la giornata in ricordo delle vittime della mafia, per cercare di cambiare le cose.

Ovvero fermare l'elenco delle donne vittime della violenza dei loro compagni, mariti, ex mariti o compagni.

Superare le discriminazioni salariali e in generale nel mondo del lavoro tra donne e uomini.

Serve partire dall'educazione, sin nelle scuole e percorsi per curare i maschi malati che considerano le donne solo come oggetti di cui disporre a loro piacere.

Serve aumentare le risorse per le strutture che accolgono le donne vittime di violenza.

Serve limitare (facendo controlli rigorosi ogni anno) l'uso delle armi, anche quelle che vengono comprare per fini sportivi.

E purtroppo servono anche le quote per la parità di genere, nelle liste elettorali, nelle amministrazioni, nei giornali. Almeno finché i ruoli di comando non saranno più considerati luoghi per soli uomini.

Se non si parte da questo, la giornata contro la violenza sulle donne rimarrà il giorno delle lacrime da coccodrillo, dove si elencano i tristi elenchi delle vittime.

23 novembre 2021

Léon, di Carlo Lucarelli


 

Marta la trovano sotto il lavandino, incastrata tra il tubo di scarico e i detersivi. Il carabiniere allunga la mano libera, nell’altra ha la pistola, e la tocca, ma lei tiene lo sguardo fisso davanti a sé, il bordo della mascherina sull’orlo delle palpebre immobili.

Sfrega i polpastrelli sui capelli corti, avanti e indietro, destra e sinistra, alternate.

Anche il secondo carabiniere ha una pistola, ma nell'altra mano tiene un cellulare, lo schiaccia contro l'orecchio, come se volesse piantarcelo dentro.

- No, no .. è una ragazza, bassettina, maglietta, calzoni e zoccoli, tutti bianchi …


L'Iguana è scappata, il mostro che si impossessava delle identità altrui, cambiando pelle come il rettile, è fuggito dalla casa famiglia dove era in cura.

Alessio Crotti, questo il suo nome, era stato catturato dopo una lunga indagine condotta dall'ispettrice Grazia Negro, dell'unità crimini violenti della Polizia di Stato.

Per catturarlo Grazia aveva ricorso all'aiuto di un ragazzo cieco, Simone, che passava il suo tempo libero, chiuso in casa, ascoltando la canzone di Chet Baker Almost Blue e ascoltando, rubandole nell'etere, le voci degli altri. Sui cellulari, nelle BBC, nelle frequenze della polizia.

Ogni voce, nella testa di Simone, aveva un colore diverso, non potendo paragonarla ad alcuna immagine: quella di grazia era blu, quella dell'Iguana era verde. Un verde malato.

E ora, dopo la sua fuga, dopo tutti questi anni, sono tutti in pericolo, Grazia, Simone e tutti quanti l'Iguana si troverà sulla sua strada, come i due responsabili della casa famiglia, massacrati dentro la vasca da bagno, nella casa vicina alla rocca di Imola.

Sono nella vasca da bagno. Lei sopra e lui sotto, una gamba che sporge dal bordo di ceramica, la scarpa mezza sfilata sul calzino. Il sangue, tanto, è tutto dentro la vasca.

Ma cosa è successo nel frattempo a Grazia e Simone?

Ritroviamo Grazia, inaspettatamente, in sala parto, dove ha appena messo al mondo due bambine, dopo un intervento che “finalmente” l'ha liberata di quel peso.

Grazia pensa: finalmente. Non ha sentito nulla, soltanto un pizzico in fondo alla schiena quando le hanno fatto l’epidurale [..]

Cosí, quando l’infermiera si è avvicinata con la prima bambina e gliel’ha messa accanto, quasi guancia contro guancia, è quello che ha pensato: finalmente.

Non sono le figlie di Simone: quella storia, tra la sbirra capace di catturare i mostri (un intero zoo, l'Iguana, il pitbull, il lupo mannaro..) e il non vedente capace di “vedere” il mondo attraverso gli altri sensi, alla fine si era spenta.

Si era presa un periodo di aspettativa, dalla polizia, dai suoi mostri, per avere un bambino, quello che non era riuscito ad avere con Simone.

Simone, invece, si era isolato sempre più, da solo nella sua mansarda, aveva deciso di non passare più le giornate ad usare l'udito, il senso che porta più lontano la mente nello spazio, come la vista.

Si era ridotto ad usare il tatto, usando quelle sue mani, che non erano mani allenate all'attività fisica e che ora utilizza per sollevare pesi.

Da piú di un anno sollevo pesi. Immerso in un silenzio totale vinco la forza di gravità con quella dei muscoli.

Sollevare pesi, in modo sistematico, seguendo una sua tabella, portare il manubrio su e giù. Per dimenticare Grazia, quella sua voce blu. Isolandosi col suo corpo:

Ho sostituito l’udito, che per me è il senso più lungo, senza limiti, con quello più corto. Il tatto. Niente va oltre la mia pelle.

Ma ora c'è un mostro che forse li sta braccando, anzi, che forse è già andato a trovare Simone nella sua casa. Non l'ha visto, l'Iguana, Simone, perché non può vedere lui. Lo ha sentito, ha sentito un rumore che non dove esserci in quella casa dove vive solo. E ha sentito anche qualcosa d'altro: la paura.

Paura di qualcuno che incontriamo, tra un capitolo e l'altro e che si presenta al lettore: un topo di nome Andrea. Forse l'identità nuova che si è conquistata l'iguana dopo la fuga da quella casa, a cui era arrivato dalla struttura sanitaria, l'Opg da cui era stato trasferito perché non aveva causato più problemi.

Ma ora quelle due morti: così la polizia, il vecchio capo di Grazia, il vice questore Carlisi, decide di prenderla e di portarla in una casa protetta, assieme alle due bambine.

E anche assieme a Simone, dopo tutti questi anni.

E' una fuga strana, quella di Alessio Crotti: ha fatto tutto da solo oppure qualcuno da fuori l'ha aiutato? Ma chi incontrava in quella casa? E chi poteva avere interesse a far scappare un “matto” come l'Iguana, forse un altro matto?

Di questo ne è convinta la collega dello UAVC, la dottoressa Anna Maria Cescòn, che si rivolge a Grazia per catturare Crotti in una indagine complicata perché, come in tanti casi, polizia e carabinieri poco inclini a collaborare. E perché l'unica testimone del massacro, Marta una infermiera che veniva a lavorare in quella casa, non riesce a fornire indicazioni utili. Alessio era nervoso? Vedeva qualcuno? Come era negli ultimi giorni?

Allora Marta appoggiò le mani sulle ginocchia, si sporse in avanti e cominciò a cantare. Piano, con una vocina spinta in alto e arrotolata sulla lingua

Oku o tsuretette hita mi kondeshimau mae ni. La bambina smise di piangere..

Ma c'è qualcun altro che ha visto qualcosa, attorno a quella casa sulla rocca di Imola: è un tassista bolognese, Roberto “Bologna 5”, che una sera carica al centro di Bologna, anzi nella piazza più bella di Bologna, una persona che assomiglia a Ray Cooper, il batterista di Elton John.

Un incontro che registra con un video, uno di quelli che poi mette anche su Twitter. O forse no, perché questa volta è successo qualcosa di strano.

Questa sera ho visto il Diavolo. Tocca di nuovo il pallino rosso e ferma la registrazione.


Chi è questo diavolo dagli occhi bianchi - così lo descrive Roberto, il tassista? E' lui che ha aiutato l'Iguana a fuggire? Come in Almost Blue, il mostro arriverà a toccare da vicino Grazia e le sue bambine e anche Simone, perché gli investigatori si sono lasciati portar via dalle apparenze, consentendo ad una persona malata d'amore, di fare loro del male.

Solo Simone, proprio perché cieco e dunque capace di “ascoltare” gli altri sensi, non si lascerà ingannare.

Carlo Lucarelli ha lasciato, qua e là nel romanzo, tanti indizi, che messi in fila l'uno con l'altro, danno la chiave giusta per decodificare l'enigma. Quella canzone strana, le cui parole ritornano più volte, i ricordi di quel suono, che ritornano anche loro nella mente di Simone “come quando ti accorgi che qualcuno sta parlando da un po’ ma non hai capito cos’ha detto perché non stavi ascoltando. Da qualche parte, perso nella memoria, ho il ricordo di un suono, sempre piú lontano e indistinto”.

Ma Lucarelli è stato abile anche nell'affidare il racconto non solo alla vista, ma con anche gli altri sensi, come fossimo ciechi anche noi, come Simone. Racconto che spesso si racchiude in capitolo di poche parole, sufficienti a catturare un'istante, un'emozione

Sono piú grande, ora, e adesso so come devo fare. So cosa fare. Ho avuto un’idea.

Devo fare una confessione: per me Almost Blue è stato il primo amore, il primo libro che ho letto di Carlo Lucarelli e ho preso in mano questo volume con qualche perplessità, mi sarebbe piaciuto come il primo?

Ma, non credo di rivelare nulla al lettore, questo non è il sequel di Almost Blue, persino Bologna è meno inquietante (e quanto sia bella ce lo racconta Roberto, che sui social potete trovare qui @robertoredsox): da lì, da Almost Blue si parte, molti personaggi arrivano da quella caccia all'uomo, il mostro che si nutriva delle identità degli altri. Per la difficoltà ad accettare la propria.

Ma state tranquilli, in questo romanzo c'è tanto altro. Anzi, è meglio che non stiate tranquilli, perché nessuno ora, dopo la fuga dell'iguana, è al sicuro.

La scheda sul sito di Einaudi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Report – la nuova cosa nostra e il caso AstraZeneca

Astradays - Il caso AstraZeneca, seconda puntata

Nota importante: il servizio si chiedeva in che modo le informazioni scientifiche in Italia nel mondo della medicina a riguardo degli effetti, rari, del vaccino AstraZeneca. Chi ci ha voluto vedere contenuti no-vax è un come come lo stolto, che vede il dito e non la luna.

Report, col servizio di Claudia Di Pasquale, torna sul caso AstraZeneca: a marzo 2021 il dottor Greinacher aveva già individuato come curare in modo corretto i pazienti che avevano sintomi post vaccino, quei rari casi di trombosi associati alla trombocitopenia, che potevano essere trattati con immunoglobuline.

A marzo dunque si sapeva come diagnosticare questi caso e come trattarli: l'Ema recepirà questo studio il 7 aprile e assocerà questi casi, piastrine basse e trombosi, al vaccino AstraZeneca.

Queste informazioni come sono state gestite dal CTS?

Ad aprile, CTS raccomandava AZ agli ultra 60 anni, ma a maggio autorizza gli open day per gli over 18, usando un documento dell'EMA fatto assieme all'università di Cambridge.

Ma l'analisi dell'Ema riguardava la fascia di età 50-59: se si analizzavano i dati per gli under 30, i casi di coaguli di sangue avevano frequenza maggiore, tanto da rendere rischioso l'uso di questo vaccino, i benefici erano inferiori ai rischi per gli under 30.

AZ non è un vaccino per giovani – conferma l'ex direttore dell'EMA Rasi, oggi consulente del generale Figliuolo: come mai allora l'autorizzazione agli open day, usando AZ?

Avevamo una scorta abbondante di AZ, mentre mancavano i vaccini a mRNA, così si è presa questa decisione – spiega Ranucci in studio – ma omettendo l'analisi su rischi/benefici di Ema.

Erano dati già disponibili a fine marzo: che fine hanno fatto?

Contro questi open day si scatenano le polemiche: il 30 maggio 24 medici vaccinatori volontari di Genova pubblicano sull'Huffington posto una lettera dal titolo eloquente “perché Astrazeneca non è un vaccino per giovani.”

Alcuni giorni dopo un appello simile esce dall'associazione Luca Coscioni, tra i firmatari ci sono la biologa Valeria Poli e l'immunologa Anna Rubartelli: “i giovani e soprattutto le giovani donne con vaccini adenovirali possono andare incontro a delle complicanze, rarissime, ma anche molto gravi, che è questa trombosi con trombocitopenia” racconta a Claudia di Pasquale Anna Rubartelli.

“I dati scientifici, da due mesi forse, da fine marzo, dicevano che questa complicanza più frequente nei giovani, più giovani erano, più era frequente.” aggiunge la dottoressa Poli.

“Se noi sappiamo che AstraZeneca da delle complicanze gravi, nelle fasce d'età più giovani, organizzare un open day con AZ ci sembra folle, per di più i ragazzi avevano una gran voglia di vaccinarsi perché volevano giustamente tornare alla vita normale” - sempre l'immunologa Rubartelli.

Sono rimaste sorprese allora quando tante regioni scelsero questa strada, perché sapevano quanto fosse una scelta insensata: “abbiamo sentito che dovevamo fare qualcosa perché si potevano potenzialmente rischiare delle vite” e così le due dottoresse hanno fatto un appello contro gli open day.

A finire questi open day è stata la morte di Camilla Canepa, dopo aver preso il vaccino AZ: la perizia asserisce che il decesso è dovuto ai casi rari di trombosi, legati a questo vaccino.

La ragazza era sana, non aveva fragilità (diversamente da quanto è stato scritto su diversi giornali inizialmente): l'insinuazione di malattie pregresse ha dato molto fastidio ai familiari della ragazza che, pochi giorni dopo l'inoculazione di AZ aveva sintomi chiari, mal di testa, fotofobia, piastrine basse.

Al pronto soccorsi di Lavagna tengono sotto controllo la ragazza che non viene curata con immunoglobuline: viene così dimessa dopo una TAC che da esito negativo.

Secondo un rapporto dell'AIFA, fatto anche dal professore Valerio De Stefano (membro della società Italiana per lo Studio dell'Emostasi e della Trombosi), si doveva fare una angio-TAC, che avrebbe evidenziato una trombosi nei seni nasali.

Camilla torna in ospedale, dove vengono rilevate diverse emorragie: nonostante le cure e il trasferimento a Genova, muore.

All'ospedale di Lavagna erano arrivate delle indicazioni da AIFA e dall'azienda sanitaria ligure, su come trattare gli eventi post vaccinazione.

Queste linee guida erano state preparate ad aprile (anche da Anna Rubartelli), per essere poi approvate a fine maggio dalla regione Liguria: il 28 maggio queste linee guida sono state pubblicate sul sito dell'ordine dei medici.

Due mesi prima moriva un'altra ragazza, Francesca Toscano, sempre per eventi trombotici post vaccino, come stabilito anche dalla perizia.

Contro chi te la prendi – raccontano i genitori che hanno avuto dai medici indicazioni basilari per quel mal di testa forte, ”prendete un oki”.

Ad inizio aprile i medici avrebbero potuto trattare questi casi in modo corretto: il 26 marzo la società italiana per lo studio delle trombosi manda una lettera ai soci per spiegare come trattare questi casi, un numero ridotto di medici.

La giornalista di Report ha posto al direttore generale del ministero Rezza come mai, nonostante le indicazioni contrarie, CTS abbia autorizzato gli open day: il ministero non si è lavato le mani, il CTS ha ripreso una autorizzazione di Ema, ha risposto. Perché il ministero non firma, non avalla e nemmeno contrasta quello che fanno CTS e regioni.

Perché non spetta al ministero fare delle linee guida per trattare questi casi: spetterebbe alle società scientifiche, come quella del professore De Stefano.

LE cui direttive però sono rimaste solo ai professionisti della sua rete: chi informa allora i medici e i medici di base?

L'ordine ha risposto di aver diramato i rapporti di Aifa che però ha mandato un documento su come gestire questi casi solo a fine maggio.

La cosa nuova di Paolo Mondani e Giorgio Mottola

Secondo Vespa, anche il segretario UDC Cesa sarebbe stato avvicinato da uno 007 nei mesi in cui il governo Conte era in crisi: un incontro parallelo a quello di Renzi con Marco Mancini.

Il servizio di Giorgio Mottola e Paolo Mondani, partendo dal processo in corso a Reggio sulla ndrangheta, racconta della cosa nuova, la nuova cupola mafiosa, degli invisibili, esponenti di questa cupola appartenente a massoneria e servizi.

Si torna a parlare di servizi, dell'era Pollari, del dossieraggio di Pollari e di Pio Pompa, del finto attentato al comune di Reggio Calabria, destinato a Scopelliti. Attentato che aveva altri mandanti, per aiutare il sindaco in un momento di crisi.

Un servizio che parte da una nave affondata, col suo carico di bombe, fino ai giochi per le elezioni del presidente della Repubblica.

La nave è la Laura C., che trasportava tritolo durante la guerra: Pasquale Nucera, ex ndranghestista e collaboratore del Sismi (le cui affermazioni non hanno avuto ancora riscontri) racconta la sua storia su questa nave: dopo aver segnalato la nave ai servizi, negli anni novanta diversi sub iniziarono a prendersi quell'esplosivo che fu usato anche per la strage di Capaci – fatto che non è mai stato provato.

Negli anni duemila è ancora il Sismi che si interessa della nave: da quella nave sarebbe arrivato l'esplosivo per una bomba – senza innesco – messo nel comune del sindaco Scopelliti.

Scopelliti, su segnalazione di Mancini, aveva avuto la scorta pochi giorni prima: sempre lui è l'autore dell'informativa che rivela la bomba contro il sindaco e che tira in ballo la nave Laura C. Si è dovuto arrivare al 2010 perché alcuni pentiti rivelassero che quell'attentato era stato fatto dalla ndrangheta per favorire Scopelliti, la cui carriera politica da lì in poi sarebbe cresciuta.

Una bufala costruita con l'aiuto dei servizi di Pollari e con persone esterne si è costruita la carriera dell'ex sindaco Scopelliti: Mancini era molto attivo in Calabria in quegli anni, “erano interessati a blindare la sua carriera” racconta l'ex assessore al comune Vecchio.

Blindarlo nell'interesse delle cosche ndranghetiste, specie quella dei De Stefano, spiega l'ex assessore Vecchio.

Tutto questo è smentito sia da Pollari che da Scopelliti, mentre l'ex agente Mancini ha scelto di non rispondere.

Mancini invece era in contatto col commercialista Zumbo, uno degli invisibili: era la cerniera tra i servizi e la ndrangheta, secondo i pm, con cui la ndrangheta poteva condizionare anche molte indagini.

“Io sono un semplice commercialista” spiega a Mottola Zumbo: ha scontato una condanna per concorso esterno, per le sue soffiate su indagini in corso a boss della ndrangheta, come Giuseppe Pelle.

Era il 2010, quando stavano scattando gli arresti per l'indagine crimine infinito: Zumbo in quei giorni va a far visita al capomafia a cui racconta dei suoi contatti col Sismi (fatto confermato dal capo centro Sismi a Reggio), tra cui Marco Mancini.

Zumbo avvisa il boss degli arresti per l'indagine: si è fatto tutto gli anni di carcere senza mai rivelare chi gli avesse dato quelle informazione.

Informazioni che, da un video ripreso in carcere, Zumbo dice che arrivavano da Roma, dall'alto. Un certo Mancini che però, secondo Zumbo, non è quello dei servizi.

Negli anni di Pollari i servizi partecipano alle indagini sulla ndrangheta, indagini che non potrebbero fare: i servizi lavoravano accanto alla procura di Reggio Calabria e alla direzione nazionale antimafia, per esempio per l'operazione “bumma”.

Come se la politica, che controllava i servizi, volesse controllare le indagini sulla ndrangheta: un corto circuito democratico, una alterazione sulla divisione dei poteri spiega l'ex procuratore Spataro.

Erano gli anni anche della strage di Duisburg, che stava rovinando l'immagine dell'Italia: gli arresti scattarono pochi giorni dopo, ma solo per la cosca avversaria dei Pelle, come se ci fosse stata una negoziazione tra pezzi della ndrangheta e lo stato e i servizi.

E così, qualcuno nello stato, nel 2010, ha deciso di aiutare il boss Pelle dell'imminenza degli arresti, come ricompensa. Usando Zumbo che, dice lui, fa parte di una struttura miliare dei servizi, pur non essendo un militare.

Le indagini portate avanti dalla procura di Reggio stanno rivelando il volto della cupola mafiosa, una cosa nuova con dentro massoni e servizi. LA cupola degli invisibili, con a capo l'avvocato Paolo Romeo, cerniera tra ndrangheta e servizi.

Ma la prima rivoluzione della ndrangheta è opera del boss De Stefano, negli anni settanta.

Questa trasformazione è stata raccontata dal pentito calabrese Nino Fiume, che ha usato la metafora del treno: “c'è una ndrangheta che può essere paragonata a un treno con tanti vagoni, e ogni vagone ha il suo capo locale. Diciamo un treno locale, poi c'è un treno ad alta velocità, dove non possono salire tutti, ci vanno solo i capi, e che al di sopra di questo treno c'è gente che viaggia in aereo, e non si fa vedere.

All'insaputa anche dei passeggeri che stanno sul treno dirige gli scambi di rotta per quello che deve fare, quelli sono riservatissimi, se vogliamo chiamarli così.”

L'aereo è la cupola degli invisibili, al cui vertice ci sarebbe l'avvocato Romeo, per anni tra i dirigenti dell'MSI, poi passato al partito social democratico. E' stato già condannato per concorso esterno per i suoi rapporti con la cosca De Stefano, un personaggio in rapporti coi servizi e con la politica: “ecco perché la mafia è forte, se la prendono con me” si difende di fronte a Mottola.

Romeo ha costruito la carriera di Scopelliti, “era il Dio della politica” spiega l'ex assessore Vecchio, in contatto con politici di centro destra e sinistra.

Così, negli anni duemila, la ndrangheta non ha più bisogno di candidare i suoi politici, sono i politici di destra e sinistra che la vanno a cercare.

Accannamento – ovvero ottenere il massimo non facendo niente.

L'evoluzione della ndrangheta parte da lontano: negli anni settanta aiutò la latitanza di Franco Freda, l'esponente di Ordine Nuovo scappato da Catanzaro dove si teneva il processo per la strage di Piazza Fontana: anche in questa storia rientra l'avvocato Romeo.

Romeo e gli uomini della cosa aiutano i neofascisti per una strategia che ha origine tanti anni prima, strategia nata nell'ottobre del 1969 al summit di Montalto.

Qui si fronteggiarono i due gruppi della ndrangheta, i vecchi clan e i nuovi clan capeggiati dai De Stefano: il summit di Montalto è stato raccontato a Report da uno dei presenti, il collaboratore Carmelo Serba. Si tratta dell'avvicinamento di esponenti della ndrangheta, mediato dal boss Paolo Di Stefano con persone “che non appartengono a noi”, personaggi politici che “possono portare armi, possono portare soldi, possono portare pratica, insegnamento per fare le cose migliori di come le abbiamo fatte fino ad oggi. Dalla boscaglia arrivano questo gruppo di uomini, Stefano delle Chiaie, Pier Luigi Concutelli e Valerio Borghese.”

Erano i principali esponenti dell'estrema destra in quel momento, Delle Chiaie il fondatore di Avanguardia Nazionale, nata come scissione dall'MSI, Concutelli era tra i dirigenti di Ordine Nuovo, altro gruppo nato dal Movimento Sociale, condannato all'ergastolo per l'omicidio del giudice Occorsio (nel 1976) e Junio Valerio Borghese, ex gerarca e fondatore del Fronte Nazionale.

Pochi mesi dopo il summit scoppiano i moti di Reggio Calabria, dove il ruolo della ndrangheta era preminente, oltre a quello dei neofascisti.

L'incontro tra questi due mondi fu determinante per l'organizzazione dei moti di Reggio Calabria, nel 1970 – racconta Vincenzo Vinciguerra, esponente di Ordine Nuovo: “mobilitare le piazze era qualcosa che poteva fare la ndrangheta, non Avanguardia Nazionale, c'era un accordo operativo tra ndrangheta e A.N. che risale all'autunno del 1969, ancora prima di Piazza Fontana.”

I moti di Reggio dovevano anticipare il golpe Borghese, lo spiega Vincenzo Vinciguerra, l'ex esponente di Ordine Nuovo che ha scelto di parlare di questi eventi dopo essersi reso conto di come l'estrema destra fosse in realtà manovrata dall'alto da servizi, racconta come anche la ndrangheta avrebbe dovuto partecipare a questo golpe: “i moti di Reggio Calabria, degenerati con le tecniche di guerriglia urbana, precedevano quella che era la data del golpe Borghese.”

Anche il collaboratore Carmelo Serpa conferma quanto rivela Vinciguerra: sia la ndrangheta che cosa nostra avrebbero dovuto partecipare.

Un altro ndranghetista, Pasquale Nucera, parla del ruolo di Licio Gelli, capo della Loggia P2: “per avere il controllo del territorio delle logge, del territorio e delle votazioni, praticamente Gelli cosa ha fatto? Essendo le famose ndranghete calabresi a livello di clan e di famiglie, inseriva uno in ogni clan dentro la P2, uno per ogni locale”.

Licio Gelli, chiede il giornalista Mottola, ha contribuito allora a rifondare la ndrangheta negli anni 70? “Gelli ha rifondato il potere e che ancora dura.”

Nello stesso anno in cui viene costituita la loggia P2 di Gelli la ndrangheta si dota di una nuova struttura interna, la “santa”.

Con la santa – racconta il procuratore Gratteri – si è data la possibilità in origine solo a 33 ndranghetisti di avere la doppia affiliazione, di entrare a far parte di una loggia massonica deviata. Quindi interagire col mondo delle professioni, con un ceto sociale alto, con la classe dirigente, e quindi entrare nella stanza dei bottoni.

Con la santa i vertici della ndrangheta si fonde con la massoneria deviata, dando vita ad un nuovo sistema criminale, compiendo un vero e proprio passaggio di stato, da organizzazione statica, irrigidita da una miriade di clan e famiglie, attraverso la contaminazione con la massoneria, rompe i vincoli delle vecchie regole e si evolve verso una struttura incorporea, diventa invisibile e capace di permeare l'ambito dell'economia e della politica.

Sempre Pasquale Nucera spiega che dovevi essere santista per entrare nella massoneria: “la santa è un livello superiore che decide, è il cervello .. Un santista può dire alla polizia che lei è stato quello che ha sparato, senza portare peso ..”

Un santista può dialogare con la polizia e coi servizi: ma questa è solo una prima struttura, a cui negli anni se ne è affiancata una seconda, gli invisibili, persone non affiliate che avrebbero collaborato con boss e servizi e col mondo della politica.

L'infiltrazione della P2 ha consentito alla ndrangheta di conquistare sempre maggiore potere.

Potere, quello della P2, sopravvissuto alla sua fine, perché è confluito in altre logge, come quello della Fenice, di cui ne parla il collaboratore Vigiglio.

Fenice perché, come l'animale mitologico, risorge sempre dalle sue ceneri: la storia di questa loggia è collegata allo stato di San Marino, da qui proviene il conte Ugolini.

Grazie alle sue relazioni col governo italiano e coi servizi segreti di Pollari, il conte Ugolini riuscì a farsi nominare ambasciatore.

Secondo l'imprenditore Vigiglio, Ugolini aveva rapporti stretti con Pollari che avrebbe fatto parte della sua loggia, assieme a cardinali, industriali, banchieri, finanzieri.

Il potere della P2 passa alla loggia di Ugolini, una loggia coperta: potere economico, il controllo delle merci nei porti.

Gelli, prima della fine della P2, fondò la loggia Montecarlo, dentro cui aveva fatto parte anche Ugolini: secondo l'ex capitano di Marina Ugolini si occupava di riciclaggio, aveva avuto rapporti con politici importanti come D'Alema e Fini. E Gianni Letta: l'ex sottosegretario Letta era referente del sistema Ugolini in Calabria.

Letta, nel secondo governo Berlusconi, aveva la delega ai servizi segreti, come sottosegretario della presidenza del Consiglio. I servizi di Pollari, tra gli altri.

Tutto falso, spiega gentilmente lo stesso Letta a Mottola: di certo è che ha gestito per anni il potere vero di questo paese, ha gestito le nomine di peso in questo paese e oggi sta tessendo la tela per la nomina del nuovo presidente della Repubblica.

E' stato artefice del patto del nazareno ed è stato mandato da Berlusconi dal presidente della Cassazione prima della sua condanna per frode fiscale.

Nell'ultima parte del servizio si è parlato dei rapporti tra mafia e Berlusconi, raccontati dal pentito Nino Fiume: i soldi dei De Stefano arrivarono a Milano per la costruzione di Milano 2.

Per trasmettere i suoi programmi in Calabria, usa la rete Tele Calabria 1: dopo una serie di omicidi mafiosi che colpirono i vertici della rete, Fininvest decide di comprare la rete e affida la conduzione ad un antennista dell'azienda, Sorrenti.

Sorrenti aveva avuto rapporti stretti col boss Piromalli tanto da entrare in affari con loro: il dirigente Fininvest faceva regalini ai Piromalli, per tenerseli buoni (dopo la morte dei vecchi proprietari di Tele Calabria 1).

Un altro evento importante nella storia della ndrangheta è quello avvenuto a Polsi nel 1991, di cui parla il boss Nucera, per definire i nuovi referenti politici.

A quell'incontro si parla di un partito degli uomini, il partito della ndrangheta: a quell'incontro sarebbe stato presente anche l'ex politico di Forza Italia Matacena.

Evento negato da Matacena, eletto poi in Forza Italia nel 1994, il cui primo intervento è stato contro il sequestro dei beni ai mafiosi e l'abolizione del 41 bis. Proprio alcuni dei punti presenti nel papello.

Oggi è a Dubai, Matacena, dove fa consulenze finanziarie e nell'immobiliare e può star tranquillo perché gli emirati non riconoscono il reato di concorso esterno.

22 novembre 2021

Anteprima Report – la cosa nuova, il vaccino Astrazeneca

La prossima puntata di Report si occuperà delle mafie in Italia: dopo le stragi del 1992 sarebbe avvenuta una trasformazione in “cosa nuova”, un'unica cupola che riunirebbe ndrangheta e cosa nostra che, attraverso la massoneria deviata, tesse rapporti con servizi segreti, politica e imprenditoria.

Chi è il politico che oggi starebbe giocando una partita importante per l'elezione del presidente della Repubblica?

Report ritornerà sul vaccino Astrazeneca, sui rischi di trombosi e dei nuovi studi su di esso.

La cosa nuova

Qual è il significato del verbo accannarsi? Nell'anticipazione del servizio che racconterà della trasformazione della cupola mafiosa dopo le stragi del 1992, si usa questo verbo per descrizione la strategia mafiosa:

Annacarsi è un verbo contraddittorio, vuol dire una cosa e il suo contrario. Incarna il metodo grazie al quale la 'ndrangheta sia riuscita a mantenere rapporti con istituzioni, massoneria deviata e servizi segreti.

Questa trasformazione è stata raccontata dal pentito calabrese Nino Fiume, che ha usato la metafora del treno: “c'è una ndrangheta che può essere paragonata a un treno con tanti vagoni, e ogni vagone ha il suo capo locale. Diciamo un treno locale, poi c'è un treno ad alta velocità, dove non possono salire tutti, ci vanno solo i capi, e che al di sopra di questo treno c'è gente che viaggia in aereo, e non si fa vedere.

All'insaputa anche dei passeggeri che stanno sul treno dirige gli scambi di rotta per quello che deve fare, quelli sono riservatissimi, se vogliamo chiamarli così”

Il servizio di Mottola racconterà di come la ndrangheta abbia cambiato pelle, una prima volta, a seguito di un incontro su una montagna in Aspromonte, a Montalto, nel 1969: il summit di Montalto è stato raccontato a Report da uno dei presenti, il collaboratore Carmelo Serba. Si tratta dell'avvicinamento di esponenti della ndrangheta, mediato dal boss Paolo Di Stefano con persone “che non appartengono a noi”, personaggi politici che “possono portare armi, possono portare soldi, possono portare pratica, insegnamento per fare le cose migliori di come le abbiamo fatte fino ad oggi. Dalla boscaglia arrivano questo gruppo di uomini, Stefano delle Chiaie, Pier Luigi Concutelli e Valerio Borghese.”

Erano i principali esponenti dell'estrema destra in quel momento, Delle Chiaie il fondatore di Avanguardia Nazionale, nata come scissione dall'MSI, Concutelli era tra i dirigenti di Ordine Nuovo, altro gruppo nato dal Movimento Sociale, condannato all'ergastolo per l'omicidio del giudice Occorsio (nel 1976) e Junio Valerio Borghese, ex gerarca e fondatore del Fronte Nazionale.

L'incontro tra questi due mondi fu determinante per l'organizzazione dei moti di Reggio Calabria, nel 1970 – racconta Vincenzo Vinciguerra, esponente di Ordine Nuovo: “mobilitare le piazze era qualcosa che poteva fare la ndrangheta, non Avanguardia Nazionale, c'era un accordo operativo tra ndrangheta e A.N. che risale all'autunno del 1969, ancora prima di Piazza Fontana.”

Il summit di Montalto del 1969, prima di Piazza Fontana, prima della strategia della tensione, segna l'ingresso della ndrangheta in un disegno eversivo che punta a ribaltare la democrazia in Italia.

Nel summit la ndrangheta non stringe un accordo organico solo con l'estrema destra, come emerso nelle indagini sul Golpe Borghese c'è un terzo protagonista che ha avuto un ruolo importante di regia dell'operazione, la Loggia Propaganda 2 di Licio Gelli.

Licio Gelli, massoneria, estrema destra, sono i protagonisti di un episodio rimasto in parte oscuro nella nostra storia, il Golpe Borghese: un colpo di stato che avrebbe avuto alla testa l'ex gerarca Junio Valerio Borghese (nonché comandante della X Mas), a cui inizialmente aderiscono alcune delle massime cariche dell'esercito, del corpo forestale e dei servizi segreti.

Vincenzo Vinciguerra, l'ex esponente di Ordine Nuovo che ha scelto di parlare di questi eventi dopo essersi reso conto di come l'estrema destra fosse in realtà manovrata dall'alto da servizi, racconta come anche la ndrangheta avrebbe dovuto partecipare a questo golpe: “i moti di Reggio Calabria, degenerati con le tecniche di guerriglia urbana, precedevano quella che era la data del golpe Borghese.”

Anche il collaboratore Carmelo Serpa conferma quanto rivela Vinciguerra: sia la ndrangheta che cosa nostra avrebbero dovuto partecipare.

Un altro ndranghetista, Pasquale Nucera, parla del ruolo di Gelli: “per avere il controllo del territorio delle logge, del territorio e delle votazioni, praticamente Gelli cosa ha fatto? Essendo le famose ndranghete calabresi a livello di clan e di famiglie, inseriva uno in ogni clan dentro la P2, uno per ogni locale”.

Licio Gelli, chiede il giornalista Mottola, ha contribuito allora a rifondare la ndrangheta negli anni 70?

“Gelli ha rifondato il potere e che ancora dura.”

Nello stesso anno in cui viene costituita la loggia P2 di Gelli la ndrangheta si dota di una nuova struttura interna, la “santa”.

Con la santa – racconta il procuratore Gratteri – si è data la possibilità in origine solo a 33 ndranghetisti di avere la doppia affiliazione, di entrare a far parte di una loggia massonica deviata. Quindi interagire col mondo delle professioni, con un ceto sociale alto, con la classe dirigente, e quindi entrare nella stanza dei bottoni.

Con la santa la ndrangheta si fonde con la massoneria deviata, dando vita ad un nuovo sistema criminale, compiendo un vero e proprio passaggio di stato, da organizzazione statica, irrigidita da una miriade di clan e famiglie, attraverso la contaminazione con la massoneria, rompie i vincoli delle vecchie regole e si evolve verso una struttura incorporea, diventa invisibile e capace di permeare l'ambito dell'economia e della politica.

Sempre Pasquale Nucera spiega che dovevi essere santista per entrare nella massoneria: “la santa è un livello superiore che decide [..], è il cervello .. Un santista può dire alla polizia che lei è stato quello che ha sparato senza portare peso ”

La scheda del servizio: La cosa nuova di Paolo Mondani e Giorgio Mottola, Consulenza Lucio Musolino. Con la collaborazione di Norma Ferrara e Alessia Marzi, Immagini di Alfredo Farina, Carlos Dias, Cristiano Forti, Fabio Martinelli

Viaggio all'origine della 'ndrangheta: come ha fatto la mafia calabrese a diventare l'organizzazione criminale più potente e più ricca d'Italia e d'Europa. Con le testimonianze esclusive di ex affiliati, membri riservati e condannati, Report ricostruirà la storia della cupola segreta degli Invisibili: politici, imprenditori e professionisti che fanno parte della direzione strategica della 'ndrangheta e che hanno consentito alle cosche di mantenere rapporti con le istituzioni, la massoneria deviata e i servizi segreti. La rifondazione della 'ndrangheta contemporanea ha una data precisa: il 26 ottobre del 1969. Quel giorno sull'Aspromonte, a Montalto, si svolge un summit dei capi della mafia calabrese a cui partecipano i vertici della destra neofascista. Qualche mese dopo scoppiano i moti di Reggio Calabria e si prepara il golpe Borghese. È in queste occasioni che la storia della 'ndrangheta si incrocia con la P2 di Licio Gelli e nasce la Santa, la struttura segreta che consente alle cosche di avere rapporti diretti con le logge deviate. Da quel momento parte una scalata al potere che ha consentito alla 'ndrangheta di entrare nel cuore delle istituzioni italiane, orientando indagini, portando in Parlamento i propri uomini e facendo arricchire i propri imprenditori di riferimento.

Un aggiornamento sul vaccino Astrazeneca

Report ritorna sul vaccino Astrazeneca la cui somministrazione è stata cessata in Italia e nel resto dell'Europa dopo i casi di pazienti morti in seguito alle trombosi scatenate a seguito della sua inoculazione. Casi rari legati soprattutto a pazienti giovani, sotto i 50-60 anni, soprattutto perle donne.


Il professor Greinacher, immonologo all'università di Greifswald in Germania, già a marzo aveva scoperto come trattare i pazienti colpiti dai coaguli del sangue associati a trombocitopenia dopo la somministrazione di AstraZeneca: alla trasmissione racconta “abbiamo scoperto che il mal di testa precede la trombosi, e i pazienti curati in tempo con le immunoglubuline non sviluppano la trombosi al seno venoso cerebrale.”

Eppure il commissario straordinario per la vaccinazione e le regioni decidono di aprire gli open day over 18 per dare uno stimolo alla campagna vaccinale. Contro questi open day si scatenano le polemiche: il 30 maggio 24 medici vaccinatori volontari di Genova pubblicano sull'Huffington posto una lettera dal titolo eloquente “perché Astrazeneca non è un vaccino per giovani.”

Alcuni giorni dopo un appello simile esce dall'associazione Luca Coscioni, tra i firmatari ci sono la biologa Valeria Poli e l'immunologa Anna Rubartelli: “i giovani e soprattutto le giovani donne con vaccini adenovirali possono andare incontro a delle complicanze, rarissime, ma anche molto gravi, che è questa trombosi con trombocitopenia” racconta a Claudia di Pasquale Anna Rubartelli.

“I dati scientifici, da due mesi forse, da fine marzo, dicevano che questa complicanza più frequente nei giovani, più giovani erano, più era frequente.” aggiunge la dottoressa Poli.

“Se noi sappiamo che AstraZeneca da delle complicanze gravi, nelle fasce d'età più giovani, organizzare un open day con AZ ci sembra folle, per di più i ragazzi avevano una gran voglia di vaccinarsi perché volevano giustamente tornare alla vita normale” - sempre l'immunologa Rubartelli.

Sono rimaste sorprese allora quando tante regioni scelsero questa strada, perché sapevano quanto fosse una scelta insensata: “abbiamo sentito che dovevamo fare qualcosa perché si potevano potenzialmente rischiare delle vite” e così le due dottoresse hanno fatto un appello contro gli open day.

La scheda del servizio: Il caso Astrazeneca Gli Open Day over 18 di Claudia Di Pasquale, con la
collaborazione di Giulia Sabella e Cecilia Andrea Bacci, Immagini di Giovanni De Faveri

Report torna sul caso AstraZeneca e sui rari e inusuali effetti avversi come la VITT (trombosi con trombocitopenia indotta dal vaccino) ripartendo da chi, per primo, ha cercato e individuato i pericolosi anticorpi anti-PF4. È Andreas Greinacher, l'immunologo tedesco di fama mondiale che già il 20 marzo scorso aveva tenuto una conferenza stampa internazionale per condividere le sue scoperte su come riconoscere i sintomi e come trattare i pazienti colpiti da questa sindrome. In Italia cosa è successo? Chi si è trovato davanti un paziente colpito da VITT ha saputo sempre riconoscere i sintomi?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.