30 settembre 2024

Presadiretta - età biologica

La puntata di PresaDiretta di ieri sera, preziosa come sempre, ci dice questo:

- le giovani generazioni che oggi abbiamo abbandonato a sé stesse nel consumo di alcool e droghe (droghe anche sintetiche il cui consumo avviene alla luce del sole nonostante tutte le leggi sicuritarie) nei prossimi anni saranno sempre più soggette a tumori

- l'incidenza dei tumori, al colon, alla pelle, ai polmoni è in aumento già oggi e in modo drammatico nella fascia di età sotto i 50 anni. Su queste persone non si fanno screening né medicina preventiva (vedi una corretta alimentazione)

- esistono cure innovative contro i tumori, anche ricorrendo alle tecnologia mRNA usata nei vaccini per il covid, ma sono cure che costano: finché in Italia abbiamo il sistema sanitario universale garantito per tutti potremmo curarci. Altrimenti succederà come in America, saremo nelle mani delle assicurazioni private che decideranno loro quali cure darti e se curarti. La salute è roba per ricchi raccontava a Presadiretta un infermiere che per curarsi per il tumore si è indebitato.

- la politica non sta facendo nulla: né per diffondere una sana alimentazione nei ragazzi, né per limitare l'uso di alcool e sigarette (figuriamoci delle bevande gassate e sui cibi ultraprocessati). Non solo, questa politica è doppiamente colpevole perché sta smantellando il sistema sanitario, gratuito e universale. La sanità territoriale che potrebbe salvaguardare la nostra salute è lasciate nelle mani delle singole regioni, chi ha i soldi e la volontà di curare, come l'Emilia, fa prevenzione. Le altre regioni o delegano al privato oppure nulla perché mancano i soldi.


E' un campanello di allarme, che dovrebbe finire in cima alle nostre preoccupazioni.

29 settembre 2024

Anteprima Presa diretta – età biologica

Aumenta l’aspettativa di vita, nel campo della medicina facciamo dei passi in avanti, ma – come ci racconterà il servizio di Presadiretta di questa sera, aumenta l’incidenza dei tumori per persone sotto i cinquant’anni:

Come mai così tanti tumori sotto i 50 anni? La Genetica, gli stili di vita, l’alcol, il fumo, il cibo ultra-processato, l’esposizione agli inquinanti?

Già solo l’anticipazione del servizio ha fatto incetta di commenti, tutti uguali, da parte dei novax, secondo cui è tutta colpa dei vaccini che Big Pharma avrebbe sperimentato su di noi..
Utili idioti della politica antiscienza che da una parte ci parla di sicurezza e protezione degli italiani dall’altra taglia la sanità, contrasta la lotta ai cambiamenti climatici
senza preoccuparsi delle conseguenze.
Perché non basta la deriva securitaria in corso per fermare l’abuso di sostanze stupefacenti (non la cannabis) da parte di persone sempre più giovani: le notti dello sballo sono diventate una moda, dove i ragazzi nelle discoteche si prendono il “mischione” di coca, keta, anfetamica e altre sostanze psicoattive. Vale lo stesso per il consumo di alcool e di fumo tra i giovanissimi, sia di tabacco che di sigarette elettroniche: tutto questo aumenta l’incidenza dei tumori secondo tutte le ricerche scientifiche. Già oggi i dati clinici indicano un aumento dell’80% dell’incidenza dei tumori nella fascia 29-50 anni, i tumori precoci.
La comunità scientifica si sta interrogando sul perché: oltre a questi errati stili di vita centrano anche le sostanze inquinanti, di cui Presa diretta si è occupata tante volte, dal Pfas, alla diossina ai veleni lasciati dall’industria chimica (di cui si aveva parlato la scorsa puntata col servizio da Crotone). Tra le cause l’assunzione di cibo ultra processato: come dobbiamo calcolare la nostra età biologica? Nella puntata si parlerà delle nuove innovative cure contro il cancro (e qui si torna alla difesa della sanità pubblica che consente l’accesso a queste cure a tutti).
Come all’istituto
Tumori Pascale di Napoli: nel frigoriferi tengono le confezioni dei nuovi farmaci antitumorali, ogni dose costa 25 mila euro ma le aziende sanitarie riescono ad averle a 5000 euro, lo Staot ha diritto ad una scontistica – spiega a Presadiretta Piera Maiolino, direttrice sanitaria dell’Istituto Tumore. Un paziente oncologico all’Istituto costa da 50mila euro a salire, ma è difficile parlare di costi vivi così intensi di fronte alla salute, “perché la salute dobbiamo tutelarla”.

Presa diretta ha poi intervistato Alice: la sua storia è comune a quella di altre persone sotto i 50: a 42 anni vive a Milano col marito Giacomo e le loro bambine Mia e Livia, nel 2018 la sua vita è stata stravolta quando ha scoperto di avere il tumore. La dottoressa quando mi ha mostrato il referto ha tenuto la mano sopra la foto tutto il tempo che ci spiegava cosa era successo – racconta alla giornalista oggi – “questo non è un polipo da un bel po’, bisogna mettersi nelle mani di uno bravo, era un tumore di 6,5 cm, quindi era abbastanza esteso ..”
Il medico che l’ha avuta in cura,
Antonio Spinelli direttore di chirurgia all’Humanitas di Milano racconta che la storia di Alice è una storia già sentita tante volte da pazienti giovani: “14 mesi è la media di ritardo diagnostico che hanno i pazienti giovani perché siamo soliti pensare che il tumore riguarda l’età avanzata e invece questa cosa è possibile..Abbiamo avuto più di 500 pazienti giovani sotto i 50 anni con tumori del colon retto in questi ultimi dieci anni, sono per noi un numero davvero considerevole.”

Sul tema della prevenzione Presadiretta con la giornalista Elena Marzano andrà a raccontare l’iniziativa Preveni.Amo fatta dalla Ausl Romagna, per sensibilizzare e prevenire gli incidenti stradali. È un’iniziativa “ideata dai medici del Trauma Center Romagna e realizzata, questa volta, presso il Centro di Formazione dei Salesiani di Forlì, e delle riprese girate alle attività svolte dall’Unità di Strada del Servizio Dipendenze Patologiche di Ravenna, dal Pronto Soccorso di Rimini e dai soccorritori della Centrale operativa ed emergenza territoriale 118 Romagna. ”

Sulla prevenzione si fa veramente poco, come racconterà in una intervista l’epidemiologo Emiliano Scafato: il rapporto tra tumori e abuso di alcool (qui la relazione al Parlamento dell’ISS del 2022), su come le leggi per evitare l’alcool ai minori siano disapplicate.
E lo stesso discorso è valido per l’alimentazione: Presadiretta ha intervistato Chris Van Tulleken, medico e divulgatore scientifico che racconta di come negli anni ‘80 le grandi aziende produttrici di tabacco, Philip Morris e RJ Renolds hanno acquistato le più grandi aziende alimentari nel mondo, “quindi non è che le aziende alimentari sono simili a quelle del tabacco, erano proprio le stesse, hanno preso le loro molecole aromatiche e le strategie pubblicitarie e di marketing e le hanno applicate al cibo. L’industria del tabacco ha applicato il suo manuale per venderci cibo dannoso e per creare un’altra dipendenza.”

Chris Van Tulleken è stato anche al centro di un esperimento scientifico che racconta nel suo libro “Cibi ultra processati”: per un mese ha mangiato solo cibi ultra processati, ha preso sei kg ma non solo, “non rilasciavo più gli ormoni della sazietà, per questo continuavo a mangiare, perché l’unico modo che ha l’industria per far soldi è ridurre il costo degli ingredienti e farti mangiare più di quello che vorresti.”
Alla giornalista ha mostrato una confezione di cereali che si mangiano i suoi figli: c’è l’immagine di un personaggio dei cartoni animati che dice
“fa bene alla tua famiglia, contiene ferro, fibre, c’è la vitamina D, ci sono ci sono ben 12 messaggi ingannevoli su questa confezione.. in Cile sulla confezione hanno messo due simboli di avvertimento che coprono persino il logo, niente cartoni animati, nessuna indicazione nutrizionale falsa, nessuna pubblicità rivolta ai bambini e magari qualche tassa sui prodotti più grassi. Funziona, e dovremmo fare lo stesso anche in Europa.”

La scheda della puntata:

Un reportage nelle discoteche dell'Emilia-Romagna e un viaggio nei reparti di oncologia di tutta Italia: nuovo appuntamento con "PresaDiretta", domenica 29 settembre dalle 20.35 su Rai 3. Nella prima parte della serata (fino alle 21.25 circa) "Aspettando PresaDiretta" racconta il mondo delle discoteca tra droghe, alcol, drammatiche richieste al 118 e attività di soccorso dei sanitari. Quali sono le conseguenze di questi abusi? Un viaggio tra spiagge, discoteche, presìdi medici, pronto soccorso e postazioni delle forze dell’ordine. Per discutere in studio di questi temi, la neuropsichiatra infantile del dipartimento di Neuroscienze e salute mentale del Policlinico Umberto I di Roma Arianna Terrinoni e la psicoanalista e autrice del libro “L’età dello sballo” Laura Pigozzi.
A seguire, l'inchiesta "Età biologica". Negli ultimi decenni in tutto il mondo aumentano le patologie oncologiche tra i giovani adulti. "PresaDiretta" ha attraversato l’Italia, da nord a sud, entrando nei reparti di oncologia, raccogliendo storie di pazienti, medici e ricercatori. Secondo gli studiosi tra le cause ci potrebbero essere anche i cibi ultraprocessati e gli inquinanti, fattori di rischio e stili di vita. Cosa determina la nostra età biologica?
L’ospedale Humanitas di Milano solo negli ultimi 10 anni ha preso in cura 500 pazienti under 50 con una diagnosi di cancro del colon retto. Li chiamano “tumori a esordio precoce”, che spesso risultano anche più maligni. E non è certo l’unica patologia oncologica in aumento tra i 30-40enni. I sospetti dei ricercatori si concentrano - tra l’altro - su cibi ultraprocessati, inquinanti ambientali, microplastiche. 
Reportage nei reparti di Oncologia dei maggiori ospedali italiani, dal Niguarda di Milano, al Pascale di Napoli, da Orbassano (Torino) a Siena, fino ai laboratori dell’IFOM (Istituto di oncologia molecolare) dell’Airc di Milano. E negli Stati Uniti, ad esempio all’Harvard Medical School di Boston o al Dana Farber Cancer Institute, ospedale fondato negli anni Cinquanta dal “padre della chemioterapia moderna” dove ora si sperimenta e utilizza la cosiddetta “chemioterapia intelligente” contro il tumore al seno metastatico. E poi le frontiere delle cure: le telecamere di "PresaDiretta" sono entrate in esclusiva nello stabilimento dell’azienda di biotecnologie Moderna a Norwood, vicino Boston, dove si producono vaccini personalizzati a Rna messaggero, la stessa tecnologia impiegata contro il Covid. Vaccini sperimentali costruiti su misura del singolo paziente contro il melanoma.
Le cure oncologiche però, costano, specialmente i farmaci innovativi. Negli Stati Uniti, regno del sistema sanitario privatistico, 100 milioni di americani hanno un debito sanitario, il 40% della popolazione adulta, tanto da coniare un’espressione apposta: “tossicità finanziaria”. E in Italia? Le spese sono garantite dal Sistema sanitario nazionale, ma l’oncologia pesa sempre di più sul bilancio della sanità.
Fattori di rischio e stili di vita. In Europa ogni giorno quattro industrie uccidono 7.400 persone, quasi 2 milioni l’anno: tabacco, alcol, cibo ultra-processato e petrolio. Aumentano i consumi e aumentano i profitti delle aziende. Ma c’è chi punta sulla prevenzione, come il Piano regionale dell’Emilia Romagna con palestre della salute e lezioni di corretta alimentazione nelle scuole.

"Età biologica" è un racconto di Riccardo Iacona con Cecilia Carpio, Daniela Cipolloni, Elena Marzano, Emilia Zazza, Matteo Delbò, Paolo Martino, Massimiliano Torchia.



Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

24 settembre 2024

Atti relativi alla morte di Raymond Roussel di Leonardo Sciascia

 

Commissariato di P.S. - Sez. Politeama - Palermo 14 luglio 1933 A. XI E.F. Telegramma interno. Illmo Signor Primo Pretore. Illmo Signor Questore. Palermo.

Verso le dieci circa di stamani il facchino Antonio Kreuz dell'Hotel des Palmes, recatosi nella camera N. 224 occupata dal suddito francese Raymond Roussel, nato a Parigi il 21-1-1877, constatava che il predetto giaceva cadavere supino coricato su un materasso collocato a terra. Il Roussel, a quanto si è appreso, era ammalato al cervello e pigliava dei medicinali per stordirsi.

Come mai Leonardo Sciascia si è così interessato ai carteggi, agli “atti” sulla morte dello scrittore francese Raymond Roussel, avvenuta nell’hotel des Palmes a Palermo?

È quasi un esercizio noioso leggersi quelle carte, scritte in perfetto burocratese dell’epoca, dove si annotano le deposizioni degli inservienti dell’hotel, dell’amica che viveva nella stanza accanto, la signora Fredez, quello strano diario dei medicinali che lo scrittore prendeva e in grandi dosi..
Poi, piano piano, si capisce: è stato un gioco intellettuale dello scrittore siciliano, voler andare rileggersi quelle carte per capire quello che non tornava in quello che, in un solo giorno, è stato archiviato dalla polizia e dalla magistratura come un suicidio.

Innegabilmente ci sono molti punti oscuri negli ultimi giorni di vita e nella morte di Raymond Roussell e se si declinano dal punto di vista del sospetto la vicenda assume un che di misterioso da detective story.

Ci sono le incongruenze, che una mente acuta come Sciascia aveva saputo cogliere. E ci sono anche delle motivazioni attorno, nel “contesto” verrebbe da dire: in quei giorni del 1933 (in pieni anni ruggenti del fascismo) si firmava l’accordo a quattro con la Francia, ancora “sorella latina”, non si volevano creare problemi per un caso che coinvolgeva un cittadino francese.
Erano i giorni in cui Balbo arrivava a New York completando la trasvolata atlantica, vicenda ampiamente usata dalla propaganda del regime..
Ecco allora l’interesse a coprire, ad archiviare in fretta.
Ma forse non è così, come racconta nel finale di questo breve libro, l’autore stesso: forse sono i fatti della vita ad essere ambigui e ce ne accorgiamo solo dopo che li mettiamo nero su bianco.

Ma forse questi punti oscuri che vengono fuori dalle carte, dai ricordi, apparivano, nell'immediatezza dei fatti, del tutto probabili e spiegabili. I fatti della vita sempre diventano più complessi e oscuri, più ambigui ed equivoci, cioè quali veramente sono, quando li si scrive - cioè quando da «atti relativi» diventano per così dire «atti assoluti».

Come diceva quel poliziotto di Graham Greene: «possiamo impiccare più gente di quel che i giornali ne possano pubblicare». Anche noi tutto sommato.

La scheda del libro sul sito di Adelphi e Sellerio

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


23 settembre 2024

Le furie di Venezia – di Fabiano Massimi


Prologo

Sono anni che aspetta questo momento.

Nella penombra dello studio, seduto dietro la grande scrivania piena di carte che solo a lui è concesso leggere, l’uomo fissa il telefono da chissà quanto, incapace di distrarsi, incapace di pensare. La tensione è una camicia troppo stretta che trasforma ogni respiro in sofferenza. Il tempo è lento e torbido come l’acqua di un rigagnolo.

Quando arriva il primo squillo, l’uomo resta immobile.

Un secondo squillo.

Un terzo.

Un quarto, e lui ancora non reagisce, come fosse paralizzato – perché sono anni che aspetta, ma si può mai essere pronti per un momento come questo?

Alla fine l’uomo si riscuote, afferra la cornetta.

«Quindi?» dice soltanto, la sua voce stentorea ridotta a un sussurro.

«È morto.»

«Sicuri?»

«Sicuri.»

Questo romanzo racconta, usando il meccanismo del giallo, la storia di Ida Dalser, la vittima dimenticata del fascismo, la donna la cui vita doveva essere cancellata per non macchiare l’immagine immacolata del duce del fascismo, Benito Mussolini.

Dio Patria e famiglia: quanto suonano false oggi queste parole (nonostante siano ancora usata da certa propaganda politica), il regime fascista mandò al massacro i suoi soldati, portò il paese alla rovina, mise in catene l’opposizione, tra cui anche alcuni preti che pagarono con la vita il voler mantenere la fede e non voltarsi dall’altra parte di fronte ai soprusi, alle violenze, alla vergogna delle leggi razziali.

Dopo Geli Raubal, l’Angelo di Monaco, Fabiano Massimi ci fa un altro regalo: ne “Le Furie di Venezia” si parla di questa donna, Ida Dalser, che pagò il prezzo di aver amato Mussolini e di avergli dato tutta sé stessa con la vita. La sua e quella del figlio, Benito Albino Dalser, il primogenito di Benito Mussolini che lui stesso riconobbe a Milano.
Un’altra donna, come Geli, finita stritolata da quel meccanismo messo in piedi a difesa del leader, perché nulla possa appannarne la figura immacolata.

VENERDÌ 15 GIUGNO 1934

La luce, pensò Sauer. Era la luce a fare la magia. Come uno sguardo nuovo posato su cose antiche, come una mano sicura che afferrasse il vento e lo tenesse fermo, i gabbiani alti immobili nell’azzurro, l’odore di salmastro che arriva a folate. La luce sembrava di vetro in quel mattino caldo e umido di metà giugno, mentre la folla festante rombava intorno a lui. Eppure Siegfried Sauer – ex soldato sulla Somme, ex commissario di polizia a Monaco, ex guardiano notturno di Vienna, ex tante cose e adesso più nessuna – d’un tratto si sentì solo nella piazza gremita, lambito da un soffio di ricordi che gli scompigliava i capelli ingrigiti e gli arruffava cuore e pensieri, sussurrandogli un nome che era insieme promessa e rimpianto, e che sempre, sempre lo spingeva avanti, anche in un giorno come quello, anche a un passo dalla fine.

Rosa.

Attenzione, questa non è una biografia, per raccontarne la sua storia l’autore ci porta a Venezia, nel 1934, anno decimo dell’era fascista, dove incontriamo nuovamente l’ex commissario Siegfried Sauer e i suoi compagni, Sandor, Mutti e l’antifascista italiano Livio. Hanno deciso di essere loro gli artefici del destino del mondo, dopo aver visto coi loro occhi di cosa è stato capace il partito nazista di Hitler in Germania: l’insabbiamento dell’indagine sulla povera Geli, la nipote del fuhrer, poi l’incendio del Reichstag, nel 1933 (I demoni di Berlino), con la fine della repubblica di Weimar e l’arrivo al potere di Hitler.

Il Duce a Venezia per accogliere Hitler.

La Storia quel giorno passava da lì.

Tutti questi dubbi, tutta l’ansia che ne germinava, invasero l’ex commissario nello spazio di pochi istanti, quanti ne servirono a Livio per ricevere la risposta dalla cupola e girargliela con altri due lampi di luce.

Sauer respirò.

Occorre uccidere i due dittatori quando si sporgeranno assieme dal balcone del museo Correr: è il prezzo da pagare per salvare l’Europa da lutti ben peggiori. Due colpi sparati dal cecchino ungherese Sandor dalla Torre dei Mori e tutto sarà finito. Compresa l’alleanza tra i due condottieri del mondo..
Ma qualcosa nel loro piano non va secondo i piani: l’ego di Mussolini o forse un cambio nel programma, fa saltare tutto, dal balcone esce solo il faccione del duce, che arringa la folla con le solite parole piene di retorica, l’Italia e il fascismo in quel momento la fanno ancora da padroni nei confronti dei nazisti, a Hitler in quella scenografia è dato solo un ruolo da comparsa, ma le cose sarebbero cambiate a breve.
Siegfied, Sandor e Mutti si ritrovano così la sera a discutere del loro fallimento, deciso comunque ad andare avanti: ma se è stato il caso a salvare i due dittatori, è sempre il caso che li mette sulle tracce di una nuova storia.
Una storia che apparentemente sembra l’ennesima invenzione su Mussolini, tanto è incredibile: riguarda le voci su un suo figlio, avuto da un’altra donna, non la brava casalinga Rachele.
Seguendo Mussolini lungo i canali di Venezia, approdano all’isola di San Clemente, dove ha sede un manicomio femminile.
Quella storia, che girava nelle taverne, che veniva sussurrata sottovoce per non finire nelle grinfie della polizia politica del regime è vera: Sigi, Mutti e Sandor riescono ad infiltrarsi nel manicomio, a spulciare gli archivi delle persone in cura e ad arrivare a questa donna, così importante tanto che la sua cartella è stata fatta sparire..
Chi è Ida Dalser e perché deve essere tenuta così nascosta al mondo e agli italiani? Qual è la sua storia? Qual è il suo segreto?

Ce lo racconta lei stessa, nelle trascrizioni dei dialoghi tenuti col suo psichiatra: la storia della sua vita, quella di una donna determinata che riuscì prima della guerra a costruirsi una fortuna col suo salone, a Parigi prima e a Milano poi. Dove conobbe per la prima lui.

D. Che conobbe chi?
R. Ma lui. Chi altri? Benito Mussolini, al tempo direttore dell’Avanti! Era il 24 febbraio del 1914.
Il giorno più felice della mia vita, e insieme il più disgraziato.
Fu Ida Dalser, è questa è la storia non il romanzo, a dare i soldi a Mussolini per fondare Il popolo d’Italia, dopo essere stato cacciato dal partito socialista e da direttore de l’Avanti, per il suo cambio di posizione sull’interventismo.
Mussolini doveva tutto a Ida, ma la nascita
di Vittorio, primo figlio maschio da “donna” Rachele, mise fine ad ogni sua speranza. E decise anche della sua vita e della vita di quel figlio nato nel 1915. Albino Benito Mussolini.

Forse c’è modo di stroncare il fascismo andando a liberare questa donna dalla prigionia, forse se il paese sapesse la sua storia il consenso del fascismo nella popolazione crollerebbe, come tutto il teatro messo in piedi dalla propaganda. Sauer è un idealista, la storia di Geli, l’incendio del Reichstag lo hanno segnato profondamente: le ferite che hanno lasciato nella sua anima possono essere sanate solo cercando fare giustizia, anche a prezzo della loro vita.
Se non può salvare Ida, per la protezione stretta a cui è sottoposta dal regime, c’è almeno un’altra vita da salvare, quella di Albino. Questa è una promessa che Sigi Sauer è disposto a mantenere ad ogni costo.

Mercoledì 26 agosto 1942

Non sembrava di essere appena fuori Milano, alla fine di un agosto torrido come pochi, nel cuore di una guerra che infuriava ormai da anni senza alcuna fine in vista.

Otto anni dopo il racconto ci porta a Milano: la guerra è arrivata e, anche se è ancora lontano, si fa sentire sulla popolazione, anche sui quanti avevano esultato due anni prima con l’annuncio roboante, Vincere e vinceremo!
Sono arrivate le bombe, i razionamenti, le tessere per comprare il cibo, la borsa nera di chi si approfitta delle disgrazie. Le leggi fascistissime, la repressione del regime contro chi si azzarda a pensare come un uomo libero. Nessuno crede più alle prime pagine dei giornali che, in quei mesi, raccontano ancora della celere avanzata verso Stalingrado.
Sembra di essere catapultati in un’altra storia: a Milano incontriamo il commissario Fausto Armeni, della sezione politica della polizia, mentre sta andando a visitare la moglie, curata nel manicomio di Mombello. È successo qualcosa di terribile al loro bambino, non sappiamo bene cosa, ma questo ha scosso profondamente le loro vita, specie quelle di Margherita.

«Era il mio bambino» disse lei in un fiato di voce, gli occhi fissi sulle mani.
«Io non volevo.» «Lo so» rispose Armeni, mentre l’infermiere la conduceva via..
Qui, ed è ancora il caso, artefice dei destini delle persone, ad intervenire: nel giardino del manicomio incontra un paziente che è appena scappato. Si tratta di un “giovane vecchio”, tanto il suo corpo presenta i segni della sofferenza

Armeni vide il collo che ne spuntava, sottile come il polso di un ragazzo, e appeso al collo un volto cereo ed emaciato. Albino, si disse. Il paziente scomparso.

Chi è questo paziente? Come mai c’è una camicia nera, un pezzo grosso del partito, che segue la sua cura nella struttura? Armeni è pur sempre un poliziotto, uno che non può non interessarsi ad enigmi come questi, specie in un momento così difficile della sua vita, a causa della malattia della moglie.
Sembra un’altra storia ma è la stessa storia: perché quel bambino è proprio Albino Dalser.
Forse, per Sigi Sauer e i suoi compagni di lotta, c’è ancora modo di poter rispettare quella vecchia promessa fatta a Venezia quasi otto anni prima.

Salvate mio figlio..



Mescolando finzione letteraria e storia, Fabiano Massimi ci porta dentro uno dei misteri, anzi uno dei tabù, della storia del fascismo. Tanto era la paura del regime, e di Mussolini, per questa donna, Ida Dalser, la prima moglie di Mussolini, da averla reclusa in un manicomio, non come pazza, ma come persona pericolosa per il regime. Tutto doveva essere cancellato, distrutto: i suoi documenti e anche il suo corpo, sepolto in una fossa comune sull’isola di San Clemente nel 1937. Ancora oggi, se non ci fosse stato il film di Bellocchio del 2009, Vincere (con una grandissima Vittoria Mezzogiorno), e un documentario su Rai Storia, ne sapremmo poco della sua vita. E ancora peggio è andata al figlio di Ida, Albino, tolto alla madre, affidato ad un gerarca fascista (che grazie a questo fece una fulminea carriera), allontanato dai parenti, fu anche lui rinchiuso in un manicomio, a Monbello, dove morì nell’agosto del 1942.

«Le Erinni» disse Menzio. «Anche note come Furie. Esseri sovrumani animati da un unico scopo: punire i colpevoli, vendicare i torti. Erano divinità della giustizia, ma di una giustizia estrema, violenta.

Le Erinni, nella mitologia romana Le Furie (da cui il titolo del romanzo), erano la personificazione divina della vendetta, soprattutto contro chi colpisce i propri familiari o i propri cari.
Se la vendetta contro il regime non ha più senso di essere, è bene almeno che questa storia sia raccontata ancora oggi, anche in forma di romanzo. Perché nessuno dimentichi cosa anche è stato il fascismo. Un padre padrone che ha ucciso i proprio figli, non solo in senso letterale.
“Come la sua vicenda, anche il suo corpo è stato cancellato. Eppure la sua storia non è stata dimenticata, le storie tornano sempre fuori, le storie non possono essere cancellate” – ci spiega Fabiano Massimi in questa presentazione del libro.

Domandatevi, voi che mi leggerete, se meritavo questo. Se qualcuno abbia mai meritato ciò che fecero a me e a mia madre. Eppure è accaduto. Eppure è accaduto. Ecco allora le mie ultime parole.

Tutto questo è successo davvero. Non lasciate che succeda di nuovo. Non lasciate che sia dimenticato.

PS: non lo sapevo e l’ho scoperto leggendo le pagine di questo romanzo, ma il famoso quadro di Bocklin, l’Isola dei morti è stato ispirato dall’isola di San Michele, il cimitero dei veneziani.

La scheda del libro sul sito di Longanesi, le prime pagine del libro.
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22 settembre 2024

Anteprima Presadiretta – un mondo di scarti

Gli scarti come gli elettrodomestici che non usiamo più perché rotti e che finiscono gettati nelle campagne. Ma anche gli scarti sociali, i giovani che oggi sono costretti ad emigrare (al nord o anche fuori dall’Italia) nella speranza di trovare fuori quello che in questo paese è loro precluso. Un futuro, un lavoro con un salario dignitoso.

Si torna a parlare del sud, dopo la puntata di domenica scorsa sulla sanità negata in Calabria e sugli effetti devastanti che avrebbe l’autonomia differenziata. Come mai negli ultimi venti anni più di un milione di giovani se ne sono andati via dal sud e continuano ancora oggi ad emigrare? Quali sono le conseguenze per il meridione che sta perdendo i suoi ragazzi migliori? Purtroppo queste conseguenze sono evidenti sotto i nostri occhi: lo spopolamento progressivo, il declino delle comunità locali e una economia dipendente da trasferimenti esterni.

Queste le domande di Riccardo Iacona nell’anticipazione del servizio: le grandi fabbriche del sud ora sono chiuse o sono in forte difficoltà, compresa l’Ilva a Taranto dopo l’ultima sciagurata gestione di Arcelor Mittal.

Non è solo un problema di posti di lavoro persi, ma è anche un tema
ambientale: quelle aziende che diventeranno reperti archeologici di un miraggio industriale, sono anche bombe ecologiche, perché piene di veleni. Oltre al danno dell’occupazione c’è anche la beffa perché la gente si ammala perché esposta a sostanze cancerogene. Succede a Crotone dove le telecamere di Presadiretta racconterà di uno scandalo poco noto.
L’ex zona industriale tra Crotone, Cerchiara e Cassano dello Ionio 22 anni è stata inserita nella lista dei “siti di interesse nazionale”, SIN, ovvero la lista delle aree più inquinate d’Italia, zone compromessi da inquinanti e che avrebbero bisogno di interventi complessi di bonifica per poterli restituire alla popolazione. Dagli anni ‘20 del secolo scorso fino agli anni ‘90 qui era insediata una zona industriale (legata al settore chimico e all’alimentare) che avrebbe dovuto creare benessere e che invece ha inquinato i terreni e il mare antistante coi rifiuti nocivi da metalli pesanti cadmio, zinco, piombo e arsenico e, nella zona del porto, anche di mercurio.
Gli scarti industriali sono stati usati negli anni 90 per costruire case e strade in varie zone di Crotone, negli alloggi popolari, in una scuola e perfino nel parcheggio della Questura.
Il processo, partito dalle indagini nel 2008, è finito in nulla: tutti i responsabili delle aziende coinvolte sono stati assolti dal reato di disastro ambientale, mentre il reato di discarica illegale è finito in prescrizione.
Ma gli effetti di questa bomba ecologica di cui nessuno risponderà sono ancora vivi sulla pelle della popolazione, come dimostrano i dati sull’incidente dei tumori.

Poi, come si è detto, c’è il servizio sui rifiuti tecnologici, cellulari, frigoriferi, lavatrici che oggi finiscono abbandonati nelle discariche illegali nei campi, persino in Africa. Infine la domanda che ci facciamo tutti sull’obsolescenza programmata: perché un elettrodomestico dura così poco ed è difficile da riparare?
Questi rifiuti, se non trattati correttamente possono rilasciare sostanze nocive nell’ambiente contaminando il suolo e le falde acquifere causando ulteriori disastri ambientali: quando vediamo una discarica illegale, in Lombardia, nel Lazio o in Calabria, dobbiamo pensare ad una bomba ecologica che minaccia la vita delle persone e della fauna.

I rifiuti elettronici

La produzione mondiale dei rifiuti elettronici supera di cinque volte la nostra capacità di riciclarli, per questo finiscono dappertutto, persino in Africa.
Oppure nelle campagne di Tivoli come mostrerà il servizio di Presadiretta di questa sera: in un’area privata a pochi metri dall’autostrada del sole e del fiume Aniene sono state abbandonate centinaia di carcasse di vecchi frigoriferi, in quella che è stata chiamata “frigo valley”, in mezzo ad un parco col prezioso lichene che cresce sullo strato superficiale del travertino. Ora il lichene è coperto da questi frigoriferi smembrati.

SE le grandi aziende vendono un grande elettrodomestico e chi lo acquista paga anche lo smaltimento e poi lo smaltimento viene fatto in maniera illecita significa che c’è qualcuno che sta trattenendo quei soldi illecitamente – spiega a Presadiretta un volontario che sta monitorando questa discarica illegale: si tratta di ecoreati.
Noi consumatori dovremmo renderci conto di una cosa – racconta il servizio: quando buttiamo un elettrodomestico nel cassonetto stiamo buttando soldi, perché il contributo ambientale per riciclarli lo stiamo pagando noi, stiamo pagando il riciclo, dovremmo invece pretendere che il nostro rifiuto sia riciclato come si deve.
Presadiretta ha visitato uno dei siti dove si riciclano i materiali dagli elettrodomestici: Ottone, Rame (vale tra gli otto e i nove euro al kg), Argento (a seconda del valore il suo prezzo passa da 600 a 700 euro al kg).
Ci sono materiali ancora più preziosi: l’oro (vale più di 70mila euro al kg), la polvere di Rodio (vale 150mila euro al kg), la polvere di Litio, tutti materiali rari con proprietà fisiche incredibili, frutto del riciclo dei rifiuti elettronici.


I nostri rifiuti arrivano fino in Africa: il servizio mostrerà un’enorme discarica illegale ad Accra, in Ghana che il governo aveva smantellato già una volta tre anni fa, ma qui i rifiuti continuano ad arrivare e ad essere bruciati, come se niente fosse. E’ un inferno di rifiuti dove pascola il bestiame e dove persone di Mohamed recuperano il ferro e gli altri metalli da televisori e altri piccoli elettrodomestici. Una forma di riciclo rudimentale, un’economia sommersa che da lavoro a migliaia di persone ma che porta dietro anche malattie e degrado.
E tutto perché nella civile Europa e in Italia non si riesce a mettere in pista un processo di riciclo che coinvolga tutti, aziende e privati.


Completamente diversa è la situazione in Austria dove la cultura della riparazione è molto diffusa, anche attraverso i Repair Cafè dove alcuni volontari si prestano a riparare gratuitamente oggetti elettronici che non funzionano più, anche vecchie radio che, come racconta il proprietario nel servizio, fanno uno strano rumore e che spera possa tornare a funzionare per il resto della sua vita. Perché questo non dovrebbe valere per tutti gli elettrodomestici?
O anche una idropulitrice, normalmente si rompe sempre lo stesso pezzo e la gente la butta via e ne compra una nuova, ma basta sostituire il pezzo rotto – come mostra sempre il servizio – ed è fatta : Sepp Eisenriegler è il fondatore della Repair Network, nei suoi negozi si riparano ogni sorta di prodotti elettronici.
“La mia prima lavatrice è durata sessant’anni, oggi non durano più di sei anni, ma sono ottimista.”

Sul Fatto Quotidiano potete leggere una anticipazione dei servizi:

È dal 2002 che il ministero dell’Ambiente ha istituito il Sito di Interesse Nazionale (SIN) di Crotone-Cassano-Cerchiara in Calabria, dando mandato a Eni Rewind di occuparsi della bonifica. Sono aree industriali dismesse dove, fino agli anni ’90, si produceva zinco, acido fosforico, fertilizzanti. Lavorazioni che hanno lasciato contaminanti e sostanze tossiche sul territorio. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità ci dicono che ci sono eccessi di mortalità per tutte le cause e per tutti i tumori.

La bonifica è stata promessa ai cittadini per anni, ma la seconda fase, che prevede lo smaltimento delle sostanze contenute nell’enorme discarica fronte mare, è in stallo. In Conferenza dei servizi nel 2019, tutte le istituzioni si erano messe d’accordo perché Eni Rewind portasse questi rifiuti fuori regione. Ma dopo 5 anni, ad agosto, c’è stato il colpo di scena: il ministero dell’Ambiente ha dato mandato a Eni Rewind di cominciare a smaltire i rifiuti pericolosi in una discarica di Crotone. Il Comune, la Provincia e la Regione hanno annunciato ricorso al Tar contro il decreto ministeriale. E i tempi si allungano, mentre i cittadini aspettano ancora.

La scheda del servizio:

Ad appena 40 km da Roma, la frigovalley, una distesa di frigoriferi smembrati e abbandonati. Alle porte di Accra, in Ghana, la più grande discarica del mondo di televisori, computer, telefonini. Dall’Italia all’Africa, un viaggio tra i rifiuti elettrici ed elettronici, una potenziale miniera di metalli e materiali preziosi. Intanto il sistema di recupero e l’economia circolare funzionano sempre meno, alimentando illegalità e inquinamento. In Austria invece, lo Stato paga il 50% della riparazione degli oggetti elettronici. Tutto questo a "PresaDiretta" in "Un mondo di scarti", in onda domenica 22 settembre, alle 20.35, su Rai 3.
Ad "Aspettando PresaDiretta", dalle 20.35 fino alle 21.25 circa, il Meridione che perde i suoi migliori cervelli. Reportage tra Piemonte e Basilicata: da un lato università all’avanguardia anche grazie agli iscritti del Sud, dall’altro centri sempre più desertificati. Aspettando Attenzione concentrata su chi, nel Meridione, non riesce a coniugare aspirazioni di vita e opportunità di lavoro. In un ventennio se ne sono andati più di 900 mila under 35. Riccardo Iacona è andato al Politecnico di Torino, dove i ragazzi del sud vanno a studiare e lì restano. Perché, grazie ad aziende e incubatori di start up, trovare lavoro è facile. E ha percorso le strade svuotate della Basilicata, i paesi con case disabitate e sempre meno scuole, perché insieme ai ragazzi ormai lasciano il sud anche i loro genitori. Ha incontrato professori e studenti dell’università di Potenza, che appena laureati se ne vanno, lasciando la Regione più povera economicamente e culturalmente. Ospiti in studio: il direttore generale della Svimez Luca Bianchi e Antonella Ricciardi, laureata alla Bocconi, testimone in prima persona dell’emigrazione lucana.
E poi la puntata "Un mondo di scarti", un viaggio che parte dalla Frigovalley, un’area del Comune di Tivoli diventata una distesa sterminata di carcasse di frigoriferi abbandonati da anni. E poi una straordinaria inchiesta tra negozianti, operatori, centri di recupero, ambientalisti che mette in evidenza i troppi buchi della filiera di raccolta e riciclo dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Così si buttano via metalli e materiali preziosi: rame, alluminio, argento, oro e terre rare e si favorisce l’aumento dell’illegalità. Un viaggio che prosegue in Africa ad Accra, la capitale del Ghana dove si trova la più grande discarica di Raee del mondo. PresaDiretta ha raccontato l’inferno delle vite di chi vive di rifiuti elettronici. Uomini che trascorrono le giornate a bruciare televisori, computer e pannelli solari per isolare i metalli preziosi. Donne che trasportano carichi pericolosi e velenosi. Bambini che frugano nelle montagne di rifiuti elettronici per guadagnare qualche soldo. Un’economia del riciclo sommersa e informale che dà lavoro a migliaia di persone, ma anche inquinamento, malattie, degrado, morte. Inquinamento e malattie con i quali sono costretti a convivere anche i cittadini del crotonese, in attesa da vent’anni della bonifica dell’area ex Pertusola e dell’intero sito ex industriale, una delle zone più inquinate d’Italia. Dove si producevano zinco, acido fosforico, fertilizzanti, oggi c’è una discarica con un milione di tonnellate di rifiuti interrati. E promesse mai mantenute. Ultima tappa del viaggio, Vienna, dove la cultura della riparazione è sostenuta da voucher statali e comunali. Contro le strategie di obsolescenza programmata che ci costringono a buttare i prodotti elettronici al primo guasto, la politica ha scelto di finanziare al 50% il costo della riparazione e così di allungare la vita dei nostri apparati. 
"Un mondo di scarti" è un racconto di Riccardo Iacona con Chiara Avesani, Teresa Paoli, Paola Vecchia, Emilia Zazza, Eugenio Catalani, Fabio Colazzo, Matteo Delbò, Massimiliano Torchia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

15 settembre 2024

Anteprima Presadiretta – Sanità differenziata

 

Dobbiamo rassegnarci alla perdita della sanità pubblica, del servizio sanitario nazionale, gratuito e universale, garantito per tutti? Sarebbe un diritto sancito dalla Costituzione, come la libertà di espressione, di associazione.
Perché dovremmo rinunciarci?
Eppure, anno dopo anno, i tagli al sistema sanitario (oppure, i non investimenti in linea con quanti richiedono i territori, i medici) costringono migliaia di italiani a non potersi curare oppure, se hanno dei risparmi da parte, a dover fare i pendolari della salute, dalle povere regioni del sud verso il nord: ogni anno aumenta in modo impressionante la quota di spesa degli italiani per la sanità privata.
Perché?

Perché si continua nel percorso di privatizzazione della sanità? Cosa succederà ora con l’autonomia differenziata, ovvero la “secessione del ricchi” come la chiama il professor Gianfranco Viesti?

Presadiretta è andata a Polistena in Calabria a raccontare la protesta dei territori, sindaci, cittadini, contro la chiusura dell’ospedale: qui la sanità è commissariata da anni, lo Stato che non ha saputo gestire bene la spesa sanitaria viene condannato dallo Stato a tagliare la spesa, e questo taglia lo subiscono i cittadini, non gli amministratori che hanno commesso errori.
“Quanto vale la vita di un calabrese per lo stato italiano?” si chiedeva ironicamente una persona nella manifestazione “ma voi li guardate negli occhi i vostri figli, siete già pronti a caricarli sui treni, sugli aerei? È questo il futuro che ci stanno scrivendo con l’autonomia differenziata, una dichiarazione di guerra economica e sociale, per tutto il sud di Italia. È un massacro quello che stanno preparando: dov’è la Calabria che scende in piazza a difendere i suoi figli ..”
A Polistena Presadiretta incontrerà nuovamente il primario di cardiologia Vincenzo Amodeo che con la sua equipe sta raggiungendo risultati straordinari, in modo per far capire a tutti che anche in questa regione si può lavorare bene e in modo serio.

In Calabria il buco di bilancio della sanità è ancora da quantificare e la gente scende in piazza per difendere gli ospedali, messi a terra da quattordici anni di commissariamento.
Intervistato da Presadiretta, Ermenegildo Palma Procuratore regionale della Corte dei Conti, racconta “abbiamo trovato una situazione certamente devastante, non stiamo parlando di una sola annualità, stiamo parlando di periodi lunghissimi, fino al 2022 l’ASP di Cosenza non approvava bilanci da, se non vado errato, 5 anni, Reggio Calabria da 8”.
La Corte dei Conti sta aspettando bilanci da diversi anni e stanno ora valutando il bilancio in corso della regione: ma come è possibile approvare un bilancio senza quelli precedenti?
“Infatti ancora non lo hanno approvato.. bisogna partire dalla valutazione della massa di debiti, ad oggi ancora questa definizione non è stata fatta.. si stima che sia dell’ordine di qualche centinaia di milioni. Voglio essere chiaro: i dati che ci vengono trasferiti sono pochi..”

Queste parole fanno capire quanto sia in crisi il sistema sanitario in Calabria: centinaia di milioni di debito, ancora da quantificare in modo preciso, 1300 medici inidonei, ovvero che non possono lavorare la notte o in emergenza, con certificazioni fatte dai loro colleghi. Una regione alle prese con una emigrazione sanitaria che dovrebbe preoccupare tutti: la Calabria spende ben 252 ml di euro per coprire le spese dei pazienti che scelgono di curarsi fuori regione.

Di questa riforma (o presunta riforma, una partita di scambio del partito di Meloni per avere il premierato e che ha concesso così l’autonomia alla Lega) sono preoccupati anche i governatori di destra, come il calabrese Occhiuto. Intervista dalla giornalista Francesca Nava il presidente si è così espresso sui medici calabresi non idonei rimpiazzati dai medici cubani:

Nell’anticipazione video, il dialogo tra l’inviata di Presa diretta Francesca Nava e il presidente della regione Calabria, Roberto Occhiuto, a proposito del personale sanitario considerato inidoneo, cioè quei medici e infermieri che non possono lavorare nei turni notturni, nell’emergenza urgenza, nelle sale operatorie, certificati da colleghi che lavorano nelle stesse Aziende Sanitarie e che si stima siano più di 1300, il Presidente Occhiuto ha ammesso: «Non so se farebbero la differenza. Io mi farei operare più da un medico cubano che ha due specializzazioni e che le ha sempre esercitate e non da un medico calabrese che si è fatto dichiarare inidoneo da 15 anni».

Un’anticipazione del servizio si può trovare sul sito LanovitàOnline:

La puntata di PresaDiretta di domenica 15 settembre su Rai 3, dedicata alla sanità differenziata, promette di rivelare nuovi dettagli sconvolgenti sulla gestione della sanità, con un focus particolare sulla Calabria. Oltre a un’analisi del divario sempre più ampio tra Nord e Sud, la trasmissione presenterà interventi cruciali che potrebbero gettare nuova luce su affari controversi e irregolarità nel sistema sanitario calabrese. Tra gli ospiti, Santo Gioffré, già commissario straordinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, affronterà temi delicati legati agli “affari” nella sanità locale, con riferimenti a dinamiche poco trasparenti che da anni minano il settore sanitario della regione. Le sue parole potrebbero svelare aspetti sconosciuti al grande pubblico, aggiungendo nuove prospettive all’inchiesta di PresaDiretta. Inoltre, il dottor Enzo Amodeo, noto cardiologo dell’ospedale di Polistena, offrirà uno sguardo privilegiato sulla situazione critica della cardiologia nella sua struttura. Polistena, uno dei presidi ospedalieri simbolo delle carenze della sanità calabrese, è stato spesso al centro di polemiche per la mancanza di risorse e personale. Il suo intervento potrebbe mettere in evidenza le sfide quotidiane di chi lavora in queste condizioni, offrendo un quadro realistico della situazione sul territorio. Questi contributi, insieme all’indagine più ampia condotta da PresaDiretta sulle disuguaglianze tra le regioni, rendono questa puntata un’occasione imperdibile per capire come l’autonomia differenziata rischi di aggravare ulteriormente un sistema già profondamente segnato da squilibri e inefficienze. La Calabria, con le sue strutture inadeguate e una gestione finanziaria disastrosa, rappresenta un esempio emblematico di come il diritto alla salute sia tutt’altro che garantito in alcune zone d’Italia. Con le testimonianze e i racconti raccolti da PresaDiretta, questa puntata potrebbe riservare sorprese e nuovi colpi di scena su uno dei temi più dibattuti e critici del nostro Paese.

Dalla Calabria al Veneto: in questa regione (dove la spesa sanitaria privata è tra le più alte d'Italia) stanno aumentando quelle strutture che offrono servizi sanitari solo a pagamento.
Poi in Francia
dove quest’anno, nonostante sia aumentato il debito pubblico, ha deciso di aumentare il budget della sanità portandolo all’8,7 per cento del Pil, soldi pubblici per finanziare strutture e attrezzature più moderne e aumento dei salari di medici e infermieri. Presa diretta racconterà quali sono state le conseguenze e con quali risultati per i cittadini.

Nella prossima puntata sarà intervista anche Martina Caironi, la straordinaria atleta paraolimpica che ha vinto tanti ori nelle passate olimpiadi, perché si parlerà anche della situazione della disabilità nel nostro paese: l’atleta verrà infatti intervistata assieme al presidente del Coordinamento nazionale famiglie con disabilità Alessandro Chiarini.
In Italia alle famiglie con bambini con disabilità spesso viene comunicato che non è possibile proseguire col percorso terapeutico perché è stato raggiunto il tetto di spesa (per un diritto universale e stabilito dalla Costituzione!): questo è quello che si è sentito dire il signor Sergio Squeglia, sono finiti i fondi per pagare le terapie e basta.
Rosa Peluso è una madre di questi bambini, a Presadiretta racconta la sua storia: “devi star sempre sul chi va là, tu non sai mai se per tuo figlio finiranno il budget e quindi non andrà di nuovo al centro, tanto è vero che stiamo pensando di aumentare le ore [di terapia] privatamente a casa, quelle le devo pagare io..”
Le terapie non sono un qualcosa di superfluo: possono aiutare bambini che hanno difficoltà a parlare, perché poi loro cresceranno, diventeranno giovani, saranno le future generazioni: “stanno pure aumentando i casi” continua Rosa
si pensa solo al livello economico, questi bambini sono numeri non sono persone, questi bambini saranno persone invisibili, se li gestiscono i genitori va bene, altrimenti per la società non esistono ..

Stiamo parlando di più di 3 ml di bambini con disabilità, dal nord al sud, le cui cure, per la colpevole disattenzione della politica, sono spesso solo sulle spalle delle famiglie.
Perché queste persone sono considerate un peso?

La scheda del servizio:

In Veneto, cliniche super attrezzate e centri di prime cure dove ogni prestazione è solo a pagamento. In Calabria, strutture inadeguate e debito regionale non ancora quantificato. La riforma dell'autonomia differenziata allargherà a dismisura il divario nord-sud? Mentre il Governo prepara la manovra finanziaria, sul territorio si comincia a fare i conti con l'autonomia differenziata. PresaDiretta ha raccolto le voci del sì e quelle del no. Secondo gli esperti del Mezzogiorno d'Italia come lo Svimez serviranno 80 miliardi per azzerare il divario nord-sud. E ancora, un viaggio nella sanità calabrese tra presìdi inadeguati e progetti di nuovi ospedali, carenza di operatori sanitari, bilanci delle aziende sanitarie mai presentati e un debito non ancora quantificato. E poi in Veneto, dove la spesa sanitaria privata è tra le più alte d'Italia. E infine in Francia, paese che nonostante la crescita del debito pubblico nel 2024 ha scelto di aumentare all'8,7 % del Pil i finanziamenti per la sanità. Strutture e attrezzature più moderne e aumento dei salari di medici e infermieri.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

14 settembre 2024

Il cane di terracotta, di Andrea Camilleri

 

A stimare da come l’alba stava appresentandosi, la iurnata s’annunziava certamente smèusa, fatta cioè ora di botte di sole incaniato, ora di gelidi stizzichii di pioggia, il tutto condito da alzate improvvise di vento. Una di quelle iurnate in cui chi è soggetto al brusco cangiamento di tempo, e nel sangue e nel ciriveddro lo patisce, capace che si mette a svariare continuamente di opinione e di direzione, come fanno quei pezzi di lattone, tagliati a forma di bannèra o di gallo, che sui tetti ruotano in ogni senso ad ogni minima passata di vento.Il commissario Salvo Montalbano apparteneva da sempre a quest’infelice categoria umana e la cosa gli era stata trasmessa per parte di matre, che era cagionevole assai e spesso si serrava nella càmmara di letto, allo scuro, per il malo di testa e allora non bisognava fare rumorata casa casa, camminare a pedi lèggio. Suo patre invece, timpesta o bonazza, sempre la stessa salute manteneva, sempre del medesimo intìfico pinsèro se ne restava, pioggia o sole che fosse.Magari questa volta il commissario non smentì la natura della sua nascita: aveva appena fermato l’auto al decimo chilometro della provinciale Vigàta-Fela, come gli era stato detto di fare, che subito gli venne gana di rimettere in moto e tornarsene in paese, mandando a patrasso l’operazione.

Lo scorso sei di settembre il maestro Andrea Camilleri avrebbe compiuto 99 anni, la sua morte ci ha privato del piacere della lettura dei suoi romanzi, non mi riferisco solo a quelli con Montalbano, ma anche quelli che aveva dedicato alla memoria della sua Sicilia. Quella lontano dai cliché, quella nascosta, primitiva, la Sicilia colonizzata dai "piemontisi" (come nel Birrario di Preston o nell’incredibile La concessione del telefono), calati dal nord come conquistatori.

Ma quello che abbiamo perso è anche il suo sguardo sul presente, sempre lucido nonostante l'età, nonostante la perdita della vista (forse la beffa peggiore per lui, amante dei libri): lo sguardo su una politica in perenne mutazione per rimanere sempre uguale, l'eterno gattopardo in osmosi con la mafia, che parla alla pancia delle persone non avendo strumenti e capacità per parlare alla loro testa.

Personaggi che sembrano presi dalla commedia, pupi nelle mani di pupari che tutto possono.
Un coraggio e una onestà intellettuale che lo hanno portato nei suoi libri a prendere di petto questa malapolitica, come ne Il giro di boa, con la critica alla legge Cozzi Pini che criminalizza i migranti che arrivano dal sud del mondo, trattati nemmeno come persone, come una minaccia per le nostre vite, proprio come gli ebrei venivano considerati dai nazisti.

Ecco, cosa c'è di meglio per celebrare il suo compleanno che non rileggersi uno dei suoi primi romanzi, come Il cane di terracotta, secondo romanzo della serie di Montalbano, scritto nel lontano 1996 e ambientato nel 1994, trent’anni fa, gli anni del passaggio tra prima e seconda repubblica quando la vecchia politica aveva cercato (riuscendoci) di riciclarsi come il “nuovo che avanza”.


Erano gli anni in cui su un canale privato andava in onda la sera

la rubrica quotidiana dove un ex critico d’arte, ora deputato e opinionista politico, sbavava contro magistrati, politici di sinistra e avversari credendosi un piccolo Saint Just e appartenendo invece di diritto alla schiera di venditori di tappeti, callisti, maghi, spogliarelliste…

Questo romanzo è un giallo, come struttura: c’è un furto fatto passare per scherzo, “garrusiata”, che invece nasconde un pericoloso traffico di armi. C’è un mafioso della “vecchia” mafia che, non riuscendo a mettersi al passo con la nuova mafia, ha il timore di essere gettato fuori strada.
Tano ‘u greco, occhi da statua, senza espressione, che decide di fidarsi di Montalbano ed organizzare una finta cattura, “con tanticchia di tiatro per salvare la faccia”. Perché “lei è uno che le cose le capisce”, dice a Montalbano proprio Tanu ‘u greco: uno che capisce le persone, che sa andare oltre le leggi scritte, arrivando anche ad accordarsi con un pluriassassino. Che di fronte a lui torna ad essere un uomo, non più il temibile capomafia, ma un uomo che si “scanta” della morte, quando un commando di mafiosi, quella della nuova mafia che parla col cellulare e che ha studiato, lo getta fuori strada sparandogli.

Gli fa un ultimo regalo, Tano, prima di morire: in cima alla collina del Crasto (per una vecchia leggenda su un crasto d’oro dentro una grotta), si nasconde un deposito di armi di quella mafia che ha deciso di dargli una liquidazione.

Un furto fatto passare per scherzo e un mafioso arrestato, il sequestro di un deposito della mafia: all’improvviso Montalbano si ritrova a dover partecipare a delle conferenze stampa, “e se mi domandano?” chiede al Questore, per la paura di trovarsi di fronte ai giornalisti. C’è persino il timore di una promozione che lo porti lontano dal suo commissariato, dai suoi agenti, dalla sua Vigata, dalla sua vita di cacciatore solitario, che ha bisogno di far lavorare da solo il suo cervello. Cosa che il vice Augello gli rimprovera: “tu ti sei costruito un commissariato a tua immagine somiglianza..”

Ma il cacciatore solitario si imbatte in un giallo, un omicidio, ben più complicato: dentro la caverna sul Crasticeddru nota un particolare che lo squieta, che non lo lascia in pace. È la scintilla per la scoperta di due cadaveri, un ragazzo e una ragazza, uccisi almeno cinquant’anni prima e deposti dentro una tomba ricavata dalla grotta. Deposti seguendo una specie di rituale particolare: accanto a loro, un bummulo, un contenitore di creta che forse originariamente conteneva acqua, delle monete in una ciotola. E un cane, proprio lui “Il cane di terracotta”, a guardia dei due morti.

Anche il commissario si ritrova, a seguito delle indagini sul furto al supermercato, che è ben più di una “garrusiata”, gettato fuori strada: la convalescenza, a seguito della ferita, lo spinge a dedicarsi a quei due morti, quel ragazzo e quella ragazza abbracciati nella grotta e a cui Montalbano pare di aver distrutto quel sonno eterno che qualcuno aveva loro regalato.

Tutto il resto non ha più importanza: come mai l’assassino li ha deposti seguendo quel rituale? E se non fosse stato l’assassino ma qualcun altro? E poi, chi erano queste due persone?

Inizia così una seconda indagine, un viaggio lungo la memoria dei vecchi, delle persone che appassionatesi a questa storia iniziano ad aiutarlo. Il vecchio preside di Vigata e la moglie, uno studioso esperto nei riti di sepoltura, un vecchio marinaio che aveva servito su una barca ancorata nel porto di Vigata durante la seconda guerra mondiale..
Ed ecco che, quasi magicamente, quella sepoltura trova una spiegazione nel mito dei dormienti, un racconto comune a diverse religioni o culture antiche:

.. La Sura dice che Dio, venendo incontro al desiderio di alcuni giovani che non volevano corrompersi, allontanarsi dalla vera religione, li fece cadere in un sonno profondo all'interno di una caverna. E perché nella caverna ci fosse sempre il buio più completo, Dio invertì il corso del sole. Dormirono per circa trecentonove anni. Con loro, a dormire, c’era pure un cane, davanti all’imboccatura, in posizione di guardia, con le zampe anteriori distese...

Attenzione, non è un’indagine per arrivare a scoprire il nome dell’assassino che, passati cinquant’anni, sarà sicuramente in là con gli anni se non morto.
Montalbano, ma pare di leggere un passaggio dove Simenon parla del suo Maigret, è ossessionato dal perché:

.. dell'assassino non gliene importava tanto, quello che l'intrigava era perché qualcuno, l'assassino stesso forte, si fosse dato carico di spostare i cadaveri nella grotta e d'allestire la messinscena della ciotola, del bùmmulo e del cane di terracotta.

Comprendere i perché, come anche, comprendere i simboli che ogni assassino, ogni persona dietro un delitto, lascia dietro di sé.
In questa storia (dove potete trovare decine di citazioni letterarie, da Dürrenmatt a Pirandello e Sciascia) troviamo la mafia, quella vera, quella ben assestata dentro l’economia, che parla come un manager quando deve tagliare i rami secchi. Quella che va combattuta, secondo certi politici, ma senza fargli troppo la guerra..

Troviamo la morte e anche il risveglio, la morte e anche l’amore, che è destinato a durare per sempre. Troviamo la Sicilia di Montalbano, il suo dialetto, il suo dare un colore agli odori, la sua aggettivazione bastarda, i tanti personaggi che poi troveremo nei successivi romanzi (Catarella, Augello, Fazio, Adelina, Livia l’eterna fidanzata..).

Trasì nella càmmara di letto. Il vecchio si stava godendo un sonno sereno, il respiro lèggio, l'ariata distesa, calma. Viaggiava nel paese del sonno senza più ingombro di bagaglio. Poteva dormire a lungo, tanto sul comodino c'erano il portafoglio coi soldi e un bicchiere d'acqua. Si ricordò del cane di peluche che aveva comprato a Livia a Pantelleria. Lo trovò sopra il comò, nascosto dietro una scatola. Lo pigliò, lo mise a terra, ai piedi del letto. Poi chiuse adascio adascio la porta alle sue spalle.

La scheda del libro sul sito di Sellerio e la pagina dedicata sul sito di Vigata
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


08 settembre 2024

Quasi per caso, di Giancarlo De Cataldo

Campagna romana, lunedì dell’Angelo, 9 aprile 1849

Il giovane piemontese stringeva la carabina e fissava stordito il cadavere, che se ne stava disteso su un mucchio di fogliame, con le braccia aperte e la bocca atteggiata a un beffardo sorriso. Come se nel prendere congedo dal mondo avesse finalmente realizzato di quale grande inganno – lui come chiunque – era stato vittima. Come se volesse dire a chi restava: E ora tocca a voi. Anzi, tocca a te. Vediamo come riuscirai a cavartela, ragazzo, perché una cosa è certa: dalla mia morte non potranno che venirtene guai.

In questo giallo storico Giancarlo De Cataldo ci porta indietro nel tempo, nelle settimane in cui vide luce la repubblica Romana, nell’aprile del 1949, una barlume di speranza per un’Italia più giusta, “democratica” verrebbe da dire, soffocato poi dall’arrivo delle truppe francesi nel luglio 1849. E’ in questo contesto che si svolge la trama di questo racconto che ha come protagonista il maggiore Emiliano Mercalli di Saint Just, dell’esercito piemontese, reduce dalla sconfitta di Novara che costò l’abdicazione a Carlo Alberto, a favore del figlio Vittorio Emanuele.
Prossimo al matrimonio, scopre che la sua amata Naide, ha lasciato Torino per andarsene a Roma: le motivazioni sono tutte nel biglietto che gli ha lasciato

Sono a Roma. Dove si combatte per la libertà. Raggiungimi. Ti amo

Naide

Donna molto avanti per quei tempi, Naide, per i suoi studi in medicina, per essere stata in America per lavoro, nel sentirsi soffocata dal ruolo che quella società costringeva le donne, solo madri, mogli e angeli del focolare.

Sulla soglia del Florio, Emiliano scambio un rapido cenno di saluto con Isacco Artom, il giovane segretario particolare del Conte di Cavour. Si erano conosciuti durante l'inchiesta sul Diaul, e si stimavano reciprocamente. Artom ebreo, ma per Cavour le questioni di razze di credo erano irrilevanti, se non fastidiose. Carlo Alberto, su suo consiglio, aveva smantellato il ghetto e annullato tutti gli odiosi editti contro gli israeliti. Sotto questo aspetto il Piemonte era uno degli stati europei più avanzati.

Emiliano è disposto a giocarsi il tutto per tutto per riportare Naide a casa, anche a disubbidire agli ordini dei suoi superiori che gli intimano di non pensarsi neanche di finire nel mezzo della rivoluzione romana, con Mazzini e Garibaldi, per non creare problemi a casa Savoia.
Ma il destino, nelle vesti del conte di Cavour, ha in mente per lui un ruolo preciso in questa storia: ricorrendo anche all’inganno, il consigliere del re lo costringe ad accettare un incarico molto particolare. Un incarico che gli arriva niente meno che dal re, il “focoso” Vittorio Emanuele

Emiliano dovette fare appello a ogni sua energia per non saltargli addosso. Cavour. Maledetto. Quella serpe non faceva mai niente a caso. Aveva forse bisogno di qualcosa da lui? E di che cosa? All'improvviso, dall'esterno filtrò una voce tonante.
«È qui? È arrivato?» La porta si spalancò. Fece il suo ingresso un giovane non molto alto, bruno, baffuto, in giacca da camera rossa.
«Benso! Ah, bravo, me l'avete portato, bravo!»
Mentre Cavour si alzava pigramente, senza nemmeno accennare ad accantonare il sigaro, Emiliano balzava in piedi e s'inchinava. Era entrato il re.

Si tratta di riportare a casa Aymone Fleury, vecchio compagno d’armi del re, che si è invaghito della moglie del principe Ottaviani-Augusti, Matilde, che ha raggiunto fino a Roma. Emiliano deve riportarlo a casa, in qualunque modo, perché il re e Cavour hanno per Aymone altri piani, tra cui un matrimonio riparatore.
Mente fine quella di Cavour, un vero animale politico che sa come muovere come pedine le altre persone, ricorrendo anche a degli inganni, come per Emiliano. E, soprattutto, sa come andrà a finire questa breve esperienza di libertà a Roma:

«..Mi auguro che vi portiate qui a Torino quel giovane scapestrato di Fleury prima che Roma sia ridotta un cumulo di macerie» siete così pessimista su Roma Conte?»
«Vedete forse una luce in questo oscurità di altre potenze non permetteranno mai che si radichi una enclave sovversiva nel cuore dell'Europa quindi... il destino di Roma è segnato.»

Arrivato a Roma, Emiliano si presenta a Mazzini con una carta firmata dal conte di Cavour: sono tempi strani, da una parte Mazzini è considerato un criminale a Torino, ma a Roma è il capo di un triumvirato che comanda questa Repubblica, “ed è coi capi che si tratta”.

Eccitazione. Fermento. Questo si respirava nell'aria. La cacciata del Papa, la proclamazione della Repubblica, l'arrivo di Garibaldi: una successione di tumultuosi eventi aveva trasformato in pochi mesi la sonnolenta capitale della cristianità nel teatro del più spericolato esperimento dei tempi moderni. Combattenti da ogni parte d'Italia ed Europa si davano convegno all'ombra del Colosseo innalzando la bandiera della libertà contro l'oppressione dei tiranni. La reazione non si era fatta attendere. Gli austriaci avevano rapidamente ripreso il controllo della Ciociaria a sud, e incombevano dai confini settentrionali minacciando le Marche e la Romagna. Dal suo esilio a Gaeta il papa incitava le grandi potenze a ripristinare l'ordine. La flotta francese veleggiava la volta di Civitavecchia.

C’è poco tempo dunque per questa missione: ritrovare Aymone, ritrovare Naide ma, prima di tutto, incontrare Mazzini per avere quel minimo di appoggio in una città sconosciuta, dove ad uno come Emiliano è perfino difficile comprendere quel dialetto così ricco di significati.
Mazzini si dimostra disponibile ad aiutare il giovane ufficiale torinese: ancora una volta è la politica a guidare certe scelte, la piccola repubblica romana non può inimicarsi il piccolo regno sabaudo, chissà che un giorno possa tornargli d’aiuto.

Il giovane Aymone si trova proprio nella tenuta di campagna del principe Ottaviani-Augusti, la Spinosa: il principe del papa non è diventato all’improvviso un carbonaro, ma anche lui ha intuito che di questi tempi avere in casa un compagno di bagordi del re Savoia può fargli comodo, anche se, come tutti, sa che prima o poi sarà nuovamente il papa e i “reazionari” a comandare.
Ma, una mattina, mentre si prepara una battuta di caccia, il cadavere del principe viene trovato in una radura: accanto al corpo, c’è proprio Aymone, col suo fucile in mano e viene subito portato via dal guardiacaccia e successivamente messo agli arresti dalla polizia.

La missione, già difficile prima, diventa ora quasi impossibile: come fare a salvare Aymone dall’accusa di omicidio? Emiliano non può che affidarsi, oltre agli uomini che Ciceruacchio gli ha messo a disposizione, all’aiuto di Naide.
Così, mentre la città si prepara alla guerra, si preparano barricate, attendendo l’arrivo dei francesi, Emiliano e Naide devono scoprire chi altri avrebbe avuto interesse ad uccidere il principe. Perché Mazzini è stato chiaro: non può salvare l’amico di Vittorio Emanuele, deve dimostrare di sapere amministrare la giustizia, dunque ci sarà un processo regolare e alla fine potrebbe esserci pure la pena di morte.
Emiliano ha a disposizione una strana squadra: Naide, che come medico ne sa molto di più di tanti dottori stimati, un giovane ragazzetto a cui si è affezionato, il riccetto e, alla fine, quando ormai tutto sembra perduto, arriva a Roma anche l’amico Gualtiero, una sorta di Sherlock Holmes torinese.

Sullo sfondo di questa indagine, che troverà una sua soluzione nel finale, compaiono personaggi storici realmente esistiti: non solo Mazzini, ma Carlo Pisacane, Goffredo Mameli e il maggiore dei bersaglieri Luciano Manara che era accorso a Roma a combattere per la Repubblica.
Anche il fotografo Stefano Lecchi che, con le sue fotografie darà un contributo alla soluzione del caso, è un personaggio storico: i suoi “calotipi”, gli antenati della fotografia, rappresentano il primo reportage di una guerra in Occidente.
È invece un errore, ma veniale e perdonabile, l’aver retrodatato la nascita della pasta alla carbonara che, come ammette nelle note finali Giancarlo De Cataldo, ha origini nel 1870.

E’ però reale la descrizione del clima politico di quegli anni, gli anni del Risorgimento poi culminati con l’unità d’Italia: i giochi politici delle grandi nazioni (e del piccolo regno Sabaudo, che pure ambiva ad un suo ruolo in Europa), le grandi aspirazioni e gli ideali che mossero tanti giovani a combattere per la libertà. Uomini e soprattutto donne che volevano liberarsi da quelle catene che le intrappolavano nei ruoli che la società dell’Ottocento (ma per certi versi vale anche oggi) le teneva relegate:

Emiliano doveva ammettere che a Roma in quei giorni si respirava un clima di grande libertà. Molte delle grette convenzioni sociali che regolavano la loro vita torinese lì semplicemente non venivano prese in considerazione. Capiva perché Naide si trovasse così a suo agio. A lei le convenzioni erano sempre risultati odiose.

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