28 gennaio 2024

Report – gli allevamenti intensivi, le aziende della Santanché, i fondi della regione Lombardia

PROFUMO D’ORIENTE di Emanuele Bellano

Perché un servizio su come allevano le mucche nella provincia di Tochigi? Perché qui oltre a produrre una carne pregiata da mucche allevate cercando di limitarne lo stress (ma non la morte), qui sono riusciti a ridurre le emissioni degli allevamenti.

Il signor Suzuki mangia lo stesso integratore che da alle mucche: un pezzo di carne di questi manzi arrivano a costare anche 1200 euro al kg, ma qui gli allevatori si sono preoccupati di ridurre gli odoi del letame, con additivi che ne cambiano colore e odore. Il letame smette di emettere ammoniaca e altri gas: potremmo usarlo anche nei nostri allevamenti intensivi per ridurre le emissioni di pm10, per migliorare la vita dei cittadini che vivono nella pianura padana.

Ma qui in Italia questa idea non se l’è filata nessuno: gli escrementi dei nostri allevamenti vengono raccolte in enormi vasche, che non sono coperte (come dovrebbe essere per ridurre le emissioni).

L’ammoniaca rilasciata dai liquami si combina con le emissioni da traffico e da produzioni industriali diventando particolato: in pianura padana ci sono più capi adulti per ettaro, rispetto a quanto prevedono le norme per un allevamento sostenibile.

Alcune aziende agricole usano il letame per alimentare gli impianti di biogas, ma è un meccanismo costoso. Che fare dunque per ridurre le emissioni e anche il riscaldamento?

A Tokio hanno fatto uno studio su come ridurre le emissioni degli allevamenti: Hokkaido è una regione dove ne sono presenti molti, i cui liquami creavano problemi alla popolazione vicina (come nelle nostre province lombarde).

Il liquame è trattato con una sostanza per renderlo inerte, il Quick 2, un prodotto che agisce sulle principali componenti chimiche, con un catalizzatore presente che stabilizza l’ammoniaca.

In questo modo i liquami possono essere usati come fertilizzanti naturali destinati alle coltivazioni e negli impianti industriali.

Ci sono 150 fattorie che usano il Quick2 in Giappone: questa tecnologia è oggi ostacolata dagli allevatori e dalle aziende che producono fertilizzanti, in Italia nessuno si è dimostrato interessato.

Il partner dell’azienda giapponese che produce il Quick2 è un imprenditore friulano, Comino: ha contattato diverse regioni, cominciando dal Friuli.
Nessuno nella regione Friuli ha risposto al signor Comino, come se le tematiche ambientali non siano importanti in regioni. Nessuna risposta dall’associazione allevatori in Friuli, nessuna risposta nemmeno dai produttori del parmigiano.

Stesso discorso dai ministeri e dalle grandi aziende zootecniche.

O è un bluff quello dei giapponesi, oppure in Italia le imprese e gli amministratori non hanno intenzione di ridurre le emissioni da allevamenti, per cui dovremo pagare una multa all’Europa per 2 miliardi.

IL SANTO FALLIMENTO di Giorgio Mottola

Fino a 10 anni fa Ki Group era un’azienda sana, un gioiello nel mondo della produzione biologica: l’azienda viene salvata dal fallimento da una cordata che comprendeva la senatrice Santanché.

Purtroppo da lì è iniziato il declino dell’azienda: Report ha smontato una dopo l’altra le dichiarazioni della ministra in aula, come la sua quota di partecipazione dentro Ki Group, che non era solo al 5%, perché Santanché controllava la Bioera.
Bioera, coi soldi di Ki Group, pagava la crisi di Visibilia: la ministra era presidente di Bioera e aveva un ruolo operativo anche nella Ki Group SRL.

Le stesse dipendenti raccontano a Report di come il suo ruolo fosse operativo e non solo di facciata: presiedeva anche alle riunioni con gli agenti. Un attivismo che le è valso anche una cifra importante come stipendio: 2 milioni lei e 7 milioni l’ex fidanzato.

Lauti compensi che erano proporzionati con l’andamento della società – spiega a Report il consulente Bellavia: anche i loro compensi hanno causato il tracollo dell’azienda che po ha comportato il licenziamento di molti dipendenti di Ki Group, che nemmeno hanno preso la liquidazione.

Erano gli anni 2021 e 2022 in cui Santanché era ancora operativa nell’azienda.

Report ha chiesto una intervista alla ministra, senza aver avuto risposta: l’unico modo è cercare una risposta mentre esce di casa.

Il Tribunale di Milano ha salvato dal fallimento Ki Group SRL grazie ad un esperto: altra notizia buona è che le dipendenti alla fine hanno preso i loro soldi, lo scorso novembre, ma Ki Group non ha pagato gli agenti, solo i dipendenti che stavano avendo una visibilità mediatica e creare problemi alla ministra.

Ki Group ha proposto una conciliazione agli agenti di commercio (a partita IVA), con un accordo per cui a loro è stata riconosciuta solo una parte di quanto dovuto, ma hanno dovuto accettare oborto collo.

La Ki Group deve 9 milioni ai creditori, tra cui anche lo Stato italiano (tramite Invitalia): il Tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento della Ki Group SRL Gli amministratori e i sindaci dovrebbero essere iscritti nel registro degli indagati – spiega a Report il consulente Bellavia – anche per il ruolo operativo dentro l’azienda.

Per risanare i conti di Ki Group Holding è arrivato un amministratore nuovo, Guido Mazzi: ha avuto diverse esperienze manageriali con società che sono finite in fallimento, ci sono due inchieste dove rischia un rinvio a giudizio per bancarotta.

Mazzi – racconta a Report – non ha alcun rapporto con Canio Mazzaro e Santanché, ma la sua nomina arriverebbe da persone riferibili allo studio di Massimo Gabelli, per anni presidente del collegio sindacale delle società Visibilia e Ki Group.

Il proprietario della Ki Group Holding è poi il misterioso fondo Negma.

Il servizio di Report ha poi raccontato della candidatura della commercialista M. Poli nel 2018: il suo operato come commercialista è finito sotto la lente dei pm milanesi, in una indagine sulla famiglia Abilone.

La procura di Milano considera falsi i titoli Petrobas che costituiscono la base del patrimonio della società Leonardo Da Vinci (impresa edile), dell’imprenditore Rosario Abilone: in questa storia si parla di crediti IVA da 200 ml, di una sarta che si è ritrovata proprietaria di una società ..

Art discount di Emanuele Bonaccorsi

Più si indaga sul sottosegretario Sgarbi più vengono fuori storie che gettano una cattiva luce anche sul ministero.

Ora rischia un processo a Imperia per un quadro che varrebbe milioni, un Valentin de Boulogne, che sarebbe stato pagato anche poche migliaia di euro ad un imprenditore.

Quadro che non poteva essere esportato senza autorizzazione del ministero, da qui il reato.

LA LEGGE MANCIA LOMBARDA di Luca Chianca

I 4 miliardi del piano Marshall (per 1700 interventi su infrastrutture, recupero del patrimonio..) hanno risollevato la Lombardia dopo il covid?

Secondo l’opposizione in Lomardia, 2 miliardi sarebbero stati assegnati tramite ordini del giorno e sono finiti in comuni vicini all’area politica della maggioranza.

Il servizio di Report è partito dal caso di Tribiano, dove era sindaco l’attuale assessore alla mobilità Lucente: 3,2 milioni di euro per i3600 abitanti per realizzare due rotatorie per 1,7 milioni di euro non ancora iniziate; un ponte da 500 mila in questa zona, non ancora cantierato; una ciclabile per 500 mila euro e per la ristrutturazione della caserma dei carabinieri non ancora conclusa.

No comment dal comune, il sindaco si è difeso tirando in ballo la città metropolitana, “state facendo false informazioni”: pare che chiedere conto dei finanziamenti sia tabù per questo centro destra, nessuno ne vuole parlare né in regione né in comune.

Accountability questa sconosciuta.

I finanziamenti della regione dovevano essere erogati con dei bandi ma con l’approssimarsi delle elezioni, quasi 2 miliardi sono stati erogati senza bandi, privilegiando i territori da cui provengono i singoli assessori, consiglieri di maggioranza.

Nel frattempo la situazione sui trasposti regionali è quella che tutti i pendolari conoscono: i treni sono gestiti da Trenord, che fa capo direttamente alla regione Lombardia.

L’assessore Lucente, di fronte ai disagi di questi ultimi mesi ha promesso una sterzata: vedremo se sarà sufficiente per far dimenticare i ritardi, le cancellazioni ai pendolari.

Anche su questo l’assessore non ha voluto rispondere (diciamo che la Mortara Milano non sta in cima ai pensieri della regione e dell’assessorato).

L’assessora Terzi – alle infrastrutture – ha raccontato a Report che la regione ha comprato 200 nuovi treni e la situazione cambierà un po’ alla volta.

Report ha raccontato come al comune di Dalmine, 23mila abitanti in provincia di Bergamo, sono arrivati oltre 6,3 milioni di euro per rifare la sede della polizia locale, ristrutturare la caserma dei carabinieri e realizzare una nuova strada di collegamento: proprio qui è stata sindaca tra il 2009 e il 2013 Claudia Maria Terzi, che ha anche firmato la delibera di stanziamento dei fondi insieme al governatore Fontana.

Una cifra quasi pari ai 2,6 milioni arrivati ai 14 comuni che tra i 21 e i 24 mila abitanti in regione.

Tutto normale, perché i finanziamenti non possono essere legati alla popolazione, per non penalizzare comuni piccoli risponde l’assessore Caparini: nel suo paese d’origine Vezza d’Oglio, un paesino di 1466 abitanti in Val Camonica, sono arrivati altri 2,6 milioni di euro.

A Salò è stato finanziato il museo sulla Repubblica Sociale, quella di Mussolini: è un museo di storia, racconta il presidente del museo, né apologia né voglia di nascondere nulla.

Ma era proprio necessario questo finanziamento da 200 mila euro? La mostra non racconta delle stragi nazifasciste e anzi è diventata sede di raduno di nostalgici fascisti. Il finanziamento è arrivato per tramite la consigliera Beccalossi.

Forse sarebbe stato meglio pianificare gli interventi e le spese e non lasciare che a decidere su dove investire fosse la vicinanza politica.

Attorno a Como sono piovuti 100 ml di euro: i consiglieri Fermi e Turba (ex sindaci nel comasco) hanno firmato l’ordine del giorno per finanziare per 16 ml i progetti per la comunità montana.

A Brunate si è finanziato il sentiero adiacente alla funicolare.

Ad Albavilla il progetto Borgo Ospitale ha portato ad un nuovo percorso in bicicletta per bimbi.

Al comune di Longone sono arrivati 493 mila euro per campi da calcio, ma le opere non sono ancora finite.

Fermi a Report ha spiegato di aver voluto finanziare direttamente i territori, senza bandi: ma i 97 ml di euro, in totale, finiti sul territorio comasco, faranno crescere l’economia?

A Como sono arrivati 1 ml di euro, ma perché la legge prevedeva un minimo garantito: i soldi sono arrivati al comune di Como ai tempi dell’amministrazione Landriscina (centro destra), poi basta.

L’impressione è che questi finanziamenti siano stati delle mance concesse per piccole opere, non sempre con dietro progetti con un impatto reale sull’economia. Finanziamenti dati nei giorni prima delle elezioni locali, una specie di strumentalizzazione politica, senza veri progetti dietro (approvati poi). Come a Corsico, dove poi le elezioni le ha vinte il centro sinistra.

I fondi a pioggia e gli ordini del giorno hanno influito sulla campagna elettorale in Lombardia?

La regione ha mandato a Report i dati di un rapporto di Polis: c’è stato un impatto sull’occupazione e sul PIL, ma la Corte dei Conti non è così ottimista come la regione, è mancata la programmazione, non si è finanziata la sanità regionale.

A Cusano Milanino, comune sopra Milano, qui con i soldi della regione hanno finanziato per 50mila euro un piccolo parcheggio fuori dalle scuole del comune: cosa è successo lo spiega il coordinatore del gruppo naturalistico della Brianza, “la beffa delle beffe è che questa è stata presentata come una iniziativa ecologica perché invece che mettere asfalto la base è permeabile, con una soluzione che ovunque è stata realizzata è piena di difetti .. le griglie di plastica si rompono”.
Quindi tra qualche anno dovremmo ripulire il parcheggio da questi pezzi di plastica: i lavori sono stati fatti a settembre 2022 ma già si vedono i primi segni di rovina della grata di plastica.
Anche il nuovo marciapiede avrebbe avuto come obiettivo l’essere sostenibile, almeno nelle intenzioni di chi lo ha costruito, perché fatto di sole pietre, senza aver riempito e livellato le fughe. Dovrebbe essere permeabile ma è una barzelletta perché anche senza portare i tacchi è scomodo camminarci sopra: il coordinatore del gruppo naturalistico la chiama la vendetta del pedone, perché “gli architetti fanno i progetti ma la gente cammina poi dove è comoda”:

Sui sedici posti auto realizzati uno è stato pensato per i disabili: ma manca la rampa per accedere al marciapiede dunque la carrozzina rimarrebbe bloccata.

A Paderno Dugnano sono arrivati 1,7 ml di euro per costruire una pista ciclabile: soldi arrivati tramite l’ex sindaco Alparone, oggi assessore regionale con FDI.
In in consiglio comunale pubblico, il sindaco Casati (centrosinistra) ha commentato come sono stati distribuiti i soldi: “certi comuni, solo perché hanno una certa attinenza politica, portano a casa 500mila euro, come al comune di Senago e al comune di Cormano, 1,2 ml il comune di Assago. Per Paderno ricevo dal consigliere Pase, molto attivo su questa vicenda, solo il bollettino che mi informa sui soldi che da agli altri comuni”.
A Senago con quei soldi hanno finanziato il capo da baseball: nello stesso consiglio comunale il consigliere di opposizione (Lega) Bogani , gli spiega come sono arrivati i soldi al comune vicino (giunta centrodestra), la sindaca ha chiamato diversi consiglieri regionali tra cui anche uno del PD per finanziare quel campo, “lei ha fatto una chiamata a Pase, ha fatto una chiamata a Lucente, ha fatto una chiamata a quelli del PD?”.
Ecco come si fa oggi la politica, con le relazioni, con le telefonate, meglio se a politici vicini. Altro che bandi, altro che scelta dei progetti migliori che arrivano dal territorio.

“è incredibile .. è proprio una cosa per la quale io prendo il telefono e dico guarda ho questa esigenza, mi fai questa cortesia? Stiamo scherzando, non esiste.. Occorre fare bandi e di questi bandi dovrebbero essere informate tutte le amministrazioni e uno partecipa” il commento del sindaco Casati.

A Cormano è stato il consiigliere De Rosa del M%S a far arrivsre dei fondi, sempre a Cormano sono arrivati fondi dal consigliere Alparone, della stessa area politica dell'attuale sindaco. 
Soldi sono arrivati anche grazie ad un ordine del giorno del PD, a firma del consigliere Bussolati.

Oggi la regione Lombardia cresce come tutto il resto dell'Italia, una crescita ferma: la regione non è più la locomotiva, certo non è colpa del piano Marshall, ma l'assenza di una vera pianificazione ha contribuito a questa situazione. 

Anteprima Report – come funzionano i finanziamenti in Lombardia – il caso Santanché e l’inquinamento in Pianura Padana

Come funzionano i finanziamenti del piano Marshall della regione Lombardia, il piano che dovrebbe rilanciare l’economia dopo il covid? Come sono stati spesi i 4 miliardi?

A seguire un servizio che spiega come potremmo ridurre l’inquinamento da particolato sulla pianura Padana. Infine Report torna sul caso della ministra Santanché e sulle sue ex aziende.

Mance e mancette in Lombardia

Con la legge 9 del 2020 la regione Lombardia ha stanziato 4 miliardi di investimenti pubblici per rilanciare l’economia. Come sono stati spesi sul territorio?
Report ha girato le province lombarde tra Milano, Como, Bergamo e Brescia per verificare sul campo quali comuni hanno ricevuto finanziamenti e soprattutto per capire che progetti sono stati realizzati.

Siamo a Cusano Milanino, comune sopra Milan, qui con i soldi della regione hanno finanziato per 50mila euro un piccolo parcheggio fuori dalle scuole del comune: cosa è successo lo spiega il coordinatore del gruppo naturalistico della Brianza, “la beffa delle beffe è che questa è stata presentata come una iniziativa ecologica perché invece che mettere asfalto la base è permeabile, con una soluzione che ovunque è stata realizzata è piena di difetti .. le griglie di plastica si rompono”.

Quindi tra qualche anno dovremmo ripulire il parcheggio da questi pezzi di plastica: i lavori sono stati fatti a settembre 2022 ma già si vedono i primi segni di rovina della grata di plastica.
Anche il nuovo marciapiede avrebbe avuto come obiettivo l’essere sostenibile, almeno nelle intenzioni di chi lo ha costruito, perché fatto di sole pietre, senza aver riempito e livellato le fughe. Dovrebbe essere permeabile ma è una barzelletta perché anche senza portare i tacchi è scomodo camminarci sopra: il coordinatore del gruppo naturalistico la chiama la vendetta del pedone, perché “gli architetti fanno i progetti ma la gente cammina poi dove è comoda”:

Sui sedici posti auto realizzati uno è stato pensato per i disabili: ma manca la rampa per accedere al marciapiede dunque la carrozzina rimarrebbe bloccata.

3,2 milioni di euro sono invece i fondi arrivati al comune di Tribiano di cui era sindaco fino al 2018 l’attuale assessore ai trasporti di FDI Lucente (in questi giorni alle prese anche col caos traporti di Trenord): Report cercato di intervistarlo, inutilmente (e questo spiega perché poi i giornalisti sono costretti a inseguire politici e assessori ai vari eventi).
Report, e magari anche i cittadini lombardi avrebbe voluto chiedere come mai su un paesino di 3600 abitanti sono stati finanziati lavori per 3,2 ml di euro: “io non ne so niente” l’unica risposta ottenuta. Sarà successo a sua insaputa.

Ad Abbiategrasso Report c’era stata due settimana fa ad intervistare il sindaco (in un servizio sul nuovo consorzio mafioso): Luca Chianca è andato alla stazione a chiedere conto della situazione del trasporto regionale ai pendolari “un casino, mancano sempre i treni, a volte ritardano di 15 minuti, a volte fino a mezz’ora quaranta minuti. Poi cancellano i treni e sono tutti affollati e non si riesce a salire, c’è proprio la ressa..”


L’infrastruttura (i binari, la linea elettrica..) è di RFI, i treni sono gestiti da Trenord, società costituita per metà da Trenitalia e dal gruppo Ferrovie Nord Milano: Franco Aggio è presidente di una delle tante associazioni di pendolari che ogni giorno prende questi treni “la gestione di Trenord è comunque di regione Lombardia perché, per i patti parasociali, nominano 4 consiglieri di amministrazione su 6, tra cui l’amministratore delegato..”
La regione si è dimenticata dei pendolari? “Diciamo che non rientra tra le priorità di regione Lombardia ..”
Luca Chianca ha preso uno di questi treni la mattina presto per vedere da vicino cosa succede ogni mattina ai pendolari lombardi, in un giorno di sciopero dei mezzi pubblici a Milano in cui molti di loro sono rimasti a casa. Sulla linea viaggiano convogli del 1982-85, la locomotiva d’Italia viaggia con treni vecchi. E poi gli annunci dei ritardi che, per chi deve andarre a Milano per lavoro o per studio, è un bel problema.
E questo succede tutti i giorni.

Dal milanese a Como, dove sul territorio sono arrivati finanziamenti per 1 ml di euro: “un milione di euro per i nostri bilanci non è che ci cambi la vita” racconta il sindaco Rapinese a Report. Il comune non ha un consigliere di fiducia in regione: “voglio sperare che siano progetti di qualità e che i soldi siano spesi per quei territori e, ribadisco, sulla base di reali necessità”. Ma in che modo sono stati selezionati i progetti in regione? Sulla simpatia, sull’amicizia, sulla vicinanza politica?
“Questo dovrebbe chiederlo a loro” risponde il sindaco “quello che mi sento di dire è che il miglior progetto venga finanziato, non l’amico più caro”.
C’è il rischio che l’amministrazione che ha il gancio in regione, che conosce l’assessore o il consigliere della maggioranza prende i soldi e chi invece è fuori da quel giro perché è all’opposizione non veda un centesimo?

Ha risposto l’assessore Fermi con delega all’università e alla ricerca: “io non so sugli altri territori, ma le posso assicurare che per quanto riguarda la provincia di Como sono stati finanziati progetti indipendentemente dal colore politico”: l’attuale sindaco di Como non ha preso un soldo, però.

I soldi a Como però sono arrivati per altra via: è stato finanziato il sottopasso alla stazione Borghi e la riqualificazione di un impianto sportivo a Villa Olmo – risponde l’assessore, soldi arrivati all’allora sindaco Landriscina espressione del centrodestra.

Luca Chianca ha ricordato all’assessore dei soldi dati fino a tutto il 2022 dall’assessore Comazzi, un mese e mezzo prima delle elezioni, dando soldi a tutti in provincia di Milano e Brescia.

A Paderno Dugnano sono arrivati 1,7 ml di euro per costruire una pista ciclabile: soldi arrivati tramite l’ex sindaco Alparone, oggi assessore regionale con FDI.
In in consiglio comunale pubblico, il sindaco Casati (centrosinistra) ha commentato come sono stati distribuiti i soldi: “certi comuni, solo perché hanno una certa attinenza politica, portano a casa 500mila euro, come al comune di Senago e al comune di Cormano, 1,2 ml il comune di Assago. Per Paderno ricevo dal consigliere Pase, molto attivo su questa vicenda, solo il bollettino che mi informa sui soldi che da agli altri comuni”.
A Senago con quei soldi hanno finanziato il capo da baseball: nello stesso consiglio comunale il consigliere di opposizione (Lega) Bogani , gli spiega come sono arrivati i soldi al comune vicino (giunta centrodestra), la sindaca ha chiamato diversi consiglieri regionali tra cui anche uno del PD per finanziare quel campo, “lei ha fatto una chiamata a Pase, ha fatto una chiamata a Lucente, ha fatto una chiamata a quelli del PD?”.
Ecco come si fa oggi la politica, con le relazioni, con le telefonate, meglio se a politici vicini. Altro che bandi, altro che scelta dei progetti migliori che arrivano dal territorio.

“è incredibile .. è proprio una cosa per la quale io prendo il telefono e dico guarda ho questa esigenza, mi fai questa cortesia? Stiamo scherzando, non esiste.. Occorre fare bandi e di questi bandi dovrebbero essere informate tutte le amministrazioni e uno partecipa” il commento del sindaco Casati.

Marco Franchi sul Fatto Quotidiano ha pubblicato una anticipazione del servizio:

Lombardia Felix: regala 2 miliardi ai feudi elettorali degli assessori

DI MARCO FRANCHI

La Regione Lombardia ha speso circa 2 miliardi di euro per opere costosissime in piccoli comuni centro elettorale di alcuni consiglieri chiave di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. Soldi che rappresentano circa la metà del cosiddetto “Piano Marshall per la Lombardia, “quelli che avrebbero dovuto risollevare dopo il Covid”. La legge regionale è al centro di un servizio di Report, a firma Luca Cianca, che andrà in onda questa sera su Rai3. Qualche esempio? La Regione guidata da Attilio Fontana ha destinato ben 3,2 milioni di euro al comune di Tribiano, 3.600 abitanti in provincia di Milano, dove fino alla scorsa legislatura era stato sindaco Franco Lucente, attuale assessore regionale ai Trasporti. I soldi, quasi 1000 euro ad abitante, serviranno a realizzare due rotatorie per 1,7 milioni di euro non ancora iniziate; un ponte da 500 mila in questa zona, non ancora cantierato; una ciclabile per 500 mila euro e per la ristrutturazione della caserma dei carabinieri non ancora conclusa.

La scheda del servizio: LA LEGGE MANCIA LOMBARDA di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

C’è chi lo chiama Piano Marshall lombardo e chi Piano Lombardia ma probabilmente ce lo ricorderemo come Piano Fontana perché il presidente della Regione ha deciso di metterci la faccia cavalcandolo alle ultime elezioni regionali del febbraio scorso. Ma che cos'è questo piano? È il programma avviato nel 2020 per la ripresa economica della regione Lombardia dopo la diffusione del Covid: ben 4 miliardi di euro per investimenti sanitari, infrastrutture, viabilità, sviluppo sostenibile e digitalizzazione. Un'enorme quantità di denaro calata dall'alto su alcuni comuni della Regione perché la selezione per individuare il progetto da finanziare è dipesa spesso dal colore politico dell’amministrazione. E prima delle elezioni regionali del 2023 che cosa è successo? Il piano Marshall lombardo si è trasformato nella ‘legge mancia’ perché ben 2 mld di euro sono stati distribuiti a pioggia sul territorio. Decine di consiglieri regionali, quasi tutti della maggioranza di governo, e alcuni ex assessori hanno utilizzato soldi pubblici, per aiutare i propri comuni di residenza, quelli vicino al proprio partito o alla coalizione. Un viaggio tra le province lombarde di Milano, Brescia, Como e Bergamo per andare a verificare sul campo quali comuni sono stati finanziati, ma soprattutto quali progetti sono stati realizzati.

Come contenere l’inquinamento in pianura Padana

Viviamo nella zona più inquinata d’Italia, per la conformazione particolare della pianura Padana: colpa del traffico, che aumenterà ancora per i continui investimenti in autostrade e cemento.

Colpa anche degli allevamenti intensivi, quelli che producono carne buona secondo la vulgata governativa, mica come quella da laboratorio.
Report ha fatto quello che avrebbe dovuto fare regione o ministero, andando a
Tochigi a nord di Tokio nelle stalle dove si allevano mucche wagyu, dalle quali si ricava la carne più pregiata al mondo. La filosofia di questo allevamento è che se le mucche sono rilassate, la carne sarà migliore (ricorda molto quello che Vannulo fa con le sue bufale): a terra nelle stalle c’è segatura di cipresso giapponese dall’odore balsamico, per far rilassare le mucche, che sono spazzolate ogni giorno, per eliminare gli insetti dal loro manto. Nelle stalle sono montati degli speaker da cui esce musica (chissà se veramente amano la musica classica, però..).

Ma il motivo per cui Report è andata fin lì è per capire come hanno fatto a rendere inerte il letame e a ridurre le emissioni di gas inquinanti nell’aria.

Potremmo farlo anche qui da noi, in Lombardia, Piemonte ed Emilia, se ci fosse la volontà politica.

La scheda del servizio: PROFUMO D’ORIENTE di Emanuele Bellano

Collaborazione Chiara D’Ambros

La Pianura Padana è una delle zone d'Europa con il più alto livello di inquinamento da particolato PM10 e PM 2,5. A causa dei continui sforamenti dei limiti l'Italia è stata condannata ripetutamente dalla Corte di Giustizia europea e dovrà pagare una multa che rischia di essere superiore ai 2 miliardi di euro. Una delle principali cause di inquinamento da particolato in queste aree è l'industria zootecnica, cioè l'alta concentrazione di animali da allevamento. Il liquame e il letame da loro prodotti rilasciano ammoniaca nell'aria che combinandosi con altre sostanze genera particolato. In Giappone il Daiso KET Institute ha inventato una tecnologia in grado di rendere inerte il letame e il liquame eliminando il cattivo odore e riducendo quasi a zero le emissioni di ammoniaca e di altri gas inquinanti. Il gruppo giapponese che ha inventato questo metodo ha un partner italiano che per anni ha cercato di sensibilizzare istituzioni regionali, nazionali, allevatori, associazioni di allevatori su questo tema cercando di spingerli a provare questa tecnologia. Ma nessuno ha mai voluto ascoltarlo né tanto meno nessuno ha voluto approfondire la questione.

Il caso Santanché

Come se nulla fosse. Ci facciamo scivolare tutto addosso, il conflitto di interessi di Gasparri, il passato imprenditoriale della Santanché, il quadro di Sgarbi..
Ministri, presidenti, deputati, che non ritengono di dover chiarire, spiegare. Gli stessi che stanno spingendo per il premierato per dare al “popolo” un finto potere.

Report stasera torna a parlare delle ex società della ministra del turismo, della brutta fine che han fatto i dipendenti, andando anche a riprendere una parte del servizio di Mottola sul nuovo consorzio mafioso nel milanese: quando cioè, secondo le carte dell’inchiesta dell’antimafia milanese, le mafie spinsero per la candidatura del medico Ceraulo dentro FDI, passando per un avvocato milanese, fondatore della corrente milanese di Daniela Santanché e Mario Mantovani, “Noi repubblicani”.

La scheda del servizio: IL SANTO FALLIMENTO di Giorgio Mottola

Collaborazione Greta Orsi

Dopo le puntate di Report, la Ki Group, gestita per quasi dieci anni da Daniela Santanchè e dal suo ex compagno Canio Mazzaro, ha finalmente pagato la liquidazione ai propri dipendenti. Ma agli oltre 70 agenti commerciali della società, che da tre anni chiedono gli stipendi arretrati, è stato proposto un accordo capestro che puntava a evitare il fallimento di Ki Group, pagando il meno possibile. I lavoratori hanno dovuto accontentarsi delle briciole, ma l'obiettivo non è stato comunque raggiunto. L'azienda, un tempo leader nel settore biologico, è infatti gravata da oltre 9 milioni di euro debiti, di cui quasi 3 milioni con lo Stato. E così, nonostante le strategie messe in campo dai vertici aziendali, il tribunale ne ha dichiarato il fallimento a inizio gennaio. Una sentenza che potrebbe portare all'avvio di una indagine per bancarotta fraudolenta. Report racconterà inoltre le vicende di uno dei protagonisti dell'inchiesta sul consorzio mafioso milanese, mente di una operazione finanziaria basata su crediti Iva ritenuti falsi da oltre 1 miliardo di euro: un commercialista le cui ambizioni politiche si sono incrociate con quelle di Daniela Santanchè.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

27 gennaio 2024

I sommersi e i salvati di Primo Levi


 

Le prime notizie sui campi d'annientamento nazisti hanno cominciato a diffondersi nell'anno cruciale 1942. Erano notizie vaghe, tuttavia fra loro concordi: delineavano una strage di proporzioni così vaste, di una crudeltà così spinta, di motivazioni così intricate, che il pubblico tendeva a rifiutarle per la loro stessa enormità.

E' significativo come questo rifiuto fosse stato previsto con ampio anticipo dagli stessi colpevoli; molti sopravvissuti (tra gli altri, Simon Wiesenthal nelle ultime pagine di Gli assassini sono fra noi, Garzanti, Milano 1970) ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri: «In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. [..] La storia dei Lager, saremo noi a dettarla».

Se in “Se questo è un uomo” la narrazione è concentrata sui ricordi della non vita dentro il lager, scritti nell’imminenza della liberazione con l’obiettivo di non disperdere nulla di quel male, questo secondo saggio di Primo Levi, scritto molti anni dopo, si pone su una prospettiva diversa. Non c’è più l’assillo nel voler testimoniare cosa è stato che nasceva da quell’incubo che assillò Levi come altri sopravvissuti ai lager, il rivolgersi ad una persona cara che si volta e se ne va via: qui Primo Levi vuole fare una profonda, onesta e lucida analisi su quanto successo in Europa col nazismo, andando anche a sfatare i tanti stereotipi che si sono radicati.

Come mai non avete combattuto? Come mai non ve ne siete andati prima dall’Italia, dall’Europa occupata? Come erano i vostri carcerieri, le SS? Erano dei bruti?

Non c’è mai, in nessun capitolo di questo saggio, una parola di odio nei confronti delle SS, dei tedeschi (anzi, l’ultimo capitolo è dedicato alle lettere scambiate con lettori tedeschi del suo Se questo è un uomo), nemmeno quando si parla dell’inutile crudeltà a cui erano sottoposti gli ebrei (come gli zingari, come gli omosessuali) dentro i lager: il dover evacuare in pubblico, un trauma per le persone anziane, il dover far tutto (dal bere alle esigenze corporali) con una sola gamella, il dover rifare ogni mattina il letto rispettando delle regole assurde

«Visto che li avreste uccisi tutti… che senso avevano le umiliazioni, le crudeltà?», chiede la scrittrice a Stangl, detenuto a vita nel carcere di Düsseldorf; e questi risponde: «Per condizionare quelli che dovevano eseguire materialmente le operazioni. Per rendergli possibile fare ciò che facevano».
In altre parole: prima di morire, la vittima doveva essere degradata, affinché l’uccisore senta meno il peso della colpa.

Levi cerca sempre di comprendere, i perché, le cause, con una sola grande motivazione: “È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.”
Attenzione, ci ammonisce tutti quanti, è vero che oggi è difficile che si riproducano le condizioni che hanno portato Hitler al potere: “lo stato di guerra; il perfezionismo tecnologico ed organizzativo germanico; la volontà ed il carisma capovolto di Hitler; la mancanza di solide radici democratiche”, ma un intero paese ha creduto alle favole di Hitler, quando le sue posizioni erano già chiare dopo la pubblicazione del Mein Kampf. Questa è la colpa che l’autore fa al popolo di Goethe, il non aver voluto vedere quanto era sotto i loro occhi

.. c’è chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le spalle, cosí da non vederla e non sentirsene toccato: cosí hanno fatto la maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani

C’è un’altra ammonizione che ci fa Levi: il genocidio del popolo ebraico è stato qualcosa che, si spera, rimarrà un evento unico nel corso della storia. Ma quella violenza contro persone inermi si è riprodotta poi nei decenni successivi senza che il mondo intero avesse imparato la lezione.
Levi scrisse questo saggio prima delle guerre in Iraq o in Afghanistan, quando per esportare la democrazia abbiamo ritenuto, noi occidentali, che qualche migliaio di vittime civili fosse un danno collaterale accettabile. Ma Levi aveva vissuto gli anni del Vietnam, col napalm sui villaggi, il golpe in Cile, i desaparecidos in Argentina.
La memoria da sola non basta:

...anche se un nazismo identico al precedente non ha nessuna possibilità di ripresentarsi, comportamenti come quelli che ne hanno reso possibile l' avvento, non sono invece rari. Levi aveva ragione, la memoria è necessaria; ma oggi noi dobbiamo aggiungere: tuttavia non basta. Perché? Perché tutti noi abbiamo la tendenza a sfruttare la memoria a nostro vantaggio. Se ci identifichiamo con le vittime innocenti, questo ci dà a priori il diritto di esigere riparazioni; se ci identifichiamo invece con eroi irreprensibili, questo ci permette di passare sotto silenzio i nostri misfatti. [dalla prefazione di Tzvetan Todorov]

Se da una parte non traspare mai odio nei confronti dei carnefici, anche il giudizio su quella che lui chiama la “zona grigia” rimane sospeso: il kapo, i detenuti funzionari, i membri dei Sonderkommando, medici come Miklos Nyiszli, l’anatomo patologo (lavorò con Mengele e fu uno dei pochi sopravvissuti di Auschwitz, anus mundi).

Non è facile del resto esprimere un giudizio su queste persone oggi, per noi: uno degli effetti delle condizioni dei campi era quello di togliere alle persone il loro aspetto umano, la dignità, il senso di solidarietà, l’empatia.

In particolare il lavoro nei forni crematori, nella preparazione dei nuovi arrivati alle camere a gas (le docce) era fatto da ebrei dentro queste unità chiamate Sonderkommando:

dovevano essere gli ebrei a mettere nei forni gli ebrei, si doveva dimostrare che gli ebrei, sotto-razza, sotto-uomini, si piegano ad ogni umiliazione, perfino a distruggere se”.

Attenzione, Levi sa benissimo e lo ripete continuamente, tutto questo (le botte prese dai kapo, gli ordini urlati in faccia, uno choc per i nuovi arrivati che nemmeno conoscevano la lingua) non cancella il fatto che da una parte c’erano le vittime e dall’altro i carnefici.

Ma Levi non dimentica il “senso di colpa” e di vergogna che rimase addosso a lui, come ad altri superstiti una volta liberati, una volta cioè in cui era stata restituita loro la dignità umana. La possibilità di pensare come un uomo.
Era il senso di colpa per quel pane non condiviso col compagno, per quella volta che non avevi voluto ascoltare i lamenti di quell’uomo nella stessa baracca a fianco a te.

Il senso di colpa per aver rubato: “alle cucine, alla fabbrica, al campo, insomma «agli altri»”.

Eccolo, il senso del titolo, i sommersi e i salvati:

Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo. Chi lo ha fatto, chi ha visto la Gorgone, non è tornato per raccontare.

Se questi erano le vittime, come Primo Levi, chi erano dunque le SS? È una delle domande che più spesso sono state fatte allo scrittore, nel corso degli anni. Anche questo rappresenta uno stereotipo che va cancellato: non erano bestie, non erano mostri. Erano uomini come noi, “fatti della nostra stessa stoffa, erano esseri umani medi, mediamente intelligenti, mediamente malvagi”.

Uomini come Stangl, comandante di Treblinka, o burocrati come Eichmann, il volto della “banalità del male” (per citare un altro importante saggio sulla Shoà di Hannah Arendt):

“avevano il nostro stesso viso ma erano stati educati male. Erano, in massima parte, gregari e funzionari rozzi e diligenti: alcuni fanaticamente convinti del verbo nazista, molti indifferenti, o paurosi di punizioni, o desiderosi di fare carriera, o troppo ubbidienti. Tutti avevano subito la terrificante diseducazione fornita e imposta dalla scuola quale era stata voluta da Hitler e dai suoi collaboratori”.

Eccolo, dunque, il punto finale: non solo la memoria, ma l’educazione. L’educazione al pensiero libero, al non lasciarsi assoggettare dalla pigrizia mentale, alle belle parole del leader di turno.

Viviamo tempi difficili oggi, se nel mondo non ci sono Hitler, non mancano leader forti a capo di nazione che dispongono dell’arma atomica che hanno dimostrato scarso amore per le libertà. Le libertà di pensiero, delle minoranze, delle opposizioni.

Abbiamo accettato le guerre per la democrazia, la violenza di Stato, in questo momento sta soffiando in occidente un brutto vento di guerra, si sta facendo passare il messaggio falso che le guerre sono inevitabili:

.. di guerre e di violenze non c’è bisogno, in nessun caso. Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno ad un tavolo, purché ci sia la volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca..

La scheda del libro sul sito di Einaudi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

25 gennaio 2024

È avvenuto, può accadere di nuovo - l'incomunicabilità dentro il lager

Una buona parte delle dei deportati moriva nei primi giorni perché non conosceva alcuna parola del tedesco parlato dalle guardie, coi loro ordini urlati in faccia.

Nessuno ti spiegava cosa dovevi fare, cosa i guardiani si aspettavano da te: il linguaggio era un problema principalmente per gli italiani, specie quelli catturati dopo il 1943, Primo Levi ricorda in uno dei capitoli de I sommersi e i salvati quanto per lui sia stato fondamentale per sopravvivere avere un minimo di conoscenza del tedesco, grazie ai suoi studi di chimica.

Noi abbiamo vissuto l’incomunicabilità in modo piú radicale. Mi riferisco in specie ai deportati italiani,[..] Per noi italiani, l’urto contro la barriera linguistica è avvenuto drammaticamente già prima della deportazione..

Ma anche superati i primi giorni, all'interno delle baracche, sui luoghi di lavoro, non c'era alcuna forma di comunicazione "civile" tra i deportati.

Si imparavano a memoria il proprio numero, quello tatuato sul braccio, il numero della persona prima di te nella fila per il rancio, per non perdere il posto.

Anche l'assenza di qualsiasi forma di comunicazione, il passaggio ad un linguaggio "da animali" è stato un altro passaggio verso l'abbrutimento dell'uomo.

Nessuna forma di comunicazione, di discussione, la fine dell'uomo come essere pensante.

Tutto questo si ricollega ad un altro tema, che chi ha letto Orwell ha ben compreso: nelle dittature si tende a ridurre l'espressività del linguaggio, il ragionamento deve essere binario, senza sfumature, senza alcuna concessione alla complessità del mondo.

Da qui l'osservazione che fa Levi: quando muore per inedia la discussione, dilaga l’ignoranza delle opinioni altrui, trionfano le opinioni imposte

24 gennaio 2024

È avvenuto, può accadere di nuovo - Il tema della vergogna (I sommersi e i salvati )

Un altro capitolo importante ne I sommersi e i salvati riguarda le domande a fine prigionia: chi sono quelli che si sono salvati dallo sterminio? Perché io e non altre persone, più meritevoli?

Come mai molti dei sopravvissuti hanno provato, al termine della prigionia nell'inferno in terra, un senso di vergogna?

In quel momento, in cui ci si sentiva ridiventare uomini, cioè responsabili, ritornavano le pene degli uomini: la pena della famiglia dispersa o perduta;..

Si ridiventava uomini fuori dal campo, all'improvviso ci si rendeva conto del male che si era fatto dentro il campo, quella volta che non avevi condiviso il pane col tuo compagno di baracca, o quel poco di acqua che scendeva da un tubo per placare la sete:

Sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della «zona grigia», le spie. Non era una regola certa (non c’erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sí innocente, ma intruppato fra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione,

Era la vergogna per la consapevolezza che "avevamo sopportato la sporcizia, la promiscuità e la destituzione soffrendone assai meno di quanto ne avremmo sofferto nella vita normale".

Prima bisognava badare a sé stessi, poi, se c'era la forza, il tempo, la pazienza.

Lo ripeto, non siamo noi, i superstiti, i testimoni veri. È questa una nozione scomoda, di cui ho preso coscienza a poco a poco, leggendo le memorie altrui [..] Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo. Chi lo ha fatto, chi ha visto la Gorgone, non è tornato per raccontare.

È avvenuto, può accadere di nuovo - La zona grigia

Con grande onestà intellettuale, Primo Levi in "I sommersi e i salvati" parla anche della zona grigia, tra le vittime e i carnefici: si tratta dei detenuti dei lager diventati Kapo, che avevamo un piccolo potere con cui pensare di sopravvivere qualche giorno, qualche mese in più.

Sono i detenuti che si occupavano delle camere a gas e della cremazione, i Sonderkommando, vittime anche loro, pronti ad abbaiare ordini contro altri ebrei che non erano pronti a spogliarsi per la "doccia" che li avrebbe igienizzati.

Ogni vittima è da piangere, ed ogni reduce è da aiutare e commiserare, ma non tutti i loro comportamenti sono da proporre ad esempio. L’interno dei Lager era un microcosmo intricato e stratificato; la «zona grigia» di cui parlerò più oltre, quella dei prigionieri che in qualche misura, magari a fin di bene, hanno collaborato con l’autorità, non era sottile, anzi costituiva un fenomeno di fondamentale importanza per lo storico, lo psicologo ed il sociologo.

I primi colpi nel lager, ricorda lo stesso Levi, spesso arrivavano da un altro prigioniero come te, con la divisa a strisce, colpi a cui era pericoloso rispondere.

Nel lager l'abbrutimento, la regressione messa in atto dai nazisti, che fosse studiata o meno, aveva distrutto quel senso di solidarietà tra uomini: il nuovo arrivato era un estraneo, un concorrente alla lotta per il cibo. Tra i prigionieri ce ne erano di privilegiati, chiamatia a gestire quei compiti burocratici (tra cui anche il controllo della piegatura delle coperte) che non mancavano neppure in un luogo di sterminio, prigionieri funzionari che magari parlavano una lingua che non conoscevi e che, come ammette lo stesso Levi, costituirono una buona parte dei sopravvissuti.

Si riproduceva cosí, all’interno dei Lager, in scala piú piccola ma con caratteristiche amplificate, la struttura gerarchica dello Stato totalitario, in cui tutto il potere viene investito dall’alto,

I kapo, i detenuti funzionari e infine i membri dei Sonderkommando: detenuti su cui Levi sospende ogni giudizio, ebrei che doveano uccidere altri ebrei, spogliarne i cadaveri, metterli nei forni in cambio di qualche privilegio

.. si rimane attoniti davanti a questo parossismo di perfidia e di odio: dovevano essere gli ebrei a mettere nei forni gli ebrei, si doveva dimostrare che gli ebrei, sotto-razza, sotto-uomini, si piegano ad ogni umiliazione, perfino a distruggere se stessi

Una scelta voluta, far ricadere sigli ebrei anche questa colpa.

Erano vittime anche loro, perché i nazisti uccidevano i membri di questi gruppi ogni due-tre mesi perché nessuno potesse testimoniare dello sterminio.

Ripeto: credo che nessuno sia autorizzato a giudicarli, non chi ha conosciuto l’esperienza del Lager, tanto meno chi non l’ha conosciuta.

23 gennaio 2024

È avvenuto, può accadere di nuovo - il dovere della memoria

Le prime notizie sui campi d'annientamento nazisti hanno cominciato a diffondersi nell'anno cruciale 1942. Erano notizie vaghe, tuttavia fra loro concordi: delineavano una strage di proporzioni così vaste, di una crudeltà così spinta, di motivazioni così intricate, che il pubblico tendeva a rifiutarle per la loro stessa enormità.

E' significativo come questo rifiuto fosse stato previsto con ampio anticipo dagli stessi colpevoli; molti sopravvissuti (tra gli altri, Simon Wiesenthal nelle ultime pagine di Gli assassini sono fra noi, Garzanti, Milano 1970) ricordano che i militi delle SS si divertivano ad ammonire cinicamente i prigionieri:

«In qualunque modo questa guerra finisca, la guerra contro di voi l’abbiamo vinta noi; nessuno di voi rimarrà per portare testimonianza, ma se anche qualcuno scampasse, il mondo non gli crederà. Forse ci saranno sospetti, discussioni, ricerche di storici, ma non ci saranno certezze, perché noi distruggeremo le prove insieme con voi. 

E quando anche qualche prova dovesse rimanere, e qualcuno di voi sopravvivere, la gente dirà che i fatti che voi raccontate sono troppo mostruosi per essere

creduti: dirà che sono esagerazioni della propaganda alleata, e crederà a noi, che negheremo tutto, e non a voi. La storia dei Lager, saremo noi a dettarla».

Da I sommersi e i salvati di Primo Levi Einaudi editore - Prefazione

Eccola, l'importanza della memoria, seppur attraverso i ricordi (a volte fallaci, lo ricorda lo stesso Levi), da tramandare, generazione dopo generazione: ricordare cosa è successo in Europa negli anni quaranta del secolo passato.

Altrimenti la storia che rimane, passati gli anni, diventa la narrazione del vincitore, quella di comodo. Anche per le nostre coscienze.

22 gennaio 2024

È avvenuto, può accadere di nuovo - la lezione dimenticata della storia

 ...anche se un nazismo identico al precedente non ha nessuna possibilità di ripresentarsi, comportamenti come quelli che ne hanno reso possibile l' avvento, non sono invece rari. Levi aveva ragione, la memoria è necessaria; ma oggi noi dobbiamo aggiungere: tuttavia non basta. Perché? Perché tutti noi abbiamo la tendenza a sfruttare la memoria a nostro vantaggio. Se ci identifichiamo con le vittime innocenti, questo ci dà a priori il diritto di esigere riparazioni; se ci identifichiamo invece con eroi irreprensibili, questo ci permette di passare sotto silenzio i nostri misfatti. Basta cioè cambiare luogo, etichetta, circostanze, e non vediamo più nessun buon motivo per trarre dal passato lezioni che potrebbero applicarsi anche a noi. I resistenti e i combattenti francesi della Seconda guerra mondiale non ignoravano gli orrori nazisti; eppure questo non ha impedito loro, dopo la Liberazione, quando occupavano posti di comando nell' esercito o nel governo, di reprimere nel sangue le richieste di un po' più di autonomia fatte dalle popolazioni delle colonie: 15 000 morti a Sétif, in Algeria, nel 1945; 40 000 morti in Madagascar, nel 1947 - prima di arrivare all' uso sistematico della tortura, ancora in Algeria, a partire dal 1954. I dirigenti israeliani non ignoravano niente, se ne può essere certi, delle persecuzioni subite dagli ebrei durante la guerra; ciò non ha impedito loro, in diversi momenti della storia recente, di perseguitare a loro volta i palestinesi che avevano il torto di trovarsi ancora su quella terra che aveva smesso di essere la loro. Non era un genocidio, fortunatamente; ma se prima di indignarsi bisogna aspettare che le sofferenze umane raggiungano l' apice di Auschwitz, allora si potrà ancora per molto tempo, e con la coscienza tranquilla, fare orecchie da mercante ai lamenti di uomini e popoli. 

Non è dunque necessario che siano presenti tutte le caratteristiche tipiche dello Stato totalitario perché ricompaiano alcune delle sue pratiche. Levi lo sa bene: la violenza illegittima (se non «inutile») non è prerogativa solo dei regimi nazisti e comunisti, si incontra anche negli Stati autoritari del Terzo mondo e anche nelle democrazie parlamentari. 

I sommersi e i salvati di  Primo Levi Einaudi - dalla prefazione di Tzvetan Todorov

Sono parole importanti, quelle dello storico Todorov, contenute nella prefazione del libro di Levi, perché ci svelano l'ipocrisia dell'occidente, capace di vedere gli orrori degli altri ma incline a perdonarsi le proprie. In Iraq, in Afghanista,

Parole che acquistano un valore ancora più importante oggi, con la guerra a Gaza, con le tante, troppe vittime civili.

La storia non ha insegnato nulla.

21 gennaio 2024

Report – chi comanda a Roma, l’insindacabile senatore e l’auto solare

GUIDA IL SOLE - un futuro solare di Michele Buono

L’anteprima della puntata è dedicata al sogno visionario di alcuni studenti, ingegnere, insegnanti siciliani alla guida di una spider blu in Australia. Gente che ha costruito un prototipo di auto ad energia solare: l’auto è stata progettata è costruita dentro i container post terremoto del Belice (nel 1968), il comune ha concesso loro lo spazio fino al 2024 (luce e acqua compresi), ci sono stati aiuti anche da qualche impresa. Ma il salto lo hanno compiuto quando hanno deciso di fare una gara, in Australia appunto, su una strada assolata e lunga migliaia di km.

Sarebbe bello se questa favola avesse un futuro, un futuro solare come il nome di questo gruppo di persone.

Sporcarsi le mani, provare un’idea e vedere se funziona e così via – questa la filosofia del gruppo: la loro prima vettura si è chiamata Archimede 1, poi la versione 2. Nel 2018 hanno partecipato alla competizione delle auto solari in Belgio, da lì poi sono passati ad Archimede 2, con un modello più accattivante.

Tutti hanno lavorato per un’automobile ad energia solare la più efficiente possibile, con materiali riciclabili a fine vita del veicolo e allo stesso tempo resistenti.

A questo progetto hanno partecipato studenti delle scuole superiori, di ingegneria, per essere pronti alla competizione mondiale in Australia: batterie, il software, le simulazioni sui componenti..

Moak Caffè è un’azienda che produce caffè a Modica, GLS è un’azienda di logistica nella Sicilia orientale, Ricca IT: sono aziende che hanno sponsorizzato i ragazzi di Futuro Solare, puntando sulla loro idea con l’obiettivo comune di fare sinergia, sebbene su settori diversi.

Passo dopo passo la macchina solare prende forma, giusto in tempo per la gara.

Da una parte aziende automobilistiche che abbandonano l’Italia e dall’altra un gruppo di persone che si lanciano in una competizione mondiale senza un euro in tasca.

Michele Buono ha fatto da lobbista per trovare fondi per far sì che il sogno diventasse realtà: far sì che questo prodotto diventi un auto che si produce in serie. Non mancano in Sicilia ingegneri gestionali, esperti in marketing, chimici. Non mancano nemmeno spazi dove produrre l’auto, anche spazi dove coltivare la canapa o la juta per i componenti del prototipo.

Dal prototipo al progetto di una city car solare: ST Microelectronics si è dimostrata interessata in questo prodotto, loro producono chip da usare per le celle fotovoltaiche, per rendere l’auto ancora più efficiente.

Eccola la politica industriale, quella che manca oggi da parte della politica, che ha scelto di non guidare più: un network di aziende per produrre queste auto, un porto come Gioia Tauro per l’esportazione delle vetture e per l’assemblaggio.

Si usa lo spazio che una volta era in concessione alla Isotta Fraschini e che oggi appartiene al demanio.

Il giornalista ha contattato Grimaldi, che ha offerto un passaggio alla nave verso l’Australia passando per Anversa: obiettivo Darwin da dove parte la gara e che i ragazzi hanno raggiunto in treno.

Obiettivo della World Solar Challenge è dimostrare al mondo che le macchine possono muoversi anche senza motori a benzina.

La comunità degli italiani in Australia ha aiutato i ragazzi di futuro solare, costretti a rimanere a Darwin più giorni del previsto: poche ore per i test, per le verifiche strutturali, per le prove su pista.

Purtroppo Archimede non ha potuto gareggiare, ma ha potuto lo stesso partecipare alla gara: gli altri team sono stati finanziati e supportati da altre aziende, non come Futuro solare.

Ma l’importante era esserci sulla Stuart Highway, per fare test su questa lunga strada da Darwin a Melbourne e ottenere dei dati preziosi. Altri dati preziosi sono arrivati dai satelliti: la Planetek Italia è un’azienda siciliana che elabora dati dai satelliti, questi saranno usati da Futuro Solare per trovare il percorso migliore, quello con la maggiore esposizione solare.

Un giorno questo dialogo tra satelliti e auto solare avverrà in automatico, magari aggiungendo anche la guida automatica: lo hanno fatto a Parma di Vislab, oggi Ambarella (sono stati comprati dagli americani). L’idea è far diventare la city car come un’auto in car-sharing, chiamata dai clienti via app e che a fine giornata va a posteggiarsi da sola in grandi silos.

Meno auto in circolazione, meno costi energetici, meno inquinamento: i comuni potrebbero essere interessati? Il presidente di Anci, Decaro, si è detto interessato a queste auto solari, che nemmeno sovraccaricano la rete elettrica.

I comuni metteranno a disposizione tutto quello che servirà per questo progetto: se il mercato esiste si può pensare ad una leva finanziaria, per esempio fondi che arrivano da Cassa Depositi e Prestiti.

Alla fine gli italiani sono arrivati al gran finale ad Adelaide: con scienza, impegno e anche un pizzico di arte. Battendo quel luogo comune dei ragazzi siciliani che sono rassegnati al loro futuro.

L’INTOCCABILE di Carlo Tecce e Lorenzo Vendemiale

Il senatore Gasparri è presidente di Cyberealm, che è un contenitore di azioni di società che si occupano di sicurezza, con appalti anche in Italia (alcuni appalti sono stati sponsorizzati anche da una telefonata del senatore).

In questa società si trovano persone legati ai servizi israeliani, alcuni coinvolti oggi nel conflitto contro Hamas. Come presidente deve curare gli interessi dell’azienda, ma di questo suo ruolo non ha informato il Senato e la giunta delle immunità, di cui era pure presidente.

Dopo la denuncia di Report la giunta delle immunità ha decretato compatibile Gasparri presidente col Gasparri senatore: tutto in pochi giorni prima di Natale, per far passare al governo una serena festività.

Gasparri ha scritto una lettera riservata al presidente La Russa, dove ammette di non aver comunicato la carica, delegando alla giunta di decidere sulla sua decadenza: l’iter si è svolto velocemente racconta il membro dei 5s. I membri di destra, assieme a Scalfarotto, ha votato contro la scelta di dare i documenti a Report, alla faccia della trasparenza: secondo Italia Viva è la politica che decide cosa è rilevante, ovvero può essere noto ai cittadini.

Alla fine a decidere delle sorti di Gasparri sono stati i senatori di centro destra dentro il comitato ristretto: un parlamentare della Lega racconta a Report di come in quei giorni il senatore della Lega Potenti, della giunta per le elezioni, raccontava che c’era l’ordine di scuderia di salvare Gasparri, non c’era nemmeno bisogno di fare alcun atto istruttorio.

A quanto racconta il servizio il ruolo di Gasparri è strategico, per i suoi legami decennali con la politica (altro che ruolo di facciata): un compito da lobbista in un ruolo che in altri paesi sarebbe considerato in conflitto di interessi.

Ma alla fine la giunta si è accontentata dell’autocertificazione di Gasparri, come ha ammesso persino Scalfarotto: “ma questo è un senatore della repubblica… lei non è un tribunale”.

Il problema sono le inchieste giornalistiche, “una deriva preoccupante”. Questo è il concetto della Stampa da parte dei nostri rappresentanti.

Nemmeno la presidenza del Senato farà sanzioni contro il senatore (creando un pericoloso precedente), ma potrebbe interessarsene il Copasir: nel frattempo sono arrivare le denunce o le minacce di denunce a senatori e deputati del M5S.

VIZI CAPITALI – grande raccordo criminale di Daniele Autieri

A Milano le tre grandi mafie si sono unite in un consorzio: la scorsa puntata di Report aveva raccontato di come si sta muovendo questo consorzio al nord e a Milano, dei nuovi boss che si muovono senza problemi sul territorio, dell’inchiesta dell’antimafia milanese che era stata stoppata dal GIP che non aveva confermato le richieste di arresto.

Mafie che oggi sono penetrate nel tessuto imprenditoriale e politico.

A Roma la situazione è diversa: i grandi gruppi mafiosi si stanno facendo la guerra per il controllo del territorio, per lo spaccio della droga.

L’omicidio del capo ultras Diabolik rientrerebbe in questa guerra: assieme al compare Fabietti riforniva di droga Roma, ma alla avrebbe fatto il passo più lungo della gamba, andando a bruciarsi come Icaro, scontrandosi con Michele Senese, boss della Camorra, oggi in carcere.

Piscitelli era cresciuto con Gennaro Senese: sarebbe stato ucciso perché ad un certo punto non avrebbe riconosciuto alla famiglia Senese la quota del traffico della droga.

Il tribunale di Roma ha spedico alcuni criminali condannati in una comunità a Roma: uno di questi è scappato questo agosto, mentre era in una specie di villeggiatura, altro che carcere.

Il servizio di Daniele Autieri si è occupato anche dell’omicidio di un ragazzino, Alexandru Ivan nel parcheggio della metropolitana della linea C: una lite che è poi sfociata in altro, dove dietro ci sarebbero ancora interessi di droga tra famiglie concorrenti.

Si è costituito per questo reato un rom sinti che sui social ostentava la sua ricchezza: secondo un testimone di Report i Petrov sarebbero parenti ai Casamonica, una potente famiglia che si occupa di spaccio e di usura.

A Roma ce ne sono tante, di persone anziane, spesso pluripregiudicati, chiamati “retta” che in cambio di poche centinaia di euro offrono le loro case per nascondere la droga. Nell’abitazione di uno di questi – come mostra l’anteprima del servizio - i falchi della squadra mobile di Roma hanno trovato duecento grammi di cocaina, divisa in 520 dosi pronte per essere vendute. Lo spacciatore fa un fischio, il vecchio si sporge dalla finestra e la merce finisce nella piazza.

Le vedette che presidiano il quartiere del Quarticciolo si danno la voce, hanno visto il prete don Antonio Coluccia, militante e sotto scorta che, col suo megafono, presidia le più grandi piazze di spaccio di Roma: “gli spacciatori prendono e staccano la luce” racconta a Report di fronte ad una armadio elettrico manomesso “vedi, le luci non ci sono? Questo lampione è spento..” Lo spaccio ha bisogno del buio, perfino gli alberi nel quartiere sono stati potati per evitare di essere usati come nascondiglio.

I vicoli della borgata oggi sono popolati da pusher, da ragazzini anche in cerca di droga.
“Questi si prendono la libertà, ve la rubano la libertà” grida dal suo megafono: anche a Tor Bella Monaca, altra piazza di spaccio, lo conoscono in tanti a questo prete coraggioso e i suoi messaggi contro la camorra che si sta impossessando del territorio, delimitando la libertà delle persone.

In piazza si incontrano anche strani personaggi, uomini che lo accusano di fare i soldi con le sue accuse “mediatiche”: personaggi magari legati allo spaccio che vedono in questo prete un problema per i loro affari. Insieme a San Basilio, Tor Bella Monaca è un supermarket della droga aperto 24 ore al giorno, dove si vende di tutto hashish, eroina, droghe sintetiche e la migliore bamba di Roma.

Quartieri rovinati dallo spaccio, che sta assoggettando le persone, rendendole schiave di organizzazioni criminali che “rubano il futuro ai bambini”.

Il prete deve girare per questi quartieri con la scorta, armata con mitra. A Roma, non a Medellin.

Il servizio di Report racconterà anche degli effetti del consumo delle droghe, intervistando il presidente della fondazione Villa Maraini, Massimo Barra: da oltre 40 anni si occupa del recupero dei tossicodipendenti Roma, ogni giorno 700 persone bussano alla sua porta.

Al giornalista racconta di come, ogni giorno, dalle 200 alle 450 persone a Tor Bella Monaca chiedano aiuto alla fondazione per problemi di tossicodipendenza, “[la droga] è il più grande business mondiale insieme a quello delle armi. Ho preso una mappa di Roma e ho messo un puntino nero sulle case dei nostri clienti, ed erano in tutta Roma. Parioli, quartieri bene e quartieri male, la droga è democratica ..”
Le mafie sanno che la droga è democratica e che Roma è il più grande mercato di Italia, fiumi di cocaina invadono le strade della città e abbattono confini, origini e classi sociali. Anche chi vive nelle zone bene della città sale in macchina e raggiunge la periferia per acquistare la sua dose di cocaina. Quartieri sorvegliati da vedette che poi sono bambini di 10-12 anni.

A San Basilio, in una piazza di spaccio, c’era un progetto di riqualificazione che è rimasto in sospeso per anni – lo ha raccontato l’ex sindaca Raggi: c’è voluto un anno per ristrutturare una palazzina usata come ricovero per gli spacciatori.

I criminali controllano le piazze di spaccio anche con l’uso di droni, non solo con ragazzini a far da vedette.

Secondo il procuratore Lo Voi il traffico di stupefacenti a Roma è fuori controllo, tanto è alto.

Il garante di tutto il traffico di droga è la ndrangheta, soprattutto per i grandi carichi spiega a Report il Gico di Roma: egemone è il clan Alvaro, potere celebrato anche da un matrimonio tra gli Alvaro e una famiglia mafiosa celebrato proprio a Roma.

La cosca Alvaro si occupa di droga, usura e si è anche mossa per entrare in Parlamento, candidando loro parlamentari dentro Forza Italia – lo raccontano le carte del ROS che ha seguito le indagini dal 2007.

Le informative raccontano dei tentativi di incontrare Berlusconi, anche a palazzo Chigi, di sponsorizzazioni ai circoli della libertà in Calabria.

Per consolidare la loro posizione gli Alvaro hanno stretto accordi con i Senese e i Moccia: c’è una zona grigia che supporta gli Alvaro nelle loro attività commerciali, dopo che si sono presi bar, locali e negozi. Posti dove vige l’illegalità, contributi non versati, norme di sicurezza non rispettate.

Nonostante i sequestri, nonostante la presenza di amministratori scelti dalla DIA, gli Alvaro arrivano a minacciare persino questi rappresentanti dello Stato.

Anche a Roma però le mafie hanno stretto accordi per spartirsi la torta: il servizio ha raccontato di una cena tra gli Alvaro e i Moccia (che sono legati al clan Senese), per mettersi d’accordo sugli affari senza farsi una guerra tra ndrangheta e camorra.

Piazza Vittorio è la pancia multietnica di Roma – continua il servizio di Report - un giardino monumentale circondato dal mondo: call center indiani, minimarket del Bangladesh, ristoranti etiopi e locali cinesi, tanti locali che vendono di tutto, dal cibo alla chincaglieria, dai telefoni rigenerati ai tessuti. Cosa c’è dietro alcuni di questi locali?

“Arrivavano persone con degli zaini ” racconta ancora il comandante del Gico di Roma “con dentro buste plastificate, avevamo la percezione che erano buste pesanti, entravano all’interno di questi esercizi commerciali, rimanevano all’incirca una quindicina di minuti e dopo uscivano con questi zainetti, o queste buste accartocciate, quindi evidentemente era stato consegnato qualcosa.”
Molti dei cinesi che hanno aperto attorno alla piazza sono invisibili e sfruttando la loro invisibilità hanno messo in piedi la più grande lavatrice di denaro sporco di Roma e forse dell’Italia intera.
“Noi abbiamo certificato che quasi tutte le organizzazioni criminali si recano presso questi centri di raccolta occulta per consegnare denaro” continua l’ufficiale del Gico.

A quanti milioni di euro ammonta il giro di riciclaggio? “Nel periodo post covid la modalità di riciclaggio viene modificata per forze di cose, ma noi abbiamo ricostruito alla lettera movimentazioni per all’incirca 53ml di euro.”
Il 4 ottobre scorso gli investigatori del Gico della Finanza hanno arrestato 33 persone considerati ai vertici di una rete di riciclaggio internazionale che ha come base operativa proprio i negozi di tessuti attorno a piazza Vittorio. I soldi riciclati sono quelli delle mafie italiane: la ndrangheta lascia 3 ml in un negozio cinese per un carico dall’Ecuador e nel paese sudamericano i narcos si prendono da un altro negozio cinese i 3 ml di euro, senza che ci sia passaggio di denaro.

La rete di piccole botteghe cinesi fanno capo ad un uomo di nome Zheng: la rete, secondo il testimone di Report, è vasta e copre tutta l’Italia e anche il territorio europeo. 

La Camorra si sta comprando i locali nel centro di Roma e quando la giustizia li sequestra ai presunti prestanome, ma poi un pezzo alla volta vengono restituiti e alcuni tornano sotto il controllo dei vecchi proprietari. Daniele Autieri ha intervistato uno di questi, che ha subito 11 sequestri nell’ambito di indagini sul clan Contini: “evasione quale clan Contini.. io non li conoscevo neanche” ha risposto al giornalista. Per anni questo imprenditore è stato considerato un prestanome del clan Moccia, un uomo così abile da costruirsi un impero nel centro che gli è stato prima confiscato, quindi restituito.
“Per il fatto di questi signori Moccia che mi portavano la mozzarella, io non li conoscevo nemmeno..” ribatte alle domande di Report sui clan Moccia e Contini.
Questi clan che a Roma hanno investito nel riciclaggio, sui locali sono legati al gruppo Senese: il comandante del GICO di Roma, Marco Sorrentino, ha spiegato come questo personaggio, Michele Senese, venga indicata come il più vicino ad Angelo Moccia, “stiamo parlando del gotha del gruppo.”

Le mafie si sono prese quasi l'80% dei locali, ristoranti e delle attività commerciali, sfruttando anche i problemi del Covid: il denaro i clan li avevano per rilevare locali in mano a persone messe in crisi dalla pandemia.
Non sono solo mafie italiane, ci sono anche imprenditori di origine albanese che controllano locali tra Trastevere e piazza Navona, vicini ai palazzi delle istituzioni.


Anteprima Report – il traffico di droga a Roma, il caso Gasparri e le auto elettriche

Nonostante gli attacchi, le intimidazioni, le inchieste di Report non si fermano: questa sera un nuovo approfondimento del caso Gasparri, presidente di una società di cybersecurity e poi a seguire degli affari di mafia, ndrangheta e camorra nella capitale. Infine un servizio sull’auto del futuro.

Questo fa l’informazione, in particolare l’informazione pubblica: fare le pulci a chi detiene il potere e non fare da megafono alle grandi opere regime. Che piaccia o meno, questa è la democrazia. Altrimenti chiamiamola in altro modo.

Chi comanda a Roma?

Dopo Milano, dove la settimana scorsa il servizio di Mottola aveva raccontato del consorzio criminale tra ndrangheta, camorra e cosa nostra, ora tocca a Roma dove, però, lo scenario è diverso.

Ce ne sono tanti, di persone anziane, spesso pluripregiudicati, chiamati “retta” che in cambio di poche centinaia di euro offrono le loro case per nascondere la droga. Nell’abitazione di uno di questi – come mostra l’anteprima del servizio - i falchi della squadra mobile di Roma hanno trovato duecento grammi di cocaina, divisa in 520 dosi pronte per essere vendute. Lo spacciatore fa un fischio, il vecchio si sporge dalla finestra e la merce finisce nella piazza.

LE vedette che presidiano il quartiere del Quarticciolo si danno la voce, hanno visto il prete don Antonio Coluccia, militante e sotto scorta che, col suo megafono, presidia le più grandi piazze di spaccio di Roma: “gli spacciatori prendono e staccano la luce” racconta a Report di fronte ad una armadio elettrico manomesso “vedi, le luci non ci sono? Questo lampione è spento..” Lo spaccio ha bisogno del buio, perfino gli alberi nel quartiere sono stati potati per evitare di essere usati come nascondiglio.

“Questi si prendono la libertà, ve la rubano la libertà” grida dal suo megafono: anche a Tor Bella Monaca, altra piazza di spaccio, lo conoscono in tanti a questo prete coraggioso e i suoi messaggi contro la camorra che si sta impossessando del territorio, delimitando la libertà delle persone.

In piazza si incontrano anche strani personaggi, uomini che lo accusano di fare i soldi con le sue accuse “mediatiche”: personaggi magari legati allo spaccio che vedono in questo prete un problema per i loro affari. Insieme a San Basilio, Tor Bella Monaca è un supermarket della droga aperto 24 ore al giorno, dove si vende di tutto hashish, eroina, droghe sintetiche e la migliore bamba di Roma.

Quartieri rovinati dallo spaccio, che sta assoggettando le persone, rendendole schiave di organizzazioni criminali che “rubano il futuro ai bambini”.
La Camorra si sta comprando i locali nel centro di Roma e quando la giustizia li sequestra ai presunti prestanome, ma poi un pezzo alla volta vengono restituiti e alcuni tornano sotto il controllo dei vecchi proprietari. Daniele Autieri ha intervistato uno di questi, che ha subito 11 sequestri nell’ambito di indagini sul clan Contini: “evasione quale clan Contini.. io non li conoscevo neanche” ha risposto al giornalista. Per anni questo imprenditore è stato considerato un prestanome del clan Moccia, un uomo così abile da costruirsi un impero nel centro che gli è stato prima confiscato, quindi restituito.
“Per il fatto di questi signori Moccia che mi portavano la mozzarella, io non li conoscevo nemmeno..” ribatte alle domande di Report sui clan Moccia e Contini.
Questi clan che a Roma hanno investito nel riciclaggio, sui locali sono legati al gruppo Senese: il comandante del GICO di Roma, Marco Sorrentino, ha spiegato come questo personaggio, Michele Senese, venga indicata come il più vicino ad Angelo Moccia, “stiamo parlando del gotha del gruppo.”

Il servizio di Report racconterà anche degli effetti del consumo delle droghe, intervistando il presidente della fondazione Villa Maraini, Massimo Barra: da oltre 40 anni si occupa del recupero dei tossicodipendenti Roma, ogni giorno 700 persone bussano alla sua porta.

Al giornalista racconta di come, ogni giorno, dalle 200 alle 450 persone a Tor Bella Monaca chiedano aiuto alla fondazione per problemi di tossicodipendenza, “[la droga] è il più grande business mondiale insieme a quello delle armi. Ho preso una mappa di Roma e ho messo un puntino nero sulle case dei nostri clienti, ed erano in tutta Roma. Parioli, quartieri bene e quartieri male, la droga è democratica ..”
Le mafie sanno che la droga è democratica e che Roma è il più grande mercato di Italia, fiumi di cocaina invadono le strade della città e abbattono confini, origini e classi sociali. Anche chi vive nelle zone bene della città sale in macchina e raggiunge la periferia per acquistare la sua dose di cocaina. Quartieri sorvegliati da vedette che poi sono bambini di 10-12 anni.

Piazza Vittorio è la pancia multietnica di Roma – continua il servizio di Report - un giardino monumentale circondato dal mondo: call center indiani, minimarket del Bangladesh, ristoranti etiopi e locali cinesi, tanti locali che vendono di tutto, dal cibo alla chincaglieria, dai telefoni rigenerati ai tessuti. Cosa c’è dietro alcuni di questi locali?

“Arrivavano persone con degli zaini ” racconta ancora il comandante del Gico di Roma “con dentro buste plastificate, avevamo la percezione che erano buste pesanti, entravano all’interno di questi esercizi commerciali, rimanevano all’incirca una quindicina di minuti e dopo uscivano con questi zainetti, o queste buste accartocciate, quindi evidentemente era stato consegnato qualcosa.”
Molti dei cinesi che hanno aperto attorno alla piazza sono invisibili e sfruttando la loro invisibilità hanno messo in piedi la più grande lavatrice di denaro sporco di Roma e forse dell’Italia intera.
“Noi abbiamo certificato che quasi tutte le organizzazioni criminali si recano presso questi centri di raccolta occulta per consegnare denaro” continua l’ufficiale del Gico.


A quanti milioni di euro ammonta il giro di riciclaggio? “Nel periodo post covid la modalità di riciclaggio viene modificata per forze di cose, ma noi abbiamo ricostruito alla lettera movimentazioni per all’incirca 53ml di euro.”

Il 4 ottobre scorso gli investigatori del Gico della Finanza arrestano 33 persone considerati ai vertici di una rete di riciclaggio internazionale che ha come base operativa proprio i negozi di tessuti attorno a piazza Vittorio. I soldi riciclati sono quelli delle mafie italiane

La scheda del servizio: VIZI CAPITALI di Daniele Autieri

Collaborazione Federico Marconi

Chi comanda nella Capitale d’Italia, dove quartieri interi sono trasformati in piazze di spaccio militarizzate e dove i boss ordinano omicidi come bottiglie di champagne dai menu dei ristoranti di Parioli e Ponte Milvio?

La risposta arriva dai testimoni eccellenti: fiancheggiatori, avvocati, prestanome, criminali redenti e non che raccontano come sono cambiati in questi anni gli equilibri criminali nella capitale d’Italia.

Dati inediti confermano che nel secondo anno del Covid-19 gli acquisti di attività commerciali nel centro di Roma sono aumentati, mentre uno studio sulle compagini azionarie dei principali ristoranti del centro storico dimostra che gruppi di imprenditori albanesi controllano ormai alcuni dei locali più noti tra piazza Navona e Campo de’ Fiori.

Alle spalle la ‘ndrangheta e in particolare la cosca Alvaro che dal 2008 in poi ha accresciuto la sua presenza nella capitale arrivando a prendere contatti con esponenti politici di primo piano per favorire l’ingresso di candidati “amici” all’interno del Parlamento.

Nella città dei prestanome, dove il clan camorristico legato a Michele Senese mantiene un ruolo di primo piano, anche l’attività di contrasto vacilla. Il Tribunale delle misure di prevenzione sequestra i locali legati alle mafie, ma troppe volte le stesse attività tornano nelle mani di altre mafie, al punto che un amministratore giudiziario arriva a dire che l’80% dei ristoranti nel centro di Roma sono ormai controllati dalla criminalità organizzata.

Da quelle casse, e dalle piazze di spaccio, escono centinaia di milioni di euro che devono essere ripuliti. Sarebbe questo il compito della comunità cinese e di una manciata di piccole botteghe tessili intorno a piazza Vittorio. Secondo quanto sarebbe emerso da indagini della Guardia di Finanza, i commercianti prendono i soldi, li ripuliscono e quando serve ne assicurano il viaggio fino all’altro capo del mondo, dove quei soldi finiscono ai narcos colombiani per saldare l’ultimo carico di cocaina. Un sistema capace di drenare centinaia di milioni di euro e trasformarli in una preziosa riserva per le banche cinesi.

L’insindacabile e intoccabile senatore

Questa sera Report torna ad occuparsi degli incarichi privati del senatore Gasparri: a quanto pare il ruolo di senatore della repubblica è compatibile con quello di presidente di una società che si occupa di sicurezza, la Cyberealm che a sua volta detiene il 24% di azioni di una società di sicurezza che ha preso appalti col pubblico.
Nel 2021 quando la giunta per elezioni avrebbe dovuto decidere sulla sua incompatibilità il Gasparri senatore non diede comunicazione del suo ruolo di presidente al presidente della giunta del Senato che era sempre lui.

Così, al congresso internazionale sulla cyber security (Cyber Sec 2023) il senatore Gasparri poteva annunciare investimenti pubblici su questo settore strategico facendo felice anche l’azienda in cui ha interessi privati.

Sul Fatto Quotidiano si da una anticipazione del servizio, con una lettera del senatore al presidente del Senato La Russa

Letterina di Gasparri a La Russa: “Così continuo a fare il lobbista”

CONFLITTO D’ INTERESSI - “Report” mostra la missiva sulla società nascosta al Senato: “Ho ritenuto di non dover comunicare”

DI ALESSANDRO MANTOVANI

21 GENNAIO 2024

Scriveva Maurizio Gasparri: “Ho ritenuto, in considerazione del fatto che la carica ricoperta non implicava e non implica lo svolgimento di funzioni di tipo gestionale della predetta società, che la circostanza non ricadesse nell’ambito di applicazione della citata legge 441/1982”. E ancora, proseguiva Gasparri nella letterina del 24 novembre 2023 al presidente del Senato, l’ex camerata Ignazio La Russa: “Avendo soggettivamente interpretato il dettato normativo come riferibile alla funzione di amministratore in senso stretto (…) e non come riferibile alla qualifica di amministratore, quale componente del consiglio di amministrazione, non ho provveduto a rendere la dichiarazione”. Dopotutto, aggiunge Gasparri, quella carica “è agevolmente rilevabile dal registro delle imprese (…) al quale qualsiasi cittadino può accedere”.

Chissà allora perché la legge richiede ai senatori di comunicare gli incarichi. Ma tanto è bastato alla Giunta per le elezioni del Senato per chiudere la questione del capogruppo di Forza Italia, che prima di questa storia era vicepresidente di Palazzo Madama.

La scheda del servizio: L’INTOCCABILE di Carlo Tecce e Lorenzo Vendemiale

Report tornerà sul caso del senatore Maurizio Gasparri e del suo ruolo in Cyberealm, società che opera nel settore della cyber security. Dopo l’inchiesta di Report, il suo incarico tenuto nascosto al Senato per oltre due anni è finito sul tavolo della giunta delle Elezioni. L’organismo di Palazzo Madama ha stabilito che il ruolo di presidente di Cyberealm è compatibile con quello di senatore della Repubblica. Ma sulla base di quali atti è stata presa questa decisione? Report svelerà in che modo è stato salvato Gasparri.

L’auto del futuro

Come è arrivata in Australia una spider blu a propulsione solare? Lo racconta il servizio di Michele Buono che questa volta è andato in Australia dove si trovano strade lunghe 3000 km, dove non trovi nessuno, come la Stuart Highway, che taglia la nazione da nord a sud, passando attraverso il tropico del Capricorno. Qui viaggia una spider blu, non la guida James Bond, è arrivata qui grazie al lavoro di un gruppo di visionari arrivati qui da Siracusa. Costruiscono prototipi di automobili a propulsione solare e così, a forza di inseguire il sole, si sono ritrovati dall’altra parte del mondo, senza mai lamentarsi del sud, della Sicilia, dell’Italia. Ognuno parlava di responsabilità proprie e tutti erano uniti da un solo obiettivo, farcela con la forza delle proprie competenze, a costo anche di forzare le leggi della fisica.

Erano partiti da Siracusa, in una struttura che il comune aveva ceduto in comodato d’uso a questo gruppo di insegnanti, studenti, ingegneri, che volevano realizzare un’auto alimentata dalla sola energia solare.

La scheda del servizio: GUIDA IL SOLE di Michele Buono

Collaborazione Alessandro Spinnato

A Siracusa ci hanno sempre saputo fare con il sole. Con gli specchi poi non ne parliamo. Ma i ragazzi di Futuro Solare non vogliono bruciare navi. Studenti di ingegneria a Palermo e a Catania e degli istituti tecnici di Siracusa, progettano e producono prototipi di automobili elettriche che si alimentano con la propria carrozzeria fatta di pannelli fotovoltaici. Ne hanno già prodotti due. Con Archimede 2 – l’ultima vettura da competizione - hanno partecipato a ottobre 2023 al Bridgestone World Solar Challenge in Australia, una competizione mondiale di auto solari. La gara: più di 3000 km del continente da attraversare, deserto compreso, da Darwin ad Adelaide con la forza del sole.

Si tratta di un test di mobilità del futuro. I ragazzi di Siracusa il futuro lo vedono vicino, stanno già progettando una mini citycar a propulsione solare.

Noi li stiamo seguendo in tutte le fasi e stiamo facendo un altro test: una simulazione di creazione di una rete per costruire una manifattura di auto solari nella Sicilia orientale.

Partendo dalla conoscenza, la materia prima fondamentale, è possibile creare una catena di valore e invertire, nel caso della Sicilia, un destino che, chissà perché, vogliamo vedere immutabile?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.