I combattimenti attorno alla centrale nucleare di Zaporiza hanno
tenuto il fiato sospeso il mondo, come avevano preoccupato gli
scontri attorno a Chernobil.
A marzo un missile è scoppiato a 400mt
da un reattore: nonostante i reattori possano resistere ad impatti
esterni, non resistono a missili da crociera.
I combattimenti attorno alle centrali
preoccupano gli esperti, anche per le condizioni in cui hanno dovuto
lavorare i tecnici in queste centrali, senza potersi riposare, per le
pressioni ricevute dai soldati russi.
A marzo, racconta il
servizio di Presadiretta, l'Agenzia Internazionale per l'energia
atomica ha cercato di negoziare con Russia e Ucraina per mettere in
sicurezza gli impianti: un accidente nucleare sarebbe un
moltiplicatore di questo dramma per dieci volte.
Ci sono voluti tre mesi per entrare
nella centrale più grande in Ucraina: si è sfiorato il disastro,
dicono dall'Agenzia, potevamo arrivare ad una catastrofe, le centrali
nucleari non sono pensate per resistere ad attacchi nucleari.
Paradossalmente la guerra in Ucraina ha
dato voce nuovamente al nucleare: Presadiretta ha dedicato la prima
parte del servizio al nucleare, partendo dalle miniere in Kazakhstan.
Elena Stramentinoli è andata nella
capitale di questo stato, Nur-Sultan, una città in piena espansione,
ovunque si vedono gru per nuovi cantieri. Con i suoi 3ml di metri
quadrati, il Kazakhstan è il nono paese più grande al mondo, otto
volte la Germania. Fino al 1991 faceva parte dell’Unione Sovietica
ma ora che è una repubblica autonoma gioca una sua partita
geopolitica contando sua sua posizione strategica, tra Asia e Europa,
e sul fatto che è uno dei paesi più ricchi di materie prime,
preziosissime oggi. Gas, petrolio, terre rare e anche uranio
naturale, di cui il Kazakhstan è primo produttore al mondo.
A gestire questo patrimonio è
l’azienda di Stato Kazatomprom. Presadiretta ha intervistato il suo
portavoce, Askar Batyrbayev: “il Kazakhstan rappresenta circa il
46% di produzione di uranio nel mondo, nel 2021 abbiamo venduto il
nostro uranio a 21 diversi clienti in otto paesi diversi, in Asia,
Europa, Cina, ma abbiamo venduto uranio anche alla Russia. Perché il
nucleare non è stato toccato dalle sanzioni.”
Qual è il peso dell’uranio rispetto
al mercato delle altre materie prime?
“Il mercato dell’uranio vale circa
9 miliardi di dollari l’anno, se lo paragoniamo col mercato del
petrolio è circa 250 volte inferiore, ma in termini di sicurezza
energetica è molto importante perché con l’attuale situazione
geopolitica i prezzi dei combustibili fossili che salgono e scendono,
tutti riconoscono che dovrebbe esserci una fonte di energia
sostenibile, pulita e stabile. Molti paesi come gli Stati Uniti, la
Cina ma anche l’Europa hanno riconosciuto il nucleare come energia
pulita e questo ha permesso l’accesso a finanziamenti per
costruire le proprie centrali nucleari. Si stima che il mercato del
nucleare crescerà nel prossimo futuro del 2% circa. E dopo il 2030
l’aumento sarà anche significativo.”
Il prezzo dell'uranio è cresciuto del
20% e il Kazakhstan avrà un ruolo sempre maggiore nel mondo, per i
suoi giacimenti di questo materiale: la giornalista ne ha visitato
uno, quello di Inkai, gestito in joint venture tra Kazakhstan e
Canada.
I lavoratori della miniera sono
sottoposti a precisi controlli medici: dal 1976 i lavori di
estrazione non si sono mai fermati, serviranno altri anni per
scoprire l'intera dimensione del giacimento.
L'uranio si trova nella sabbia, non
nelle rocce come in Africa: la tecnica per estrarre l'uranio è
economica e anche meno impattante, con dei tubi dove si pompa acqua e
un reagente, per far salire in superficie questo materiale.
L'uranio viene separato dall'acqua,
viene solidificato e lasciato decantare sul fondo di vasche. Alla
fine si arriva allo yelow cacke, un materiale molto denso.
L'uranio, che in questo paese verrà
estratto almeno per altri dieci anni, viene esportato all'estero, ma
il governo sta anche pensando di costruire una centrale, nonostante
qui la vecchia Unione Sovietica abbia effettuato dei test nucleari e
le persone sono state sottoposte alle radiazioni.
Per arricchire
l'uranio serve un altro processo, molto più costoso: Presadiretta è
andata in Francia, il paese che ha sposato il nucleare convintamente
tanto da spingere l'Europa ad inserirlo nella tassonomia verde.
La Francia è il più grande produttore
di energia nucleare in Europa: in Provenza c'è il più grande sito
di arricchimento in Europa, venduto poi a tutto il mondo.
L'uranio prima di diventare
combustibile passa per un processo di centrifughe, alla fine viene
messo in fusti mandati poi nel mondo: un fusto costa anche 2 ml di
euro.
Tutto il mercato del nucleare e
dell'uranio è in crescita, perché nel mondo si costruiscono sempre
più centrali nucleari: ci sono 50 centrali in costruzione e 90 in
progettazione, perché cresce la domanda di energia e per la
decarbonizzazione.
La Cina è paese che sta costruendo più
centrali, vuole diventare leader del mercato al mondo. Dopo la Cina
c'è la Russia, l'Egitto, gli Emirati e poi l'Arabia. In Africa ci
sono una ventina di paesi che hanno firmato un memorandum con Russia
e Cina per costruire centrali.
Anche l'Unione Europea ha deciso di
investire in nucleare, specie dopo il voto al parlamento europeo
sulla tassonomia: gas e nucleare possono ricevere investimenti
pubblici.
Una notizia che fa felice Euratom,
l'associazione dei produttori di nucleare: il nucleare, dicono, è
pulito, sostenibile, serve per la nostra indipendenza energetica.
Il
nucleare è uno strumento di potere per condizionare la politica di
altri paesi: chi ha queste competenze tecniche si trova in vantaggio
su altri.
Interessati al nucleare in Europa c'è la
Francia, per i suoi interessi nazionali (l'industria è quasi tutta
in mano allo stato), ma anche la Polonia e altri paesi europei.
La
Francia punterà su nucleare e altre energie “verdi”: questo voto
in Europa ha spaccato i paesi, perché non tutti considerano il
nucleare una energia “green”.
Verdi e sinistra europea hanno lottato
contro gas e nucleare: è un controsenso, da una parte dobbiamo
chiudere col gas e poi mettiamo il gas nella tassonomia? Il nucleare
poi va avanti solo grazie a fondi pubblici, nessun privato investe
nel nucleare senza un sussidio pubblico.
Anche in Italia si parla di nucleare:
le centrali che si stanno costruendo nel mondo sono di terza
generazione, si impiegano 6-7 anni per costruirle e costano miliardi
per la realizzazione.
In Finlandia c’è una centrale
in via di costruzione da 12 anni, a Olkiluoto, a nordest di Helsinki,
su un’isola che è anche un’area protetta: i due reattori di
prima generazione sono stati costruiti tra il 1979 e il 1982, ognuno
produce circa 900 MgW di energia. C’è anche un reattore EPR, di
tecnologia francese, di terza generazione, capace di produrre 1600
MgW/ora ancora in fase di test. Quando entrerà in funzione coprirà
circa il 15 % del fabbisogno energetico della Finlandia. Questo EPR
doveva iniziare a produrre energia 12 anni fa, Presadiretta era stata
già qui nel 2010, quando il cantiere era ancora lontano dall’essere
terminato. Alla fine sono serviti quasi 17 anni per completare la
centrale e i costi sono saliti alle stelle. La TVO, una società
privata finlandese, avrebbe dovuto pagare ai francesi 3 miliardi di
euro, per comprare la centrale ma il prezzo è quasi raddoppiato.
Per la Finlandia è stato un problema
non avere la centrale pronta, ha perso 12 anni di energia, con un
costo quasi raddoppiato: ma anche per i francesi ci sono stati
problemi, la loro azienda privata Areva è andata in crisi per
completare la realizzazione dei reattori di terza generazione.
Al mondo ci sono solo due reattori di
terza generazione che funzionano al mondo, in Cina. In Europa se ne
sta costruendo uno a Flamanville, doveva finire nel 2014 ma forse
andrà in funzione a fine 2022, con un costo di 22 miliardi.
Gli EPR sono reattori complessi, perché
progettati per essere sicuri, dunque lavorano in modo ridondante: la
centrale è pensata per resistere a quasi tutte le situazioni
critiche, il reattore non è sicuro al 100% ma è il più sicuro al
mondo.
Di certo è il più difficile da
costruire, anche perché non abbiamo costruito centrali per anni,
perdendo tempo rispetto agli anni d'oro del nucleare civile.
Ad Okiluoto la centrale consegnata dai
francesi ha ancora problemi di produzione e servirà tempo per
risolverli: il costo finale salirà a 50 miliardi dopo quasi
vent'anni.
Se si fosse investito in energia eolici si sarebbero
risparmiato tempi e costi: questo ha fatto cambiare idea al governo
finlandese, dove il cantiere per una nuova centrale (di tecnologia
russa questa volta) è stato bloccato.
Il nucleare in Finlandia
copre il 30% dell'energia prodotta ma ora questo paese sta puntando
sulle rinnovabili: il mercato del nucleare è nelle mani di poche
aziende che fanno oligopolio, c'è il problema dei rifiuti che da
qualche parte vanno stoccati.
LA Finlandia ha pensato ad un
deposito definitivo, unico al mondo: un tunnel scavato nella roccia a
500 metri sotto terra, sarà pronto nel 2025.
Il deposito è progettato per contenere
le scorie per centomila anni, non avrà bisogno di alcun controllo,
non ci saranno misure di controllo attive (come segnali che indicano
la presenza di rifiuti radioattivi nella zona del deposito).
L'Italia aveva firmato un accordo nel
2009 con EDF per costruire nuove centrali: avremmo speso miliardi di
euro senza avere alcuna centrale già pronta.
Per fortuna che al referendum del 2011
gli italiani hanno detto no.
In Italia delle vecchie centrali nucleari ( 35 in totale) 4 non sono ancora state messe in sicurezza, stiamo
ancora spendendo soldi per il loro smantellamento: una di queste è a
Latina, ad oggi abbiamo realizzato solo il 35% del lavoro.
A Garigliano, la Sogin (la società che
deve seguire i lavori) ancora deve lavorare sul nocciolo del
reattore: non è stato deciso dove mettere le scorie.
A Trino la Sogin ha completato il 32%
dei lavori, mentre a Corso Sogin ha completato il 38% dei lavori.
Abbiamo perso tempo all'inizio, quando ancora c'era del personale che
conosceva quegli impianti e sapeva come procedere.
Molti degli
ex dipendenti di quegli impianti oggi non ci sono più, perché sono
passati troppi anni dalla chiusura degli impianti.
La Sogin ha rimandato la fine dei
lavori nel 2036, spendendo 4,128miliardi (alla fine spenderemo più
di 7 miliardi per smantellare le centrali).
Spenderemo 900ml di euro per il
deposito delle scorie: abbiamo 31mila metri cubi di scorie che oggi
stanno in diversi depositi pubblici e privati.
Dove si farà il deposito? Nel gennaio
2021 Sogin ha pubblicato un lavoro che individua diversi possibili
siti, ma le regioni hanno detto no.
Nel frattempo le scorie sono in
depositi provvisori, come a Saluggia: i rifiuti dovevano essere
solidificati, Sogin ha deciso dopo tanti ritardi di cementarli, ma
ancora non ha completato il processo di cementificazione. Il rischio
è che a seguito di una inondazione questi rifiuti finiscano nei
fiumi e nell'acquedotto del Monferrato.
Nel passato si è contaminata la falda
superficiale, ma il rischio è di togliere l'acqua a migliaia di
cittadini.
In Germania sono 18 le centrali da
dismettere. Presadiretta è andata nella regione di Sleswig-Holsteen
al nord che confina con la Danimarca e si affaccia sul mare del nord:
nel piccolo paese di Brokdorf vivono mille persone in mezzo al verde:
in questo paese è ospitata una delle 18 centrali nucleari tedesche,
si trova a poche centinaia di metri in linea d’aria dal paese. Il
31 dicembre 2021, dopo 36 anni di attività la centrale è stata
chiusa definitivamente e staccata dalla rete elettrica, insieme ad
altre due centrali, di cui una in Baviera. La chiusura è arrivata
dopo che la Germania ha deciso di uscire definitivamente dal
nucleare. Ma il nucleare continuerà a costare sulle casse pubbliche
dello Stato ancora per decine di anni: le centrali vanno smantellate,
a Brokdorf la proprietà ha comunicato che il cantiere sarà
terminato nel 2040, tra 18 anni. Un reattore non si può spegnere
come il motore di una moto, prima di intervenire occorre che il
livello di radioattività si abbassi sotto una certa soglia, e ci
vogliono anni. Poi una centrale si smonta pezzetto per pezzetto, si
provoca polvere radioattiva, che va aspirata per evitarne la
fuoriuscita e le procedure di autorizzazione sono meticolose, tutto
questo richiede decenni.
Poi in Germania, come in Italia,
occorrerà trovare il deposito dove stoccare le tonnellate di
materiale radioattivo delle 18 centrali che verranno smantellate.
Negli anni settanta era stata
individuata una miniera di sale, Asse: ma sono state individuate
infiltrazioni di acqua, dunque la miniera rischiava di diventare una
bomba ad orologeria.
Dentro la miniera ci sono tonnellate di
plutonio e uranio: per causa delle infiltrazioni ci sono state
contaminazioni, i fusti si stanno consumando e se il pozzo affondasse
nell'acqua ci sarebbe una pericolosa contaminazione per l'ambiente.
Mettere in sicurezza questa miniera
potrebbe costare anche 10 miliardi di euro: il nucleare costa fino
alla fine, anche dopo che spegni la centrale.
Città di Paine, Bassa Sassonia: qui si
trova la BGE la società che dovrà gestire il disastro della miniera
di Asse e in seguito le altre scorie.
La BGE sta lavorando anche
nella miniera di ferro di Konrad a 1200 metri di profondità: per
questo sito che doveva essere pronto nel 2020, ma entrerà nel
funzione nel 2027.
La Germania sta ancora cercando un sito
per le scorie ad alta radioattività, che dovrà essere sicuro per
migliaia di anni, fino al milione di anni: lo stato tedesco ha
chiesto un fondo di 25 miliardi di euro dalle società private del
nucleare, ma alla fine questo deposito potrebbe costare fino a 100
miliardi
La Germania ha deciso di tenere in
stand by due delle tre centrali tedesche che, ancora attive, dovevano
essere dismesse: è stata una risposta alla crisi energetica, saranno
riattivate in caso di blackout. Questo non significa che la Germania
è tornata indietro dalla sua idea di fermare lil nucleare, il suo
futuro energetico sarà sulle rinnovabili e sull'idrogeno.
Per raggiungere l'80% di rinnovabili la
Germania ha stanziato un fondo da 280 miliardi che sarà attivo entro
il 2026.
In Italia il governo Draghi ha
commissariato la Sogin, perché tiene molto al dossier nucleare.
Il nucleare di quarta generazione
Nel mondo si sta studiando il nucleare
di quarta generazione, che dovrebbe risolvere il problema delle
scorie.
Ci sono solo due reattori dimostrativi
al mondo, in Cina e Russia. In Itaila a Torino ci sta lavorando una
start up, Newcleo, in collaborazione con Enea: lavorano ad un
reattore più piccolo, a Plutonio, che alimenterà un generatore di
energia.
Ne ha parlato in studio Stefano Buono:
questi reattori potrebbero essere alimentati anche da scorie di
vecchie centrali.
Alla fine del processo tecnologico, che
sarà pronto tra dieci anni, ci saranno comunque delle scorie, ma
saranno molte meno rispetto al nucleare di terza generazione, “pochi
bidoni”, per fare un confronto.
È una tecnologia
promettente e interessante: un primo prototipo sarà pronto tra
qualche anno, una piccola centrale, ma per gli impianti da 100 MgW
dovremo aspettare qualche anno ancora: si parla di 15 anni, secondo i
piani attuali.
Ci sono molti finanziamenti privati su questo
progetto, che potrebbe risolvere del tutto i problemi del nucleare.
La via delle energie rinnovabili.
Come ha fatto il Portogallo ad arrivare
a questi livelli di produzione di energia rinnovabile?
La scorsa settimana Alessandro Macina
ha mostrato le soluzioni innovative messe in campo per sfruttare
l'energia del sole e del vento.
Come il solare galleggiante piazzato
sull'acqua della centrale idroelettrica più grande del paese (che
produce più energia rispetto ai pannelli messi sulla terra).
Il governo portoghese è anche il
maggior produttore di energia eolica con turbine piazzate a 200
miglia dalla costa, impianti eolici che galleggiano sul mare, che
producono elettricità anche col mare in tempesta.
Sono impianti realizzati dalla EDP, ex
azienda di Stato, che sta puntando decisamente sulle rinnovabili: è
una scelta che consente di arrivare ad una indipendenza energetica,
non intendono investire nel nucleare (più costoso e che non risponde
alla domanda energetica a breve).
Anche dal moto ondoso si ricava
energia, con le boe: sono tecnologie che si potrebbero usare negli
oceani.
Il Portogallo come è arrivato a
questo?
Da tutto il mondo arrivano in
Portogallo per investire e progettare impianti di energie
rinnovabili: sono impianti rinnovabili ibridi, che si agganciano a
più fonti diverse, nello stesso impianto si usano sole e vento.
La politica ha fatto delle scelte
precise: si sono favoriti impianti ibridi, hanno velocizzato la
sostituzione di vecchi impianti (per cui non si richiedono nuove
valutazioni di impatto ambientale). Puntano al 100 % di energia da
rinnovabile entro il 2035: in Portogallo considerano le rinnovabili
una strada per risollevarsi dalla crisi economica.
E in italia che succede?
Siamo al 38% di energia prodotta dalle
rinnovabili (in Portogallo arriveranno all'80% nel 2026).
In Italia abbiamo una filiera di
ricerca e di tecnologia per sfruttare vento e sole e per raggiungere
l'obiettivo fissato dall'Europa (-55% di emissioni nel 2030): ma
dobbiamo liberare le rinnovabili dalle catene che bloccano questo
settore.
La EDP non ha intenzione di sviluppare
progetti in Italia: servono troppi anni per realizzare progetti, ci
sono tempi lunghi, servono troppe autorizzazioni.
A Taranto sono serviti 14 anni per
realizzare un impianto di eolico che in questo momento sta entrando
in produzione, realizzato dalla Renexia.
14 anni per i permessi sono un tempo
infinito, la tecnologia si aggiorna ogni sei mesi: una variazione
degli impianti costringe a nuove autorizzazioni con un allungamento
dei tempi.
Renexia ora stanno già lavorando per
un nuovo parco eolico nel mare di Sicilia, di 2800 MGW, con 190
aerogeneratori. Ma l’assemblea regionale siciliana ha dato per ora
parere negativo sul progetto Med Wind, questo impianto a 60km dalla
costa, con la stessa tecnologia flottante come in Portogallo. Ancora
una volta un no, un altro no che impedisce all’Italia di crescere
nelle rinnovabili.
L'Associazione nazionale dell’Eolico
(@AnevEolico) ha
calcolato che se dessimo le autorizzazioni agli impianti in lista
d'attesa potremmo produrre già adesso 80 TWH di energia eolica, il
20% del nostro fabbisogno energetico totale, e stiamo parlando solo
di eolico. Ma cos'è allora che frena questa rivoluzione in Italia?
Gianni Silvestrini è un ingegnere che
è stato DG del ministero dell'ambiente: a Presadiretta racconta che
oggi l'Italia sta perdendo il treno delle rinnovabili, è una fonte
energetica che tutti i paesi hanno in casa, ci rendono indipendenti
dal gas (e dall'uranio), ci avvicinano all'obiettivo di emissioni
zero. Oggi le rinnovabili non hanno bisogno di incentivi, gli
impianti si ripagano da soli: serve liberare questa industria dalla
burocrazia.
A Taranto la seconda industria dopo
l'Ilva è quella che produce pale eoliche, che al 99% sono esportate
nel mondo, perché in Italia solo il 7% di energia deriva dal vento.
Anche per il fotovoltaico servono mesi
per i permessi, nonostante questo abbiamo delle punte di diamante in
questo settore come l'impianto Enel di Catania, dove producono
pannelli che competono con quelli cinesi.
Reiwa Engine è una startup catanese
che sfidando i cinesi: hanno inventato un robot che si muove sui
pannelli per rimuovere la polvere e fa la diagnosi sul suo stato di
salute.
Manca solo la volontà politica di
puntare su questo mercato: la Confindustria di questo settore,
Elettricità Futura, ha scritto a governo e regioni per spingere su
questo tasto.
Dovremmo andare più veloci
nell'installare nuovi impianti: è una soluzione nel medio termine,
ma se non partiamo in modo deciso adesso, rischiamo di perdere
ulteriore tempo.
Presadiretta ha sfatato diversi falsi
miti sulle rinnovabili: a Scalea si usano impianti fotovoltaici per
coprire le serre con piante di limone. Si può fare fotovoltaico
assieme all'agricoltura, a cui non ruba alcun terreno.
Anche mettendo pannelli lungo la rete
autostradale o i canali irrigui, farebbe risparmiare suolo.
I pannelli potrebbero essere messi
anche sugli edifici pubblici, nelle aree militari.
Se investissimo nelle rinnovabili come
cambierebbero gli scenari economici: Leonardo Becchetti professore
alla Tor Vergata spiega che avremmo benefici all'inflazione e alla
crisi economica. Le rinnovabili sono la risposta per il problema
della Co2, per i costi dell'energia, per la volatilità del prezzo,
per essere indipendenti da altri paesi per la nostra energia.
Si deve lavorare col sistema degli
accumuli, su scala piccola e su scala nazionale: non c'è da
aspettare, c'è da correre – continua Becchetti.
Il governo è in ritardo sui decreti
attuativi delle comunità energetiche, non sta facendo molto sui
pannelli solari sugli edifici pubblici come le scuole (che dopo un
anno non dovrebbero pagare bollette).
In Italia potremmo avere una comunità
verde come quella raccontata da Riccardo Iacona a fine trasmissione:
la regione di Sleswig-Holsteen esporta l'energia prodotta dall'eolico
in tutta la Germania e l'energia è prodotta direttamente dai
cittadini di queste comunità che combinano energia e agricoltura.
Le pale eoliche sono prodotte dalla
Dirkshof di Dirk
Ketelsen, un’azienda dove i parchi eolici sono affiancati da campi
coltivati e zone dedicate all’allevamento: le pale eoliche
producono energia per 1 milione di persone per un anno e hanno
un’aspettativa di vita di anche 30 anni. Tutto infinitamente meno
costoso del nucleare, almeno finché vento e sole non costeranno un
euro. L’intera comunità partecipa al parco eolico: sono le 350
persone che vivono attorno al parco e che adesso sono diventati soci.