Il giallo di via Tadino, Milano 1950
L'incipit
"Il 2 marzo 1950, giovedì, alle ore 19.50, tutto era tranquillo, nella vecchia casa milanese di ringhiera di via Tadino 17/A, a Porta Venezia. Una debole luce filtrava dai vetri delle seconde porte e dalle finestre dei molti appartamenti che si afffacciavano sul cortile, distribuiti sui quattro piani dello stabile. Quasi nessuno aveva ancora chiuso la porta principale, quella in legno massiccio, che rimaneva aperta fino all'ora del sonno.[..]All'improvviso, la snocchiosa queite della sera fu violentemente scossa da un grido, un disperato urlo di donna, un agghiacciante e prolungato "nooooo!", subito seguito dal fragore di un tremendo tonfo. Il tabaccaio, sentiti sia il grido sia il tonfo, uscì dalla porta del suo retro e si trovò di fronte all'orribile spettacolo di un corpo di donna, immobile e scomposto in via innaturale, disteso sui ciottoli tondi bagnati dalla pioggia che costituivano la pavimentazione del cortile".
Per quale motivo la bella signora Clara Bernacchi si sarebbe buttata dalla ringhiera del terzo piano del suo stabile? Come mai qual grido prolungato, quel "noooooo!" che accompagnava la caduta?
Del caso di via Tadino se ne occupa il commissario Mario Arrigoni, del commissariato di Porta Venezia, uno che nonostante i tanti anni in polizia, "cercava di mantenere le sue buone abitudini". Come cenare in famiglia e passare il tempo libero assieme alla moglie Lucia e la figlia Claudia.
Ma quella sera di marzo, dovrà interrompere la sua cena per accorrere sul luogo dell'omicidio per i primi rilievi del caso, assieme ai suoi due colleghi, il vice Mastrantonio e il giovane agente Di Pasquale.
L'omicidio di via Tadino che all'apparenza si presenta come un suicidio, non convince il commissario Arrigoni, uno che, nonostante l'aspetto bonario, è un poliziotto capace di usare la testa, cercando di non seguire le piste più scontate, durante le indagini, per non trascurare nessuna pista.
E in questo caso, alcune cose non tornano.
Quel grido, per esempio, e anche l'assenza di un valido motivo per il suicidio: la morta era spostata col signor Virginio, conduceva una vita abbastanza disinvolta (non solo per i costumi dell'epoca), usciva con altri uomini per andare a ballare, dava lezioni di chitarra al giovane figlio dei vicini.
Era una donna molto chiacchierata, come scopriranno gli agenti stessi interrogando le persone dello stabile (la portinaia impicciona, l'amica nello stesso stabile che l'accompagnava nelle uscite danzanti ....).
E da quei racconti emerge una realtà di invidie, piccole miserie e un grande desiderio di una vita più agiata: che ci sia questo dietro questa morte?
Ma l'inchiesta sulla morte di via Tadino è anche un viaggio nella Milano degli anni 50: quella con le macerie della guerra ancora fresche che erano state accantonate a formare la collina di Monte Stella.
Quella dove le famiglie passavano le serate accanto alla radio, leggendo un buon libro o al bar a discutere di calcio.
La grande Torino era appena stata cancellata, per la tragedia di Superga. E i milanesi si dividevano per il derby.
Nelle case non erano ancora presenti i frigoriferi e i cibi venivano tenuti al fresco con dei blocchi di ghiaccio venduti nelle strade.
Nelle strade giravano meno auto rispetto ad oggi: la Fiat inaugurava la nuova 1400, e la Lambretta e la Vespa si facevano concorrenza per le due ruote.
I panini si chiamavano in dialetto Saguis (da sandwich) e la gente andava al lavoro con la schisceta dietro.
Un giovane regista di nome Strehler che iniziava la sua carriera al Piccolo.
Per lo stile elegante e sobrio, Crapanzano ricorda molto Simenon, così come Arrigoni il commissario Maigret.
Anche lui, un investigatore di altri tempi.
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