30 maggio 2024

Brescia 28 maggio 1974 - il discorso del sindacalista contro il ritorno del fascismo

Manlio Milani, mentre soccorre la moglie Livia morente, per la bomba in piazza della Loggia

Normalmente, del discorso che il sindacalista Castrezzati stava pronunciando dal palco di piazza della Loggia quel 28 maggio 1974, si riportano solo le ultime parole "a Milano ...". Poi si sente il rumore dello scoppio della bomba, messa da esponenti di  Ordine Nuovo, che non avevano agito isolati consapevoli delle coperture nello Stato e perfino dentro la Nato (leggete il servizio pubblicato da Repubblica qualche anno fa).

Ma l'intero discorso è veramente molto interessante e anche attuale, perché parla del ruolo ambiguo del Movimento Sociale e di Almirante: il partito da cui è nato l'attuale partito che governa il paese e il segretario di quel partito che il presidente Meloni ancora considera suo riferimento politico.

L'intero discorso è stato pubblicato qui e andrebbe riletto attentamente anche oggi (grazie al sito Casa della Memoria):

Amici e compagni lavoratori, studenti. Siamo in piazza perché, in questi ultimi tempi, una serie di attentati di marca fascista ha posto la nostra città e la nostra città provincia all’attenzione preoccupata di tutte le forze antifasciste. E le preoccupazioni sono tante più acute ove si tenga conto che la macchina difensiva delle istituzioni democratiche della repubblica sia messa in moto solo dopo che alcune fortuite circostanze hanno rivelato l’esistenza di un’organizzazione eversiva ampiamente finanziata e dotata di mezzi micidiali sufficienti comunque a creare il terrore e sbandamento. Il drammatico episodio di Piazza Mercato ha imposto un colpo di acceleratore nelle indagini sulle trame nere. Sono così venuti alla luce uomini di primo piano, già legati alla Repubblica di Salò che hanno rapporti con gli attentatori di Piazza Fontana e del direttissimo Torino-Roma, con il disciolto gruppo di ordine nuovo risolto poi sotto la sigla di Ordine Nero, con le squadracce d’azione Mussolini e con il Movimento d’Azione Rivoluzionaria, con le organizzazioni “La Rosa dei Venti” e “Riscossa” e con lo stesso Movimento Sociale Italiano. Si scopre così un fortino alla periferia della città, una sorta di campo di addestramento messo a disposizione dall’ingegnere di Collebeato, ufficialmente povero in canna, ma in realtà accasato una villa principesca. Vengono pure alla luce bombe, ami, tritolo, esplosivi di ogni genere, perfino cannoncini, anche se rudimentali. Qualcosa di più di quanto non sappiano mettere insieme quattro ragazzini esaltati dalla droga di ideologie assurde, ai quali viene cinicamente affidata l’esecuzione di attentati che spesso falliscono e si ritorcono come boomerang contro gli inesperti bombardieri. Ci troviamo di fronte a trame intessute segretamente da chi ha mezzi ed obiettivi precisi. Si vogliono, cioè, sovvertire le istituzioni democratiche della nostra Repubblica nate dalla Resistenza. A questo fine si strumentalizzano i giovani, le loro menti vengono imbottite di droga che sconvolge ogni valore universalmente accolto. Così si attenta alla vita umana che è un diritto naturale, si innescano ordigni esplosivi contro le sedi di partiti, di sindacati, di cooperative col proposito di intimidire. Il propellente per queste imprese banditesche è ancora una volta l’ideologia fascista. All’insegna del nazionalismo e del razzismo, la Repubblica di Salò ha intruppato nelle brigate nere giovani, spesso ancora adolescenti, inviandoli alla carneficina mentre deliranti e farneticanti urlavano slogan insensati. Oggi ancora si insiste su questa strada approfittando dell’inesperienza; ed è così che i mandanti, i finanziatori dell’eversione possono seminare distruzione e morte senza scoprirsi, possono camuffare le loro trame con tinte diverse da quella nera, come avvenuto per l’attentato di Piazza Fontana o del treno Torino-Roma, oppure, come avviene in ogni parte del mondo quando si vogliono soffocare le aspirazioni di progresso, di giustizia e di democrazia dei popoli. i titoli dei giornali dell’immediato dopoguerra mettevano ripetutamente in evidenza che a pagare per le colpe, per i misfatti, per i crimini del Fascismo erano normalmente i meno responsabili. Gli stracci così venivano definiti punto ed è a me che sembra che la storia si ripeta e cioè che anche oggi si scavi, non si scavi in profondità, che non si affondi il bisturi risanatore fino alla radice del male. La nostra Costituzione, voi lo sapete, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista; eppure il movimento sociale italiano vive e vegeta. Almirante, che con i suoi lugubri proclami in difesa degli ideali nefasti della Repubblica Sociale Italiana ordiva fucilazioni e ordinava spietate repressioni, oggi ha la possibilità di mostrarsi sui teleschermi come capo di un partito che è difficile collocare nell’arco antifascista e perciò costituzionale. A Milano…[SCOPPIO DELLA BOMBA]…

Fermi…..state fermi……compagni e amici state fermi…..calma….compagni e amici state fermi….state calmi….state all’interno della piazza….il servizio d’ordine faccia cordone…..intorno alla piazza…..state all’interno della piazza…all’interno della piazza….lavoratori state all’interno della piazza…il servizio d’ordine…state calmi…state calmi…state calmi…invitiamo tutti a portarsi sotto il palco….venite sotto il palco….lavoratori venite sotto il palco…il servizio dell’ordine…venite sotto il palco….lavoratori venite sotto il palco….state calmi…vi preghiamo di venire sotto il palco…lasciate posto alla croce bianca.

Fino alla morte di Ed Mc Bain


Steve Carella ammiccò al primo sole del mattino, maledicendosi per non aver abbassato le tapparelle la sera prima. Poi si girò sul fianco sinistro. Il raggio di sole lo seguí implacabile, correndo sul lenzuolo con strisce nere e dorate.

«Come nelle celle dell'87 distretto, - pensò Carella. - Dio santo! Il mio letto è diventato la mia prigione.»

Quando hai un problema, a chi puoi rivolgerti? Ai tuoi amici, se sei un poliziotto, ai tuoi amici che indossano la tua stessa divisa.

E' quello che fa Steve Carella, detective dell'87 distretto di Polizia di questa città inventata da Ed Mc Bain che tanto assomiglia a New York: nel giorno in cui si sta per sposare sua sorella Angela, viene chiamato al telefono dal futuro sposo, Tommy Giordano.

– Vuoi dire prima di andare in chiesa? 

– No! Vorrei vederti adesso. 

– Adesso? – Carella corrugò la fronte. In tutti gli anni passati nella polizia, gli era capitato di sentire un sacco di voci preoccupate o ansiose al telefono.

Forse lo sposo sta vivendo quei momenti di panico che precedono il matrimonio ma qualcosa nel tono della voce dell'amico convince il detective che si tratta di una cosa seria, così a malincuore lascia Teddy a letto, la moglie, la cui gravidanza è agli sgoccioli, per capire cosa sta succedendo.

Tommy è un bravo ragazzo: di fronte ad una tazza di caffé racconta a Steve i suoi tanti dubbi sulla prima notte di nozze. Ma non è questo il vero problema: qualcuno gli ha lasciato davanti casa uno strano pacchetto, con un biglietto di auguri per gli sposi

In un angolo della scatola, rannicchiata sulle lunghe zampe, c’era una vedova nera.

Chi potrebbe fare un regalo così "particolare" ad una coppia di sposi? Nonostante sia domenica e si stia per sposare sua sorella, Steve rimane un poliziotto e inizia così a fare le sue domande: c'è qualcuno che ce l'ha con te a tal punto da mandarti un ragno per regalo?

– Soltanto una persona. Un tale che vive a piú di quattromila chilometri da qui. 

– Chi è? 

– Uno che ho conosciuto nell’esercito. Secondo lui, io sono responsabile della morte di un suo amico.

La domenica che doveva essere di festa si trasforma in una domenica di lavoro: fregandosene del giorno di riposo, Carella inizia a fare le telefonate ai suoi colleghi nel distretto, gli amici che possono aiutarti: prima chiamata in Centrale per chiedere tutte le informazioni su questo reduce della guerra (quella di Corea, il libro è stato scritto a fine anni 50), tanto "In un distretto di polizia non esiste la domenica" e il giovane Meyer Meyer è lì in ufficio a sbrigare le solite pratiche. Riesci a tirar fuori tutte le informazioni su un certo Marty Sokolin, congedati per problemi mentali qualche anno fa?

Ma come proteggere lo sposo e la sposa durante la cerimonia, nei festeggiamenti organizzati nel giardino di casa Carella? 

"Il vantaggio maggiore dell’avere per cognato un poliziotto è la possibilità di avere delle guardie del corpo quando ce n’è bisogno": le altre due telefonate sono per i colleghi Cotton Hawes e Bert Kling, che si presenteranno a casa Carella come invitati (con le pistole ben nascoste sotto la giacca).

All’una e mezzo di quella luminosa domenica, Antonio Carella si sentiva pronto a sparare a sua moglie, strangolare suo figlio, diseredare la figlia e mandare al diavolo il matrimonio.

Un matrimonio è già di per sé qualcosa di snervante: ci sono quelli del catering che stanno smontando il giardino di Tony (il padre di Steve e Angela), la tensione della sposa Angela, che Steve dovrà tranquillizzare (dopo aver fatto lo stesso per lo sposo), ci sono da rispettare gli orari della cerimonia, tutto deve muoversi in sincrono.

Ma c'è anche quella vedova nera nella scatola? E' stato l'ex commilitone a mandare quel brutto regalo (e la vedova è una minaccia velata allo sposo)? Perché nella mente da poliziotto di Carella sono in diversi a voler creare problemi a quel matrimonio. 

C'è ad esempio l'ex fidanzato di Angela, un certo Ben Darcy, futuro dentista, che sta facendo dei discorso inopportuni prima di un matrimonio, rivangando quel periodo in cui lui e Angela uscivano assieme.

Anche il testimone dello sposo, un collega di Tommy in banca, potrebbe avere qualche motivo per "far fuori" lo sposo, avendolo nominato come erede nel testamento.

Bisogna tenere gli occhi aperti senza creare altri problemi agli sposi, senza creare altra tensione coi genitori, con la sorella Angela e l'amico Tommy. Far finta che quei nuovi ospiti arrivati siano amici di Steve, invitati all'ultimo momento, nonostante sotto la giacca nascondano la fondina della pistola. 

Ma Steve non può ingannare Teddy, la moglie, che il suo handicap (l'essere sorda e muta) l'ha resa capace di cogliere i pensieri del marito dalle sue espressioni

Steve capí in quel momento di non essere riuscito a ingannarla. Non le aveva riferito l’incidente del ragno, ma Teddy Carella, chiusa nel suo mondo silenzioso, si era già accorta che le era stato nascosto qualcosa.

Quella di Tommy non è stata una precauzione inutile: qualcuno ha veramente intenzione di sabotare il suo matrimonio, quando si rendono conto che qualcuno ha sabotato la macchina che li doveva portare in Chiesa. 

In presa diretta il lettore si trova a seguire tutta l'indagine delle squadre dell'87 distretto: Meyer e lo "sfortunato" O'Brien che si mettono sulle tracce di questo Sokolin, bussando alle porte, chiedendo alle persone per strada, seguendo i classici poliziotti da strada. Nel frattempo Hawes e Kling, mimetizzati in mezzo agli altri ospiti, stanno tenendo gli occhi aperti.

Si mescolano, lasciando al lettore la una sensazione di essere immersi in una storia reale, i problemi personali con le indagini per sventare un possibile omicidio: la gelosia di Cotton Hawes con la fidanzata pure lei invitata al matrimonio, l'imminente parto di Teddy, i pensieri dei poliziotti e le preoccupazioni per quel lavoro dove sono costretti ad imbattersi nel male 

«Abbiamo sempre a che fare con la distruzione, – pensò. – E il nostro lavoro non è di prevenirla ma di scoprirla una volta avvenuta. Poi dobbiamo trovare i distruttori, ma questo non fa di noi dei creatori, perché la nostra impresa si fonda su un'ostilità, mentre la creazione non ha mai nulla di ostile. Teddy, standosene seduta là fuori con un bimbo in grembo, crea attraverso la natura e compie molto di più di quanto potrò mai fare io in cinquant'anni di lavoro nella polizia...»

Per la prima volta, racconta nell'introduzione Maurizio De Giovanni, in un romanzo giallo irrompe una squadra, come protagonista di una indagine, non più il singolo investigatore che con le sue intuizioni risolve un enigma, ma una squadra di amici, persone che lavorano assieme e dove ognuno porta il suo contributo.

Colleghi ma anche amici, chi altri deciderebbe di passare una domenica a lavorare per aiutare qualcuno?  

L’uomo alla finestra sbirciava il negozio di fronte. Le macchine non erano ancora arrivate. Ottimo, aveva tutto il tempo per organizzarsi.

Attenzione, là fuori c'è veramente un uomo con un fucile che sta aspettando la sua preda: il pericolo c'è veramente, quella di Tommy non è stata una precauzione inutile, ma le cose si dimostreranno ancora più complesse di quanto pensavano i nostri poliziotti.

Fino alla morte è stato pubblicato per la prima volta nel 1959, è il nono libro della serie sull'87 distretto di Ed Mc Bain e in Italia è stato pubblicato per la prima volta coi Gialli di Mondadori col titolo "Tutti per uno all'87 distretto".

La scheda del libro sul sito di Einaudi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

26 maggio 2024

Report - Il 5G in Italia, la guerra sui cieli del Tirreno e i signori dei sondaggi

IL V SCENARIO Di Luca Chianca, Collaborazione Alessia Marzi, Consulenza Claudio Gatti

L’ultima rivelazione sensazionale su Ustica è quella dell’ex presidente Amato, con la pista Francese.
Ma siamo ancora al mistero, nonostante la direttiva Renzi: i documenti sono spariti, come quelli del ministero dei Trasporti. “Chi sa parli” chiede oggi Amato, che aveva seguito il caso Ustica ai tempi del governo Craxi. Dopo 44 anni sarebbe ora di avere una verità e mettere la parola fine alle tante teorie, dalla bomba al cedimento strutturale.
La sentenza di rinvio a giudizio del giudice Priore del 99 parla per la prima volta di uno scenario di guerra, dove sui cieli sopra il Tirreno erano presenti anche aerei non identificati.
Report, in collaborazione col giornalista Claudio Gatti, racconta un nuovo scenario di guerra culminato alle 20.59 del 27 giugno 1980.
Pochi minuti dopo la torre di controllo di Ciampini chiama l’ambasciata americana per capire se l’abbattimento fosse causato da una esercitazione: ma gli americani hanno sempre detto di no, non ne sapevano niente.

Report ha intervistato l’ex vice ambasciatore Daniel Serwer: nascondere l’abbattimento di un aereo a tutti i marinai a bordo della portaerei sarebbe impossibile.

Anche la pista libica va accantonata, come risulta dai documenti dei diplomatici di cui Report è venuta in possesso.
L’unica cosa su cui possiamo essere certi è che l’aereo è stato abbattuto in una azione di guerra – spiega la presidente dell’associazione vittime Daria Bonfietti.
Possiamo anche essere abbastanza certi che si sia trattato di un missile e non di una bomba, lo spiega a Report il consulente di Itavia Vittorio Russo.

Ma ci sono altre cose da mettere nero su bianco: i radar militari non hanno consegnato i tracciati ai magistrati. Dai radar di Ciampino però qualcosa si vede: sono le tracce di due aerei zombie che compiono una manovra di attacco contro l’I-TIGI, lo racconta un consulente della parte civile.
Ma anche un documento della Nato del 1997 mette nero su bianco che erano presenti, oltre a caccia Nato, anche caccia non identificati: di quale nazionalità? Secondo l’ex vice ambasciatore Serwer potrebbero essere israeliani.

Eccolo il V scenario: si basa su considerazione storiche e militari, si baserebbe su un movente, quello della sopravvivenza dello stato di Israele.
Questo scenario è stato per la prima volta tracciato dal giornalista Claudio Gatti: il giornalista è partito da un principio diverso, chiedendosi se nel passato ci fosse stato un aereo civile abbattuto da aerei militari. Era successo, ed erano operazioni condotte dall’aviazione israeliana, per esempio quando colpirono la base dell’Olp a Tunisi, facendo uso di sofisticati strumenti elettronici per scomparire dai radar.

È successo lo stesso ad Ustica?

L’avvocato Brogneri la sera del 27 giugno 1980, passando in macchina a pochi metri dallo stadio di Catanzaro vede passare un aereo militare sopra la città: il caccia aveva una sagoma a delta.

E il Mig 23 caduto sulla Sila?
Come avrebbero fatto i caccia israeliani a bucare la difesa italiana? Il signor Sebastiano Strangias riporta una seconda testimonianza, avendo visto un aereo che volava a quota bassa, sopra Bovalino, dove viene raggiunto da altri due caccia.
Sul fondo del mare è stato recuperato un serbatoio supplementare prodotto da una società americana, Pastushin: secondo quanto riporta Gatti quel serbatoio era stato venduto ad Israele.

È una pista che meriterebbe di essere analizzata dalla magistratura italiana – è la convinzione dell’ex presidente Amato.
Ma quale sarebbe il movente, perché sarebbe stata pianificata questa azione da Israele? Ci sarebbe una coincidenza di date, la vittoria alle elezioni di Begin nel 1977 che era preoccupato della fornitura di materiale nucleare per il reattore iraqeno (progetto a cui partecipava anche l’Italia).
L’Iraq aveva aperto un progetto di collaborazione con l’Italia per il nucleare civile, ma il progetto doveva servire anche per un’arma nucleare che sarebbe finita nelle mani di Saddam Hussein.
Israele e Begin erano preoccupati di questo progetto: queste bombe avrebbero cancellato Israele, tanto da convincerli di dover sabotare questo progetto.
Prima facendo saltare l’hangar francese dove si stava assemblando il nocciolo.
Poi facendo sparire un camion con dei componenti destinati al progetto iraqeno.
Poi altri attentati contro il laboratorio italiano gestito dal professor Albonetti: “sono gli israeliani, ma tu stai tranquillo” gli dicono i nostri servizi.
Si arriva poi al volo Itavia: il 25 giugno sarebbe dovuto partire da Marsiglia un carico di uranio arricchito verso l’Iraq, con un secondo volo civetta il 27 giugno.
L’abbattimento dell’I-Tigi sarebbe dunque stato un errore, avrebbero scambiato il volo italiano per il cargo francese.

In altre occasioni l’aeronautica israeliana avrebbe cercato di abbattere aerei civili per uccidere il leader dell’Olp Arafat, sempre sui cieli del Mediterraneo.
L’ex ambasciatore Senwer conferma i timori dell’amministrazione Begin nei confronti dell’uranio iraqeno, che se non fosse stato fermato li avrebbe costretti a compiere qualunque azione di sabotaggio.

Ci sono cose che non possono essere raccontate, ci sono cose che non si possono dire nemmeno in segreto, saranno portate nella tomba dalle persone che le hanno vissute”: queste le parole del portavoce di Begin. Meglio non dire, dunque. L’abbattimento di Ustica potrebbe essere stata una di queste cose indicibili.

I SIGNORI DEI SONDAGGI Di Lorenzo Vendemiale e Carlo Tecce

I signori dei sondaggi danno i numeri dei partiti: i sondaggi possono essere strumento di propaganda, per influenza gli elettori.
Secondo il professore D
i Franco il 75% dei sondaggi non sarebbe attendibile: chi sono i signori dei sondaggi? C’è Piepoli, Antonio Noto che lavorano per la Rai, la Ghisleri che lavora per Mediaset e per Porta a Porta, poi Pregliasco con Quorum. Pagnoncelli lavora invece fedelmente con Floris.
I partiti hanno i sondaggisti di fiducia e un budget di spesa: il PD nel passato ha speso fino a 500mila euro per i sondaggi, arrivando quasi ad un abuso (oggi con la segreteria Schlein si spende 70 mila euro).
La dinamica dei sondaggi è cominciata con Berlusconi che ne fece un uso spregiudicato – come racconta Luigi Crespi a Report: “il sondaggio è un gioco inutile e pericoloso”, aggiunge al giornalista di Report, ma è restio a raccontare tutti i segreti accumulati negli anni.
I sondaggi cercano di catturare le intenzioni di voti, cosa complicata oggi coi partiti sempre più fluidi: ma cosa comprano i partiti quando pagano un sondaggio?
Per fare un buon sondaggio servono fare tante telefonate, serve usare più canali di intervista (cellulare, web, computer): ma siccome costa, le società usano “panelisti” che lavorano per più sondaggi, venendo pagati. Ma i panelisti bravi possono rispondere allo stesso sondaggio con due profili diversi: mancano controlli sui campioni, gli intervistati non rispondono alle domande ma cercano solo di completare un sondaggio per passare ad un altro.
Secondo Crespi, un buon sondaggio deve costare 10mila euro almeno, se paghi di meno, significa che stai pagando solo i risultati (quelli che vuoi sentirti).

Il caso Abruzzo è un esempio di cattivo sondaggio: quelli del PD non tenevano conto dei dati dalle province.
Report si è fatta consegnare la matrice del sondaggio che ha condizionato la strategia politica del centrosinistra in Abruzzo: si tratta dell’elenco completo delle persone contattate per realizzare il sondaggio, assieme ai giornalisti era presente il professor Di Franco che le ha analizzate con un programma specializzato.
Con questo programma posso controllare le informazioni sui soggetti – spiega nel servizio il professore – “scorrendo l’elenco vedo che c’è una grande prevalenza di persone anziane .. 89 anni, 87, 85, 83 anni.. l’età media di questo campione è 65 anni, tenete presente che in Italia l’età media è tra 41 e 42 anni, qui abbiamo 20 anni in più di età media e questo non sta né in cielo né in terra..”
Per questo hanno toppato i risultati? “Essendo sbilanciato il campione sulla popolazione di elettori ultrasettantenni, proprio in quella categoria sono più forti i voti del centrosinistra.”

Ma come vengono fatti i sondaggi dal servizio Pubblico: Report ha analizzato come vengono fatti quelli di Euromedia di Ghisleri: sono sondaggi economici, ma poco credibili – spiega il professor Di Franco.
Ghisleri usa gli stessi contatti per realizzare più sondaggi venduti poi a piattaforme diverse: sono sondaggi omnibus, dove si concentrano in un unico sondaggio più committenze. La Rai ne è al corrente di questo modo di operare?
“Perché non mi chiede quanto costa il mio sondaggio?” Il punto è che si usano soldi pubblici ed è corretto sapere come vengono spesi (si tratta di 1700 euro a sondaggio, una cifra troppo basso, secondo quanto raccontava Crespi).

In Sardegna c’è stata una battaglia sui sondaggi: il candidato Soru ha minacciato la società che ne aveva realizzato l’unico fatto in Sardegna (da Bidimedia).
Bidimedia ha dato l’11% per Soru, ma era sballato sulla vittoria di Truzzu: l’errore è legato al modo in cui è stata fatta l’indagine, solo su internet.
Un altro sondaggio è arrivato ad Agenzia Nova, dove si parlava di Soru al 33%, ma era falso.
Qual è la manina dietro i sondaggi segreti pubblicati a pochi giorni dal voto? Ancora oggi non si conosce la paternità del fake, si parla di dati fatti uscire dal PD, che voleva puntare al voto utile (danneggiando Soru).

Ci sono sondaggisti che cercano la politica e che da questa vengono cercati: per esempio Masia col PD o anche Crespi ai tempi di Berlusconi, che aggiunge come i sondaggi orientati servono solo alle truppe e agli staff dei candidati.
Tecné lavora per la famiglia Berlusconi a Mediaset e nei suoi sondaggi da sempre qualche punto in più a Forza Italia: un rapporto simbiotico tanto che Forza Italia rilancia i sondaggi pagati a Tecné.

Ma il peccato è negli occhi di chi guarda - si giustifica Tecné davanti alle domande di Report.

Quorum/You Trend è la società di Lorenzo Pregliasco: in dieci mesi ha avuto ricavi alti, con costi veramente bassi, grazie all’uso della piattaforma Supermedia, che somma sondaggi fatti in momenti diversi. Ma ha una valenza scientifica?

Oggi i sondaggi sono uno strumento per condizionare la politica: nessuno controlla i sondaggi, nemmeno l’AGCOM,
occorrerebbe fare dei controlli a campioni sulle matrici che dovrebbero essere essere rese pubbliche.

La Rai ha affidato i suoi exit poll al consorzio Opinio, dietro cui si trovano tre pesi massimi del settore Piepoli, Noto e Masia: i bandi della Rai li hanno premiati rispetto alla concorrenza, diventando oggi monopolista nel servizio pubblico.

DRIZZA LE ANTENNE Di Lucina Paternesi, Collaborazione Roberto Persia

Nel 2018 si è chiusa l’asta record per le frequenze 5G, dopo cinque anni stiamo ancora aspettando la rivoluzione, perché servono le antenne sul territorio.

Le aziende avrebbero dovuto investire 4 miliardi di euro (oltre ai 6 spesi per la gara), ma il governo ha alzato i limiti delle emissioni delle antenne. Un bel risparmio per chi investirà in Italia.

Ma all’estero le aziende private hanno investito senza aspettare l’aiutino dello Stato: in Svezia Report ha mostrato come col 5G sia usato per muovere le macchine per il taglio del legname nei boschi, manovrandole da remoto.
Alla
Skogforsk spiegano che basta una buona connessione 5G, un visore per la realtà aumentata e qualche computer, per lavorare al caldo in ufficio, senza grossi rischi per la salute.
La rete pubblica in Svezia funziona bene, il servizio è fornito da Telia che ha investito diverse centinaia di milioni di euro nell’infrastruttura, eliminando il 2 e il 3G.
Quali sono le emissioni delle antenne: si passa da 24 a 35 v/m nelle città: in Svezia stanno facendo test sugli effetti delle radiazioni del 5G sull’uomo.
In Italia siamo passati dal vecchio limite di 6v/m fino a 15 v/m: i limiti tabù di cui parla il ministro Urso (che avrebbero limitato lo sviluppo del paese) fu l’ex ministro Gasparri, che però si era “dimenticato” di mettere dei limiti alle emissioni dei telefoni (che possono emettere fino a 100 v/m).
Il governo Monti aveva già eliminato le misurazioni puntuali, bypassando il vincolo della legge Gasparri: ma per far funzionare il 5G serviva alzare i limiti?

Secondo il servizio di Report no, ma tanto il governo Meloni ha alzato i limiti nello scorso decreto concorrenza.
L’innalzamento si è reso necessario perché con gli attuali limiti gli impianti italiani non erano espandibili: lo scrive il professore del politecnico Capone, in una relazione per l’associazione di categoria delle TLC.
Per soddisfare le esigenze delle aziende si sono alzati limiti – racconta a Report un antennista – senza preoccuparsi della salute dei cittadini: il ministro Urso tira fuori i limiti superiori di altri paesi, perché voi di Report non ci fermerete con le vostre lobby (ha incredibilmente detto Urso).

Ma le emissioni del 5G possono creare problemi? L’Europa segue le direttive di una agenzia privata, con dentro dei conflitti di interesse in pancia, l’ICNIRP.
Ci sono altri studi molto più cautelativi, ignorati dal professor Capone e dal nostro ministero.

In ogni caso il decreto del governo Meloni ha favorito le aziende che gestiscono le antenne, che stanno facendo profitti molto elevati in questi anni: tutto nasce dal piano Colao, che di fatto passa sopra le posizioni contrarie alle nuove antenne sui territori.
Le antenne spuntano senza nemmeno consultare i sindaci e i tecnici, come successo nel comune di Montanaro: nonostante le proteste dei cittadini, i lavori sono andati avanti, perché Iliad ha chiuso un contratto con un privato e ha portato il comune davanti al TAR.
Alla fine il progetto del privato va davanti ai piani del comune, una cosa incredibile: i sindaci hanno le mani legate a meno che si non si dotino di un piano antenne, pagando dei consulenti per questi progetti.
Le antenne sono state dichiarate dallo Stato come opere primarie per l’urbanizzazione: lo stato ha dato diversi aiutini alle aziende di TLC, togliendo vincoli paesaggistici, obblighi. Dal 2020 ci sono state 7 variazioni normative, sempre nell’ottica del semplificare i costi della realizzazione di nuove antenne, fino a consentire degli espropri nei confronti dei privati.
I comune, per le antenne piazzate su terreni che non danno reddito, ricavano solo 800 euro: sono soldi che i comuni non incasseranno più, per cui dovranno anche tagliare i servizi.

A questo siamo arrivati perché un ex manager del settore privato è diventato ministro col governo dei migliori.
A Calci si sono dotati di un piano antenne, ma ha un costo: l’unica iniziativa nella direzione di aiutare i comuni veniva dall’ex deputato Romagnoli ma, come racconta lui, è stata bloccata perché danneggiava lo sviluppo del 5G.
Oggi siamo nella situazione dove privati cittadini affittano terreni alle “tower company” per installare le antenne: ma è un affare al ribasso, perché queste aziende tendono sempre al massimo ribasso, usando anche la minaccia dell’esproprio
(nel senso comune del termine, di questo stiamo parlando).
Le lettere di esproprio non sempre partono dalle tower company, come Inwit, ma da società che stanno nell’ombra, come Phone energy di Faenza.

Ma in realtà la legge sull’esproprio parla chiaro: l’esproprio può partire solo col beneplacito dell’amministrazione locale.

Anteprima inchieste di Report - Il 5G in Italia, la guerra sui cieli del Tirreno e i signori dei sondaggi

I signori dei sondaggi in Italia, come funziona il 5G e come si pianifica l’installazione delle antenne, infine un servizio sulla strage di Ustica, l’abbattimento di un aereo civile italiano sui cieli del Tirreno la sera del 27 luglio 1980: questi gli argomenti dei tre servizi che andranno in onda questa sera.

La guerra nei nostri cieli

Il 27 giugno del 1980 l’areo DC9 IH 870 dell’Itavia decolla da Bologna con a bordo 81 persone e cinque membri dell’equipaggio. Il volo parte con quasi due ore di ritardo. Quel volo passa sopra Firenze, Bolsena, lascia alla sua destra Roma, avrebbe dovuto arrivare per le 9 di sera a Palermo. Ma dopo le 20.59 la sua traccia scompare sui radar della nostra aeronautica: le operazioni di soccorso iniziano laddove è stata lasciata l’ultima battuta radar, sul punto Condor, mentre a Palermo ai parenti dei viaggiatori viene detto che l’areo è scomparso. Di fatto l’aereo è stato abbattuto sui cieli del Tirreno, uccidendo le 86 persone a bordo. È stata il più grave incidente dell’aeronautica civile e, ancora dopo 44 anni, siamo qui ad aspettare che si faccia luce sui responsabili.
Luca Chianca ha intervistato Daria Bonfietti, presidente dell’associazione vittime della strage, chiedendole quale fossero state le sue prime sensazioni, quando si rese conto che non si trattava di un semplice incidente: “la sensazione era quella di chi quel 28 giugno a Bologna mi dissero che l’areo era dato per disperso, alle 5 della mattina, quindi capivo che nemmeno loro avevano un’idea di cosa potesse essere successo e quindi capivo che era una cosa strana ..”
Dopo ben 44 anni su Ustica ci sono state 19 sentenze e da 17 anni c’è ancora una indagine in corso sulla pista francese (tirata fuori da Cossiga nei primi anni del duemila e recentemente dall’ex presidente del Consiglio Amato). Mentre per le sentenze penali le cause del disastro rimangono sostanzialmente misteriose (rimane aperta ancora l’incredibile ipotesi della bomba), quelle civili confermano uno scenario di guerra nei cieli italiani quella notte, confermando che fu un missile ad abbattere l’aereo civile.
“[L’aereo fu] abbattuto all’interno di un episodio di guerra aerea, guerra di fatto ma non dichiarata, operazione di polizia internazionale contro il nostro paese di cui sono stati violati i confini e i diritti” è il giudizio di Daria Bonfietti.

Va bene lo scenario di guerra, ma quali gli attori, di quale bandiera gli aerei e, soprattutto, quale la ragione di quel conflitto sui nostri cieli?
Vittorio Russo nel 1980 era il tecnico di Itavia che si occupava delle infrastrutture, oggi a 70 ha deciso di parlare di Ustica per la prima volta: l’ipotesi del missile l’aveva messa subito in conto. A Report racconta di aver individuato subito il pezzo dell’aereo, una parte del carrello molto robusta che ha rotto tutto e ha spinto un frammento dentro la cabina. Necessariamente deve essere stato un oggetto esterno, un missile, che ha colpito l’aereo spingendo le parti strutturali robuste al suo interno verso i passeggeri.
La vicenda dell’I-Tigi è intrecciata a quella del Mig libico ritrovato (o fatto ritrovare) sulla Sila il 23 luglio del 1980. Report ha raccolto la testimonianza dell’avvocato Enrico Brogneri che, alle nove di sera del 27 giugno mentre era in macchina a due passi dallo stadio di Catanzaro vede passare sopra la città un aereo da guerra poco sopra le case.
Era forse il Mig libico?


Le ricostruzioni di quella guerra sui nostri cieli riportano il Mig accanto all’aereo civile, assieme ad altri aerei militari: lo dicono gli stessi esperti della Nato interpellati dai giudici italiani che hanno nel documento consegnato nel 1997 che, in base alle tracce radar, individua una serie di aerei britannici e di altri paesi della Nato, senza però riuscire però a risalire alla nazionalità di quegli aerei. Di sicuro c’è che in volo, quella seria sul Tirreno c’erano 5 aerei che nemmeno la Nato è riuscita ad identificare perché hanno il transponder spento.
Quale paese dentro la Nato o vicino alla Nato come la Francia azzarderebbe mai di spegnere sul territorio italiano il sistema di identificazione? È molto improbabile che sia stato un paese della Nato, secondo Daniel Serwer consigliere scientifico e vice ambasciatore americano tra il 1977 e il 1983, questa operazione avrebbe potuto essere fatta dai sovietici, gli iraniani e altri paesi del medio oriente. E qui si arriva al quinto scenario, quello di cui aveva parlato il giornalista Claudio Gatti (che è stato consulente di questo servizio) in un libro proprio con questo titolo: uno scenario che tira in ballo il Mossad e Israele:

Qualcuno in tanti anni, in punto di morte, per dar fiato ad una coscienza azzittita per anni, sostiene in soldoni Gatti, avrebbe raccontato la verità, consegnato ad un memoriale il disvelamento degli scomodi segreti di Ustica.Non in Israele. Dove tra l’altro – storicamente – c’era tutto l’interesse a “sferrare” un attacco alla Francia “collaborazionista” col regime iracheno. Saddam Hussein infatti era in possesso di armi di distruzione di massa e della bomba. La bomba nucleare che gli isreaeliani temevano fosse diretta ai loro territori. Una questione di sopravvivenza in vita di uno Stato. Una ragione che spinse il Mossad, a bombardare l’Iraq senza alcun preventivo avvertimento agli Stati Uniti d’America e al presidente Ronald Reagan. Mettendo a rischio, proprio nel 1981, una pace mondiale raffazzonata con difficoltà. E ancora incredibilmente labile. Come ebbe modo di dimostrare ancora la prima e la seconda guerra del Golfo, a partire dagli anni ’90. Claudio Gatti è testimone attento, scrupoloso di questa quinta ipotesi. “Le mie sono teorie indiziarie. Nessuna prova chiaramente, ma un quadro credibile in cui i protagonisti – lo dico ancora oggi a tanta distanza – sono tutti riconoscibili”.

Ad ogni anniversario della tragedia spuntano nuove ipotesi, nuove dichiarazioni che dovrebbero far luce sul “mistero” (che poi non è tutto mistero): l’ultima è stata quella dell’ex presidente del Consiglio Amato, lo scorso settembre (con qualche mese di ritardo) è tornato a parlare di Ustica. Luca Chianca lo ha intervistato: su Ustica ha detto che la sua vita è stata incompiuta

“Si, l’ho detto perché alla mia età ho fatto tante cose, cosa è rimasto di non fatto? Io nella faccenda di Ustica ci entrai perché nei lontani anni 80 i familiari delle vittime si erano rivolte al capo dello Stato [Cossiga], il capo dello Stato aveva girato la lettera al Presidente del Consiglio che era Craxi, io ero sottosegretario alla presidenza e il compito di lavorarci fu mio. Sono passati da allora più di 40 anni ed è rimasto un mistero, chi ha vissuto questa vicenda, allora aveva l’età che avevo io e ora ha la mia, se ha la verità dentro di sé, è ora di dirla..”
Sarebbe però, aggiungo io, ora di fare nomi, di smetterla con inviti generici.

Sul Fatto Quotidiano Marco Lillo Fatto Quotidiano Marco Lillo ha pubblicato una anticipazione del servizio dove si parla di questo "quinto scenario", che al momento non è solo poco più che una ipotesi suffragata da alcune testimonianze, che il servizio mostrerà questa sera

“Fu un aereo da guerra israeliano ad abbattere il Dc-9 sopra Ustica”

LE INCHIESTE. REPORT E IL LIBRO DI GATTI - L’ipotesi Begin. Voleva bloccare l’uranio per Saddam

A 44 anni di distanza dalla strage di Ustica escono un libro e un’inchiesta tv con documenti inediti e testimonianze esclusive che rilanciano la pista israeliana.

Ad abbattere per errore il Dc9 dell’Itavia, causando 81 morti, sarebbe stato un aereo militare israeliano che volava in segreto senza farsi tracciare. L’obiettivo della sua squadriglia sarebbe stato un altro: un aereo civile francese con un carico di uranio arricchito destinato al programma nucleare iracheno. Due giorni prima, il 25 giugno, c’era stato un primo volo decollato da Marsiglia con un carico di uranio. Gli israeliani si attendevano un secondo volo per Bagdad, previsto per il 27 giugno e non effettuato.

Report stasera dedicherà a questa pista (ipotetica ma avvincente) l’inchiesta realizzata da Luca Chianca in tandem con Claudio Gatti, il primo sostenitore di questa tesi, l’autore del libro “Il quinto scenario – Atto secondo”, edizioni FuoriScena. “Atto secondo” perché già nel 1994 Gatti aveva dedicato un libro alla pista israeliana che ora si arricchisce di documenti e testimonianze scovate in anni di lavoro.

La scheda del servizio IL V SCENARI Di Luca Chianca

Collaborazione Alessia Marzi

Consulenza Claudio Gatti 

Il 27 giugno del 1980 l'aereo Dc9 Itavia 870 con a bordo 81 persone parte dall'aeroporto di Bologna con quasi due ore di ritardo, direzione Palermo. Dopo le 20.59 l'aereo scompare dai radar, inabissandosi nel bel mezzo del Tirreno. Oggi, dopo 44 anni disponiamo di ben 19 sentenze. Mentre per quelle penali le cause del disastro rimangono sostanzialmente misteriose, le sentenze civili confermano uno scenario di guerra nei cieli italiani sopra Ustica, affermando che furono uno o più missili ad abbattere il Dc9. Negli anni si sono cercate evidenze sulla pista italiana, americana, libica e francese e qual è stato il risultato? La magistratura non è riuscita a cavare un ragno dal buco e quello di Ustica è rimasto un mistero. Report ha deciso di cambiare approccio, indagando se nella storia dell'aviazione fosse mai successo che un velivolo civile fosse bersaglio di un agguato aereo e si è scoperto che l'unico paese al mondo coinvolto in operazioni di questa natura è Israele. Una dettagliata inchiesta che propone un nuovo scenario attraverso testimonianze inedite ad appartenenti ai servizi segreti israeliani, comandanti e generali dell'aviazione militare dello Stato di Israele che intorno agli anni '80 hanno realizzato le più strabilianti operazioni segrete della storia dell'aeronautica. L'abbattimento del Dc9 potrebbe far parte di un tragico errore operativo, avvenuto per bloccare la fornitura di uranio arricchito che la Francia spediva con aerei civili in Iraq per sviluppare il programma nucleare di Saddam Hussein, minaccia esistenziale per lo Stato di Israele.

Il rapporto tra politica e sondaggi

Finalmente un’inchiesta che racconta del rapporto tra politica e sondaggi in Italia, dove si vota almeno una volta all’anno e dove settimana dopo settimana si pubblicano sondaggi usati spesso come arma di propaganda in un verso o nell’altro.
Ma quanto sono attendibili? Il servizio di Report parla di quanto successo in Abruzzo alle ultime regionali,
esempio di quanto un campione fatto male possa distorcere i risultati di un sondaggio. Il centro sinistra era convinto di essere in rimonta.
Lo racconta Mirko Rossi responsabile della campagna elettorale del PD: “i sondaggi sia quelli commissionati dalla nostra coalizione sia quelli che venivano pubblicati comunque confermavano ciò che si percepita, che il divario [tra le due coalizioni] andava riducendosi ”.

Ma era un abbaglio, il governatore uscente Marco Marsilio, fedelissimo di Giorgia Meloni ha stravinto di quasi 7 punti: “i sondaggi non hanno intercettato la dinamica territoriale del voto, quello che è stato il riversamento del consenso sulle province ..”
Report si è fatta consegnare la matrice del sondaggio che ha condizionato la strategia politica del centrosinistra in Abruzzo: si tratta dell’elenco completo delle persone contattate per realizzare il sondaggio, assieme ai giornalisti era presente il professor Di Franco che le ha analizzate con un programma specializzato.
Con questo programma posso controllare le informazioni sui soggetti – spiega nel servizio il professore – “scorrendo l’elenco vedo che c’è una grande prevalenza di persone anziane .. 89 anni, 87, 85, 83 anni.. l’età media di questo campione è 65 anni, tenete presente che in Italia l’età media è tra 41 e 42 anni, qui abbiamo 20 anni in più di età media e questo non sta né in cielo né in terra..”
Per questo hanno toppato i risultati? “Essendo sbilanciato il campione sulla popolazione di elettori ultrasettantenni, proprio in quella categoria sono più forti i voti del centrosinistra.”

La scheda del servizio: I SIGNORI DEI SONDAGGI Di Lorenzo Vendemiale e Carlo Tecce

Inchiesta esclusiva di Report sul mercato dei sondaggi in Italia: chi sono i padroni, quali rapporti hanno con i partiti, quali segreti nascondono, con quali conflitti di interessi lavorano. Per la prima volta un servizio giornalistico dimostra con documenti inediti come funzionano i sondaggi in Italia e come, spesso, diventano strumento di propaganda e di manipolazione della pubblica opinione. Focus sulle recenti regionali di Sardegna e Abruzzo, sulle imminenti elezioni europee e sugli exit poll nella notte degli scrutini.

Antenna selvaggia in Italia

Un confronto tra Italia e Svezia sul tema del 5G, quali investimenti sono stati fatti, come la politica ha guidato la transizione, l’installazione delle antenne per le nuove frequenze.
In Svezia, 10 ml di abitanti e 3,5 ml di abeti e betulle, il 5G prende anche in mezzo alle foreste dove le macchine per il taglio degli alberi sono guidati remotamente da un operatore con un cellulare: è frutto della ricerca fatta da un centro di ricerca finanziato in parte dal pubblico in parte da altre aziende private. Alla Skogforsk si occupano di logistica, sviluppo sostenibile e riforestazione, puntando sulle soluzioni tecnologiche innovative per uno dei settori chiave dell’economia svedese.

Tutte le macchine addette al taglio degli alberi e alla loro movimentazione sono manovrate da remoto da un operatore al chiuso dentro un ufficio: basta avere un paio di computer e una connessione internet tra la macchina e la centrale operativa collegati attraverso un’antenna 5g. E se cade la connessione? C’è un pulsante di sicurezza, come se l’operatore fosse sulla macchina, che blocca tutto in caso di necessità. Guidare la macchina al computer è come guidarla stando fuori dentro la cabina, vedi le stesse cose e ti muovi allo stesso modo, servono solo pochi minuti per prenderci la mano – spiega alla giornalista l’operatore - col visore a realtà aumentata si ha veramente l’impressione di essere in mezzo alla neve.
E invece in Italia? Il governo Meloni lo scorso dicembre ha emanato una legge che ha innalzato il livello dei limiti elettromagnetici delle antenne televisive: questa legge dovrà dare impulso all’installazione di nuove antenne per il 5G, ma di fatto, è anche un bel regalo alle TLC perché consente loro un bel risparmio nel montarne di nuove senza sforare i limiti.


Va detto che in Italia abbiamo limiti (15 v/m) più bassi tra quelli europei (per l’Europa il limite è 61 v/m). Nell’anticipazione del servizio che trovate su Raiplay si racconta di come però queste installazione siano fatte senza tener conto del parere delle amministrazioni locali: all’improvviso su un campo, su una collina spunta un’antenna camuffata da albero – è successo nell’entroterra marchigiano senza che siano posti vincoli paesaggistici all’installazione dell’azienda Iliad.
Racconta uno dei proprietari delle case vicine: “ci sono case che non hanno nemmeno l’acquedotto, però portiamo il 5G, quindi c’è questa assurdità paradossale ..”
Quando gli assessori, come a Fano, negano le autorizzazioni, arrivano i ricorsi al TAR che danno ragione alle TLC e i comuni sono costretti a capitolare e le antenne, in collina o a due passi dal mare, restano al loro posto.
La legislazione nazionale permette di passare sopra chiunque senza dare nessuna spiegazione, le aziende pagano ad un privato molto di più che ad un comune e mettono le antenne dove vogliono.
Racconta l’assessora di Fano: “capisco l’esigenza tecnologica di avere una rete moderna, ma io devo governare il territorio e ho dei cittadini che si arrabbiano, su cose su cui io ho un potere estremamente limitato.”

La scheda del servizio: DRIZZA LE ANTENN Di Lucina Paternesi

Collaborazione Roberto Persia 

Avrebbe dovuto rivoluzionare le nostre vite, ma a sei anni dalla chiusura dell’asta che ha assegnato le frequenze, che fine ha fatto il 5G? Mentre in Svezia la nuova tecnologia è entrata a far parte dell’economia del paese, a suon di investimenti milionari da parte delle compagnie telefoniche, in Italia il Governo ha deciso che per far decollare il 5G bisogna alzare i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, da 6 a 15 V/m. Un bel favore alle compagnie telefoniche che, nel 2018, hanno versato oltre 6,5 miliardi di euro allo Stato per accaparrarsi le frequenze. L’innalzamento dei limiti sembra avere un obiettivo preciso: far risparmiare 4 miliardi agli operatori di telefonia che, altrimenti, sarebbero stati costretti a un esborso maggiore per l’ammodernamento degli impianti. Questo provvedimento è solo l’ultimo dei tanti interventi normativi che, negli ultimi anni, in nome della semplificazione, ha spianato la strada alle aziende di telecomunicazioni. Dall’eliminazione dei vincoli paesaggistici per l’installazione dei tralicci al tetto massimo di 800 euro per l’occupazione di suolo pubblico, le compagnie telefoniche hanno letteralmente preso d’assalto i territori. A farne le spese sono soltanto sindaci, cittadini e territori. Chi ci guadagna da tutta questa semplificazione?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

24 maggio 2024

Per un'ora d'amore di Piergiorgio Pulixi

 

Prologo

Sono bambina. Devo avere sei o sette anni. Sto mangiando dei succosi acini d’uva mentre scruto il dorso delle grandi mani di mio padre sporche di terra. Siamo seduti sui gradini del patio che si affaccia sul giardino di casa, avvolti dalla luce ambrata del tramonto.
Lui è appena tornato dai campi. Profuma ancora di vigna. Con un fazzoletto bagnato gli mondo le dita dalla sfarinatura del terriccio e tampono i graffi freschi procurati dai tralci della vite.

Forse uno dei migliori romanzi di Piergiorgio Pulixi, almeno tra quelli letti finora: per la delicatezza con cui tocca temi come la violenza di genere, l’ossessione d’amore di uomini malati che considerano le loro donne come beni in loro possesso. Un romanzo quanto mai attuale, purtroppo, perché si parla di patriarcato, di “uomini che odiano le donne”, le donne che si permettono di vivere una loro vita, di prendersi le loro libertà, di non sottoporsi ubbidienti al maschio, che sia il marito, il compagno, l’ex fidanzato..
Tutto parte da quello che si chiama un “cold case”, l’omicidio rimasto irrisolto di Donata Seu, una ragazza uccisa nel suo appartamento a Milano: uccisa con una coltellata al cuore da un assassino che, prima di lasciarla, l’ha vestita da sposa.

Sono suoi i pensieri che leggiamo nel prologo, quando da bambina aspettava il padre di ritorno dalla vigna, l’ultimo pensiero è per quel padre lasciato in Sardegna, “perché il legame tra padre e figlia è sacro”, padre che non potrà più rivedere..

Otto mesi dopo quella persona, arrivata a Milano per prendersi cura del nipote Filippo, si trova davanti la Questura di Milano: Italo Seu è uno che ha sempre faticato, per la famiglia, per la figlia, sulle sue mani ci sono i segni dei tanti sacrifici. L’ultimo sforzo della sua vita è cercare di dare giustizia alla figlia e a quel bambino rimasto solo:

Erano passati otto mesi da quel maledetto giorno. Il senso di oppressione e la morsa di ingiustizia che gli serravano lo stomaco [..]

Io ci sto provando, bambina mia” confessò alla figlia, con cui intratteneva un fitto dialogo mentale..

Negli uffici della Mobile, Italo Seu riesce ad incontrare l’ispettore “Bepi” Pavan, reduce da una seduta dalla psicologa, ultimo passo per provare a perdere peso dopo che la moglie lo ha sbattuto fuori di casa. Chissà che puntare sui sensi di colpa non riesca a bloccare quelle tentazioni, quelle “voci” che gli arrivano dal cibo.
Pavan, accoglie Italo e ascolta la sua storia e fa qualcosa che i poliziotti dovrebbero evitare: fare delle promesse ai parenti delle vittime, ma quella storia ha qualcosa che lo colpisce (e sarà lo stesso ispettore a raccontarlo più avanti), così decide di rileggersi le carte e fare tutto il possibile perché l’indagine, ormai ferma, non venga archiviata.
Dove sono gli altri membri della squadra “speciale” del professor Vito Strega, chiamata a gestire omicidi “speciali” dalle varie Questure italiane per dare il loro supporto?
L’ultima indagine in Sardegna sulla morte di Maristella Coga aveva creato una prima frattura tra il vicequestore e Mara Rais, che aveva deciso di abbandonare il gruppo. Lo stesso Strega si era imbarcato per un mese su una nave addetta ai soccorsi dei migranti in mare, sperando di tenere a bada quelle voci che sente nella testa che lo costringono a prendere delle medicine, mettendo a rischio la sua concentrazione sul lavoro.

Il Canto degli innocenti, il suo pericoloso segreto, quel coro di lamenti che udiva nella testa sin da bambino, aveva ripreso a tormentarlo, obbligandolo a rintanarsi nell’effetto stordente dei neurolettici..

Purtroppo le voci non lo hanno abbandonato nemmeno sul mare, che le tanti morti per i naufragi hanno trasformato in un enorme cimitero.

Ci sono uomini che non rimangono insensibili di fronte al dolore degli altri, specie se persone indifese, le donne vittime di violenza domestica.
Ma ci sono anche altri uomini: nostalgici dei bei tempi in cui era l’uomo a comandare, quando era tutto più chiaro e semplice, l’uomo lavora e la donna sta a casa ad accudire i figli. Persone che parlano come certi politici del nostro paese e che pensano pure di essere moderni quando invece rappresentano la parte più oscurantista.

«L’emancipazione femminile non ha portato che squilibrio sociale, crisi economica, disoccupazione e problemi psicologici. Quando le donne non lavoravano, secondo te, c'erano tanti uomini a spasso senza un'occupazione?

No, c'era lavoro per tutti, e i figli potevano crescere con la loro madre e non turati su da una squadra di sconosciute che ne allevano a mazzi, senza cura né amore, come fosse un processo industriale.»

Ivan assentì deciso.

«La radice del problema, in fondo, sta qui. Oggi si lamentano di violenza e femminicidi. Ma la violenza contro le donne non è che la naturale risposta della società che hanno creato le care femministe.

Sono loro ad avere le mani sporche di sangue, non noi. Perché se esistesse davvero il patriarcato in questo paese, ci sarebbero famiglie sane, in cui la donna darebbe rispettata e protetta per il proprio ruolo, in cui l'uomo sarebbe guida, faro ed esempio, in cui verrebbero insegnati valori fondamentali come il rispetto, l'onestà e la responsabilità..»

Sono solo persone frustrate, che devono sfogare in qualche modo la rabbia che covano dentro per la loro incapacità di costruirsi una vita, prendendosela con le donne. Con alcune di loro in particolare.
Qui la storia si sdoppia, come punti di vista del racconto: da una parte la squadra di Strega che si mette all’opera per riaprire l’indagine su Donata Seu, andando a rileggersi le carte, immergendosi nella sua vita (quella di una donna destinata a fare carriera nel lavoro, per le sue capacità), riascoltando tutti i testimoni. Stando attenti a non farsi coinvolgere personalmente, per non perdere quella lucidità necessaria nel loro lavoro.
In parallelo seguiamo questi “uomini che odiano le donne” mentre organizzano la loro vendetta, i loro propositi di raddrizzare queste mogli, compagne, perfino le responsabili sul lavoro (perché ora si permettono pure di comandare..): “per riprendere in mano la situazione, sei costretto a usare le maniere forti, a mettere tutti in riga, e così ti danno del fascista”.

L’indagine su Maria Donata si rivela molto difficile, non solo perché fa riaffiorare il dolore nel povero padre, ma perché non si riescono a trovare elementi utili: sebbene tutto faccia pensare che l’assassino sia stato il compagno, che lei aveva lasciato dopo le minacce e le violenze, questa si era rivelata una pista senza sbocchi, perché quest’ultimo aveva un alibi di ferro per il giorno del delitto.
Servirebbe capire se la causa di quel delitto e del perché quel vestito da sposa, risale agli anni in cui Donata era ancora in Sardegna. Servirebbe l’aiuto di Mara Rais che, nel frattempo a Cagliari, sta subendo gli effetti dello scontro con Vito Strega.

La chiave sta nel passato, come i poliziotti della squadra avevano intuito e questa consentirà loro di svelare un disegno criminale più ampio: non si tratta di casi isolati come confermano le statistiche sui crimini di genere, ma di un qualcosa che fa ancora più paura e che (ci) racconta quanto sia malata la nostra società. L’intuizione per arrivare alla soluzione arriverà grazie ad un film di Hitchcock (di cui non farò cenno per non rovinar nulla).

Come nei precedenti romanzi, le pagine sulle indagini che li coinvolgono, si alternano a pagine dove si raccontano le vicende personali dei membri della “squadra speciale” a cominciare dal vicequestore Strega. Riuscirà a gestire le voci, il “canto degli innocenti” che sente nella sua testa e a nascondere la sua malattia ai suoi collaboratori?
Che fine ha fatto la stalker, la donna che sta spiando la sua vita personale, arrivando perfino ad entrare in possesso dei suoi segreti?
Ma ci sono anche le vite degli altri poliziotti: scopriremo da dove nasce l’ossessione per il cibo per Bepi Pavan, cosa ha causato la ferita che ancora si porta dentro Eva Croce, “l’irlandese”.

C’è spazio anche per raccontare della Milano che fa da sfondo in questa storia di dolore, di rimosi e di amore malato: una Milano frenetica, che tende a lasciar indietro le persone che non riescono a mettersi al passo, isolandole:

Milano è una città crudele, da questo punto di vista. Tutti mi sembrano soli, ognuno per i fatti propri. La farò ridere: io in paese ero abituato a salutare tutti, e quando sono venuto qua facevo lo stesso..

C’è un piccolo/grande colpo di scena nel finale che, in modo anche leggermente crudele, fa da apripista al prossimo romanzo della serie. Non ci resta che aspettare…
Buona lettura!

Gli altri romanzi della serie

La scheda del libro sul sito di Rizzoli
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


23 maggio 2024

La pacificazione sulla mafia e il ricordo (che manca) di Falcone


Oggi, sulle prime pagine dei principali quotidiani, è difficile trovare menzione di Capaci e dell'anniversario della morte del giudice Falcone.

Se fosse ancora vivo sarebbe tra i magistrati attaccati dalla politica, colpevole di indagare solo su una certa parte politica, colpevole di danneggiare l'imprenditoria siciliana e italiana (perché queste accuse gli furono veramente rivolte, dalla DC siciliana, perfino da colleghi nel Tribunale di Palermo).

Invece Falcone è stato ucciso 32 anni (in un attentato su cui ancora ci sono filoni di indagine aperti) fa e così oggi la sua memoria viene strumentalizzata, usata come bandierina dai partiti che fanno una finta lotta alla mafia, anzi alle mafie.

Questa maggioranza di governo per tramite la commissione Antimafia, come ha ben spiegato il servizio di Report sui nemici di Falcone e Borsellino, è preoccupata solo della strage di via D'Amelio, spingendo sulla pista del rapporto del Ros.

Tutto pur di nascondere i mandanti a volto coperto, il depistaggio di stato col finto pentito Scarantino, creato dai poliziotti del questore La Barbera.

Il messaggio di questi comportamenti dal governo, dai finti garantisti che si mobilitano solo per gli ufficiali del Ros, Contrada, i politici legati con rapporti pericolosi coi mafiosi? La mafia è stata sconfitta, non c'è (in linea con la sentenza della Cassazione sul processo per la trattativa stato mafia). 

La famosa convivenza con la mafia di cui parlava un ex ministro tanti anni fa, curiosamente il padre dell'attuale progetto del ponte sullo Stretto.

Per non disturbare questa convivenza la Rai ha deciso di non mandare in onda nessuno speciale su Falcone, sul pool di Palermo, sull'enorme sacrificio che il paese ha chiesto a questi magistrati, ai loro collaboratori nelle forze dell'ordine.

Trattativa Stato-Mafia: il processo che non si doveva fare

Il colpo di spugna
Tutto cancellato. Tutto inutile. Tutto da rifare. Si poteva trattare con la mafia. Si può trattare con la mafia. Si potrà trattare con la mafia. Lo Stato può scendere a patti col suo avversario ultrasecolare. Non c’è niente di male se lo fa a fin di bene. Cosa nostra resta l’unica organizzazione criminale con licenza di condizionare, intimidire, terrorizzare il suo nemico, alla quale non verrà mai meno la speranza di trovare interlocutori sugli spalti dell’altra sponda.
Che si chiuda un’epoca è pacifico. L’epoca segnata dalla volontà – quantomeno conclamata, quantomeno intrisa di retorica, quantomeno scolpita da milioni di parole – di diventare un’Italia moderna, che sia Europa sino in fondo, capace di saper fare da sola liberandosi per sempre dalla zavorra sporca che per centocinquant’anni l’ha resa socialmente ed economicamente zoppa.
 

Da Il colpo di spugna, di Saverio Lodato e Nino Di Matteo 

 

22 maggio 2024

La dittatura delle minoranze - da Per un'ora d'amore di Piergiorgio Pulixi


Chissà perché Ivan se l’era immaginato più vecchio. Invece, Scorpio aveva giusto un paio d’anni più di lui, a giudicare dalle esegue rughe e dagli sparuti peli bianchi nella folta barba.

Avevano un’altra cosa in comune, a parte pressappoco la stessa età e l’odio che nutrivano verso le donne: alla lotteria della fortuna genetica avevano entrambi perso di brutto. Erano al limite dell'obesità, quasi calvi, piuttosto trasandati [..] e un abbigliamento poco curato che contribuiva a farli apparire ancora più sgradevoli.

[..]

Il separè in legno garantiva riservatezza, sebbene fossero gli unici astanti lassù.

«L’emancipazione femminile non ha portato che squilibrio sociale, crisi economica, disoccupazione e problemi psicologici. Quando le donne non lavoravano, secondo te, c'erano tanti uomini a spasso senza un'occupazione?

No, c'era lavoro per tutti, e i figli potevano crescere con la loro madre e non turati su da una squadra di sconosciute che ne allevano a mazzi, senza cura né amore, come fosse un processo industriale.»

Ivan assentì deciso.

«La radice del problema, in fondo, sta qui. Oggi si lamentano di violenza e femminicidi. Ma la violenza contro le donne non è che la naturale risposta della società che hanno creato le care femministe.

Sono loro ad avere le mani sporche di sangue, non noi. Perché se esistesse davvero il patriarcato in questo paese, ci sarebbero famiglie sane, in cui la donna darebbe rispettata e protetta per il proprio ruolo, in cui l'uomo sarebbe guida, faro ed esempio, in cui verrebbero insegnati valori fondamentali come il rispetto, l'onestà e la responsabilità.

Nessuno si sognerebbe di far loro del male, perché ognuno starebbe al proprio posto occupando il ruolo naturale. È sempre stato così. Invece no: ora è la donna a comandare, e l'uomo deve sottostare. Ora è la donna a lavorare, e l'uomo deve stare a casa a fare il "mammo". Ora è la donna a troiegg**, ridursi allo stato brado con alcol e droga, provocare e insultare, e noi dobbiamo stare buoni e zitti, soffocare i nostri istinti e guardare possibilmente da un'altra parte, ti rendi conto? Perché mai dovremmo castrare la nostra mascolinità, la nostra sessualità? 

[..]

Ammorbidirsi, dare diritti a destra e a manca senza preoccuparsi delle conseguenze, giocare a fare i froci, sono atteggiamenti pericolosi, perché poi la gente pensa che ti piace essere sottomesso, e non si pone troppi problemi a soggiogarti, e a quel punto poi, per riprendere in mano la situazione, sei costretto a usare le maniere forti, a mettere tutti in riga, e così ti danno del fascista. I fascisti sono loro, cazzo, che ti vogliono imporre il loro modo malsano di vivere! Ma queste cose non puoi dirle, attenzione, altrimenti le minoranze si offendono. Prova a lamentarti e vieni socialmente ostracizzato, perché nel paese del buonismo e del politicamente corretto corriamo verso il precipizio, ma nessuno urla o si lamenta per paura di offendere la sensibilità altrui. Siamo sotto attacco mio caro. 

Ed è vero, siamo in una dittatura: ma una dittatura delle minoranze, dove ogni merdoso gruppetto, che siano i nazisti dell’LGBT – per favore non dimentichiamoci plus, ora – o gli oltranzisti dello schwa, i sacerdoti della maternità surrogata, i vegani, i terzomondisti, i fanatici del cambiamento climatico, e basta! Basta con questa continua e falsa propaganda femminista, animalista e africanista che viene propinata alle masse per avvelenarle e disunirle.. Scusami mi sto lasciando prendere dal discorso.» 

Per un'ora d'amore - Piergiorgio Pulixi Rizzoli

In un bar ci sono due uomini che parlano come un certo generale che si è lanciato in politica, coi suoi discorsi su neri, donne, gay.. Ma dove arriveremo, di questo passo, con le donne che si permettono di comandare?

 

 

 

20 maggio 2024

Report - le olimpiadi (in)sostenibili e il tesoro della lega

SFORO OLIMPICO Di Claudia Di Pasquale

Le Olimpiadi di Milano Cortina sono state vinte con delle premesse chiare: essere sostenibili in termini ambientali ed economici, invece il primo atto dell’operazione è stato l’abbattimento di migliaia di alberi per far spazio alla nuova pista da bob.

In faccia al progetto dove si parlava di mantenere i larici in due punti specifici della pista: Claudia Di Pasquale ne ha chiesto conto al presidente Zaia, che ha cercato di evitare di rispondere alle domande. La pista è più corta, mi hanno detto che pianteranno più alberi, abbiamo riqualificato una pista da bob abbandonata… Ma se non riuscissimo a costruire per tempo la pista dovremmo andare a gareggiare all’estero.

La pista da bob nel dossier iniziale doveva essere risistemata: era stata costruita per le Olimpiadi del 1956, la ristrutturazione era stimata in 47ml, ma alla fine la nuova pista costerà 118ml di euro, tutti a carico dello Stato.
LA pista deve essere a Cortina – spiegava Salvini in conferenza stampa – senza spendere soldi in più: alla fine il progetto per la gara diventa light, per spendere di meno, togliendo le opere di mitigazione.
Ma alla fine il progetto light sarà solo una pista di cemento, senza servizi per disabili, senza coperture a verde e costerà pure di più.
L’autorizzazione paesaggistica è arrivata dalla regione Veneto solo dopo 4 giorni l’approvazione del progetto: questa pista sarà usata solo da pochi alla fine delle olimpiadi, sarà solo un peso per le future generazioni.
Il Cio aveva scritto a Zaia che una nuova pista da bob sarebbe stato un azzardo, come la pista realizzata a Torino per le olimpiadi del 2006 e oggi abbandonata.
Ma alla fine la pista di bob si farà, sarà una cattedrale nel deserto? “Questo lo dice lei” è la risposta di Zaia alla giornalista, tutto dipende dal piano economico.
Secondo il dossier di candidatura con cui l’Italia ha vinto avremmo dovuto spendere il meno possibile, ma oggi sembra tutto carta straccia: Malagò, di fronte alle carte del dossier (dove si parla di ristrutturazione della pista da bob), tira fuori motivi ideologici, per poi chiuderla dicendo che la politica ha voluto fare così, costruendo una nuova pista.

Nel frattempo gli austriaci stanno sistemando la loro pista per 28ml di euro, se Pizzarotti non dovesse consegnare l’impianto entro marzo 2025, le gare si faranno in Austria (ma noi avremmo comunque speso 118 ml di euro per una cattedrale nel deserto).
Ma in questo progetto ci sono altre opere di mezzo: ci sono i lavori di ristrutturazione del palazzo di ghiaccio, il trampolino Italia che non è usato dagli anni 90, ci sono i lavori per il villaggio olimpico (39ml di euro) realizzato con case usa e getta. Tutte opere ancora da fare.
C’è poi la tangenziale per Cortina per evitare che i mezzi pesanti per le opere debbano passare per la città: la variante dovrebbe attraversare la valle, in una zona dove è presenta una frana, con tanto di movimenti franosi verso valle.
Lo scorso dicembre il ministero dell’Ambiente ha bloccato questo progetto, chiedendo una variazione che prevede un impatto su diversi condomini della zona.
Altri costi deriveranno dai lavori sul ponte, poi una galleria sotto le montagne (costo 483ml di euro): quest’ultima opera è escluso che verrà realizzata per le olimpiadi.
Ci sono poi le varianti per diminuire i tempi di percorrenza per arrivare a Cortina: costo per 250ml di euro, per un risparmio di 2 minuti di tempo per chi arriva qui.
C’è poi la bretella ferroviaria di pochi km, di cui una buona parte sotto terra (con una galleria a cappio), in una zona ad alto rischio idrogeologico.
Altra opera essenziale per le olimpiadi, ma in realtà è una bufala perché questa bretella collega Mestre a Venezia, poi non ci sono treni per Cortina.

Alla fine queste opere collegate per le olimpiadi a chi convengono? Non sono olimpiadi low cost dunque, si parla 1,5 miliardi di opere che dovrebbero migliorare la condizione del Veneto (pagati dai cittadini delle altre regioni).
La fondazione Milano Cortina metterà 1,6 miliardi di euro per la gestione dell’evento, i soldi arriveranno dagli sponsor, dal Cio e dalla vendita dei biglietti.
Il costo totale per le olimpiadi è salito da 2,4 a 3,6 miliardi di euro col governo Meloni: si spenderanno soldi anche in Trentino dove gli impianti erano già funzionanti.
Nel dossier si parlava di una spesa di 8ml di euro, oggi siamo saliti a 18ml di euro, per investimenti su impianti esistenti, si prevede di prendere acqua da un torrente in una zona protetta, sono in attesa delle autorizzazioni del comune, ma tanto sanno che andranno in deroga.
I trampolini di Predazzo sono stati smontati e verranno costruiti: i costi sono quadruplicati rispetto al dossier iniziale, anche qui si è scelti di non ristrutturare, approfittando delle olimpiadi per costruire opere nuove.
Sempre a Predazzo si costruirà il villaggio olimpico, dentro la zona militare, nella scuola alpina della Guardia di Finanza. Anche qui, in una zona verde, si andranno a ristrutturare dei palazzi, da 11 ml di euro si parla 41 ml di euro.
Altri soldi saranno spesi per costruire parcheggi, cementificando delle zone verdi, per comprare dei bus.

A Bolzano, ad Anterselva c’è l’impianto di Biathlon: si dovevano spendere 4 ml di euro e si spenderanno invece 51 ml per nuovi lavori, alcuni inutili.
A Dobbiaco dovrebbe realizzarsi un’opera stradale di cui però manca il progetto.
A San Candido grazie alle olimpiadi costruiranno un cavalcavia per eliminare un passaggio a livello, che rovinerà la visuale del paese. Da 7 ml il costo è aumentato a 15 ml: l’opera è stata decisa alle spalle del comune, nemmeno il sindaco ne era a conoscenza.

LA pista di pattinaggio di Baselga doveva essere solo coperta: rispetto alla cifra iniziale, i costi dei lavori sono raddoppiati, ma alla fine la sede di Baselga è stata tolta dalle olimpiadi, poco dopo che il comune aveva approvato il progetto.
Alla fine la sede di Baselga era stata inserita nel piano iniziale solo perché c’era un impianto esistente: è stata sacrificata per lasciar spazio alla pista di Cortina?
Colpa della politica – la risposta di Malagò: il Cio aveva chiesto in nome della sostenibilità a rinunciare all’ammodernamento alla pista di pattinaggio di Baselga e alla pista di bob a Cortina.
Ma alla fine i soldi arriveranno anche a Baselga, dalla provincia autonoma di Trento.

A che punto sono i lavori in Lombardia? La sede designata per lo sci alpinismo è Bormio, nel dossier la pista Stelvio è già considerata omologata, si spenderanno però altri soldi per dei lavori di ammodernamento (per 78ml di euro).
Che senso ha investire tanti soldi per una pista dove, tra qualche anno, non ci sarà più la neve?
Ci sarà una nuova cabinovia che passa a pochi metri dalle case, per un costo da 28ml di euro.
La neve in primavera si trova a Livigno, anche qui si ospiteranno le gare (su piste in gestione a privati): per i lavori delle due piste si passa da 17 ml di euro a 150 ml di euro.

L’importante è che siano opere utili – racconta l’assessore alla montagna: sono nuovi parcheggi, uno interrato sotto la montagna, una nuova cabinovia in project financing (ma parte dei soldi sono coperti dallo Stato).

La Lombardia spenderà fondi pubblici per migliorare la viabilità da Milano verso Sondrio, per un totale di 74ml di euro.
Altra opera è quella chiamata tangenziale sud di Sondrio: si tratta in realtà di un viadotto che non toglierà traffico dal paese: il cavalcavia forse non sarà pronto per le olimpiadi e se non sarà pronto “ce ne faremo una ragione” spiega il sindaco di Bormio.

In generale le opere in Lombardia a che punto sono? Secondo l’assessore Sertori sono a buon punto, Fontana ha deciso di non rispondere a Report e, anzi, alla fine ha allontanato la giornalista accusandola di avere risposte preconfezionate.
Trasparenza cercasi, in questo paese.

Secondo l’audizione dell’ex commissario Santandrea nel 2023, le opere sono in ritardo (e per la maggior parte nemmeno sono utili per le olimpiadi).
Report non è riuscita ad avere informazioni sul cronoprogramma ad Anas, al ministero delle Infrastrutture, senza riuscirci: spenderemo 3,6 miliardi euro in opere che violano anche vincoli ambientali e nemmeno sappiamo come li spenderanno.

A Milano si costruiranno impianti per le gare: dovrebbero realizzarle i privati, andando a ritrutturare opere esistenti, come il palazzetto del Palasharp. Ma alla fine le spese sono salite e i privati, come Ticket One, hanno chiesto aiuto al comune.
Ticket One non ha realizzato lavori dal 2019, il comune ha revocato la concessione pochi mesi fa: ci sono voluti tanti anni per rendersi conto della situazione?
Il Palasharp andrebbe demolito in quanto abusivo, il comune ha usato le olimpiadi per accelerare la riqualificazione: ora il Palasharp è cancellato dalle gare, che si sposteranno in altre zone.

Le gare di Hockey saranno eseguite in zona Santa Giulia da una società privata: anche qui i costi sono destinati a crescere, così Sala ha chiesto al governo di contribuire alle spese del privato.
Nell’ex scalo di Porta Romana si costruirà il villaggio olimpico, dopo le gare diventeranno alloggi per studenti: dentro ci sono investimenti di CDP, soldi pubblici dunque.

Sala (che non ha accettato l’intervista mandando il suo assessore), Fontana, Zaia, sono sempre presenti in televisione a parlare delle olimpiadi: poi però quando gli chiedi di essere trasparente sui costi, spariscono, non vogliono rispondere, mostrano tutta la loro insofferenza al lavoro del giornalista.
Sembra che in questo paese abbiano tutti paura della trasparenza.

TERA NOSTRA Di Luca Chianca

Lo scandalo dei fondi della Lega scoppiò dopo un articolo del giornalista Giovanni Mari, nel 2012: è la storia dei fondi in Tanzania, i magistrati dopo lo scoop cercarono traccia dei soldi della Lega, che stavano andando in Tanzania e Cipro.

L’ex tesoriere Belsito viene indagato dalle procure di Milano e Genova, per truffa (reato prescritto) e per riciclaggio, che costò al partito una confisca di beni per 49ml.

Alla fine ad essere condannato è stato Belsito perché Bossi fece un accordo col nuovo segretario Salvini, la sua Lega non si costituì parte civile nei processi.

Report racconta che grazie al finanziere Colucci che Bossi e Belsito continuarono a fare affari assieme: Colucci fa aprire a Renzo Bossi una società a Londra con un capitale da 1,5ml di euro.

Luca Chianca per incontrare Renzo Bossi è andato fino a Bucarest: la società non ha fatto nulla, spiega il figlio del senatur, l’aveva aperta Londra per non aver rotture .. Ma a cosa serviva?

Secondo Belsito i soldi c’erano in cassa, ma alla fine la magistratura ha stretto un accordo col vecchio partito per pagare quei 49 ml in lunghe rate, ricorrendo al 2 per mille.
Siamo certi che non ci siano parti di quel tesoretto della Lega da recuperare?
Belsito era a disposizione della famiglia Bossi per ogni loro esigenza: nella cassaforte del suo ufficio fu sequestrata la cartella con su scritto “the family”.
C’era anche il documento di laurea di Renzo Bossi, la laurea albanese: un documento precostituito che sarebbe poi servito per la sua carriera politica – spiega l’ex magistrato milanese Robledo.

Falsa la laurea albanese e anche la delega ad un avvocato albanese che doveva poi gestire il documento col titolo da laureato (pagato con denaro pubblico).

A pochi passi da Gemonio Renzo e Riccardo Bossi hanno creato una fattoria, Tera nostra, dove si sarebbe prodotto formaggio di capra.
Renzo Bossi ha poi aperto una società di consulenza, Resil, che ha diversi clienti a Milano e nel varesotto: dopo il 2019 non ha più presentato bilanci.
Nel 2022 avrebbe aperto una società a Londra, chiamata Tera nostra anche lei, con un capitale da 1,5 ml di Sterline: la fonte di Report mette la pulce nell’orecchio al giornalista, da dove vengono i soldi nel capitale iniziale di Tera nostra?
Chianca ha intervistato il commercialista che ha aiutato la fondazione della società, che non ha potuto rispondere alle domande senza il consenso di Renzo Bossi.
Le domande rimangono, da dove vengono i soldi?
A dare una mano a Bossi è Francesco Colucci che ha aperto Tera nostra a Londra: a Milano si occupa della promozione di diverse opere.
A Report spiega che non è stato lui a fondare la società, ma la società inglese Best Choice, a sua volta fondata da un italiano: Best Choice ha creato tante società, spesso scatole vuote, alcune che movimentavano milioni di sterline.

Colucci racconta però che Renzo Bossi gli è stato presentato da un altro italiano, Nicolò Pesce, finito nell’inchiesta sulle truffe degli investimenti in diamanti.
Renzo Bossi nell’intervista con Report racconta della volontà di creare un agriturismo, per cercare investitori ha contattato Colucci. Secondo Bossi il valore del capitale sociale iniziale è sbagliato, aveva solo 10mila euro, avrebbe anche segnalato questo errore formale.

L’inchiesta di Report fa emergere una rete di personaggi, oltre a Colucci e Belsito: anche un imprenditore italiano, Loforese, executive vicepresidente di Rockfeller standard carbon.
Cosa fa questo personaggio? Stringe rapporti con le persone, questa la sua qualità, da ex vicepresidenti americani, sceicchi arabi, agenti della Cia.

È uno che sa muoversi bene in medio oriente: Loforese ha aperto una filiale italiana della Rockfeller, contatta Colucci che era interessato all’idea.
Ma a Loforese consigliano di bloccare l’ingresso di Colucci, perché era finito in una inchiesta su investimenti in criptovalute e opere d’arte.
Il servizio passa poi da Colucci a Calebasso ad un certo Molendini, cavaliere di un ordine non esistente, per tornare a Belsito: tutti legati in operazioni finanziarie, si parla di una operazione per spostare soldi in Moldavia, dove esiste ancora il segreto bancario.
Belsito avrebbe chiesto a Colucci di aprire un conto corrente in Moldavia, nel 2019 ben dopo la fine della vicenda giudiziaria a Genova sui rimborsi. Colucci avrebbe messo a disposizione il marchese Molendini, con forti agganci in Moldavia, che a sua volta individua un tecnico.

C’è una chat che racconta i dettagli di questa operazione: Belsito avrebbe cercato di far partire un carico di statuette di legno dalla Costa d’Avorio verso la Moldavia.
I giornalisti del Fatto Quotidiano hanno cercato di capire cosa ci fosse dentro le casse: erano oggetti di antiquariato, come sostiene Belsito?
Secondo i giornalisti del Fatto si tratterebbe di esportazione di denaro (nelle casse c’erano soldi) che doveva finire in Russia: Belsito sarebbe entrato in contatto coi russi grazie a Renzo Bossi.
Il tentativo di esportazione fallisce e gli imprenditori russi chiedono conto a Bossi: di diverso avviso Renzo Bossi che parla solo di aver fatto un preventivo per Belsito per una spedizione in Russia..
Se questa operazione è saltata, da una seconda chat nel 2019 Calebasso e Colucci si scrivono per far mettere 20ml di euro su un conto corrente in Moldavia: ancora una volta, Belsito non ne saprebbe nulla.

Si pensava di aver chiuso la vicenda dei 49ml di euro, invece ogni tanto questi soldi tornano fuori, come fantasmi.