26 luglio 2024

Luci sulla città di Massimiliano Virgilio

Napoli, 1892

Poco alla volta, la città rivide la luce. Sembrava salva. Ancora una volta, ancora per un giorno. In un vicolo ai Ventaglieri, un bambinetto di nove o dieci anni si era affacciato alla finestra del basso in cui viveva con sua madre, richiamato dal metallico, rassicurante suono dei campanacci.

[..]

.. qualcosa attirò l’attenzione del bambino nel punto in cui la mandria s’era divisa: il corpo di un uomo dagli occhi spalancati, la nuca riversa in una pozza di sangue rappreso. “Peppì,” lo richiamò sua madre. “Vieni a fare colazione!”

Il titolo di questo romanzo molto interessante riprende il film di Rosi del 1963, Le mani sulla città: come nel film, protagonista sullo sfondo è Napoli, la povera gente (che è anche gente povera) costretta a vivere nei bassi e nei quartieri costruiti in malo modo, per soddisfare l'avidità dei costruttori, le loro "mani" sporche di sangue.

Questo romanzo è ambientato quasi un secolo prima, nel 1892, in una Napoli ancora provata dall'epidemia di colera che aveva provocato migliaia di vittime (se volete scoprire qualcosa, potete leggervi il bel libro di Diego Lama La collera di Napoli), specie tra quella fascia di popolazione costretta a vivere in precarie condizioni igieniche, famiglie costrette a vivere tutti assieme in stanzoni dove "il sole non batte mai", assieme agli animali domestici.

Famiglie dove ogni giorno è un giorno in più in quella battaglia, senza speranze di vittoria, contro la miseria, la fame, il rischio di una malattia. O di una coltellata.

E' la Napoli di cui aveva parlato la scrittrice e giornalista Matilde Serao nel suo celebre romanzo "Il ventre di Napoli": persone costrette a combattere la fame e la miseria facendo lavori usuranti, per poche lire, presi nel mezzo dal voto ai santi e alla Madonna, nella speranza di una vita migliore, e dall'altra malattia, pericolosa come il colera, la febbre del lotto:

Il popolo napoletano, che è sobrio, non si corrompe per l'acquavite, non muore di delirium tremens; esso si corrompe e muore pel lotto. Il lotto è l'acquavite di Napoli.

Matilde Serao è stata la prima, per anni l’unica, giornalista donna in Italia, prima col Corriere di Roma e poi col Corriere di Napoli. Con la liquidazione ottenuta vendendo le quote di questo giornale, Matilde Serao ha fondò assieme al marito, Edoardo Scarfoglio il quotidiano “Il Mattino”: ufficialmente sarebbe stato lui l’editore ma tutti sapevano che questo nuovo quotidiano liberale e moderno, è in realtà diretto da lei. Essere donna voleva dire anche questo in quell’Italia post unitaria: essere relegata al ruolo di madre, moglie e basta.

Al giornale, ’a signora disponeva ogni cosa. Nonostante Scarfoglio fosse il direttore ufficiale, secondo quanto previsto dalle leggi del Regno, era lei ad arrivare per prima in redazione e l’ultima ad andarsene di notte.

Nei suoi articoli, ‘a signora, dovrebbe occuparsi solo di articoli di costume e di moda, tenendosi alla larga dalla politica e dai casi di cronaca. Ma Matilde Serao era una vera giornalista, attenta ad osservare il mondo che le stava attorno e capace anche di raccontarlo. Per questo decide di incontrare una sera, finita la stampa del giornale, un uomo dal suo passato.
Si tratta di Carlo Montanari, un “camarade” socialista, un sovversivo per il regno borbonico, una persona da tenere d’occhio per i carabinieri del re. Ma Carlo è stato anche amico di Matilde: la moglie l’aveva accompagnata proprio in quei quartieri bui di Napoli, le aveva mostrato quel “ventre” che poi aveva raccontato nel suo romanzo.

Carlo le racconta di essere in possesso di informazioni importanti su “fatti inauditi, anzi, inauditissimi”:

Matildella, sei pronta a far scoppiare il più grande scandalo da quando esiste il Regno d’Italia?

O continuerai a scrivere soltanto mosconi per ammansire il popolo?”

Matilde si pulì gli angoli della bocca con il fazzoletto.

Sono una giornalista,” disse. “Il mio mestiere è raccontare la verità, anche se a sostenerla è un socialista.”

Purtroppo all’incontro che si sarebbe dovuto tenere l’indomani, Carlo non si presenta.

Perché qualcuno lo ha ucciso: è suo quel corpo che viene ritrovato nel vicolo ai Ventaglieri di qui leggiamo nell’incipit. Ucciso e sventrato, come un animale, dalla gola all’inguine.

Un delitto maturato all’interno del mondo dei militanti socialisti: questa è l’opinione del capitano dei carabinieri Barbatello, l’eroe del Cavone, così era stato chiamato per aver salvato la vita al Re.
Tanto pronti a salvare le teste coronate, quanto ad adoperare metodi spicci quando si dovevano sgomberare le case della povera gente che la Società per il Risanamento, grazie alla convenzione ottenuta dal comune di Napoli, doveva abbattere. Abbattimenti per costruire case nuove, nella realtà una speculazione fatta sulla pelle viva della città.
Matilde è consapevole che la legge non si adopererà nel trovare il vero assassinio dell’amico: all’ennesima provocazione dell’ufficiale, che le rinfaccia il suo ruolo di donna, dunque non competente nel fare indagini su un omicidio, meglio scrivere di storielle, gli risponde a tono, a modo suo:

Matilde continuò: “Gli raccontiamo la storiella che il mondo, nonostante le brutte notizie che gli diamo da leggere ogni giorno, nonostante omicidi, miseria, corruzione, malattie, è tutto sommato un buon posto. Tenuto a bada da persone come voi, carabinieri leali e coraggiosi”.

Da qui parte l’inchiesta di Matilde Serao per cercare di capire chi possa aver ucciso l’amico, quali possano essere i “fatti inauditi” di cui intendeva metterla a conoscenza.

.. i finanziamenti avevano calamitato, come una cassa piena di pesce fresco attirava i gabbiani di Santa Lucia, imprenditori famelici, banchieri aguzzini e costruttori stranieri che col risanamento intendevano abbuffarsi
Questa indagine la porterà a scoprire un altro sventramento: quello fatto dai costruttori della Società per il Risanamento che avevano abbattuto interi pezzi di quartiere senza che questo avesse cambiato di nulla la vita dei napoletani. La convenzione per ricostruire Napoli dopo il colera, voluta da re Umberto dopo la sua visita a Napoli, aveva attirato solo sciacalli da tutto il regno, pronti ad arricchirsi.

La Belle Époque era una grande recita in cui il governo interpretava la parte dei salvatori e i napoletani quella dei salvati.

Esistevano due Napoli, quella della Bella Epoque, delle feste e delle cerimonie, “una grande recita in cui il governo interpretava la parte dei salvatori e i napoletani quella dei salvati”. Ma, dietro il sipario della recita, stava l’altra città, quella della gente senza luce ed acqua, costretta vivere in tuguri, costretta a mille fatiche per prendere pochi soldi, poi spesi nell’illusione di vincere qualcosa al lotto, quello legale del regno e quello illegale gestito dalla Camorra.

D’altronde, non era il lotto ufficiale un’acquavite somministrata a norma di legge? Non finiva il popolo a indebitarsi con gli usurai, anche se in mano stringeva biglietti certificati da un ufficiale del Regno?

La miopia della giornalista diventa la giusta metafora per raccontare questa storia: per riuscire a vedere bene le lettere, serve la lente giusta. Serve sforzare gli occhi nel cercare i dettagli più piccoli. Ma poi va alzato lo sguardo per cogliere la vista d’assieme e capire qual è il quadro che si ha davanti.

La miopia degli occhi era soltanto un riflesso di quella che aveva nella testa, nel cuore e nelle dita. Come per il delitto Montanari. Da un lato si avvicinava ai dettagli dell’omicidio per coglierne le sfumature più impercettibili, dall’altro se ne allontanava per averne un’idea di insieme..
Paradossalmente sarà proprio da un dettaglio legato alla miopia quello che le consentirà di trovare la traccia per arrivare all’uomo che sta dietro questo delitto, quello legato ai fatti inauditi: Matilde non potrà esimersi dallo scriverne sul suo giornale, per salvare il salvabile, per fermare quello sventramento della sua città, fatto con la carne e col sangue della povera gente che il potere aveva consentito per anni.

Questo romanzo, che sfrutta il meccanismo del giallo (il delitto, l’investigatore che deve scoprire la verità), mescola pezzi di storia ufficiale con altri di invenzione dell’autore e ci porta dentro la questione meridionale in modo appassionato e appassionante: sembra, leggendo alcuni passaggi, di risentire frasi ed espressioni ripetute anche oggi sul sud che ha bisogno di essere aiutato, sulle grandi opere per risollevare il sud, mentre dal sud i giovani, chi ha i soldi, è costretto ad andarsene nella speranza di vivere una vita migliore.

No, che avete il cuore pesante. Non vi va mai bene niente! Come dobbiamo salvare questa nostra bella Napoli, se non accomodandoci un poco tra noi illuminati?”
“A me non sembra che stiamo salvando alcunché, tranne noi stessi.”

Spero che questo romanzo spinga i lettori a scoprire, o riscoprire, Matilde Serao, giornalista e scrittrice, che usava la scrittura e le parole come arma per la sua battaglia, quella per la verità, per informare le persone. Anche la povera gente.

La scheda del libro sul sito di Feltrinelli e l’anteprima del primo capitolo.

La presentazione del libro

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19 luglio 2024

Il delitto della finestrella: Un caso per l'oste Zucchini – di Filippo Venturi


Prologo

Lunedì 3 dicembre, la mattina, sul presto
Fa talmente poco freddo a Bologna, in questo fine 2023, che si continua a viaggiare con abiti dai colori sgargianti, mentre le giornate è come se non ne volessero sapere di accorciarsi. Ma l’inverno, come da copione, è lì in agguato.

Carmine lo sa bene: i repentini mutamenti climatici sono una delle poche cose che gli condizionano la vita.

La finestrella di via Piella è un scorcio che si affaccia su uno dei pochi canali di Bologna ancora visibili: è un’immagine “instagrammabile”, perché quella piccola apertura verso il canale sta bene dentro una foto da caricare sul social e condividere l’immagine con gli altri.

Immagine presa dal sito www.turismo.bologna.it


È una delle attrazioni dei turisti che arrivano a Bologna e hanno poco tempo per girarla o per gustarne i sapori: proprio quel genere di turisti che all’oste – investigatore Emilio Zucchini, piacciono poco, sebbene quella finestrella così famosa sia poco distante dal suo ristorante, la Vecchia Bologna.
Sono magari quei turisti che chiedono i tortellini al ragù.. come ci ha già spiegato nella sua prima avventura, “Il tortellino muore nel brodo”. E così sia.

Ma chi è quel signore, Carmine Busca, che compare nel prologo? Sappiamo, ce lo spiega l’autore nelle prime pagine, che è un operaio edile venuto a Bologna dal sud, con un piccolo precedente alle spalle, due figli. E una busta in tasca, con una foto e un messaggio:

Adesso concentrati sulla foto e vedi se tra quei ragazzi ne riconosci qualcuno.
Lo capiremo solo andando avanti con questa storia che, come i precedenti romanzi di Venturi, mescolerà l’indagine, la scoperta di un’altra Bologna, quella dei dimenticati e quella delle storie dimenticate. Una storia dove, ancora una volta, Zucchini si troverà di fronte al braccio “sbagliato” della legge, ovvero il commissario Iodice.

Giovedì 6 dicembre
Emilio Zucchini sta aspettando che i due tiratardi levino le tende. Questa sera l’effetto catena non ha funzionato. “L’effetto catena”, in trattoria, è quell’inconsapevole (nonché infallibile) libera tutti che scatta quando uno degli ultimi clienti rimasti si alza per pagare il conto, portandosi dietro, a mo’ di pifferaio magico, anche coloro che, fino a quel momento, non avevano dato segno di volersi schiodare dalle sedie.

È arrivato finalmente il momento di sbaraccare e di chiudere il ristorante, per prendersi un po’ di riposo meritato. E in effetti il nostro oste investigatore ne avrebbe bisogno, per i tanti pensieri per la testa a cominciare da quella relazione che ha cominciato con Diana, una giornalista sportiva famosa conosciuta tempo prima in un locale. Fanno una strana coppia, la giornalista bella e brava e l’oste tradizionalista e poco social, ma la relazione va avanti.
All’improvviso, dopo un fulmine, arriva il black out

Della luce manco l’ombra, ed è già mezzanotte passata. Spera solo che tutto ’sto bailamme non sia uno dei soliti segnali. Quando nel ristorante si verifica un imprevisto Zucca ha sempre il timore che possa trattarsi di un avvertimento, l’annuncio che sta per accadere qualcosa di sinistro.
Eccolo, l’imprevisto: dopo aver udito poco lontano delle persone gridare, gli appare sulla soglia del locale, Maicol Fabbri, col suo bastone e col vestito tutto sporco di sangue.
Senza riuscire a tirar fuori una spiegazione, Emilio aiuta Maicol a pulirsi alla bell’e meglio, prima che quest’ultimo scappi via.
Che si sia cacciato in qualche guaio? Maicol è un senzatetto, nato a Casalecchio di Reno, con diversi problemi tutti legati ad un brutto evento del suo passato,
giusto il 6 dicembre del 1990, la strage di Casalecchio: lui era uno degli studenti dell’istituto su cui andò a schiantarsi un aereo militare. Certo, pensa Zucchini, Maicol non ha mai fatto male a nessuno, ma chi può sapere come reagisce una persona come lui:
«Sai come funziona con me.»
«No, Maicol, non lo so. Dimmelo tu!»
«Mi accendo e mi spengo come una lampadina. Ora sono su on, tranquo, amico mio...»

Cosa è successo quella notte in via Piella?
Un uomo è stato trovato sul fondo del canale con la testa spaccata: qualcuno probabilmente lo ha colpito alla testa e gettato proprio dalla finestrella giù lungo il canale.
Sul luogo del delitto arriva il commissario Iodice: è un poliziotto semplice, uno che di fronte ad un omicidio deve trovare una soluzione semplice. Due testimoni gli parlano di questo “Charlie Chaplin” visto in zona nello momento in cui si erano accorti di quel corpo nel canale (e non per una nuotata fuori stagione). Deve essere lui l’assassino che, per le tracce di sangue lasciate, lo porta come le briciole di Pollicino, al ristorante di Zucchini. Proprio lui, quel maledetto ristoratore che gli ha fatto fare tante brutte figure nel passato. 
Abbiamo l’assassino e anche chi lo ha aiutato.

Ancora una volta il nostro ristoratore, strenuo difensore della cucina tradizionale, si trova davanti alla legge, anche trattato in malo modo. Per difendersi dalle accuse di Iodice, deve improvvisarsi un’altra volta investigatore per capire cos’è successo la notte scorsa in via Piella: è stato veramente Maicol ad uccidere quella persona - un writer chiamato Giotto, per il tratto dei i suoi disegni? E come mai Maicol era tutto sporco di sangue?

In sella alla sua vespa senza lunotto, non proprio il mezzo più adatto in un freddo dicembre, dal centro di Bologna fino al Pratello, Zucchini deve fare quel lavoro che la polizia sembra non voler fare, dare una risposta a tutte le domande sul morto: cosa ci faceva quella sera il writer in via Piella? C’è un legame tra Maicol e la vittima? E poi, cosa c’entra quel Carmine Busca che abbiamo incontrato nel prologo, quasi una settimana prima? Tutti i pezzettini di questo puzzle troveranno alla fine la loro giusta collocazione, mettendoci dentro anche una influencer da mezzo milione di follower, un investigatore con molto pelo sullo stomaco, un ragazzo innamorato e un padre rimasto con la mentalità del secolo passato.
Una storia di amore e di avidità.

Che strascichi lascerà questa storia su Emilio? Come andrà avanti la sua relazione complicata con la giornalista sportiva? E Maicol, uno dei tanti invisibili che vivono ai margini delle nostre città, riuscirà a superare il suo dramma, quel buco nero che ha inghiottito la sua gioventù e quella degli altri studenti del Salvemini?

C’è il rimpianto, il solito, per non essere rimasto intrappolato insieme agli altri. C’è il senso di colpa mai sopito. C’è il tempo che non torna.

Come nei precedenti romanzi della serie, anche in questo c’è spazio per la memoria, per non dimenticare la tragedia avvenuta 24 anni fa a Casalecchio di Reno quando un aereo dell’aeronautica militare in avaria si schiantò sull’istituto Salvemini, causando la morte di 12 studenti (e il ferimento di altri 88, anche in modo grave). Quella di Casalecchio è la strage dimenticata, dove lo Stato italiano si è mostrato di fronte ai parenti delle vittime, con due volti: quello solidale e generoso delle istituzioni locali che si sono mosse subito per aiutare le famiglie e poi quello delle istituzioni centrali, che tramite l’avvocatura dello Stato ha difeso i militari accusati di omicidio colposo.

.. fa da contraltare l’atteggiamento dello Stato che, scegliendo di assistere il pilota e gli altri ufficiali dell’Aeronautica Militare coinvolti, si presenta in tribunale come controparte delle vittime, nonostante esse siano i suoi cittadini, i suoi studenti, la sua scuola.

Alla fine quella tragedia, quelle morti, sono avvenute solo per una fatalità.
Come a Cermis, nel 1998.
Se il nome di Maicol Fabbri è inventato, non lo sono quelli dei 12 studenti morti

Deborah Alutto, di Zola Predosa

Laura Armaroli, di Sasso Marconi

Sara Baroncini, di Casalecchio di Reno

Laura Corazza, di Sasso Marconi

Tiziana de Leo, di Casalecchio di Reno

Antonella Ferrari, di Zola Predosa

Alessandra Gennari, di Zola Predosa

Dario Lucchini, di Bologna

Elisabetta Patrizi, di Casalecchio di Reno

Elena Righetti, di Sasso Marconi

Carmen Schirinzi, di Sasso Marconi

Alessandra Venturi, di Monteveglio

Per chiudere, un consiglio :non fate mai arrabbiare un ristoratore come Zucchini, se non volete ricevere rispostacce come queste

Certe volte a Emilio piacerebbe reagire d’istinto, rispondere per le rime.
“Scusi, come sono le lasagne verdi?”
“Blu.”
“È tenera la guancia di manzo?”
“Assolutamente no, signora: è durissima.”

Le precedenti indagini di Emilio Zucchini

La scheda del libro sul sito di Mondadori

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L'antimafia di facciata - pensieri in occasione dell'anniversario di via D'Amelio

La presidente del consiglio ha sempre ripetuto la storia per cui ha scelto di entrare in politica dopo l'attentato di via D'Amelio, il 19 luglio 1992. Quando venne ucciso il giudice Paolo Borsellino assieme alla sua scorta.

Dobbiamo credergli certo. Ma poi, vedendo quella che è stata la politica del suo partito, o dei suoi partiti, da Alleanza Nazionale a Popolo delle libertà fino a quest'ultimo Fratelli d'Italia, viene da chiedersi se abbia mai letto qualcosa, se abbia mai sentito un discorso di Borsellino.

Per esempio questa è la famosa lezione di Paolo Borsellino agli studenti di un istituto a Bassano del Grappa, 26 gennaio 1989:

“L’equivoco su cui spesso si gioca è questo, si dice: quel politico era vicino a un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l’organizzazione mafiosa, però la magistratura non l’ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. Eh no! Questo discorso non va perchè la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire che ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire che quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali, o quello che sia, dovevano già trarre le dovute conseguenze da queste vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato, ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica.

Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza. Si dice: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto… ma dimmi un poco… tu non ne conosci gente disonesta che non è mai stata condannata perché non ci sono le prove per condannarla? C’è il forte sospetto che dovrebbe, quanto meno, indurre i partiti a fare grossa pulizia, a non soltanto essere onesti, ma apparire onesti facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi e fatti inquietanti…”. 

Se vedete tutte le leggi approvate in questo governo in tema di corruzione, di trasparenza negli appalti, si stanno smontando tutte le leggi in nome di un garantismo di facciata.

Mafia e corruzione vanno a braccetto.

Va aggiunta anche un'altra cosa: in commissione antimafia questo governo ha sposato la linea ancora una volta "garantista" (e comoda) secondo cui Borsellino sarebbe stato ucciso perché stava indagando sul rapporto mafia e appalti del Ros.

Una tesi che farebbe comodo a tanti perché spazzerebbe via tutto il tema della trattativa stato mafia, la storia (infame) del finto pentito Scarantino (costruito da uomini dello stato).

No, non basta mettere in pista un'antimafia di facciata per combattere le mafie. 

12 luglio 2024

La notte non ha bisogno di Paola Ronco e Antonio Paolacci

 

Se avesse saputo di essere arrivato al suo ultimo pasto, Vittorio Oliveri avrebbe scelto di assaporarne ogni dettaglio, come prescrivevano i testi zen che gli capitava di leggere nei rari momenti di relax. Di certo non sarebbe sceso dal taxi in volata e con il cellulare all’orecchio, senza guardarsi intorno [..] aveva tanti impegni, ancora, ma si illudeva di avere anche tutto il tempo per portarli a termine.

Un altro romanzo della coppia di scrittori Ronco Paolacci, o Paolacci Ronco, con protagonista il vicequestore Paolo Nigra che qui troveremo alle prese con una brutta indagine di un importante finanziere genovese, della Genova bene, ucciso in un modo brutto, con tanto di rituali satanici, quel genere di particolari su cui un certo tipo di stampa, preoccupata di parlare alla pancia delle persone piuttosto che alla loro mente, si getta a capofitto.

Purtroppo questo delitto capita in un momento poco sereno per Nigra: il suo fidanzato, l'attore Rocco Antonelli, diventato famoso con la fiction del commissario Scogliamiglio sta per esordire con la sua prima pièce teatrale, proprio a Genova.

Ma Rocco, a differenza di Nigra, non ha avuto il coraggio di fare “coming out” per dire a tutti che la sua normalità è amare un uomo.

Non è facile – e questo è il primo problema per Nigra - voler bene ad una persona e doversi nascondere, non poter vivere alla luce del sole questa situazione: Nigra ha sperimentato sulla sua pelle quanto sia difficile poi continuare a fare il proprio lavoro dopo aver detto che si ama un uomo, c’è il rischio che la carriera di Rocco subisca un arresto, perché siamo in Italia e qui viviamo ancora nello stereotipo della famiglia tradizionale, un uomo una donna anzi, un papà che lavora e una mamma che sta a casa ad accudire i bambini.

Questo è, ad esempio, il modello di famiglia che ha in mente il leader del Partito degli Italiani, Lorenzo Modesti: Dio, patria e famiglia, questa la sua politica che, come potete immaginare, non vede di buon occhio gli omosessuali e i migranti, considerati le cause di tutti i mali del paese.

In una precedente indagine Nigra aveva scoperto come questa immagine di buon italiano, patriota e difensore dei cari e vecchi valori, che di giorno tuona contro chi delinque e chi non rispetta le leggi, è legato ad una potente ndrina di cui, di fatto, è solo un pupo. Il potere, quello vero, quello di questa Italia dove si criminalizza la povertà e si depenalizzano i reati dei colletti bianchi, deve necessariamente andare a braccetto con le mafie:

Devi capire che noi non lavoriamo per la criminalità organizzata: queste puttanate lasciale pensare al popolino. Noi facciamo parte della rete d’affari più importante d’Italia, quella dove girano i veri soldi e il vero potere. L'azienda italiana meglio organizzata e insieme l'istituzione più funzionante che ci sia. L'unica cosa diversa dal potere che una volta si chiamava legale, qui, è che ci sono altre regole da seguire, e altri avversari da cui nascondersi o fottere. Noi siamo nel fulcro del potere, lo capisci? Non c’è un’altra strada per arrivare a governare in Italia, non oggi. Quindi metti da parte i tuoi concetti del secolo scorso e dammi retta. Stiamo facendo un lavoro importante e abbiamo già avuto un intoppo, un danno di cui ci chiederanno quantomeno spiegazioni. Per cui invece di gongolare perché il carico non sarà sequestrato, dobbiamo concentrarci sulle priorità, ovvero il fatto che il container adesso è bloccato, invece deve arrivare qui comunque, e presto, nei prossimi giorni. E nessun piccolo funzionario che non conta nulla dovrebbe riuscire ad impedirlo. Riesci a seguirmi?

Da uomo politico potente in Liguria, ha protetto i traffici di droga della famiglia Mangano nella sua Genova, la città da cui dall'enorme porto passa circa il 40% della cocaina che poi transita verso il nord Italia (dati della relazione della Dia).

Quella contro Modesti è una partita da giocare con accortezza: perché tanto Nigra conosce il segreto di Modesti quanto il potente politico ligure, nella sua ambizione di potere, sa quanto quel poliziotto, quel cane sciolto della Questura, possa costituirgli un intoppo nel suo sogno che lo vorrebbe portare a Roma. Perché quel cane sciolto non può essere comprato, come altri uomini nelle forze dell’ordine.

Ma i problemi per il vicequestore sono destinare a peggiorare: la morte del finanziere costringe tutta la Mobile a seguire il caso per due motivi. Per l’estrema importanza della vittima - Oliveri Vittorio, anni cinquantaquattro, di professione consulente finanziario, non tutti i morti sono uguali, come sappiamo bene.
E poi per il come è stato trovato il morto: legato ad un letto, col corpo coperto da vernice rossa, tanto da far sembrare il corpo inondato di sangue in un primo momento. Ma non è stato ucciso dalle coltellate, quelle sono date post mortem, perché Oliveri è morto soffocato.
La cosa che salta all’occhio è un’altra, quel “disegno tracciato sul pavimento con una certa precisione circolare, un pentacolo che sembrava essersi formato spontaneamente con il liquido rosso”.

Un pentacolo, dunque magari un rito satanico, compiuto da qualche setta di matti, magari legati proprio a quel cantante famoso che da poco è venuto pure lui ad abitare a fianco dei potenti di Genova, in una villa poco lontana. Si tratta del cantante Fidel Dior, molto estroverso nei suoi concerti, abile nel provocare le gente perbene, politici come Modesti per esempio.

C’è, infine, un altro problema che, come un Tir a velocità sostenuta, sta piombando addosso a Nigra: in città è arrivato il professor Walter Sobrino, un importante criminologo in Italia, tanto da essere chiamato da diverse procure per le sue consulenze. Come avverrà anche per questo delitto, per mettere a tacere le voci fatte circolare dalla stampa di un delitto rituale.

Quando, come Nigra ha già capito, quel pentacolo è solo un depistaggio. Un caso di “staging”, di messa in scena di un delitto.

Purtroppo Walter Sobrino è anche la persona che meno avrebbe voglia di vedere in quel momento, essendo stato il suo ex, prima di Rocco.

«Lo so che tra voi c’è stato, come dire, un vissuto importante, ma qui parliamo di lavoro. Dobbiamo avvalerci della consulenza del professor Sobrino in questo caso...»

Tutto sembra andare per il verso sbagliato, la vita di Nigra sembra prendere una piega sbagliata: tutta colpa del non potere dichiarare la sua relazione per proteggere Rocco che in quei giorni è proprio a Genova per la sua prima. Nigra si ritrova sotto attacco da parte di Modesti, costretto ad abbandonare la sua indagine non autorizzata sui container dal porto di Gioia Tauro carico di cocaina. È costretto a mentire ai suoi colleghi, a cui non può raccontare né di Rocco né dell’indagine. È costretto anche a non essere sincero con Rocco, causando il risentimento di quest’ultimo.

E la presenza di questo Walter, un criminologo di quelli brillanti, da talk, capace con le sue punzecchiature sul loro comune passato, di scalfire l’atteggiamento da pokerista di Nigra, non aiuta di certo.

L’unico punto di forza che sentiva di avere era proprio la logica, e forse non era vero nemmeno quello; più che altro, in qualche modo riusciva a farla prevalere sull’emotività.

Una doppia indagine, molto pericolosa quella su Modesti, molto delicata quella sul delitto di Oliveri: quest’ultima si risolverà mettendo assieme, con tanta pazienza e con un lavoro certosino sui dettagli, tutti i pezzi che non tornano. Come mai il morto era stato trovato a stomaco vuoto e con residui di cocaina in circolo, ma assente nella sua villa? Come mai quel rituale falso, quel pentacolo messo lì dall’assassino per sviare le indagini (e creare quel clamore mediatico che avrebbe messo in difficoltà gli investigatori)? Tutto sembra ruotare attorno alla cocaina..
A dare un contributo arriverà la testimonianza di due strani ladri, i fratelli Malavac, due ladri che parlano tutte le lingue dell’Europa, una sorta di Gramelot moderno.

Tutto troverà una sua spiegazione che punterà dritto contro le ipocrisie di quella Genova bene, arricchita magari sulle spalle di speculazioni finanziarie o legami stretti con la politica, quella Genova che si spaventa per gli atteggiamenti di un cantante che sul palco bacia il chitarrista, che si atteggia da finto satanista. Ma che non si fa scrupoli nel portare avanti le proprie perversioni, l’importante è che siano nel privato della propria villa.

Ci sono tanti spunti, legati anche alla realtà che vediamo tutti i giorni, di cui leggiamo sui giornali: delitti che occupano le prime pagine per giorni per quei dettagli che colpiscono l’immaginazione dei lettori.

La politica che prende di mira i migranti ma che in realtà sui migranti basa la sua sopravvivenza: per la propaganda, per le leggi che costringono i migranti a vivere da clandestini, senza diritti, dunque più ricattabili dalla criminalità organizzata.

L’uomo politico cresceva nei sondaggi spingendo l’opinione pubblica e le istituzioni verso l’intolleranza nei confronti degli immigrati, così da ostacolare qualsiasi scelta politica che ne facilitasse la regolarizzazione.

[..] Era un sistema a ingranaggi, dove ogni rotella forniva forza motrice all’altra: gestione illegale dell’immigrazione, traffico di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, speculazione edilizia, manodopera a buon mercato e propaganda politica che macinava consensi.

C’è un finale, parzialmente risarcitorio alla fine di questa storia. Ma non è il finale della battaglia che Nigra dovrà portare avanti, per avere un’Italia migliore, per sconfiggere quel sistema di corruzione e ricatti, dove potere e criminalità organizzata sono legati, tanto da renderli indistinguibili l’uno dall’altro.

Soprattutto, questo è solo un romanzo. O forse no..

Le precedenti indagini del vicequestore Nigra

Oceano di Fabrizio De Andrè

Quanti cavalli hai tu seduto alla porta

Tu che sfiori il cielo col tuo dito più corto

La notte non ha bisogno

La notte fa benissimo a meno del tuo concerto

Ti offenderesti se qualcuno ti chiamasse un tentativo

Ed arrivò un bambino con le mani in tasca

Ed un oceano verde dietro le spalle

Disse, "Vorrei sapere, quanto è grande il verde

Come è bello il mare, quanto dura una stanza"

È troppo tempo che guardo il sole, mi ha fatto male

Prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini

E non ficcare il naso negli affari miei

E non venirmi a dire, "Preferisco un poeta

Preferisco un poeta ad un poeta sconfitto"

Ma se ci tieni tanto puoi baciarmi ogni volta che vuoi

La scheda del libro sul sito di Piemme editore, il blog degli autori.
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

07 luglio 2024

Il potere che una volta si chiamava legale

L'ultimo romanzo della coppia Paola Ronco e Antonio Paolacci, "La notte non ha bisogno" (ed Piemme) parte dal porto di Genova, da un container in arrivo con una nave da Gioia Tauro che contiene un carico importante di cocaina.

Il porto di Genova, finito al centro di una importante indagine da parte della procura di Genova per un'inchiesta su un presunto giro di corruzione ha un'importanza fondamentale per i traffico di droga della 'ndrangheta, in Italia e nel resto dell'Europa.

E' sempre il libro a raccontare come: 

L’hub portuale di Genova era uno dei primi scali per il traffico di cocaina in Italia. Carichi fino a due tonnellate, e in numero difficile da quantificare. Secondo una stima approssimativa della Dia, circa il 40% della merce destinata al mercato italiano passava di lì. Un giro d'affari enorme, che richiedeva ben più di qualche portuale impegnato a spostare cassoni e container.

Dietro c’erano le cosche ’ndranghetiste radicate sul territorio, e anche loro di certo non si muovevano da sole. La malavita aveva bisogno di basi logistiche regionali per la gestione dei carichi, e poi traiettorie di spostamento nazionali e internazionali, con molte persone impegnate a manomettere bolle di trasporto, sviare controlli, verificare persi e cifre. Il traffico di cocaina spostava così tanto denaro e potere che era dilagato a inglobare persone dalla fedina penale pulita e dal curriculum irreprensibile; e naturalmente diversi uomini chiave nelle istituzioni.

Un giro «stratificato», lo definiva la Dia, con connessioni tra imprenditori, professionisti, funzionari pubblici, politici e amministratori locali.  

Tra questi politici, anche il leader del partito degli Italiani, Lorenzo Modesti che, in un colloquio col suo avvocato, commentando come sono riusciti a salvare un carico grazie ad una soffiata, racconta di questo nuovo modo di concepire il potere, "che una volta si chiamava legale" e di questi rapporti col mondo criminale.

L'esponente politico [..] parlò con voce bassa e tranquilla, senza che il suo tono sottolineasse il cambio di argomento:

«Tu te ne rendi conto, vero, che stavolta abbiamo rischiato parecchio?» 

«Ne sono consapevole» rispose Crociani, sedendosi davanti al suo cliente senza essere stato invitato. 

«Se il nostro uomo alla Finanza non avesse sentito le voci sulla soffiata, stanotte avrebbero fermato un carico di quelli grossi. E i nostri amici se la sarebbero presa con noi.»

«Il tuo uomo alla Finanza sta lì apposta per quello» si strinse nelle spalle Crociani, calcando l'accento sul cambio di possessivo.

«E ti ricordo che non presta servizio pro bono. Anzi. In ogni caso ha svolto egregiamente la sua funzione. Sarebbe divertente poter vedere le facce di quelli che apriranno il container, stanotte.»

«Ho capito, Raimondo. Stavolta è andata bene. Abbiamo avuto l'informazione in tempo e sono riuscito ad avvisare e risolvere la faccenda. Ma la prossima?» 

«Che possiamo farci? Più che coltivare una rete di informatori per evitare guai, che altro vorresti fare?» decise di essere chiaro Crociani.

Lorenzo Modesti socchiuse gli occhi e per un riflesso condizionato si guardò intorno come alla ricerca di qualcosa.

[..]

«Tu pensi troppo come un uomo del secolo scorso» cominciò Modesti, mettendosi comodo. «Qui non si tratta semplicemente di corrompere poliziotti e sperare che vada bene. Qui si tratta di governare il Paese. Di prendere in mano lo Stato. Tu ragioni da avvocato, senza offesa.»

Si fermò, come aspettasse la risata in studio. 

«Continui a considerarti solo un opaco professionista che fa le palanche parando il culo a gente che si muove sul confine della legalità. 

Devi fare il salto, Raimondo. Devi capire che noi non lavoriamo per la criminalità organizzata: queste puttanate lasciale pensare al popolino. Noi facciamo parte della rete d’affari più importante d’Italia, quella dove girano i veri soldi e il vero potere. L'azienda italiana meglio organizzata e insieme l'istituzione più funzionante che ci sia. L'unica cosa diversa dal potere che una volta si chiamava legale, qui, è che ci sono altre regole da seguire, e altri avversari da cui nascondersi o fottere. Noi siamo nel fulcro del potere, lo capisci? Non c’è un’altra strada per arrivare a governare in Italia, non oggi. Quindi metti da parte i tuoi concetti del secolo scorso e dammi retta. Stiamo facendo un lavoro importante e abbiamo già avuto un intoppo, un danno di cui ci chiederanno quantomeno spiegazioni. Per cui invece di gongolare perché il carico non sarà sequestrato, dobbiamo concentrarci sulle priorità, ovvero il fatto che il container adesso è bloccato, invece deve arrivare qui comunque, e presto, nei prossimi giorni. E nessun piccolo funzionario che non conta nulla dovrebbe riuscire ad impedirlo. Riesci a seguirmi?»

La notte non ha bisogno di Paola Ronco e Antonio Paolacci

Tutto questo meccanismo perfetto che mette a fianco uomini infedeli allo Stato, criminali, professionisti con molto pelo sullo stomaco non può essere bloccato da un vicequestore di polizia, un cane sciolto, che non può essere corrotto. Pure gay dichiarato. Il vicequestore Nigra. 

«Intanto dobbiamo toglierci dalle palle lo sbirro frocio» sparò d’un fiato Modesti, mostrando i palmi delle mani come per sottolineare l’ovvietà. «Quello ce l’ha con me e tornerà a provarci.

E' solo un romanzo, certo, questo "La notte non ha bisogno", che però racconta del volto nascosto della politica, dei legami con la criminalità, ormai in osmosi. Di come la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata siano la stessa cosa.

Ma forse è solo un romanzo..

04 luglio 2024

Stivali di velluto, di Giuseppina Torregrossa


 

Il verme della mela si chiama carpocapsa. E' un bozzolo che vive incistato sotto la corteccia dell'albero e sfarfalla ai primi tepori. Le larve penetrano nei frutti, scavano gallerie nella polpa, che marcisce. La mela all'apparenza non ne soffre. Attaccata al ramo, si dondola sul suo picciolo, compiacendosi della buccia rossa, mentre il silenzioso ospite la divora dall'interno.
Giulia Vella, profiler, specializzata nella ricerca di serial killer, assomigliava ad una di quelle mele.

È bello, per un lettore come me, scoprire nuovi scrittori che ti sanno convincere delle loro capacità anche con romanzi come questo “Stivali di velluto” che con le sue 156 pagine è poco più di un racconto.

Al centro della storia l’ispettrice Giulia Vella: è una che ha studiato per fare il suo lavoro, alle spalle ha un’esperienza di formazione in America per diventare profiler e analizzare i crimini commessi dai serial killer. Non di certo per riscaldare la sedia come sta facendo adesso a Palermo, aggregata alla sezione Udi, ufficio delitti irrisolti della Mobile.
“La milanesa”, così la chiama il suo antipatico superiore, che non nasconde in alcun modo la disistima che prova nei suoi confronti anche per la nomea di raccomandata che l’ha accompagnata fin da Milano. Nomea nemmeno troppo lontana dalla realtà, essendo figlia del Questore.
A proposito, come mai questa scelta di trasferirsi da Milano fino a Palermo, dove non conosce nessuno? E qual è quella malattia che la sta divorando da dentro, come il verme della mela che si mangia la polpa dall’interno?

Non è una metafora molto lontana dalla realtà: perché Giulia ha veramente un dolore che si porta dentro, legato al suo passato, alla sua vera identità e la cui scoperta sarà una sorta di mistero nel mistero dell’indagine che dovrà affrontare.
Infatti, più per metterla in difficoltà che per aiutarla veramente, il suo dirigente le affida un vecchio caso, oggi lo chiameremmo un “cold case”, scelto col metodo del bussolotto tra i tanti casi irrisolti

L'omicidio era avvenuto il 17 maggio 1977. La vittima, il direttore di un ufficio postale periferico, era stata trovata riversa in una pozza di sangue da un'impiegata appena tornata dalla pausa pranzo.

L’omicidio era avvenuto nel quartiere di Pallavicino, fuori Palermo: ad accompagnarla sul luogo del crimine è l’agente Paola Arena, “cuor contento” è il nomignolo che Giulia le ha affibbiato per il suo carattere remissivo, sempre col sorriso in faccia.
Per la prima volta la “milanesa” scopre la Palermo fuori Palermo, sente parlare del “sacco”, la speculazione edilizia dell’imprenditoria mafiosa che cambiò la faccia della città, condannandola al cemento e alla siccità:

Tutti pensano che in Sicilia manca l'acqua, qui passavano veri e propri fiumi. Il sacco di Palermo ha cancellato giardini, vigneti, vivai, alberi d'alto fusto e le tracce di un glorioso passato..

Chi aveva seguito le indagini aveva archiviato tutto come un delitto avvenuto a seguito di un tentativo di furto ma, leggendo le carte, quel delitto tutto sembra meno che un furto.
Perché il presunto ladro è entrato senza nessuna effrazione, probabilmente è stato il signor Mazza, il direttore ad aprirgli, forse lo conosceva anche.
Poi, nell’ufficio tutto era in ordine, nessun segno come quelli lasciati dai ladri mentre frugano alla ricerca di beni di valore.

.. c'era un'annotazione del medico legale che parlava di un colpo inferto dal basso verso l'alto. Che l'assassino fosse seduto o in ginocchio?

Bisogna andare a rileggersi le carte ma, soprattutto, andare a sentire tutti i possibili testimoni dell’epoca, sempre che siano ancora vivi. Uno di questi è l’ispettore Panseca, un poliziotto che ha ancora un buona memoria:

Gli informatori avevano la bocca cucita.

C'era qualcosa di segreto dietro al delitto. Io comunque alla rapina non ci ho mai creduto.

Le indagini furono chiuse per le pressioni dall'alto: il morto era il genero del capomafia della zona, Don Tano Genco, che probabilmente aveva usato l’ufficio postale per il riciclaggio di soldi sporchi.
Un delitto di mafia?

Anche questa ricostruzione non torna molto.
Panseca però, di fronte alla freddezza di Giulia, da vecchio gentiluomo, la invita a lasciarsi andare:

Ti piacerà vivere qui, dottoressa, c’è il sole che scalda e il mare è respiro vitale. Qui non si muore, al massimo si passeggia in un’altra dimensione. Noi siciliani siamo eterni.

L’indagine diventa un modo per scacciare via tutto il malessere per quel dolore che si porta dentro, legato al suo passato, a quella sua ricerca di identità.
Paradossalmente, anche dentro quel delitto, una volta scoperto il nome dell’assassino, o dell’assassino e il perché, si troverà di fronte ad una questione di identità.
È come se la poliziotta e l’assassino (o assassina) si fossero trovati di fronte allo specchio, ciascuno in grado di vedere il dolore e l’infelicità nell’altro.

Lei è nata infelice. L'ho sentita compagna nel dolore, perciò mi sono fidata di lei.

Forse è arrivato il momento di cacciar via quel verme che ti sta mangiando da dentro e lasciarsi andare di fronte alle bellezze di quella città, il mare, i colori, perfino la bellezza di uno dei mercati rionali

Il mercato era un concentrato di colori. Il rosso delle fragole e dei pomodori, il verde delle fave, dei piselli, della lattuga; l’arancio per la papaya, il viola per le melanzane”.

Pur cadendo un po' in qualche cliché (quando la bella poliziotta scopre l'amore..), rimane una lettura piacevole e interessante, in particolare sul tema dell'identità, sullo scoprire chi siamo veramente (e nell'accettare chi siamo veramente).

La scheda del libro sul sito di Rizzoli
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon