Pochi minuti prima che ci scappasse il morto, il sudamericano si alzò per andare a prendere l’eucaristia. Sua moglie era rimasta seduta a cullare il loro piccolo, un pupo di meno d’un anno che aveva frignato per l’intera funzione, suscitando molti sospiri seccati. L’uomo era l’unico sotto i cinquant’anni a mettersi in fila per la comunione. Il resto dei presenti, all'incirca una decina, era composto dal solo genere di italiani tipicamente propenso a temere per la propria anima, ovvero quelli di età non inferiore ai settanta.
Un delitto in una
stanza chiusa: la coppia di scrittori Paolacci e Ronco si cimenta in
questo classico del giallo nel secondo capitolo della serie del
vicequestore (aggiunto) Nigra, il poliziotto torinese in servizio
alla Mobile di Genova, alle prese coi pregiudizi nel mondo della
polizia per il suo essere gay dichiarato.
Ma con delle doti
di indagine che lo porteranno a risolvere l'enigma: un delitto
avvenuto in una chieda, nel centro storico di Genova, un insegnante
in pensione, Sergio Bruzzone che, dopo aver preso dalle mani del
prete la particola consacrata, si accascia al suolo.
Riverso per terra poco distante
dall'altare, il pensionato viene soccorso dalle persone che erano con
lui a messa e che, con lui, facevano parte di una specie di circolo
di lettori di libri gialli.
La dottoressa Salati, l'ex maresciallo
Scialoja, i farmacisti Parodi, l'insegnante Scaturchio. E poi, la
seconda moglie Carmen Cabrera in Bruzzone e un aspirante scrittore di
libri gialli Malpighi.
E' la dottoressa stessa a capire che
quello che all'inizio viene scambiato per un malore, è in realtà
qualcosa di peggio:
«Chiamala subito, Carlo» rispose finalmente, la voce che tremava. «Ma chiama anche la polizia. Credo che Sergio sia appena stato ucciso.»
Quella che sembrava essere una
tranquilla domenica mattina si trasforma per Nigra nell'ennesima
giornata di lavoro assieme ai colleghi della sua variopinta squadra:
il molto raccomandato vice Musso, l'ipocondriaco ispettore
Caccialepori e l'assistente Santamaria, con la sua pipa in bocca.
«Quindi lei non ha dubbi? Bruzzone è stato ucciso?» «Cianuro» rispose lei di slancio, come se non aspettasse altro.
Un delitto in una stanza chiusa può
essere il caso più semplice da risolvere ma anche il più difficile:
chi può aver avvelenato l'ex insegnante? Il prete è, materialmente
quello che avrebbe avuto maggiori possibilità, ma, andando a sentire
i diversi personaggi, si scopre che tutti potevano avere un motivo di
astio nei confronti del morto, per le sue battute cattive. Battute
che pungevano le persone del circolo toccando i loro segreti.
Quello che non era mai riuscito a digerire era l’impressione di incongruenza dei contesti apparentemente puliti come quello in cui si trovava adesso, bolle di vita tranquilla e rispettabile, dove il male non poteva essere nominato nemmeno come ipotesi.
Come si può
sospettare di essere un assassinio un prete, una insegnante in
pensione, due tranquilli farmacisti, un carabiniere.. oppure uno che
si crede uno scrittore (ma che deve pagare per veder pubblicati i
libri)?
Persone che si
trovavano ogni settimana, a parlare di libri gialli e delitti, una
specie di circolo (da cui era esclusa la moglie, forse perché
immigrata, cioè esterna a quella cerchia).
Persone
all'apparenza irreprensibili, persone normali, brava gente dunque.
Ma in questa storia
bisogna stare attenti ai pregiudizi: non solo quelli nei
confronti degli omosessuali, come sa ben Nigra, costretto a
nascondere la sua relazione con l'attore napoletano Rocco, guarda
caso attore in una famosa fiction dove interpreta un commissario che
risolve sempre in modo brillante i casi.
No, qui ci sono
altri pregiudizi, quelli che portano a dare dei giudizi nei confronti
degli altri usando i propri preconcetti. Per esempio quelli contro
gli immigrati.
Come la moglie del
morto, Carmen, accusata di essersi spostata l'italiano per mettersi a
posto.
O come gli altri
immigrati che, come ci racconta in modo dettagliato certa stampa,
spacciano e commettono piccoli reati nei vicoli del centro di Genova,
dimenticandosi che la droga a Genova (e nel resto del nord) arriva
grazie alla ndrangheta.
Italiani
brava gente, che rispettano le leggi, mica come quelli là, arabi,
nordafricani, clandestini, che stanno portando il degrado nelle
nostre città. Ma sono italiani che quando hanno problemi non si
rivolgono ai vigili o allo Stato, ma ai cravattari o a personaggi
poco raccomandabili.
«Ogni giorno c’è una notizia su un immigrato, sì. Però si omette il dettaglio che qui spesso sono le ’ndrine calabresi ad affidare ai marocchini lo spaccio, e ai nigeriani e ai pakistani il compito di fare da vedette.»
A proposito di pregiudizi, o giudizi
affrettati, ecco la prima citazione di altri investigatori che vivono
nei libri gialli:
«Mi hai appena fatto tornare in mente un collega di Bologna, un ispettore. E non ti sto facendo un complimento, era un tipo piuttosto assurdo. Lui lo diceva spesso: anziani, piaga della società. Oddio, ora che ci ripenso se non erano loro erano i punkabbestia, i marocchini, gli studenti» Nigra aggrottò la fronte. «Coliandro,..»
La seconda citazione è invece dedicata
a Rocco Schiavone e all'attore che lo interpreta in tv Marco
Giallini:
Ma ti ricordi quando quegli altri hanno chiesto di cancellare la serie di Marco, solo perché il personaggio si fa le canne?
Torniamo al delitto: tutti le persone
del circolo avevano del rancore, va bene. Ma è questa la causa del
delitto? O centra forse la criminalità, per una certa storia di
debiti, che lega tra loro alcune di queste “brave persone”? E
cosa voleva dire il morto con quelle sue allusioni ad una villa da
costruire a Venezia?
Quel caso, così pieno di segreti, sospetti, gente in apparenza perbene e odio mascherato, gli metteva addosso un forte bisogno di rifugiarsi nella sua quotidianità, in quell’intesa che lui e Rocco avevano trovato senza sforzo, senza giochi di potere, ..
Ma, abbiamo detto,
questa è anche una storia di pregiudizi. E quale peggior pregiudizio
se non quello nei confronti degli immigrati?
Il delitto è in
realtà un attentato compiuto da estremisti islamici per colpire il
mondo cattolico: questa la pista di cui è convinta la Digos e, in
particolare, un collega di Nigra con cui non ha mai avuto un buon
rapporto.
Perché gay, perché
progressista, perché diverso dal cliché da law and order ovvero
essere forte coi deboli (e debole coi forti, le mafie, le famiglie
che contano, ..).
Perché non un uomo
vero, un vero italiano, difensore dei valori patriottici e cattolici,
come il partito di quel Lorenzo Modesti, pochi voti ma una gran cassa
di risonanza dai giornali locali e nazionali per le sue provocazioni
contro gli immigrati.
La pista della
Digos, sapientemente fatta uscire da qualche fonte interna, viene
rilanciata da questo partitino e dal suo leader, per la sua personale
campagna elettorale.
Bruzzone, che si
era anche candidato alle elezioni per il comune, è stato vittima
casuale di un gruppo di estremisti?
Prima di finire
stritolato in mezzo alle accuse dai giornali di inerzia nelle
indagini, se non superficialità, Nigra e i suoi collaboratori devono
venire a capo dell'intrigo, della matassa.
Magari come farebbe
quel bravo investigatore a Roma, di origini cinesi, ennesima
citazione letteraria nel libro, a fianco di Agata Christie e
Chesterton (parlo di Andrea Cotti, padre del vicequestore Luca Wu)
«Pensi che invece io conosco un poliziotto di origini cinesi» disse Nigra, lanciato nel tentativo quasi disperato di scaldare la conversazione. [..]
Molto bravo, ci ho lavorato per una faccenda, tempo fa. Si chiama Luca Wu, ora sta a Roma.»
E allora, degna conclusione
dell'indagine, questo finale alla Poirot, dove tutti i sospettati
sono riuniti in una stanza, per svelare il nome dell'assassino e per
spiegarci cosa sia “Il punto di vista di Dio”.
«Lei ha proprio intenzione di chiuderla come un giallo classico, è così? Facendo un bel monologo rivelatore con tutti i sospettati intorno.»
Il punto di vista di Dio conferma il
giudizio positivo che avevo dato al precedente romanzo della coppia
Paolacci Ronco, con protagonista il vicequestore Nigra.
Il meccanismo letterario dietro
l'indagine funziona, come funzionano anche i personaggi, su cui si
concede qualche cliché, che lascia spazio a delle scenette
divertenti da commedia all'italiana.
Come in altri romanzi, ho molto
apprezzato il racconto della città, vista con gli occhi del
protagonista: Genova non è come la sua Torino, con le sue strade
dritte e regolari.
C'è il centro storico, ci sono i
vicoli dove se allunghi le mani tocchi i muri, si sente la muffa ma
anche gli odori della frutta e della merce venduta dai commercianti
nei caruggi
Percorse i caruggi sconnessi, la Maddalena e i Macelli di Soziglia, catturato come sempre dalle vetrine variopinte dei fruttivendoli e delle gastronomie, dai panni stesi alle finestre, dal perenne contrasto tra lerciume e meraviglia, che facevano a pugni ad ogni passo. In pochi metri i suoi occhi videro polpette di baccalà, acciughe salate, un bar polveroso, le creme salate di una erboristeria …
Molto attuale è
poi il tema dei pregiudizi, legato anche a quanto vediamo accadere
dentro le caserme di polizia o i commissariati.
Dobbiamo ancora
farne di strada prima di diventare un paese moderno, libero da
discriminazioni e dai pregiudizi, libero anche dalla cappa delle
mafie, quelle che si vedono e anche quelle che non si vedono, che
sono anche assecondate perché, in fondo, offrono un servizio
vantaggioso ..
La scheda del libro sul sito di
Piemme Editore
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