29 agosto 2020

Italia occulta di Giuliano Turone



Prefazione di Corrado Stajano 
Una storia nera. Una storia purtroppo vera questa di Giuliano Turone, Italia occulta, dove tutto è minuziosamente documentato da atti di giustizia, sentenze, ordinanze, confessioni, interrogatori, testimonianze, perizie balistiche, verbali magari a suo tempo sottovalutati o non compresi, qui invece analizzati con la furia certosina dello scrittore che spesso, come magistrato, è stato al centro di quel che racconta. Non è un’autobiografia. Se non si conoscono i fatti ci si può render conto della presenza e della funzione dell’autore solo da una minuscola nota a piè di pagina, l’opposto dell’esibizione.Protagonista delle vicende narrate è un paese malato, spesso moribondo, una palude non prosciugata dove negli anni Settanta Ottanta del Novecento, dall’indomani di piazza Fontana all’uccisione di Moro al massacro della stazione di Bologna, è accaduta l’iradiddio, stragi, assassinii, complotti, tentati colpi di Stato. In un connubio, esso sì romanzesco, tra politica e criminalità spuntano da queste pagine i personaggi più diversi, ministri, banditi, frati, presidenti del Consiglio, presidenti della Repubblica, avventurieri, terroristi, provocatori, capimafia, giudici corrotti, agenti segreti, doppiogiochisti, killer, generali infedeli che non hanno certo reso onore alla loro uniforme.
Un Trionfo della morte da far invidia a Pieter Bruegel il Vecchio. Poi c’è l’altra Italia che ha retto, anche se con fatica, alla quale il libro è dedicato, rappresentata qui da Tina Anselmi, la presidente della Commissione d’inchiesta sullaLoggia P2, dal colonnello della guardia di finanza Vincenzo Bianchi, dal commissario di polizia Pasquale Juliano, dal generale deicarabinieri Giorgio Manes, dal giudice Giancarlo Stiz, «Servitori della Repubblica», semplicemente.

E' stato il triste anniversario dei quarant'anni dalla strage di Bologna, la bomba fascista fatta esplodere nella stazione il 2 agosto 1980, a spingermi a leggere questo saggio del giudice Giuliano Turone, di cui avevo già letto “Il caffè di Sindona”.Quest'ultimo lo avevo comprato ma non ancora letto: invito i tanti che, come me, vogliono approfondire la conoscenza della nostra storia recente, a prendere in mano questo libro e a tuffarsi nel racconto di questa Italia “occulta”.
Sono gli anni tra il rapimento del presidente Aldo Moro e la strage di Bologna, fino ad arrivare poi agli anni della mattanza dei corleonesi.
Anni che seguono alle stragi, ai golpe e ai tentativi di golpe, le bombe fatte esplodere per creare terrore e spostare l'asse politico del paese in senso conservatore, bloccandone i tentativi di riforme in senso progressista.
Perché l'Italia, dopo Jalta, non poteva permettersi una sana alternanza politica tra governi di destra e di sinistra: si doveva ad ogni costo (anche al costo di vite umane) impedire al partito comunista di arrivare al potere.
Tutto questo è stato chiamato “strategia della tensione”, una guerra non ortodossa combattuta non con eserciti schierati, ma con attentati da addossare a formazioni di sinistra, operazioni di destabilizzazione. In carcere, l'ex ordinovista Vincenzo Vinciguerra, ammise
Tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia a partire dal 1969 appartengono a un’unica matrice organizzativa […]. Le direttive partono da apparati inseriti nelle istituzioni […]. Si tratta del gruppo che dette vita o aderì successivamente al centro studi Ordine nuovo di Pino Rauti.

Sono gli anni in cui la nostra politica, la finanza, pezzi dell'informazione e anche pezzi dello Stato sono stati infettati dal virus della massoneria deviata (sempre che ne esista una non deviata) della Loggia P2 col suo maestro venerabile, Licio Gelli.

Giuliano Turone, in un lavoro certosino e ben documentato, racconta in modo chiaro e comprensibile a tutti, alcune storie significative per comprendere quel periodo, cominciando dalla scoperta degli elenchi della Loggia P2 a Castiglion Fibocchi nel marzo 1981, con dentro ufficiali delle forze armate, i vertici dei servizi, ufficiali della Finanza, banchieri, giornalisti, politici.

Il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, il ritrovamento del memoriale del presidente una prima volta nell'ottobre 1978 e una seconda volta nel 1990, nel covo di via Monte Nevoso.
Il lavoro di disinformazione contro Moro, da parte del comitato del Viminale, il lavoro del consulente americano Steve Pieczenik che, per sua ammissione, era arrivato in Italia per salvare il sistema, non per salvare il presidente DC.

La crescita della Loggia P2 (“la metastasi delle istituzioni” la definisce Stajano nella prefazione), il suo lavoro atto a svuotare la democrazia dal suo interno, quando, dopo il 1974, si abbandonò la strategia dei golpe intentati e delle bombe.

Controllare i partiti, comprandosi alcune suoi elementi di spicco.
Controllare i giornali, dissolvere la Rai e il servizio pubblico; controllare i vertici dell'Arma, della Guardia di Finanza, dei servizi.
Imbrigliare il potere diffuso della magistratura, mettendola sotto il controllo dell'esecutivo, trasformare l'Italia in una repubblica presidenziale.
Vi ricorda qualcosa tutto questo? Quante di queste riforme, reazionarie e antidemocratiche, sono state proposte e in parte realizzate in questi anni?

C'è poi un lungo capitolo che racconta la storia di Giulio Andreotti, condannato per i suoi rapporti con Cosa Nostra accertati fino al 1980, reato poi prescritto. Nel memoriale, Aldo Moro di lui scrisse
«Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, on. Andreotti, è questo che a Lei manca».

Andreotti e il delitto Pecorelli, Andreotti e lo scandalo degli assegni (tangenti versate dall'industriale Nino Rovelli alla corrente DC di Andreotti), la cui origine era l'istituto Italcasse. Andreotti e i suoi incontri, accertati dai giudici, con i boss mafiosi Bontade e Inzerillo, prima e dopo la morte del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella.

La seconda guerra di mafia, il golpe dei corleonesi di Riina e Provenzano, contro le famiglie mafiose di Palermo, Bontade, Inzerillo e Badalamenti.
Il ruolo del finanzieri Sindona e Calvi (entrambi membri della P2) nel riciclaggio del denaro sporco della mafia e i loro legami con lo Ior, l'opaco istituto finanziario dentro il Vaticano.
Ancora una volta, al centro, troviamo il divino Giulio, che aveva definito Sindona “salvatore della lira”, che in una intervista aveva detto che Ambrosoli, il coraggioso liquidatore della banca privata di Sindona era uno che se l'era cercata.

Nel racconto di Turone si racconta del delitto Mattarella, delle piste non seguite (e suggerite dal magistrato Loris D'Ambrosio) che portavano al coinvolgimento di Fioravanti (esponente dei Nar); della strage sul treno 904 a Natale 1984, della “strategia della tensione”, dal Piano Solo, a Piazza Fontana, al golpe dell'Immacolata.

Fino ad arrivare alla genesi della bomba di Bologna, la strage fascista di cui in questi mesi stiamo scoprendo nuovi dettagli, che confermano la pista nera e i finanziamenti ottenuti dai Nar da Gelli, autore tra l'altro dei depistaggi messi in atto in favore della falsa pista palestinese.
È molto probabile, quindi, che il fine ultimo dell’impegno, davvero impressionante, profuso dal Sistema P2 nelle sue accanite attività di depistaggio, sia stato qualcosa di ben diverso dalla semplice volontà di giovare oppure di nuocere ai Nar di Fioravanti, Mambro e Ciavardini.

Si torna sempre a lui, a Licio Gelli che oggi (complice anche di una stampa colpevolmente senza memoria) ricordiamo come un simpatico vecchietto, che si è portato i suoi segreti nella tomba.
La Loggia Propaganda 2 è una struttura semi occulta di cui conosciamo la piramide inferiore (come la descrive con una felice metafora la relazione Anselmi): nel mezzo, in un ruolo di cerniera, va messo Gelli, “il custode, il notaio di questa piramide inferiore”.
Ma chi troviamo nella piramide superiore, sopra Gelli? Turone azzarda una sua ipotesi, inserendo due protagonisti della nostra Prima Repubblica, Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. “due protagonisti dell’aforisma gelliano”.
Cossiga l'uomo di Gladio (e di tutto ciò che si nascondeva dietro la struttura semi ufficiale di Stay Behind), Andreotti e l'Anello, l'altra struttura segreta (scoperta negli anni novanta dallo storico Aldo Giannuli).

E' un lavoro importante, quello fatto dall'ex magistrato: conservare la memoria di quanto è accaduto (nemmeno troppi anni fa) in Italia è oggi quanto mai importante.
Ricordare quanto la nostra democrazia sia stata ad un passo dal collassare, quanto sia stata a rischio. Un rischio di cui ancora oggi non siamo immuni: il controllo dell'informazione, che deve essere controllore del potere, non al suo servizio. Il controllo della magistratura, che deve garantire il rispetto delle leggi, uguali per tutti. Il controllo dei partiti e del Parlamento, da parte di poteri esterni fuori dal controllo democratico dei cittadini.

La rinascita o, meglio, l'uscire allo scoperto, dei gruppi neofascisti che nemmeno devono più nascondersi, eredi di quei gruppi che negli anni settanta ottanta furono da manovalanza della criminalità, utili idioti per i destabilizzatori a cui avevano fatto credere del golpe imminente.
Particolarmente danneggiate da quella sottrazione di coscienza storica sono le nuove generazioni. Chi frequenta i ventenni di oggi sa bene quanto essi siano disorientati di fronte ai misteri della storia recente del loro paese

Un altro pregio di questo saggio è però anche perpetuare la memoria dei tanti eroi, dentro lo Stato, che col loro lavoro hanno protetto la nostra democrazia.
Il commissario Juliano che per primo stava indagando su Ordine Nuovo a Padova e che se non fosse stato fermato avrebbe potuto impedire la strage di Milano del 1969.
Giorgio Ambrosoli, eroe borghese, che si oppose (come i vertici della banca d'Italia Paolo Baffi e Mario Sarcinelli) al salvataggio della banca di Sindona a spese dei cittadini.
Il generale dei carabinieri Giorgio Manes, che indagò all'interno della stessa Arma contro i militari coinvolti nel piano Solo.
Il colonnello della guardia di finanza Vincenzo Bianchi, che resistette alle pressioni dei superiori sulle liste degli affiliati alla P2.
Il maresciallo della finanza Silvio Novembre, che lavorò a fianco di Ambrosoli.
Tina Anselmi, senatrice DC, presidente della commissione parlamentare sulla Loggia P2 (che grande presidente della Repubblica avrebbe potuto essere).
Il giudice Mario Amato, ucciso dai Nar, lasciato solo dal suo capo ad indagare sull'eversione nera a Roma.
Il generale dei carabinieri, poi prefetti di Palermo (senza poteri) Carlo Alberto Dalla Chiesa.

A loro, e ai tanti come loro che hanno reso con onore un servizio allo Stato, è dedicato questo libro.

La scheda sul sito di Chiarelettere
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