Prefazione di Corrado Stajano
Una storia nera. Una storia purtroppo vera questa di Giuliano Turone, Italia occulta, dove tutto è minuziosamente documentato da atti di giustizia, sentenze, ordinanze, confessioni, interrogatori, testimonianze, perizie balistiche, verbali magari a suo tempo sottovalutati o non compresi, qui invece analizzati con la furia certosina dello scrittore che spesso, come magistrato, è stato al centro di quel che racconta. Non è un’autobiografia. Se non si conoscono i fatti ci si può render conto della presenza e della funzione dell’autore solo da una minuscola nota a piè di pagina, l’opposto dell’esibizione.Protagonista delle vicende narrate è un paese malato, spesso moribondo, una palude non prosciugata dove negli anni Settanta Ottanta del Novecento, dall’indomani di piazza Fontana all’uccisione di Moro al massacro della stazione di Bologna, è accaduta l’iradiddio, stragi, assassinii, complotti, tentati colpi di Stato. In un connubio, esso sì romanzesco, tra politica e criminalità spuntano da queste pagine i personaggi più diversi, ministri, banditi, frati, presidenti del Consiglio, presidenti della Repubblica, avventurieri, terroristi, provocatori, capimafia, giudici corrotti, agenti segreti, doppiogiochisti, killer, generali infedeli che non hanno certo reso onore alla loro uniforme.
Un Trionfo della morte da far invidia a Pieter Bruegel il Vecchio. Poi c’è l’altra Italia che ha retto, anche se con fatica, alla quale il libro è dedicato, rappresentata qui da Tina Anselmi, la presidente della Commissione d’inchiesta sullaLoggia P2, dal colonnello della guardia di finanza Vincenzo Bianchi, dal commissario di polizia Pasquale Juliano, dal generale deicarabinieri Giorgio Manes, dal giudice Giancarlo Stiz, «Servitori della Repubblica», semplicemente.
E' stato il triste
anniversario dei quarant'anni dalla strage di Bologna, la bomba
fascista fatta esplodere nella stazione il 2 agosto 1980, a spingermi
a leggere questo saggio del giudice Giuliano Turone, di cui avevo già
letto “Il caffè di Sindona”.Quest'ultimo lo avevo comprato ma non ancora letto: invito
i tanti che, come me, vogliono approfondire la conoscenza della
nostra storia recente, a prendere in mano questo libro e a tuffarsi
nel racconto di questa Italia “occulta”.
Sono gli anni tra
il rapimento del presidente Aldo Moro e la strage di Bologna, fino ad
arrivare poi agli anni della mattanza dei corleonesi.
Anni che seguono
alle stragi, ai golpe e ai tentativi di golpe, le bombe fatte
esplodere per creare terrore e spostare l'asse politico del paese in
senso conservatore, bloccandone i tentativi di riforme in senso
progressista.
Perché l'Italia,
dopo Jalta, non poteva permettersi una sana alternanza politica tra
governi di destra e di sinistra: si doveva ad ogni costo (anche al
costo di vite umane) impedire al partito comunista di arrivare al
potere.
Tutto questo è
stato chiamato “strategia della tensione”, una guerra non
ortodossa combattuta non con eserciti schierati, ma con attentati da
addossare a formazioni di sinistra, operazioni di destabilizzazione.
In carcere, l'ex ordinovista Vincenzo Vinciguerra, ammise
Tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia a partire dal 1969 appartengono a un’unica matrice organizzativa […]. Le direttive partono da apparati inseriti nelle istituzioni […]. Si tratta del gruppo che dette vita o aderì successivamente al centro studi Ordine nuovo di Pino Rauti.
Sono gli anni in
cui la nostra politica, la finanza, pezzi dell'informazione e anche
pezzi dello Stato sono stati infettati dal virus della massoneria
deviata (sempre che ne esista una non deviata) della Loggia P2 col
suo maestro venerabile, Licio Gelli.
Giuliano Turone, in
un lavoro certosino e ben documentato, racconta in modo chiaro e
comprensibile a tutti, alcune storie significative per comprendere
quel periodo, cominciando dalla scoperta degli elenchi della Loggia
P2 a Castiglion Fibocchi nel marzo 1981, con dentro ufficiali delle
forze armate, i vertici dei servizi, ufficiali della Finanza,
banchieri, giornalisti, politici.
Il rapimento di
Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, il ritrovamento del memoriale
del presidente una prima volta nell'ottobre 1978 e una seconda volta
nel 1990, nel covo di via Monte Nevoso.
Il lavoro di
disinformazione contro Moro, da parte del comitato del Viminale, il
lavoro del consulente americano Steve Pieczenik che, per sua
ammissione, era arrivato in Italia per salvare il sistema, non per
salvare il presidente DC.
La crescita della
Loggia P2 (“la metastasi delle istituzioni” la definisce Stajano
nella prefazione), il suo lavoro atto a svuotare la democrazia dal
suo interno, quando, dopo il 1974, si abbandonò la strategia dei
golpe intentati e delle bombe.
Controllare i
partiti, comprandosi alcune suoi elementi di spicco.
Controllare i
giornali, dissolvere la Rai e il servizio pubblico; controllare i
vertici dell'Arma, della Guardia di Finanza, dei servizi.
Imbrigliare il
potere diffuso della magistratura, mettendola sotto il controllo
dell'esecutivo, trasformare l'Italia in una repubblica presidenziale.
Vi ricorda qualcosa
tutto questo? Quante di queste riforme, reazionarie e
antidemocratiche, sono state proposte e in parte realizzate in questi
anni?
C'è poi un lungo
capitolo che racconta la storia di Giulio Andreotti, condannato per i
suoi rapporti con Cosa Nostra accertati fino al 1980, reato poi
prescritto. Nel memoriale, Aldo Moro di lui scrisse
«Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, on. Andreotti, è questo che a Lei manca».
Andreotti e il
delitto Pecorelli, Andreotti e lo scandalo degli assegni (tangenti
versate dall'industriale Nino Rovelli alla corrente DC di Andreotti),
la cui origine era l'istituto Italcasse. Andreotti e i suoi incontri,
accertati dai giudici, con i boss mafiosi Bontade e Inzerillo, prima
e dopo la morte del presidente della regione Sicilia Piersanti
Mattarella.
La seconda guerra
di mafia, il golpe dei corleonesi di Riina e Provenzano, contro le
famiglie mafiose di Palermo, Bontade, Inzerillo e Badalamenti.
Il ruolo del
finanzieri Sindona e Calvi (entrambi membri della P2) nel riciclaggio
del denaro sporco della mafia e i loro legami con lo Ior, l'opaco
istituto finanziario dentro il Vaticano.
Ancora una volta,
al centro, troviamo il divino Giulio, che aveva definito Sindona
“salvatore della lira”, che in una intervista aveva detto che
Ambrosoli, il coraggioso liquidatore della banca privata di Sindona
era uno che se l'era cercata.
Nel racconto di
Turone si racconta del delitto Mattarella, delle piste non seguite (e
suggerite dal magistrato Loris D'Ambrosio) che portavano al
coinvolgimento di Fioravanti (esponente dei Nar); della strage sul
treno 904 a Natale 1984, della “strategia della tensione”, dal
Piano Solo, a Piazza Fontana, al golpe dell'Immacolata.
Fino ad arrivare
alla genesi della bomba di Bologna, la strage fascista di cui in
questi mesi stiamo scoprendo nuovi dettagli, che confermano la pista
nera e i finanziamenti ottenuti dai Nar da Gelli, autore tra l'altro
dei depistaggi messi in atto in favore della falsa pista palestinese.
È molto probabile, quindi, che il fine ultimo dell’impegno, davvero impressionante, profuso dal Sistema P2 nelle sue accanite attività di depistaggio, sia stato qualcosa di ben diverso dalla semplice volontà di giovare oppure di nuocere ai Nar di Fioravanti, Mambro e Ciavardini.
Si torna sempre a
lui, a Licio Gelli che oggi (complice anche di una stampa
colpevolmente senza memoria) ricordiamo come un simpatico vecchietto,
che si è portato i suoi segreti nella tomba.
La Loggia
Propaganda 2 è una struttura semi occulta di cui conosciamo la
piramide inferiore (come la descrive con una felice metafora la
relazione Anselmi): nel mezzo, in un ruolo di cerniera, va messo
Gelli, “il custode, il notaio di questa piramide inferiore”.
Ma chi troviamo
nella piramide superiore, sopra Gelli? Turone azzarda una sua
ipotesi, inserendo due protagonisti della nostra Prima Repubblica,
Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. “due protagonisti
dell’aforisma gelliano”.
Cossiga l'uomo di
Gladio (e di tutto ciò che si nascondeva dietro la struttura semi
ufficiale di Stay Behind), Andreotti e l'Anello, l'altra struttura
segreta (scoperta negli anni novanta dallo storico Aldo Giannuli).
E' un lavoro
importante, quello fatto dall'ex magistrato: conservare la memoria di
quanto è accaduto (nemmeno troppi anni fa) in Italia è oggi quanto
mai importante.
Ricordare quanto la
nostra democrazia sia stata ad un passo dal collassare, quanto sia
stata a rischio. Un rischio di cui ancora oggi non siamo immuni: il
controllo dell'informazione, che deve essere controllore del potere,
non al suo servizio. Il controllo della magistratura, che deve
garantire il rispetto delle leggi, uguali per tutti. Il controllo dei
partiti e del Parlamento, da parte di poteri esterni fuori dal
controllo democratico dei cittadini.
La rinascita o,
meglio, l'uscire allo scoperto, dei gruppi neofascisti che nemmeno
devono più nascondersi, eredi di quei gruppi che negli anni settanta
ottanta furono da manovalanza della criminalità, utili idioti per i
destabilizzatori a cui avevano fatto credere del golpe imminente.
Particolarmente danneggiate da quella sottrazione di coscienza storica sono le nuove generazioni. Chi frequenta i ventenni di oggi sa bene quanto essi siano disorientati di fronte ai misteri della storia recente del loro paese
Un altro pregio di
questo saggio è però anche perpetuare la memoria dei tanti eroi,
dentro lo Stato, che col loro lavoro hanno protetto la nostra
democrazia.
Il commissario
Juliano che per primo stava indagando su Ordine Nuovo a Padova e che
se non fosse stato fermato avrebbe potuto impedire la strage di
Milano del 1969.
Giorgio Ambrosoli,
eroe borghese, che si oppose (come i vertici della banca d'Italia
Paolo Baffi e Mario Sarcinelli) al salvataggio della banca di Sindona
a spese dei cittadini.
Il generale dei
carabinieri Giorgio Manes, che indagò all'interno della stessa Arma
contro i militari coinvolti nel piano Solo.
Il colonnello della
guardia di finanza Vincenzo Bianchi, che resistette alle pressioni
dei superiori sulle liste degli affiliati alla P2.
Il maresciallo
della finanza Silvio Novembre, che lavorò a fianco di Ambrosoli.
Tina Anselmi,
senatrice DC, presidente della commissione parlamentare sulla Loggia
P2 (che grande presidente della Repubblica avrebbe potuto essere).
Il giudice Mario
Amato, ucciso dai Nar, lasciato solo dal suo capo ad indagare
sull'eversione nera a Roma.
Il generale dei
carabinieri, poi prefetti di Palermo (senza poteri) Carlo Alberto
Dalla Chiesa.
A loro, e ai tanti
come loro che hanno reso con onore un servizio allo Stato, è
dedicato questo libro.
La scheda sul sito di Chiarelettere
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