27 ottobre 2024

Anteprima inchieste di Report - il sistema Genova, dentro il MIC, la candela di Sgarbi e l’altra Cutro

La stampa serve chi è governato, non chi governa”  - così si concludeva la sentenza della Suprema Corte degli Stati Uniti nella vertenza tra l’amministrazione Nixon e i giornali New York Times e Washington Post per la vicenda dei Pentagon Papers.

Sono passati più di 50 anni e ancora siamo a dover difendere questo principio: non deve essere Report (o Presadiretta o le altre poche voci libere dell’informazione) ad aver paura della politica, ma il contrario, deve essere la politica a temere delle inchieste giornalistiche, sempre che abbia cose da nascondere.
Sono uscite da pochi giorni le anticipazioni dei servizi della prima puntata di questa stagione di Report e la politica è in fibrillazione: sono partiti gli attacchi, la richiesta di vedere “tutto il girato” (manco fosse una manifestazione dei giovani di FDI).
I temi che toccheranno i servizi sono quanto mai attuali, specchio di questa classe dirigente incapace di essere trasparente: la campagna elettorale a Genova e i voti raccolti dalla mafia. Uno sguardo dentro il Ministero della Cultura in questi mesi con la gestione Sangiuliano. Un servizio sull’altra Cutro, una strage di migranti tenuta nascosta dopo il tragico eventi davanti le coste calabre per non mettere in imbarazzo il gove
rno. Infine il quadro di Sgarbi: chi aveva ragione?
La novità di quest’anno è la mezz’ora in più che verrà dedicata ai giovani, “sarà un laboratorio, formare giornalisti per la Rai, con la dedizione all’inchiesta, con lo spirito del servizio pubblico, col rigore proprio di Report” racconta il conduttore Sigfrido Ranucci nell’intervista a Gli imperdibili: “l’informazione indipendente è un dovere del servizio pubblico, più ancora del pluralismo perché è nell’indipendenza il pluralismo, è una maggiore garanzia.”

Report Lab

Report è andata a Vasto a raccontare dei Trabocchi dentro la riserva marina di Vasto istituita nel 1988: oltre al vincolo ambientale, uno di questi (quello di Punta Aderci) è pure vincolato dal punto di vista monumentale, “è un patrimonio che rappresenta l’Abruzzo in modo importante” racconta a Report Raffaella De Francesco – titolare del Trabocco di Punta Aderci.
La comunità di Vasto ci tiene veramente al mantenimento di questo ecosistema, di cui i Trabucchi ne fanno parte: sono stati loro, da soli, a salvare un branco di capodogli che si era arenato sulla spiaggia di Punta Penna. In tanti sono accorsi lì per dare una mano, anche solo portando bacinelle, per tenere bagnati i cetacei spiaggiati, alcuni tra i più intraprendenti hanno spinti fisicamente gli animali in mare.

Abbiamo fatto una cernita su quali animali da salvare per prima e abbiamo scelto il più piccolo” racconta a Report Fernando Sorgente.
I capodogli avevano capito cosa stavano facendo le persone attorno a loro.

La scheda del servizio: Vasto. Esempio di solidarietà di Chiara De Luca

di Chiara De Luca

Collaborazione di Greta Orsi

Immagini di Chiara D'Ambros,

Ricerca immagini di Eva Georganopoulou

La riserva di Punta Aderci è la vetrina dell’Abruzzo costiero. ​​​​​

La riserva di Punta Aderci fu istituita nel 1988 dalla Regione Abruzzo, a gestirla dal 2006, per conto del Comune di Vasto, è la cooperativa Cogcstre che riceve ogni anno da Regione e Comune rispettivamente circa 40 mila euro. La riserva e tutti gli habitat presenti sono sottoposti a tutela, lo scenario unico che la contraddistingue è lo sfondo di una storia di altruismo e solidarietà i cui protagonisti sono i cittadini di Vasto che hanno unito tutte le loro forze per soccorrere sette capodogli spiaggiati sulla costa di Punta Penna. Una testimonianza di quello che è in grado di fare una comunità quando è unita. Le istituzioni invece sono state in grado di valorizzare la riserva e i suoi habitat?

La candela di Sgarbi

Chi ha ragione allora, Sgarbi o la procura di Macerata, sulla vicenda del Manetti che, come ha ricostruito Report in diversi servizi, è “molto uguale” ad un’opera rubata in un castello a Buriasco?

Il servizio di Report, dove parla di un frammento di tela rimasto incastrato nel telaio dopo il furto dell’opera, è stato acquisito per la perizia della Procura, “la chiave per ricostruire il mistero del dipinto” l’aveva definito il critico d’arte Alessandro Bagnoli. Un pezzo di puzzle che si incastra perfettamente nel lavoro fatto dal restauratore incaricato dall’ex sottosegretario.
Cosa dice la perizia? Che l’analisi dell’opera sottoposta a sequestro coincide con quella del frammento consegnato dalla signora Buzio e “si ritiene pertanto che sia lo stesso dipinto provento di furto e oggetto di denuncia.”
Prosegue la perizia che nella parte superiore sinistra sono stati realizzati, con pigmenti industriali, nuovi elementi sulla tela originale: la fiaccola accessa, il chiarore attorno ad essa e le stesure che definiscono il contorno della colonna. Tutte aggiunte non originali.
Ma chi ha aggiunto sulla tela quel lume? Si chiama Lino Frongia e Report e andata a chiedergli una sua versione dei fatti: quel lume l’ha messo lui su una tela che gli era stata portata da Sgarbi, non sapeva nulla della provenienza. Era stato invitato dal restauratore Mingardi a Brescia, fu Sgarbi a chiedergli di aggiungere un particolare “l’idea di aggiungere un particolare per far passare altro il quadro mi sembrava demenziale, io non mi faccio pagare per fare ste cose, faccio il pittore”.

La scheda del servizio: Rimetta a posto la candela

di Manuele Bonaccorsi

Collaborazione di Thomas Mackinson e Madi Ferrucci

Riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte.

La procura di Macerata ha chiuso le indagini su Vittorio Sgarbi, ex sottosegretario alla Cultura del governo Meloni, accusato di aver esposto in mostra e contraffatto un’opera del Seicento su cui pendeva una denuncia di furto. Si tratta della Cattura di San Pietro, del caravaggista Rutilio Manetti, che risultava rubata nel 2013 al castello di Buriasco, in provincia di Torino. Sgarbi aveva esposto a Lucca nel 2021 un dipinto del tutto identico, escluso un particolare: una fiaccola in alto a sinistra. L’inchiesta giudiziaria era nata a partire da un’inchiesta realizzata da Report e dal Fatto Quotidiano nel dicembre del 2023. Nella puntata in onda il 27 ottobre Report rivelerà gli ultimi aspetti ancora sconosciuti della vicenda, emersi dalle indagini condotte del Nucleo di Tutela dei Beni Culturali dei Carabinieri. L’opera rubata a Buriasco e quella di proprietà di Sgarbi sono due diverse copie dello stesso soggetto – come sosteneva Sgarbi – o sono la stessa opera? Qualcuno ha aggiunto la candela? E su ordine di chi?

Il sistema Genova e Liguria

Chi ha portato i voti a Toti alle regionali del 2020?

Il capo di Gabinetto di Toti chiese i voti alla comunità riesina di a Genova, contattando i fratelli Testa, due gemelli che vivono in provincia di Bergamo ma che nel quartiere Certosa di Genova sono di casa.

Uno dei due fratelli (entrambi detenuti al 41 bis) è indagato per voto di scambio aggravato per aver agevolato la mafia: è a loro che Cozzani, il capo di gabinetto, chiede i voti per la lista di Toti.

Siccome a Genova non avevano una casa, l’ex consigliere totiano, oggi candidato con Bucci, mette loro a disposizione una stanza all’hotel Mercure: qui sono stati spesati dall’associazione ciclistica, che ha anticipato i soldi per la permanenza dei fratelli ad Anzalone.

In quei giorni a Genova c’era il giro ciclistico dell’Appennino e Anzalone ha fatto ricorso al tesoriere dell’associazione sportiva per sistemare i Testa a spese dell’associazione. Si è arrivati così ad un conto da 700 euro, per una settimana in hotel.
L’influenza della comunità riesina a Genova è tale da aver importato nel quartiere di Certosa la festa della Madonna della catena: a Riesi questa celebrazione raccoglie migliaia di fedeli dalla provincia per vedere questa Madonna che libera gli uomini dalle catene di ogni oppresione.
Nel quartiere di Certosa questa festività ha scalzato quella del vecchio santo, San Bartolomeo: oggi – racconta Cristian Abbondanza della casa della legalità – quella festività non si celebra più perché, lo ha spiegato lo stesso parroco, veniva usata per incontri di mafia.

L’amministrazione di Toti si è distinta nell’attrarre i turisti, ricorrendo anche a forme pop di comunicazione che, come racconta modo ironico il giornalista Mimmo Lombezzi, andrebbero messi in un museo. Come l’enorme pestello per fare il pesto esposto a Londra nel 2023: un gonfiabile di 6x8 metri che lo scorso anno ha solcato le acque del Tamigi, per promuovere il pesto ligure nel mondo.

Ma a far discutere sono stati anche i 100mila euro dati ad Elisabetta Canalis che, dagli Stati Uniti, ha promosso il mare ligure in uno spot andato in onda durante Sanremo nel 2022, costato in tutto 204mila euro. Una star di Mediaset che da Las Vegas ricorda di essere andata in vacanza in Liguria.
Il servizio sulla Liguria di Toti si occuperà anche della diga foranea, la grande opera davanti al porto di Genova che consentirà l’arrivo di navi sempre più grandi che consentirebbe maggiori guadagni ai terminalisti come Spinelli: è l’opera più importante su cui ha puntato il sindaco Bucci, del valore di 1,3 miliardi di euro.
Soldi pubblici per interessi anche privati di cui Toti e Spinellli parlavano al telefono: il primo rassicurava il secondo in una intercettazione, “la diga è fatta, è già in gara, sappiamo anche chi la fa..”. C’è la gara, per rispettare almeno un po' le regole, ma poi “secondo me vince Salini-Fincantieri” continua al telefono l’ex governatore Toti che sapeva in anticipo il vincitore della gara pubblica, il consorzio guidato da We Build, cioè Salini.



Oggi, dopo l’inaugurazione dello scorso maggio, sembra tutto fermo: un operaio che ha lavorato lì tutta l’estate ha documentato lo stato dei cassoni sul fondale. Già si vedono dei cedimenti strutturali – racconta – “a occhio nudo già si vede che si sta sgretolando.”
Questo servizio è stato accusato di fare propaganda per il centrosinistra, in quanto andrà in onda nel giorno delle elezioni regionali (dopo l’inchiesta su Toti e il patteggiamento col Tribunale): ma Report parlerà anche dei rapporti tra gli imprenditori del porto ed esponenti locali del PD. Ancora una volta viene fuori il gruppo Spinelli: nel 2021 quando chiama Toti e Bucci per farsi rinnovare la concessione per il terminal Rinfuse, Spinelli decide di ospitare sul suo yacht anche l’ex governatore Burlando, assieme al neo eletto consigliere PD Armando Sanna. Report ha incontrato Burlando a Genova all’iniziativa del candidato Orlando, candidato alla presidenza.

Non avrai il mio scalpo” è stata la risposta di Burlando alla domanda sul perché di quegli incontri: “non insista perché mi sta rompendo le palle”, l’ex presidente non ne vuole parlare, l’ho spiegat tante volte.. Se questa è l’alternativa a Toti siamo a posto.
Cosa sia stato il sistema Burlando (che ha sempre avuto buoni rapporti con gli imprenditori portuali) l’ha spiegato bene il giornalista Marco Grasso del Fatto Quotidiano: “il fatto che non sia ben chiaro il ruolo che ha avuto in questa storia è esattamente quello che poi mette in imbarazzo il PD”.
“Io non penso che il PD abbia un conflitto” spiega il candidato Andrea Orlando a Report “il PD dopo questa vicenda deve cambiare anche alcune prassi che secondo me, in un altro contesto potevano anche essere accettate e tollerate ma che oggi sono diventate pericolose..”
Certo, in un altro contesto.

La scheda del servizio: Liguria nostra

di Luca Chianca

Collaborazione di Alessia Marzi

Immagini di Alfredo Farina e Fabio Martinelli

Ricerca Immagini di Tiziana Battisti

Montaggioe grafica di Giorgio Vallati

A maggio scorso Giovanni Toti è stato arrestato per corruzione e finanziamento illecito.

Con Toti finiscono in manette anche l’ex presidente dell'autorità portuale Emilio Signorini e uno dei più importanti terminalisti del porto, Aldo Spinelli, che in cambio di soldi al comitato elettorale di Toti ha ottenuto, secondo la procura, il rinnovo di alcune concessioni. Un terremoto giudiziario che ha portato la Regione Liguria a nuove elezioni. Per capire i nuovi equilibri politici e i nuovi candidati, Report è ripartita dalle ultime regionali del 2020, ripercorrendo, attraverso interviste esclusive ai protagonisti sui rapporti tra la criminalità organizzata e il partito di Toti. A sinistra invece, si deve fare i conti con i rapporti che alcuni esponenti hanno con alcune società del Porto di Genova guidate dall'imprenditore Mauro Vianello indagato anche lui nell'inchiesta su Toti, con l’accusa di aver corrotto l'ex presidente dell'Autorità Portuale Signorini.

Dentro il ministero della Cultura

Cosa è successo dentro il ministero della Cultura in questi ultimi mesi? Si tratta di un ministero sensibile, perché abbiamo il patrimonio culturale più importante al mondo.
Report ha intervistato lo storico dell’Arte Alberto Dambruoso che ha vissuto una storia simile a quella di Maria Rosaria Boccia, la consulente (o forse no) dell’ex ministro Sangiuliano: “ho ricevuto anch’io un incarico che di fatto non è stato poi formalizzato, io non ho avuto il contratto”.
Alberto Dambruoso insegna storia dell’arte all’Accademia di Frosinone, Sangiuliano gli aveva affidato la co-curatela della mostra sul Futurismo anche se, fino a quel momento, non aveva mai avuto rapporti con lui. Tutto nasce da un articolo pubblicato su Il Tempo, il giornale della famiglia Angelucci: la scintilla è la recensione che il critico d’arte Simongini scrive sull’ultimo libro di Dambruoso che ha come tema il futurista Boccioni. Aveva chiesto una recensione su Il Tempo perché questo è un giornale d’aria, di orientamento di destra, perché questo avrebbe potuto facilitare un contatto tra Simongini e il ministro, cosa che effettivamente è avvenuta.
Si arriva così alla possibilità di curare la mostra del Futurismo a Roma, ma costi e scelte artistiche non vanno giù a Sangiuliano – spiega nell’anteprima del servizio Giorgio Mottola – che organizza quindi un comitato organizzatore di cui ne fanno parte il direttore dei musei Massimo Sanna, la direttrice della gallezia nazionale Mazzantini e il presidente del Maxxi Alessandro Giuli. Ma il comitato organizzativo commissaria il curatore e co-curatore: hanno praticato un taglio drastico di oltre 300 opere, con una decisione presa dal comitato organizzatore. Quello che doveva essere il più grande evento culturale del governo Meloni si è rivelato un pasticciaccio infarcito di gaffe farcito da conflitti di interesse e scandali.

L’origine politica del neo ministro Giuli è stata raccontata a Report dal neofascista Rainaldo Graziani, a partire dalla militanza in Meridiano zero, quelli che ogni tanto davano qualche schiaffone a chi gli rifiutava i volantini che tanto non denunciavano perché se lo meritavano (parole di Graziani). In questa rivista l’esperienza neofascista si accompagnava a quelle esoteriche a cominciare dal simbolo, una runa celtica simboleggiante la lotta del bene contro il male. Direttamente dalle SS derivano dei culti arrivati fino a questa rivista, in stile neo pagano come il festeggiamento del solstizio di inverno, “una pratica tuttora in voga” secondo Graziani.
Giuli era una delle figure brillanti – ricorda oggi il fondatore di Meridiano Zero – altrimenti non sarebbe arrivato al ministero.

Ma in base a quali meriti è arrivato fino al ministero della Cultura? Come è stata la sua gestione al Maxxi? Il museo è stato aperto nel 2010, nel corso di una decina d’anno è riuscito ad affermarsi come uno dei più importanti musei dell’arte contemporanea in Italia, arrivando nel 2022 a staccare 300mila biglietti. Numeri che sono crollati durante la presidenza di Alessandro Giuli, nel 2023 gli incassi dei biglietti sono diminuiti del 30% rispetto al 2022 quando la presidente era Giovanna Melandri. Ancor più grave il bilancio delle sponsorizzazioni, i soldi dei privati dati al Maxxi per pagare mostre ed eventi, passati da 1,2 ml nel 2022 a 600mila euro nel 2023 con Giuli.

I conti si fanno alla fine” ha risposto il ministro alla domanda di Mottola aggiungendo che “al momento del mio insediamento ho ricevuto una programmazione che ho lasciato andare fino a conclusione, come diceva qualcuno i conti si fanno alla fine.”

Nelle anticipazioni del servizio si è parlato (e lo ha fatto lo stesso conduttore) di un altro caso Boccia: è la storia del capo di Gabinetto, che si è dimissionato pochi giorni fa, Spano, che ai tempi del governo Renzi (dove era capo dell’ufficio anti discriminazione) era finito indagato dalla Corte dei Conti per essere poi definitivamente assolto. Era stato aiutato nella sua battaglia dall’avvocato Carnabuci, poi diventato suo compagno, che è anche stato assunto come consulente legale dal museo Maxxi (da sei anni, prima della gestione Giuli). Una situazione da conflitto di interesse non dichiarata.
L’avvocato Carnabuci ha preferito non rispondere alle domande del giornalista.

La scheda del servizio: Da Boccia a Boccioni

di Giorgio Mottola

Collaborazione di Greta Orsi

Immagini di Alfredo Farina, Carlos Dias e Cristiano Forti

Ricerca immagini di Alessia Pelagaggi

Montaggio e grafica di Giorgio Vallati

Conflitti di interesse, pressioni, scandali: come se la passa la politica culturale del governo Meloni

Si è dimesso, dopo l’annuncio della puntata di Report, il capo di gabinetto del ministero della cultura Francesco Spano, che era stato l’eminenza grigia nella gestione del Maxxi di Roma durante la presidenza di Alessandro Giuli. Mentre l’attuale ministro della Cultura ne era al vertice, il Museo non ha perso solo migliaia di visitatori ma, come riveleremo in esclusiva, anche milioni di euro di finanziamenti pubblici. A far acqua da tutte le parti sembra essere l’intera politica culturale del governo Meloni, come dimostra la vicenda della mostra sul futurismo. Doveva essere l’evento culturale più importante dell’esecutivo in carica, si sta rivelando un pasticciaccio infarcito di pressioni, conflitti di interesse e di scandali.

L’altra Cutro – la strage nascosta

Dopo la disastrosa e imbarazzante conferenza stampa a Cutro, la presidente Meloni non ha fatto altri incontri coi giornalisti, con domande aperte (a meno delle ospitate a Mediaset in territorio amico). Meglio evitare domande scomode, specie se fatte ad una politica che si dichiara madre e perfino cattolica.

Report è venuta a conoscenza di una seconda strage di migranti avvenuta pochi mesi dopo quella del febbraio 2023 a Cutro, tenuta nascosta per evitare ulteriori imbarazzi: 65 persone morte nel tentativo di attraversare quel bacino d’acqua tra noi e l’Africa.
Sul sito di Report potete trovare un’anteprima del servizio: è il racconto del giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura, la sera del 16 giugno, vede uscire una nave della Guardia Costiera italiana dal porto di Roccella Jonica ma, da un certo punto in poi, “non abbiamo ricevuto più nessun aggiornamento”.
Aggiunge Yasmine Accardo, attivista di “Memoria Mediterranea”: “cala il silenzio immediato su questo tipo di strage, noi quando siamo arrivati sul posto non c’era assolutamente nessuno a Roccella Jonica, anche rispetto a Cutro io ricordo migliaia di giornalisti che provenivano da tutto il mondo, in quella situazione era il nulla totale.”
Nemmeno gli operatori presenti al porto di Roccella Jonica sapevano esattamente quello che stava succedendo.
“Ci viene comunicato tramite messaggio che dodici persone erano in arrivo al porto di Roccella Jonica” spiega a Report Cecilia Momi di Medici senza frontiere “di solito ci avverte la Prefettura o la Capitaneria di Porto, quello che scopriamo una volta in banchina è che le persone non erano state soccorse da una imbarcazione in situazione di sicurezza ma erano sopravvissute ad un naufragio .. ”.
Non erano arrivati preparati a gestire quello che poi hanno trovato: “nessuno era preparato, nessuno aveva le informazioni su un naufragio.”
Commenta Sergio Scandura: “tutta l’informazione ormai è blindata, la vita e la morte, il soccorso delle persone in mare è trattato come un segreto di Stato.”
Chi ha deciso questa strategia? Arriva dal Viminale – spiega l’ammiraglio Vittorio Alessandro, “che ha un ruolo politico di controllo e di informazione.”

Come sono andate le cose quella sera del 16 giugno 2022? Quelle morti si potevano evitare? Come mai una barca è rimasta in balia del mare per cinque giorni per essere poi salvata da un diportista francese? Come mai quei naufraghi non sono stati visti da nessuno? Non è facile ottenere risposte, si capisce che c’è una certa tendenza a nascondere le informazioni, sia da parte di Frontex che da parte della Guardia Costiera di Roccella.

La scheda del servizio: La strage nascosta

di Rosamaria Aquino

Collaborazione di Norma Ferrara ed Enrica Riera

Immagini di Chiara D'Ambros, Dario D'India e Marco Ronca

Ricerca immagini di Tiziana Battisti e Eva Georganopoulou

Montaggio di Sonia Zarfati

Grafiche di Michele Ventrone

Una strage, successiva a quella di Cutro, che è stata tenuta nascosta: è il naufragio di Roccella Jonica.

È la notte tra il 16 e il 17 giugno 2024. Una barca a vela di turisti francesi soccorre un’altra barca a vela, quasi affondata, a 120 miglia dalle coste calabresi. A bordo c’erano 12 migranti, solo una piccola parte di un gruppo di 76 persone, un terzo dei quali bambini, imbarcatosi una settimana prima da Bodrum, in Turchia. Una strage. È il naufragio di Roccella Jonica, dal porto dove i superstiti verranno trasportati dalla Guardia Costiera. Da quel momento inizia a calare uno strano silenzio su quelle operazioni. Non tornano i numeri delle salme recuperate, le operazioni di trasporto dei cadaveri recuperati in mare si svolgono di notte in porti distanti tra loro centinaia di chilometri, rendendo difficile alla stampa di documentare il naufragio. I parenti che devono riconoscere i corpi, recuperati nei giorni successivi in mare, sono costretti a fare la spola tra diversi ospedali, ma anche i vivi vengono ricoverati in posti diversi, persino in altre province. Nessuna cerimonia comune, nessun messaggio di cordoglio, nessun comunicato in quei giorni dal Governo. Si voleva evitare l’effetto Cutro? Report, con testimonianze inedite, ripercorre tutte le fasi di quel naufragio, dal primo allarme lanciato da Alarm Phone alla gestione dei superstiti e dei rimpatri.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

24 ottobre 2024

La badante e il professore di Bruno Morchio

C’era questa Natalia che da qualche mese frequentava il Caffè della Posta. Alle due spaccate entrava, si sedeva al tavolo d’angolo, ordinava un cappuccino con tanta schiuma, apriva un libro scritto a caratteri strani e cominciava a leggere senza dare confidenza a nessuno.

Questo La badante e il professore è un ritorno al giallo per lo scrittore ligure Bruno Morchio, autore di una fortunata serie di noir con protagonista il detective dei carrugi, Bacci Pagano.

In questo libro invece l'investigatore, se lo vogliamo chiamare così, è un ragazzetto di 12 anni, Filippo Sarzana, che vive in un piccolo paese sui colli attorno Genova che ogni settimana prende lezioni di italiano da un ex insegante di liceo, il professor Canepa.

A essere sincero, l’idea che il professore avesse accettato di darmi ripetizioni gratis perché la nostra era una famiglia disgraziata non mi riempiva di orgoglio.

A Filippo, chiamato da tutti Sarzanetto, piace andare da questo professore, una specie di istituzione in questo piccolo paese, capace di farlo appassionare ai grandi della letteratura italiana, come Ariosto e i suoi versi per Angelica, come anche le vicende del suo passato, il sessantotto, la contestazione, l'occupazione delle scuole.

Sono anche momenti di distrazione, per sfuggire alla vita familiare difficile dentro cui è cresciuto: un padre perso, caduto in tutti i sensi da un ponteggio, una madre costretta a sgobbare per far studiare i figli e una sorella maggiore, la "secchiona", che ora studia all'università.

Ma in quella casa, del professor Canepa, Filippo incontra anche la "governante" ucraina, Natalia: scappata dalla guerra nel suo paese, aveva trovato lavoro qui, come tuttofare per il professore che si ostinava a chiamarla governante e non badante.

Nonostante quell'aria dimessa, quel voler nascondersi anziché apparire, Natalia aveva qualcosa che faceva ribollire gli ormoni del piccolo Sarzanetto, "certo non era brutta, ma la sua era una bellezza sbiadita, incolore, quasi timorosa di suscitare negli altri una qualunque forma di interesse".

Ma un giorno, di ritorno da una pausa ciottolata nel bar del paese, Natalia e Filippo si trovano davanti il corpo del professore: ucciso da un colpo alla testa col busto di Leopardi.

Chi può aver ucciso questa persona stimata da tutto il paese, da cui erano passati diverse generazioni di studenti?

Filippo si ritrova di fronte, per la prima volta nella sua vita, alla morte, alla consapevolezza di aver perso, e in modo definitivo, qualcuno di importante. Non solo, per la prima volta si trova di fronte alla legge: di questo delitto si occupa il vice questore Lojanocono che, sin dal primo interrogatorio, insinua, nelle domande che pone al ragazzo e a Teresa, la sorella, il dubbio che dietro il delitto ci sia la stessa Natalia.

«Come lo chiamava?» 

«In che senso?» 

«Hai detto che gridava, cosa gridava?» 

«Il suo nome. Ripeteva “Carlo, Carlo, Carlo”...» 

«E quello era il modo in cui lo chiamava di solito?» 

«No, di solito diceva Professorecanepa..»

Anche in paese, un piccolo paese chiuso dove le chiacchiere iniziano a girare e non sempre ispirate a buoni principi, in tanti iniziano a parlare alle spalle di Natalia: eh, le donne dell'est, sono tutte uguali..

No, la sua Natalia, quella donna che gli aveva fatto delle confidenze anche intime, che gli faceva bollire il sangue, non poteva essere l'assassina.

Doveva essere lui a dimostrare la sua innocenza, non poteva lasciarla nelle mani della macchina della giustizia.

Spinto da questo anche ingenuo, ideale di giustizia, inizia così a seguire Natalia nelle sue passeggiate a Genova, la grande città. Cerca una sponda nel cronista locale, Serafino Costamagna, il Costa: un ragazzo vestito in modo "scarmigliato", uno che lavorava per il giornale locale sempre in attesa della grande notizia da seguire. 

Eccola ora servita su un piatto d'argento: la morte di un anziano signore per mano di un assassino da scoprire.

Questa indagine, che ci viene raccontata in prima persona dalla voce di Filippo, costituirà anche un suo percorso di iniziazione, spazzando via quelle illusioni che aveva fino a poco tempo prima: perché la vicenda si mostrerà più torbida di quanto immaginasse, anche l'immagine della sua Natalia verrà sporcata e non dai pettegolezzi della gente della vallata, una zona dell'entroterra genovese spogliata del suo passato industriale.

Chi ha letto i precedenti romanzi di Bruno Morchio potrebbe trovare leggermente spiazzato: in quest'ultimo si fa largo uso dell'ironia, specie per descrivere certi personaggi da "bar" che potremmo trovare in tanti paesi della provincia italiana.

Il baby pensionato che pensa di sapere tutto e che su tutto deve pontificare. Il giornalista che vive solo e la cui macchina è una discarica, chiamato gentilmente dai paesani "scorreggione".

Il razzismo latente nei frequentatori del bar. Il burbero vicequestore di polizia, con la barba sfatta e l'aria stanca.

C'è però, come in altri romanzi, penso a Dove crollano i ponti, il racconto della periferia di Genova, abbandonata a sé stessa dalla fine dell'era industriale, una zona dove non solo crollano i ponti ma anche le aspirazioni e le illusioni delle persone.

E poi c'è Genova, con i suoi tesori tenuti ben nascosti nei palazzi della borghesia bene. 

Lo ha raccontato domenica scorsa Bruno Morchio alla Passione per il delitto: diversamente dagli altri centri storici, a Genova è difficile riconosce il censo delle famiglie dentro un palazzo guardando la facciata. Bisogna andare oltre la facciate dei palazzi, cercare di varcare i loro portoni, farsi invitare dentro per ammirarne le bellezze:

«Quello che invece mi ha sempre colpito della città vecchia è il suo pudore.» 

«Il suo pudore?» 

«Esatto: è piena di bellezze, che però non si lasciano vedere. Dietro portoni che ricordano quelli di una stalla si aprono scale di marmo e pareti decorate con meravigliosi azulejos. [..]»

«Solo che, per vederle» ha proseguito, «bisogna sapere che esistono. La mia idea è che le famiglie aristocratiche avevano paura dell’invidia dei poveri e perciò evitavano di mettere in mostra le bellezze che possedevano.»

Il badante e il professore è una storia di tradimenti, di rancori all'interno della cerchia familiare, rancori e avidità. Ma anche di protezione, prendersi cura tra fratelli, capirete alla fine il perché.

Attenzione, arrivati alla fine non ci sarà una verità consolatoria ad attendervi: alla fine si scoprirà che tutti hanno ingannato e sono stati ingannati, a parte il lettore.

La scheda del libro sul sito di Mondadori e la presentazione dell'autore.

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

20 ottobre 2024

Anteprima Presa diretta – L’era della solitudine

Benvenuti nel mondo della rumorosa solitudine: viviamo da soli, come succede al 40% degli italiani, bombardati da messaggi, da post e tweet da tutto il mondo, che arrivano dai nostri amici virtuali. Basta alzare la testa quando siamo in metropolitana o sul treno per andare al lavoro.

Ma se abbiamo bisogno di aiuto non c’è nessuno. Arriveremo anche noi a ricorrere agli amici in forma di robot come in Giappone?

La solitudine è il tema dell’ultima puntata di questa stagione di Presadiretta: ci sarà un reportage che per la prima volta in Rai parla a questo argomento di cui si parla così poco. Siamo sempre più soli, lo dicono i numeri, aumentano le persone che vivono da sole, il 33% di media ma in città come Milano si arriva già al 55% e si spezzano quelle relazioni che dovrebbero sostenerci: “più di un italiano si dieci dichiara che non saprebbe a chi rivolgersi in caso di aiuto”. Quello di Presadiretta sarà un viaggio emozionante e delicato tra l’Italia e il Giappone, gli Stati Uniti, l’Inghilterra. E se la cura a questa malattia fossero grandi iniezioni di socialità?

Ma quali sono gli effetti di questa solitudine della società moderna?
I ricercatori del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia, sotto la guida della neuroscienziata Veronica Witte, hanno indagato il cervello e le abitudini sociali di 1900 abitanti della città, tutti sopra i 50 anni. Li hanno testati all’inizio della ricerca e poi sei anni dopo: risultato, il prezzo della solitudine è molto caro. Lo racconta la stessa dottoressa Witte: “I soggetti che erano meno connessi socialmente hanno mostrato un invecchiamento più veloce del cervello. Se analizziamo la differenza tra due partecipanti, uno con un solo amico stretto e l’altro con tre o quattro amici stretti , vediamo che l’ippocampo di una persona più sola invecchia di un anno in più, rispetto a quello di persona con più amici”.
La solitudine prolungata quindi è come se atrofizzasse i nostri cervelli?

“Si, si potrebbe dire così: tutti invecchiando andiamo incontro ad una atrofizzazione dei tessuti del cervello, della materia grigia e bianca. Ma quello che abbiamo visto qui è una accelerazione di questo invecchiamento e questa accelerazione è connessa ad un alto rischio di sviluppare malattie neuro degenerative, demenze e declino cognitivo.. ”

In Inghilterra hanno trovato una soluzione: si chiama “social prescribing”, la prescrizione sociale, un approccio innovativo della sanità che si cura dell’aspetto sociale della salute ovvero, i medici oltre alle ricette per i farmaci possono prescrivere anche attività terapeutiche contro la solitudine.

Jenny Hartnoll è una delle operatrici di prescrizione sociale: “Le persone hanno molto bisogno di riconnettersi con gli altri, amici, familiari, vicini di casa, perché spesso le persone non si parlano affatto o vorrebbero farlo di più. Noi operatori li aiutiamo a farlo oppure li indirizziamo a gruppi di camminate, incontri di conversazione al bar, gruppi di ginnastica, gruppi per l’elaborazione del lutto. Il medico indirizza i pazienti a noi e noi poi passiamo molto tempo con loro per capire cosa si può fare per alleviare la loro solitudine.”
E cosa ne pensano i medici di base? Hellen Kingston lo spiega a Presadiretta “I miei pazienti erano in grado di gestire problemi di salute anche molto complicati, mentre quelli che erano soli o isolati dalla famiglia o che avevano perso i contatti gli amici, soffrivano molto di più. La solitudine amplifica notevolmente i problemi di salute, anche un semplice mal di schiena o un dolore al ginocchio diventa un ostacolo insormontabile.”
Quindi cosa fa quando vede un paziente che deve migliorare le sue relazioni sociali?

“Gli chiedo cosa sta succedendo nella sua vita, se si sente solo. Se posso do qualche consiglio, propongo qualche attività sociale in linea coi suoi interessi. Ma se qualcuno è davvero in difficoltà, allora lo metto in contatto con gli operatori della prescrizione sociale. Dal punto di vista dei costi abbiamo risparmiato circa 6 sterline per ogni sterlina investita in prescrizione sociale, quindi questo approccio è molto conveniente per il servizio sanitario nazionale”.

Su Today.it trovare una anticipazione del servizio:

Con lo speciale "L’era della solitudine", "PresaDiretta" si sofferma sul Giappone, dove migliaia di persone muoiono in isolamento, un fenomeno noto come Kodokushi. Il programma perlustra le “Gomi-Yashiki”, abitazioni colme di rifiuti, e servizi come gli Host club e le app di incontri, volti a combattere la solitudine. Cresce anche il numero di anziani che commettono reati per trovare compagnia dietro le sbarre. Spostandosi In Italia, le telecamere del programma fanno visita a Milano, dove oltre la metà delle famiglie è composta da una sola persona, creando un mercato immobiliare unico. Viene seguito un funerale umanitario per chi non ha più nessuno, e raccontato il lavoro dei genealogisti che cercano gli eredi di persone decedute in solitudine. Infine, si parla di Telefono Amico, che registra un forte aumento di richieste da persone isolate. L'inchiesta si conclude con una visita in Germania, dove si studiano gli effetti dell'isolamento sul cervello umano, e nel Regno Unito, il primo Paese al mondo ad aver istituito il Ministero della Solitudine per contrastare questa crescente crisi.

In Aspettando Presadiretta si tornerà a parlare dell’Emilia Romagna all’indomani della seconda alluvione nello spazio di un anno per domandarci cosa non ha funzionato, che fine hanno i soldi stanziati dal governo per la messa in sicurezza del territorio e per i ristori alle persone e alle aziende che avevano perso tutto nell’alluvione dell’anno scorso.
Presadiretta ha raccolto le testimonianze degli imprenditori colpiti dall’alluvione, come Stefano Tamesini, che assieme alla moglie gestisce un’impresa di biancheria con dieci dipendenti: “La pratica Figiuolo, diciamoci la verità, è stata resa volontariamente di una complicazione pazzesca ”.
Dopo l’alluvione ha perso tutto, le materie prime e le macchine da cucire con cui lavorano.
Quali sono queste complicazioni?
“Considerate che per un bene, unico, una macchina da cucire, un compressore, una macchina da taglio, qualsiasi cosa, io devo fare la foto digitale del bene che è andato perduto, numero di matricola, fattura, poi dichiarazione di riparabilità o non riparabilità, bonifico di questa macchina e movimento contabile sul conto corrente in cui si vede il movimento di quel bonifico che èandato a pagare quella macchina. Tutto questo per ogni bene. Mettiamo che io ne possa avere 350, moltiplicate voi..”
Alla fine dei 300mila euro che ha perso non ha recuperato nulla: “siamo andati di tasca nostra, abbiamo fatto due mutui che sono serviti a ricomprare le macchine per ripartire che adesso sono di nuovo sott’acqua. Noi adesso come facciamo a ripartire?”

Ma non è solo l’Emilia Romagna ad essere a rischio: ci sono altre regioni coi medesimi problemi, in alcune i lavori per gestire le situazioni di emergenza sono stati fatti, come in Lombardia e Presadiretta andrà a raccontarli.
Verrà poi discusso col climatologo Antonello Pasini lo stato del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.

La scheda del servizio:

Il dramma della solitudine e le questioni legate al dissesto idrogeologico al centro di "Aspettando PresaDiretta" e "PresaDiretta", in onda domenica 20 ottobre alle 20.35 su Rai 3. Su 900 mila frane presenti in Europa, 600 mila sono concentrate in Italia. Con l’autunno alle porte e il ripetersi di eventi estremi come in questi giorni in Liguria, l’ultima puntata della stagione 2024 del programma si apre con il tema del dissesto idrogeologico. Dall’Emilia Romagna alla Lombardia, tra interventi non realizzati ed esempi positivi di prevenzione sul territorio. E poi "PresaDiretta" si occupa della solitudine, un fenomeno definito dall’Oms: “un problema di salute pubblica globale”. Attraverso un viaggio tra Italia, Giappone e Gran Bretagna si cercherà di comprendere come è cambiato il modo di vivere, di lavorare, di abitare gli spazi nelle grandi città. Per capire perché da soli ci si ammala di più e il mondo appare più ostile. Qual è l’impatto economico, sociale, sanitario della solitudine sulla società?
"Aspettando PresaDiretta", nella prima parte della serata ritorna in Emilia Romagna. A Modigliana, Brisighella, Faenza, Ravenna, tra fiumi esondati, argini crollati, città invase dall’acqua e dal fango. Ad appena 16 mesi dal precedente disastro, un’altra alluvione ha colpito un territorio per il quale il governo aveva stanziato 3,8 miliardi destinati a messa in sicurezza e rimborsi a famiglie e aziende. Quanti soldi sono arrivati e quanti sono stati impiegati davvero? Cosa doveva essere realizzato e non è stato fatto? Un viaggio tra cittadini, amministratori e imprese, alla ricerca di risposte su competenze e responsabilità. E poi "PresaDiretta" è andata in Lombardia e nel Lazio per raccontare come la prevenzione può proteggere l’ambiente, la sicurezza dei cittadini e anche il patrimonio artistico. Ma in un Paese dove più di 8 milioni di italiani sono esposti al rischio di frane e alluvioni, a che punto è il Piano nazionale di adattamento ai mutamenti climatici? Per parlarne in studio con Riccardo Iacona ci sarà il climatologo Antonello Pasini, ricercatore dell’Istituto sull’Inquinamento atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
"L’era della solitudine" porterà il pubblico in Giappone, il Paese con la popolazione più anziana del pianeta, dove nei primi tre mesi del 2024 quasi 22 mila persone sono morte in solitudine. Un racconto sorprendente in un Paese che ha inventato persino una parola per queste morti: Kodokùshi. "PresaDiretta" è entrata in una delle migliaia di “Gomi-Yashiki”, case dove le persone vivono e muoiono sole, sepolte dall’immondizia. Ha raccontato il lavoro degli Host club, i locali dei professionisti dell’affetto a pagamento, che arrivano a guadagnare fino a 40.000 euro al mese; le app di incontri organizzati dall’intelligenza artificiale della municipalità di Tokyo; i robot per tenere compagnia venduti al prezzo base di 3 mila euro. E ancora, una nuova emergenza nazionale: 3 mila anziani che hanno commesso piccoli reati per farsi arrestare. Perché perfino una cella è preferibile alla solitudine della propria casa.
Poi in Italia, dove si moltiplicano le iniziative per affrontare le conseguenze della solitudine, una condizione di vita che si allarga a macchia d’olio. "PresaDiretta" ha seguito uno dei 170 funerali umanitari che ci sono ogni anno a Milano, per dare una sepoltura dignitosa a uomini e donne che non hanno più nessuno accanto. E ha esplorato il modello Milano, la città in cui il 55 per cento delle famiglie è monocomponente e dà vita a un mercato immobiliare che raccoglie più della metà di tutti gli investimenti del settore in Italia. Ha raccontato il lavoro dei genealogisti, che hanno il compito di andare alla ricerca degli eredi di persone morte da sole. Infine, è andata a trovare gli operatori di Telefono Amico, che dopo quasi 60 anni di attività, sta conoscendo un boom di richieste da parte di persone che non hanno nessuno a cui rivolgersi, a cui chiedere aiuto.
E ancora, quale impatto può avere la solitudine sulla salute e come prevenirlo? Per capirlo "PresaDiretta" è andata in Germania dove gli scienziati stanno studiando gli allarmanti effetti dell'isolamento sociale sul cervello e in Gran Bretagna, primo Paese al mondo a istituire il Ministero della Solitudine.
"L’era della solitudine" è un racconto di Riccardo Iacona con Liza Boschin, Antonella Bottini, Marco Della Monica, Lorenzo Grighi, Lisa Iotti, Irene Sicurella, Eugenio Catalani, Fabio Colazzo, Matteo Delbò, Paolo Martino, Massimiliano Torchia.


Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

18 ottobre 2024

Hanno vinto i ricchi: Cronache da una lotta di classe di Riccardo Staglianò

 

Prologo

Nel 2022, in questa medesima collana, è uscito un libro che denunciava l’oscena concentrazione di ricchezza, e quindi di potere, di una piccola confraternita di imprenditori tecnologici che, per semplicità, chiameremo i nuovi padroni del mondo. In queste pagine descriveremo il preoccupante funzionamento, anche psichico, di persone come Elon Musk, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e altri, collettivamente definiti “gigacapitalisi”.
Da allora ho portato il libro in giro per l’Italia, il più delle volte in forma di monologo su un palco, con l’aiuto di una ventina di immagini alle mie spalle per scandire il racconto. La slide più profetica era la terza in cui segnalavo i rischi nella decisione di Musk – giusta nel merito, ma non nel metodo – della fornitura di satelliti starlink all’Ucraina invasa dai russi. Allarme rilanciato, quasi un anno dopo, anche dai media americani per il preoccupante strapotere raggiunto dall’erratico imprenditore.

Dobbiamo avere il coraggio di rompere alcuni tabù, una volta e per sempre: se, come dice il titolo di questo libro di Staglianò, "Hanno vinto i ricchi", dobbiamo iniziare a prepararci a contrattaccare.

Il noi, nella frase precedente, indica quanti ancora si definiscono progressisti e si riconoscono in questa Costituzione, specie nell'articolo 1.

C'è stata, ed è ancora in corso, una guerra contro i deboli, contro chi sta sotto, contro questa Costituzione progressista, moderna nonostante sia vecchia di 70 anni.

Una guerra che sta cambiando la pelle di questo paese, sempre più diviso in caste e dove le disuguaglianze aumentano, dove aumentano gli occupati ma allo stesso tempo aumentano i poveri e diminuiscono le ore lavorate.

Dove si continua a parlare di bassa crescita e bassa produttività ma allo stesso tempo si tagliano i salari: secondo i dati dell'OCSE siamo l'unico paese dove i salari sono diminuiti in questi trent'anni. Dove le colpe si devono dividere in parti uguali tra destra e sinistra.

Com’è stato possibile, mi chiedevo e mi chiedo? Com’è che la classe politica, tutta indistintamente ma soprattutto la sinistra che degli interessi della classe lavoratrice è stata storicamente portatrice, non si è stampata quel grafico [i dati OCSE sui salari] a grandezza murales..

Non hanno funzionato le cure fatte da tutti i governi, o quasi, di introdurre sempre più flessibilità nel mondo del lavoro, sempre più precarizzazione, con politiche (per non parlare di vere e proprie campagne pubblicitarie) contro il posto fisso, i diritti sul lavoro (un inutile irrigidimento del secolo passato).

Così come non sono servite, basta guardare i dati del PIL, del debito pubblico, a salvare i nostri conti i continui condoni, un bel favore agli evasori. Non è servito a nulla aver spostato la politica fiscale dal modello progressivo al modello piatto, la maledetta flat tax, dove il ricco e il povero (due categorie antiche che eppure esistono ancora) pagano lo stesso. Non è servito a nulla nemmeno aver spostato il peso della tassazione dalla finanza al lavoro, se non rendere ancora più felici i manager come Warren Buffet pagano meno tasse della segretaria.

Riccardo Staglianò racconta di questa guerra di classe, di come è stata portata avanti e di chi sono state le vittime numeri alla mano. Eccoli
Dramatis personae (in forma di numeri)

  • -2,9% come sono cambiati i salari medi annui in Italia dal 1990 al 2020 (Ocse)

  • +22,8% aumento della produttività per ora lavorata nello stesso periodo (Ocse)

  • -4,5% diminuzione del potere d'acquisto dei salari lordi dei lavoratori dipendenti negli ultimi 10 anni (Istat)

  • 9,8% italiani in povertà assoluta, ovvero 5752000 persone (Istat)

  • 11,5% occupati a rischio povertà (Istat)

  • 29680 euro retribuzione media effettiva pro capite,lorda, nel 2023 (Istat)

  • 23310000 totale dei lavoratori, di cui 18,1 ml dipendenti e 5,2 ml autonomi (Istat)

  • 1011 contratti collettivi, di cui circa900 "pirata" (Inps)

  • 6 su 10 contratti collettivi scaduti a marzo 2023 (CGIL)

  • -7,9% ore lavorate in meno dal 2000 (133 ore all'anno), a forte della crescita del part time (Istat)

  • 64,4% percentuale di donne in part time involontario nel 2019 (Eurostat). Quota che al sud raggiunge l'80% (Svimez)

  • 12% quota di working poors in Italia nel 2019 (Eurostat)

  • 780 euro Un quarto dei lavoratori guadagna meno di questa cifra (che corrispondeva anche all'ammontare massimo del reddito di cittadinanza per un single, incluso il contributo per l'affitto)

  • 31366000 cittadini che presentano una dichiarazione dei redditi positiva. Il 47% degli italiani non avrebbe redditi e vive a carico di qualcun altro (Itinerari Previdenziali)

  • 73% aliquota massima Irpef nel 1974. Oggi è al 43% (Mef)

  • 83% percentuale dell'Irpef pagata rispettivamente dai lavoratori dipendenti (53,5%) e pensionati (29,5%) nel 2022 (Mef)

  • 69,7% percentuale Irpef evasa dai lavoratori autonomi nel 2020 (Mef)

  • 100 miliardi di euro la media annuale (2018-20) dell'evasione fiscale (gap contributivo) in Italia, calcolata dal Mef, è di 96,3 miliardi

  • 0,05% percentuale del PIL che viene dalle imposte di successione

Eccoli i numeri impietosi di un paese dove aumentano le disuguaglianze, dove chi nasce ricco ha molte probabilità di aumentare la sua ricchezza mentre chi nasce in una famiglia svantaggiata deve arrangiarsi per tutta la vita nella speranza di rimanere a galla.

Come è stato possibile arrivare a tutto questo? Ci si è arrivati, a partire dagli anni settanta e poi galoppando, negli anni 80 di Reagan e dei liberisti alla Milton, portando avanti precise scelte politiche.

Usando la bugia dietro al teoria della trickle down economy, lasciate stare in pace i ricchi, qualcosa arriverà anche a chi sta in basso.

Oppure la giustificazione che i ceti abbienti, con meno tasse, avrebbero creato più posti di lavoro.

Arrivando perfino ad invocare l'Europa, ce lo chiede l'Europa..

Dover averci raccontato cosa è stato fatto dai passati e recenti governi sulla pelle dei lavoratori, dopo averci mostrato come vivono i "ricchi", alle prese con lo shopping a Cortina e, dall'altra parte della barricata, come si arrabattano le persone tra mille lavoretti o il part time a cui sono costretti, arriva il momento in cui Staglianò ci spiega quello che dovremo fare.

- salario minimo (un lavoratore su quattro guadagna meno del reddito di cittadinanza, uno scandalo)

- revisione del catasto

- far pagare le tasse a tutti (perché le tasse non sono pizzo di stato, la mafia è l’antistato!)

- aumentare la tassa di successione (cosa c’è di più antiliberale e anti meritocratico nel lasciare intonse le successioni?)

- cambiare il paradigma della spesa pubblica: meno bonus e maggiori investimenti in istruzione

- favorire la partecipazione dei lavoratori nelle scelte aziendali

- una patrimoniale sui redditi più alti (nel libro l’autore fissa un primo terro a 78mila euro)

- portare avanti regole europee e nazionali contro i trust, ovvero le big company di internet che si comportano come dei veri stati


Tutto il contrario di quanto si è fatto finora, complice una classe politica che si preoccupa più del mantenimento dello status quo e dei privilegi di pochi rispetto che al futuro del paese. Di una classe imprenditoriale per lo più miope e incapace di guardare al futuro. Di un esercito di giornalisti e d economisti presunti esperti, ma in realtà “utili idioti” di questa situazione insostenibile per il nostro paese.

Sono quelli che ripetono a pappagallo, prima deve aumentare la produttività (è aumentata invece, ma i salari sono rimasti fermi), che meglio togliere le tasse alle imprese (il cuneo fiscale), ma alla fine questo non ha stimolato le imprese ad assumere.

Meglio togliere i paletti, i lacci e lacciuoli alle imprese, così potranno assumere: abbiamo visto cosa è successo, abbiamo creato una generazione di lavoratori poveri che non vedranno mai la pensione e non potranno mai pensare a fare famiglia (a proposito della bassa natalità).


Come mai in Italia, se questa è la situazione per la maggioranza degli italiani, nessuno si fa sentire per protestare? Perché gli unici che protestano sono le minoranze a tutela dei loro privilegi insensati (i tassisti, i balneari)?

Beh, c’è prima di tutto un clima nel paese di scoramento, di paura nel futuro: se hai la pancia vuota, se per vivere devi fare mille lavoretti, arrivi a casa stanco e non hai nemmeno voglia di guardare la TV.


.. se sei in fila alla mensa della Caritas, non hai lo spazio mentale per pensare a un ordine sociale diverso.


E pensare che in America, non proprio la patria del comunismo, il sindacato dei lavoratori del settore auto ha scioperato per 46 giorni per avere gli aumenti richiesti nel salario. Ricevendo perfino il sostegno del presidente Biden.

In Italia sarebbero stati arrestati tutti? Chissà. In questi messi sono state approvate a colpi di decreti leggi anti-libertarie spacciandole per leggi “sicurezza”: perfino Ghandi oggi in Italia rischierebbe la galera con le sue proteste pacifiche.

In Italia, poi, l’unica rivoluzione che c’è stata è stata quella fascista, per modo di dire, il cui leader è arrivato a Roma con calma col treno (che almeno per lui è arrivato in orario).

E poi la sinistra: sparita dal Parlamento, sparita dai giornali, se non per poche eccezioni, sparita dall’agenda politica. Oggi parlare di patrimoniale fa suscitare le grida dei conservatori, come se veramente stessero arrivando i cosacchi ad abbeverarsi.

In questo paese possiamo accettare che delle persone senza aver avuto una condanna siano rinchiuse nei lager (come succede ai migranti nei CPR), ma non parliamo di patrimoniale, per carità!

Ma in Italia si fa fatica a protestare non solo per quello che non si ha (il salario minimo, la patrimoniale, la lotta all’evasione), si fa fatica a lottare per quello che viene tolto. Il reddito di cittadinanza prima (perché se non vuoi lavorare non devi essere mantenuto, dicono). La sanità pubblica (che il governo Meloni ha fatto finta di aumentare, mettendo nel fondo una cifra che verrà mangiata dall’inflazione), l’istruzione pubblica (ovvero l’ascensore sociale, cioè il figlio dell’operaio che vuole diventare medico), lo Stato, insomma, in quanto insieme di istituzioni che dovrebbero occuparsi della vita e del benessere di tutti e non di pochi.

Soprattutto di quell’italiano su dieci che è in povertà assoluta. Se vogliamo essere chiamati democrazia, dobbiamo partire da qui, prima del crollo, prima che sia troppo tardi.

I capitoli del libro

Capitolo 1: Anatomia di una caduta - così i poveri sono diventati più poveri

Capitolo 2: La grande rapina

Capitolo 3: Perché nessuno si arrabbia?

PS: sono usciti ieri i dati Istat con la fotografia degli italiani nel 2023: nonostante i proclami di questo governo di patrioti, i dati della povertà assoluta sono rimasti uguali mentre è cresciuta la povertà relativa.

PS2: nel piano strutturale di bilancio inviato all’Europa questo governo si impegna a recuperare il 5% dell’evasione ma a partire dal 2027, ovvero tutto a carico di chi verrà dopo di loro. Tutto in linea con una maggioranza per cui il reddito di cittadinanza è metadone di stato mentre le tasse sono “pizzo di stato”.

La scheda del libro sul sito di Einaudi

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


14 ottobre 2024

Le verità spezzate di Alessandro Robecchi


 

La verità non sembra mai vera.
Georges Simenon

Incipit

«Rivestiti.» Il dottore gli aveva voltato le spalle, aveva percorso con passo pesante i due metri che lo separavano dalla scrivania e si era seduto, come per compilare qualcosa, ma non aveva compilato niente, aveva incrociato le mani sulla scrivania e lo aveva guardato con un misto di amicizia e indolenza, rassegnato.
«Allora?»

«Allora niente, come al solito, le analisi fanno schifo, tu fai schifo, Manlio, diamo colpa all’età e finiamola qui.»
Manlio Parrini aveva fatto una risatina. Carlo Dizzani, il dottore, è suo amico da tempi immemorabili. Da quando lo avevano chiamato d’urgenza sul set per il malore di un attore

A Manlio Parrini, famoso regista, autore del film Le verità spezzate che l’aveva consacrato come maestro del cinema italiano, basterebbe fare un ultimo film: sono passati troppi anni da quell’ultima fatica, che gli aveva dato fama e successo, un ultimo film prima di ritirarsi del tutto.
Il “maestro” Parrini ha un’idea che gli gira in testa: la storia di uno scrittore italiano, autore di opere teatrali, di numerosi romanzi, stiamo parlando di Augusto De Angelis, considerato il padre del giallo italiano col suo commissario De Vincenzi, il poeta del San Fedele, sede della Questura a Milano prima che venisse abbattuta dalle bombe inglesi nel ‘44. Un commissario all’antitesi degli investigatori in voga nei noir pubblicati negli anni ‘30 e ‘40: un investigatore che leggeva Proust e Freud, che sapeva leggere nell’animo delle persone che si trovava davanti.
Un poliziotto all’antitesi anche del modello fascista di poliziotto, quello dell’investigatore costretto ad alzare le mani, perché col crimine ci vuole la mano dura. Era un’altra Milano, quella di De Angelis negli anni ‘30, nei pieni anni ruggenti del regime. Come anche era una città diversa la Milano degli anni 40, con la guerra sempre più vicina, con le bombe, le restrizioni del regime sempre più insopportabili, l’oppressione della polizia fascista e dei tedeschi.

Vede una città senza nessuna frenesia, monumentale e scura, oppressa. “Piazza San Fedele era un lago bituminoso di nebbia, dentro cui le lampade ad arco aprivano aloni rossastri" scriveva Augusto De Angelis nel 1935.

Non sarà la solita biografia, il solito biopic cui siamo abituati nelle serie televisive in Rai: l’idea che ha in mente Parrini è raccontare l’Italia negli anni del regime, per arrivare a parlare di questa Italia di oggi.
Perché quella dello scrittore Augusto De Angelis è una storia da raccontare: morì nel luglio del 1944 a seguito delle percosse subite da un pestaggio di squadristi fascisti, a Bellaggio dove si era rifugiato come tanti altri milanesi.
Ma De Angelis non era un antifascista, non era un pericoloso sovversivo, anzi: veniva da una famiglia borghese, aveva cercato successo nel mondo del teatro, la sua vera passione, senza però riuscire a sfondare. Poi era passato alla scrittura, con l’intuizione felice di portare in Italia il giallo: peccato che nell’Italia fascista fosse sempre più difficile parlare di reati e di crimini, se proprio c’erano dei criminali dovevano essere stranieri, su cui l’azione della polizia doveva essere implacabile.

Eccola la storia con cui il maestro Parrini chiuderà la carriera: quella del padre del giallo italiano e del suo commissario De Vincenzi:

«Cosa sai di Augusto De Angelis?»
«Direi niente.»
«Perfetto.»
«Dammi un titolo per farmi un’idea.»
«Un cold case degli anni Quaranta.»

«Occazzo. Sentiamo.»

Un cold case per quel mistero dell’aggressione a Bellagio che aveva chiuso quella breve carriera di scrittore di gialli: De Angelis in fondo voleva solo scrivere romanzi ambientanti nella borghesia milanese, senza che gli assassini fossero per forza stranieri, ma “De Angelis aveva dovuto adeguarsi, ma si vedeva la forzatura, i suoi libri erano pieni di signorine O’Brian, di mister Bolton..”

Man mano che il film va avanti, Parrini si rende conto di come, in fondo, i tempi non siano poi così cambiati. Nonostante lui sia “il maestro”, arrivano pressioni da parte del produttore su chi scegliere come protagonista (un mascellone americano), un aiutino per la storia da quella sceneggiatrice che ha lavorato tanto bene in Rai..

Le censure e le autocensure dell’inizio degli anni Quaranta non somigliavano in modo cristallino, quasi grottesco, a quelle di oggi?
Di là Pavolini, ottuso burocrate di quel che si può dire e non dire, di qua la macchina produttiva: qualcuno da affiancare a Sara De Viesti per renderla digeribile, l’attore di moda per attrarre i soldi…
Al giallo, “freddo”, si affianca poi un altro delitto, la morte della vicina di casa di Parrini, vedova del proprietario della depandance dentro cui il regista vive in perfetta solitudine che poi era stato il suo produttore. Uno strano delitto: una donna strangolata dentro casa senza che siano presenti registrazioni di telecamere o di intercettazioni per inquirenti. Sembra proprio una di quelle indagini che avrebbe fatto il commissario De Angelis, col suo fido aiutante Cruni.
Anche questo giallo, la vecchia vedova strangolata in casa, ha qualcosa di particolare: ci sono dei dettagli che non tornano, strane pressioni sulla magistrata che segue il caso, un indiziato con buoni avvocati alle spalle e un altro che sarebbe poi il colpevole perfetto.

Un giallo nel passato e un giallo nel mondo di oggi: tutte e due storie di meriterebbero giustizia, meriterebbero che si arrivasse ad una verità? Ma ne esiste veramente una?

E il problema vero, il problema di sempre e di tutti, pensa ora Manlio Parrini, non è che le verità si spezzano, ma che le verità non ci sono, non esistono, semplicemente. Sono fatte di una sostanza ambigua e molle, inconsistente. Le verità che conosciamo sono solo quelle che noi decidiamo siano verità.

La verità si deve plasmare col corso della storia, forse. A seconda delle convenienze del potere. Come anche la libertà, quella che pensiamo di avere noi tutti i giorni e che invece è fatta anche di tante rinunce.
Perché anche oggi esiste un potere che ci dice cosa deve andare in onda in televisione e cosa è meglio tenere nascosto. Un potere che decide cosa è satira e cosa no. Di cosa ridere e di cosa non si deve ridere.
Un potere che ha deciso di egemonizzare la cultura pretendendo perfino di riscrivere la storia. A loro uso e consumo. Basta con questa satira, basta con questo giornalismo di inchiesta che parla di corruzione. Basta con questo disfattismo contro il governo che rappresenta gli italiani..

Tutto ridicolo (perché la storia la seconda volta si ripete in farsa)? Forse.

Chi ha detto che il ridicolo non può essere pericoloso?

Attenzione, allora, ci dice Robecchi, a cosa rinunciamo ogni giorni, sull'informazione, sul diritto alla trasparenza, all'essere informati su chi ha un ruolo pubblico. Quando vediamo l'ennesima lottizzazione in Rai, l'ennesima querela per una vignetta o per un articolo. Per conformismo, per ignavia.
Un giorno non avremo più voglia di riderci sopra perché sarà troppo tardi.

La scheda del libro sul sito di Rizzoli, il pdf del primo capitolo.
Il blog di Alessandro Robecchi dove potete trovare altri articoli su questo libro.
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

13 ottobre 2024

Anteprima Presa diretta – La mafia dei soldi

Puf! Magicamente la mafia, anzi le mafie, sono sparite da questo paese. Ci avete fatto caso? Non se ne parla quasi più né sui telegiornali e nemmeno sui quotidiani nazionali. Salvo qualche raro caso di cronaca, di qualche politico che aveva chiesto voti a tizio e caio, senza sapere, meschino, che fosse appartenente ad una ndrina.

Eppure le mafie esistono e vivono insieme a noi: non se ne parla, nell’agenda politica sono sparite anzi, la politica oggi sta mettendo in atto una serie di riforme tese a spuntare le armi in mano ai magistrati e alle forze dell’ordine (ultimo, il limite a 45 giorni per le intercettazioni).
Presadiretta, ormai diventata una sorta di mosca bianca nel panorama informativo della RAI, questa sera farà eccezione con un reportage esclusivo sulle mafie, partendo dal traffico di droga stabilmente nelle loro mani, dai luoghi dove la droga parte fino ai porti in Europa dove la droga arriva a tonnellate e poi nei paradisi fiscale dove l’immensa ricchezza delle mafie viene spesa, al riparo dalle magistrature, inquinando le economie del mondo.

I paradisi fiscali sono stati per anni i rifugi dorati dei grandi narcotrafficanti.
Presadiretta racconterà poi le storie incredibili, da film, di Raffaele Imperiale e Rocco Morabito, il boss di Africo che è stato per quasi 30 anni latitante in Brasile e Uruguay prima di essere arrestato grazie al lavoro dell’intelligence e della nostra Polizia.
E poi le interviste esclusive agli uomini dello Stato più importanti nel contrasto alla mafia: Vittorio Rizzi, vicecapo dell’Aisi, Raffaele Grassi, a capo di I CAN, la speciale struttura del dipartimento di sicurezza che in collaborazione con l’Interpol da la caccia ai latitanti ovunque si trovino. Poi l’intervista a Giovanni Melillo, il procuratore nazionale antimafia, e i magistrati antimafia Giuseppe Lombardo e Nicola Gratteri. Grazie al loro contributo Presadiretta racconterà di come la mafia sia diventata ancora più pericolosa, più ricca e più grande. Di come sia entrando nell’economia legale, sfruttando le enormi ricchezze del narcotraffico. Eppure, come ha raccontato al termine della scorsa puntata il conduttore Riccardo Iacona, nel nostro paese il contrasto alla mafia entra raramente nel dibattito pubblico, come se l’avessimo sconfitta per sempre. Niente di più sbagliato – racconta Iacona – già in parecchie zone del mondo la mafia si è fatta stato e attacca la democrazia. È appunto la mafia dei soldi.

Nella prima parte della puntata sarà ospite Nicola Gratteri con cui si parlerà dello stato dell'arte della giustizia nel nostro paese in particolare alle nuove sfide che ci lanciano le mafie.

Poi Presadiretta ci porterà nella Triple frontera, tra Brasile Argentina e il Paraguay dove passano tonnellate di cocaina verso l'Europa, poi reportage nei porti dove arriva la cocaina, nei luoghi dove i soldi del narcotraffico vengono reinvestiti.

Faranno da guida in questo viaggio uomini come il magistrato Giuseppe Lombardo di Reggio Calabria che in decenni di indagini ha visto trasformarsi la ndrangheta in una holding potentissima, poi gli uomini dello stato che contrastano le mafie nel mondo intero come il prefetto Vittorio Rizzi, Raffaele Grassi a capo della struttura speciale I can, nata apposta per dare la caccia ai latitanti della mafia nel mondo intero (nel globo terraqueo direbbe qualcuna).
Non potevano mancare le parole del procuratore antimafia Giovanni Melillo – racconta Riccardo Iacona nell’anteprima - “che ci ricorda che ormai la mafia italiana ha una proiezione internazionale, che si soldi che guadagna sono così tanti che entrano nell'economia legale e che è capace di destabilizzare interi stati nel mondo e di integrarsi con le organizzazione criminali più potenti del mondo”.

Laddove parte la droga

Prima di arrivare qui da noi la droga, la cocaina, fa un lungo viaggio: Presadiretta lo ha seguito fin dal fiume Iguazù, pochi km a valle delle cascate, un altro mondo rispetto ai paesaggi da turisti a cui si è abituati. La giornalista di Presadiretta ha seguito il pattugliamento del fiume fatto dalla Prefettura Naval Argentina: alla destra c’è l’Argentina, sull’altra sponda il Brasile, di fronte il Paraguay, con l’incrocio tra i fiumi Paranà e Iguazù. Questa zona si chiama Triple Frontera, una frontiera tra tre stati, uno degli snodi strategici della idrovia, la grande rete fluviale che collega la Bolivia, il Paraguay, il Brasile, l’Argentina e l’Uruguay.

“Il nostro lavoro consiste nel pattugliare un’area di circa 180 km tra il fiume Paranà al confine con l’Uruguay e il fiume Iguazù, al confine con il Brasile” racconta un ufficiale della Prefettura “si tratta di una zona di confine in cui avvengono traffici di ogni tipo, contrabbando di sigarette, droga, armi ..”. Il controllo della Prefettura Naval continua anche sulla terraferma: la pattuglia scende armata fino ai denti, anche la giornalista deve indossare il giubbotto antiproiettile: i pattugliamenti in questa zona di confine sono fatti tutti i giorni, sono situazioni pericolose, è capitato di sostenere degli sconti a fuoco con i trafficanti.

I porti della droga in Europa


Dal Sudamerica al porto di Gioia Tauro in Calabria: le telecamere di Presadiretta mostreranno una perquisizione della Finanza su un container sospetto a seguito di una segnalazione: la droga era nascosta nei motori che alimentano il sistema di refrigerazione. Alla fine sono stati sequestrati 50 pacchetti di coca per un totale di 60kg di droga 20ml di euro.
20 ml di euro in un solo container, per un solo carico: adesso avete idea dei flussi di denaro che alimentano questa economia illegale?

Teresa Paolo ha intervistato il collega Michele Albanese, l’unico giornalista calabrese sotto scorta, anche perché uno dei pochi ad aver denunciato la ndrangheta in faccia: “perché non si parla più di mafia in questo paese, perché l’informazione in questo paese delega questi temi solo ad alcuni colleghi coraggiosi, che continuano ad occuparsi di queste cose?

Occuparsi di queste cose significa salvaguardare l'economia legale di del sistema Italia, significa occuparsi del futuro del paese e della democrazia, della libertà dei cittadini”.

Gli strumenti per la lotto contro le mafie

I mafiosi non parlano col cellulare – così aveva detto il nostro ministro per la giustizia, Nordio, per giustificare la stretta che questo governo, apparentemente tutto legge e legalità, ha fatto sull’uso delle intercettazioni, fino a bloccarne l’utilizzo dopo 45 giorni.
La lotta alle mafie (e ai crimini dei colletti bianchi in generale) si devono fare come ai vecchi tempi: pedinamenti, appostamenti…
Eppure il mondo va avanti, anche per le mafie: Presadiretta è andata in Francia a Pontoise, alle porte di Parigi, al Centro per la Lotta alla Criminalità Digitale della Gendarmerie: sono stati gli hacker della Gendarmerie a lavorare cui cellulari Encrochat, trovati durante le perquisizioni nell’ambito di una inchiesta sulla criminalità organizzata. Sono stati sequestrati dagli investigatori e quando li hanno analizzati la prima volta non hanno trovato dentro nulla - racconta un agente – non c’erano né applicazioni né messaggi, non riuscivano nemmeno ad avviarli, ma era un inganno.

La polizia francese ha mostrato a Presadiretta in esclusiva l’avviamento di uno di questi cellulari, a cui si arriva mettendo il cellulare in manutenzione e poi riavviandolo, entrando così in modalità Encrochat e avendo così accesso ai contatti.
“Qui a Pontoise abbiamo la gendarmeria scientifica di più alto livello” racconta Herve Petry comandante dell’unità nazionale Cyber “il nostro paese si è molto impegnato nel contrasto ai crimini informatici, insieme alla minaccia fondamentalista il narcotraffico rappresenta la più importante minaccia alla sicurezza del paese”.
Presadiretta è entrata dentro uno speciale laboratorio dove i tecnici della Gendarmeria sono in grado di estrarre qualunque segreto da qualsiasi mezzo digitale, arrivando a scoprire le vulnerabilità di Encrochat. Questo sistema è stato usato anche dai “nostri” narcos: questa app per cifrare le chat era stata usata anche dai clan napoletani sia per gli affari che per tenere i contatti con le famiglie.

I paradisi dei narcos

Dubai è diventata in questi anni una grande metropoli finanziaria tecnologica e turistica, una città che a partire dagli anni ‘90 ha avuto uno sviluppo immobiliare paragonabile solo ad alcune metropoli cinesi. Qui c’è il grattacielo più alto al mondo e l’isola artificiale a forma di palma, sede di alcuni degli hotel più lussuosi della città. Ma Dubai è stata anche un paradiso per i narcos: qui hanno vissuto indisturbati per anni esponenti del narcotraffico come l’italiano Michele Imperiale, che è stato nell’Emirato per 12 anni, gli ultimi cinque da latitante, prima di venire consegnato alle autorità italiane. Era così ricco, Imperiale, da poter vivere in uno degli hotel più sfarzosi degli emirati, in un appartamento da 780 metri quadri su due piani impreziosito da mobili in mogano, due camere con letto girevole e bagni placcati in oro. Il prezzo delle suite vanno da 1800 euro a notte fino ad arrivare intorno ai 30000 euro.

AntimafiaDuemila ha pubblicato un articolo che anticipa i contenuti della puntata:

PresaDiretta: ''La Mafia dei Soldi'' svela il legame tra mafia, economia e finanza globale

Domenica 13 ottobre, ore 20:35 su Rai3, PresaDiretta presenta una nuova puntata intitolata "La Mafia dei Soldi", un'inchiesta approfondita che esplorerà un mondo fatto di droga e sangue, telefoni criptati e fiumi di denaro, sentieri del narcotraffico e grattacieli lussuosi, quadri di Van Gogh e un’isola di fronte a Dubai oggi sequestrata dallo Stato italiano. Sono tante e inaspettate le sfaccettature dell’holding internazionale della mafia. Dalla Triple Frontera in Sudamerica ai mercati finanziari, PresaDiretta racconta le Macromafie - le multinazionali dei clan - attraverso la storia di due tra i principali broker mondiali, latitanti per decenni e ora nelle carceri italiane: il boss di 'Ndrangheta Rocco Morabito con la sua misteriosa fuga dal carcere di Montevideo e Raffaele Imperiale con la sua incalcolabile ricchezza. La ricostruzione delle inchieste giudiziarie e le ipotesi degli investigatori, raccolte dai giornalisti guidati da Riccardo Iacona, delineano una realtà nuova fatta di mafie che si alleano per fare affari in tutto il mondo e che controllano ormai pezzi di Stati. Tra i protagonisti del reportage c'è Jean Georges Almendras, giornalista e direttore di Antimafia Dos Mil in Uruguay, che fornirà una testimonianza esclusiva. Almendras, da anni impegnato sul fronte dell'antimafia, ha seguito da vicino la cattura e la fuga di Morabito, oltre a monitorare l'espansione delle mafie italiane in Sudamerica. Grazie al suo lavoro, PresaDiretta offrirà uno sguardo privilegiato su una delle aree più pericolose del pianeta, dove la 'Ndrangheta, gruppi terroristici e criminali locali collaborano in operazioni miliardarie. La puntata è un racconto di Riccardo Iacona con Giuseppe Laganà, Luigi Mastropaolo, Elena Stramentinoli, Cesarina Trillini, Emilia Zazza, Eugenio Catalani, Matteo Delbò, Massimiliano Torchia, coordinamento giornalistico Maria Cristina De Ritis. Inoltre, vi saranno anche gli interventi del procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, del procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nicola Gratteri, del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, del direttore della Polizia criminale Raffaele Grassi e del prefetto Vittorio Rizzi.

Nel profondo della Triple Frontera

PresaDiretta è arrivata alla Triple Frontera (un'area di tre confini lungo l'incrocio tra Argentina, Brasile e Paraguay, dove convergono i fiumi Iguazú e Paraná) uno dei luoghi più pericolosi del pianeta, dove si concentrano giganteschi traffici leciti e illeciti e dove varie inchieste giudiziarie hanno documentato connessioni tra 'Ndrangheta, gruppi criminali terroristi sudamericani ed Hezbollah. E ha raccolto le testimonianze dei poliziotti sudamericani, degli investigatori italiani in loco, di procuratori, ministri e giornalisti antimafia dei tre paesi.

Nell’inchiesta di PresaDiretta si ricostruisce la faida di Scampia, dove è cominciata l’ascesa ai massimi livelli della criminalità internazionale di Raffaele Imperiale, i suoi affari in Olanda e la guerra di mafia che ha insanguinato quel paese, il possesso di due quadri di Van Gogh e le immagini in esclusiva del momento in cui gli investigatori hanno sequestrato i due inestimabili capolavori.

Un'altra anticipazione, con la storia dei due quadri di Van Gogh trafugati dal narcotrafficante Michele Imperiale, la trovate sul sito del Fatto Quotidiano 


La scheda della puntata:

Si occuperà di criminalità organizzata e dell'intreccio tra economia legale e illegale la puntata di "PresaDiretta" in onda domenica 13 ottobre alle 21.40 su Rai 3, dal titolo "La mafia dei soldi". Droga e sangue, telefoni criptati e fiumi di denaro, sentieri del narcotraffico e grattacieli lussuosi, persino un’isola di fronte a Dubai, oggi sequestrata dallo Stato italiano. Sono tante e inaspettate le sfaccettature dell’holding internazionale della criminalità organizzata. Dalla Triple Frontera in Sudamerica ai mercati finanziari, "PresaDiretta" racconta le macromafie attraverso la storia di due tra i principali broker mondiali, latitanti per decenni e ora nelle carceri italiane: Rocco Morabito, con la sua misteriosa fuga dal carcere di Montevideo e Raffaele Imperiale, con la sua incalcolabile ricchezza. La ricostruzione delle inchieste giudiziarie e le ipotesi degli investigatori, raccolte dai giornalisti guidati da Riccardo Iacona, delineano una realtà nuova fatta di mafie che si alleano per fare affari in tutto il mondo e che controllano ormai pezzi di Stati. 
E poi la ricostruzione della faida di Scampia, dove è cominciata l’ascesa ai massimi livelli della criminalità internazionale proprio di Imperiale, i suoi affari in Olanda e la guerra di mafia che ha insanguinato quel Paese, il possesso di due quadri di Van Gogh e le immagini in esclusiva del momento in cui gli investigatori hanno sequestrato i due inestimabili capolavori.
Sarà una puntata speciale, con il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nicola Gratteri, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, il prefetto Vittorio Rizzi, il direttore della Polizia criminale Raffaele Grassi.

"La mafia dei soldi" è un racconto di Riccardo Iacona con Giuseppe Laganà, Luigi Mastropaolo, Elena Stramentinoli, Cesarina Trillini, Emilia Zazza, Eugenio Catalani, Matteo Delbò, Massimiliano Torchia.

"Phantom secure", "Encrochat", "SkyEcc" sono invece i nomi con cui si apre "Aspettando PresaDiretta", nella prima parte della serata, dalle 20.35 fino alle 21.25 circa. Erano stati pensati per proteggere la privacy di manager e vip, sono diventati lo strumento di comunicazione tecnologicamente più raffinato per narcotrafficanti e mafiosi: sono i criptotelefonini, dietro i quali ci sono imprenditori spregiudicati, FBI, hackers, investigatori europei. La decriptazione dei messaggi che si sono scambiati per anni i criminali di tutto il pianeta consentirà di avviare nei tribunali centinaia di inchieste. Come "Eureka", la più grande operazione mai realizzata contro la ‘Ndrangheta in Europa, partita dalla Procura di Reggio Calabria e arrivata a coinvolgere altri sette Paesi europei, 108 persone arrestate solo in Italia. Tra i protagonisti, Rocco Morabito, originario di Africo, per 27 anni latitante in Sudamerica. 

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.