In Catalogna sta succedendo qualcosa, nonostante il bombardamento delle notizie forse sfugge la portata della crisi tra governo centrale e governo della regione autonoma.
A Madrid sono stati chiari: è vietato votare, perchè questo referendum è contrario alla Costituzione, una sfida al paese.
Non so chi abbia torto in questo braccio di ferro che spero non si inasprisca.
Ma due considerazioni si devono fare: se non ci fossero state forzature delle Costituzioni e delle istituzioni oggi non avremmo gli Stati Uniti (nati da una ribellione all'Inghilterra) e Israele (protettorato inglese) per fare due nomi.
E, la seconda cosa: in tanti ripetono che serve più Europa, più unione eppure le spinte secessioniste aumentano come cresce pure il peso dei partiti euroscettici.
Piccolo è meglio?
Forse perché si pensa che più piccoli si è, meglio si riesce a sfuggire alle regole comuni, agli obblighi dello stare insieme. In un mondo globalizzato, come possa stare in piedi questo ragionamento, è quasi un mistero.
Forse anziché parlare di più Europa, si dovrebbe chiedere e spingere per una diversa Europa.
Nessuno io mi chiamo; nessuno è il nome che mi danno il padre e la madre e inoltre tutti gli amici
30 settembre 2017
29 settembre 2017
Memoria di sangue - l'epigrafe di Quasimodo per la strage di Marzabotto
Epigrafe di Salvatore Quasimodo
Questa è memoria di sangue
di fuoco, di martirio,
del più vile sterminio di popolo
voluto dai nazisti di von Kesselring
e dai loro soldati di ventura
dell’ultima servitù di Salò
per ritorcere azioni di guerra partigiana.
I milleottocentotrenta dell’altipiano
fucilati ed arsi
da oscura cronaca contadina e operaia
entrano nella storia del mondo
col nome di Marzabotto.
Terribile e giusta la loro gloria:
indica ai potenti le leggi del diritto,
il civile consenso
per governare anche il cuore dell’uomo,
non chiede compianto o ira,
onore invece di libere armi
davanti alle montagne e alle selve
dove il Lupo e la sua Brigata
piegarono più volte
i nemici della libertà.
La loro morte copre uno spazio immenso,
in esso uomini di ogni terra
non dimenticano Marzabotto,
il suo feroce evo
di barbarie contemporanea.
Salvatore Quasimodo [presa dal sito del comune di Marzabotto]
L'epigrafe di Quasimodo è dedicata alla strage di Marzabotto: l'eccidio degli abitanti di questo paese (e di altri comuni limitrofi) avvenuto tra il 29 settembre al 5 ottobre del 1944 per opera della XVI divisione Reichsführer (già all'opera a S. Anna di Stazzema).
La memoria per la guerra di liberazione, per ricordare le stragi nazifasciste è memoria di sangue.
Il sangue dei partigiani, delle vittime innocenti, di quanti hanno lottato contro l'occupazione, contro il fascismo.
Stato dell'informazione
Lo stato di salute dell'informazione si misura in tanti modi: la varietà delle notizie sulle prime pagine, l'indipendenza dei giornalisti dai proprietari dei giornali, l'essere portatori di notizie e non ufficio stampa di quel partito o l'altro..
Prendete la notizia della richiesta di rinvio a giudizio del sindaco di Roma: la trovate ovunque, perfino nei giornali garantisti (coi potenti) come Il dubbio.
Tutti assolti i politici, il flop dei pm: assolti Del Turco, Alemanno, Orsoni e Penati. Penati a parte, i cui reati sono in parte andati prescritti, tutti gli altri sono stati condannati.
Ma non importa solo il risvolto penale: Orsoni non si accorgeva del caso Mose.
Penati assolto come pure il suo accusatore, De Caterina: come è possibile? Mistero, come mistero rimarrà la scelta di comprare parte delle quote della Serravalle quando era presidente della provincia.
Dobbiamo porre fine all'incubo della repubblica giudiziaria: di questo si discuteva sulla terrazza PD col senatore Violante, i giornalisti Chirico e Ferrara.
Non sia mai che si sappia che l'ex ministro Guidi aveva un fidanzato molto interessato ad una legge che lo riguardava da vicino.
Non sia mai che si sappia che l'inchiesta Consip tocca vertici dell'arma, il babbo un imprenditore vicino al giglio magico, un ministro.
E non sia mai che le persone sia informate dell'inchiesta che coinvolge Cementir, Ilva e Enel, sugli scarti industriali (nocivi) finiti nel cemento.
Non è mica l'incubo immigrati, l'incubo delle malattie, l'incubo delle manette facili.
Siamo la Repubblica degli scandali e dell'indignazione facile che fortunatamente svanisce in fretta.
La ndrangheta in Brianza che innaffiava i politici, i professori indagati nello scandalo dei concorsi, le rimborsopoli dei consiglieri regionali.
28 settembre 2017
Stesso reato (presunto)
Dovrebbe essere lo stesso il reato contestato a Virginia Raggi e Beppe Sala: falso in atto pubblico.
Per entrambi è stato chiesto il rinvio a giudizio.
Solo che la richiesta per il sindaco di Roma è, in questo momento, su tutte le home page dei siti di informazione, anche su Democratica.info, il giornale del garantismo (dei potenti).
La seconda richiesta di rinvio a giudizio invece è finita in sordina.
Per entrambi è stato chiesto il rinvio a giudizio.
Solo che la richiesta per il sindaco di Roma è, in questo momento, su tutte le home page dei siti di informazione, anche su Democratica.info, il giornale del garantismo (dei potenti).
La seconda richiesta di rinvio a giudizio invece è finita in sordina.
Operazioni di facciata
Un due tre stella: tre storie utili a raccontare come qui da noi si facciano le cose solo per salvare le apparenze.
L'accordo Italia-Francia per il controllo del gruppo STX: l'Italia ha la maggioranza in prestito dalla Francia, ma decide tutto la Francia. E se non gradisce le nostre scelte, si prende pure quell'1%.
Il governo vara la commissione sulle banche (che dovrebbe pure indagare su MPS, sulle banche Venete, su Etruria): a presiederla, lo scettico Casini. Quello che giurava sull'innocenza di Cuffaro.
Il codice antimafia è legge, titolano i giornali: peccato che sull'equazione corrotti = mafiosi (che non piace al centro destra) il governo si sia impegnato a porre rimedio. Un altra legge col buco, dopo il voto di scambio, la legge sul falso in bilancio?
Riuscirà a prevenire altri casi come quello del sindaco di Seregno (con che voti è stato eletto)?
A proposito di riforma, lo ius soli doveva essere la legge fiore all'occhiello del governo che si occupa di diritti civili (almeno, questo è quello che promettevano). A furia di rimandare siamo arrivati alla finta promessa: sarà una priorità, del prossimo governo.
Magari quello che rimetterà mano alla giustizia per fare le riforme che il centro destra non è riuscito a fare (intercettazioni, autorizzazione a procedere).
L'accordo Italia-Francia per il controllo del gruppo STX: l'Italia ha la maggioranza in prestito dalla Francia, ma decide tutto la Francia. E se non gradisce le nostre scelte, si prende pure quell'1%.
Il governo vara la commissione sulle banche (che dovrebbe pure indagare su MPS, sulle banche Venete, su Etruria): a presiederla, lo scettico Casini. Quello che giurava sull'innocenza di Cuffaro.
Il codice antimafia è legge, titolano i giornali: peccato che sull'equazione corrotti = mafiosi (che non piace al centro destra) il governo si sia impegnato a porre rimedio. Un altra legge col buco, dopo il voto di scambio, la legge sul falso in bilancio?
Riuscirà a prevenire altri casi come quello del sindaco di Seregno (con che voti è stato eletto)?
A proposito di riforma, lo ius soli doveva essere la legge fiore all'occhiello del governo che si occupa di diritti civili (almeno, questo è quello che promettevano). A furia di rimandare siamo arrivati alla finta promessa: sarà una priorità, del prossimo governo.
Magari quello che rimetterà mano alla giustizia per fare le riforme che il centro destra non è riuscito a fare (intercettazioni, autorizzazione a procedere).
27 settembre 2017
Il segreto, di Antonio Ferrari
Forse l'unico modo che ci rimane per
raccontare certe storie è quello di ricorrere al romanzo.
Un romanzo che, partendo da tutto
quello che i magistrati non hanno potuto provare o dimostrare, gli
storici asserire, la politica affermare, cerca di riempire tutti i
vuoti e le lacune dei misteri d'Italia.
La bomba alla stazione di Bologna.
La strage di Portella della Ginestra.
La strategia della tensione, la guerra
fredda, le stragi e Gladio.
Tutte storie che fanno paura e che
fanno ancora indignare, per il sangue che persone innocenti hanno
versato in nome di non si sa bene quale ragione di Stato.
Certo, c'era il mondo diviso in blocchi
e l'Italia non poteva sfuggire al ruolo che le era stato assegnato a
Jalta, sotto l'ombrello dell'America.
Sotto l'ombrello americano e col
partito della Democrazia Cristiana costretto a sopportare l'onere del
governo.
Nessun ricambio governativo, nessuna
possibilità di fare sperimentazioni politiche per trovare altre
alchimie, ovvero diverse alleanze.
Come quelle che potevano aprire le
porte del governo a forze della sinistra, che pure esprimevano il
voto di milioni di italiani.
Democrazia a sovranità limitata,
questa la formula che si sente ripetere (e che molti dei protagonisti
di quegli anni negano): se si fosse andato fuori dagli schemi imposti
all'Italia, qualcuno avrebbe fatto sentire la sua voce.
Il piano Solo e il tentativo di Golpe,
dopo il primo esperimento di centro sinistra di Moro nei primi anni
'60: piano che prevedeva l'enucleazione di esponenti della sinistra,
sindacalisti ..
Quando, con l'autunno caldo, la
contestazione, la crisi economica, la situazione divenne più
complicata, l'avanzata delle sinistre fu osteggiata con altri mezzi,
sempre meno ortodossi: bastava la minaccia del golpe, e per
galvanizzare i gruppi dell'arcipelago nero neofascista (Ordine Nuovo,
Avanguardia Nazionale), fu data carta bianca (e protezione da parte
di organi dello Stato): piazza Fontana (e le bombe di Milano sui
treni), piazza della Loggia, Italicus, strage di Peteano, solo alcuni
degli episodi di questa guerra a bassa intensità, che aveva il
compito di destrutturare le forze di sinistra, spaventare, spingere i
movimenti extraparlamentari ad azioni più violente.
Il
capo dell'ufficio D del SID, generale Maletti, nel 1974 "Ora
non sentirete più parlare di terrorismo nero, ora sentirete parlare
soltanto di quegli altri".
Dallo stragismo nero si passò poi a
quello rosso, le Brigate Rosse e la miriade di sigle che
costituivano il partito armato: altro sangue, altre morti, questa
volta obiettivi più mirati all'interno dello Stato.
Magistrati, poliziotti, avvocati,
giornalisti. Spesso gli obiettivi erano persone che col loro lavoro,
rendevano credibile il ruolo dello Stato (questa la formula,
delirante, usata nella rivendicazione della morte dei giudici Emilio
Alessandrini e Guido Galli).
Questa nuova guerra ebbe il suo culmine
nel rapimento del presidente della DC Aldo Moro, la strage della sua
scorta. Rapimento che si concluse, dopo 55 giorni nella prigione del
popolo con la morte di Moro e col cadavere abbandonato dentro una
Renault rossa, a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI.
In pieno centro di Roma.
La storia del rapimento di Moro
possiamo raccontarla secondo quello che dicono le carte dei processi
(che in buona parte si sono basati su quanto hanno dichiararo i
brigatisti Moretti e Morucci).
Le BR hanno fatto tutto da sole,
nessuna etero-direzione dall'esterno, nessun segreto sul covo, sui
colpi sparati a Moro, nessun contatto con altri servizi stranieri,
nessuna
trattativa nascosta con la DC per raggiungere un altro obiettivo,
ovvero
che Moro doveva morire.
Secondo questa versione ufficiale lo
Stato (e i servizi, che all'epoca erano inquinati dal tumore della
Loggia P2) hanno fatto tutto il possibile per individuare la prigione
del popolo di via Montalcini, per liberare lo statista.
Il giornalista del Corriere Antonio
Ferrari, ha costruito una storia parallela alla verità
ufficiale, basandosi su quanto aveva appreso ma che non poteva
pubblicare, perché mancavano forse alcune pezze d'appoggio:
confidenze di magistrati, notizie ignorate dai media principali,
indiscrezioni.
Ferrari ci racconta la genesi (e la
vicenda) del rapimento Moro, alterando il luogo, Milano e non a Roma,
il periodo storico e anche le decisioni delle BR.
Il suo racconto è un altro racconto,
che parte da più lontano: da tre uomini (due americani e un
cecoslovacco) che si incontrano in un hotel a Washington (e
successivamente a Parigi) e si trovano a discutere della situazione
politica in Italia.
La paura che scuote queste persone che
fanno parte di una struttura sovranazionale, sconosciuta ai
governi dei paesi sia del blocco occidentale che orientale, è
l'apertura al partito comunista da parte del presidente della
Democrazia Cristiana, che non viene mai nominato per nome durante il
libro, ma si capisce subito che si tratta di Aldo Moro.
Apertura che avrebbe portato il peso
delle difficili scelte del paese anche sulle spalle del maggior
partito comunista in Europa, nella forma dell'astensione (non
l'ingresso direttamente nell'esecutivo, eventualità ancora esclusa
per i tempi).
«Le notizie che ho sono drammatiche. Per me, per i miei amici, per tutta la sinistra. Il partito comunista italiano è diventato un partito borghese. Alle elezioni ha preso voti di una parte del ceto medio, e anche quelli di una fetta di quella borghesia intellettuale che l'aveva vigorosamente osteggiato in passato. Vogliono sicurezza, e il Pci gliela dà. Si fidano. Pensate che Berlinguer ha detto, in un'intervista al “Corriere della Sera”, che gli va bene persino l'ombrello protettivo della Nato. La tragedia è che non c'è più protezione al “progetto”. Gli extraparlamentari divisi, il terrorismo che cresce, senza criterio, giorno dopo giorno. Esiste sempre un rapporto di causa effetto, ma ora bisogna procedere al contrario: arrivare alle cause passando attraverso gli effetti. Occorre evitare che questo male dilaghi, e che la sinistra ne esca distrutta.»Stewart non capiva. Che ne sapeva, lui, dei sottili sofismi della politica italiana? Per quale ragione il Partito comunista avrebbe dovuto distruggere l'intera sinistra europea? Crotti lesse le sue domande sul volto e intervenne.«Le sue perplessità sono legittime ma noi, che abbiamo studiato il problema a fondo, sappiamo che non c'è scampo. È proprio così. L'unica carta che possiamo giocare è quella dell'eversione.»«In che modo?» chiese Stewart.«Semplice. Favorendola.»
Apertura che da fastidio sia ai falchi
del blocco atlantico, sia ai falchi del blocco comunista, perché
costituirebbe un pericoloso precedente che altri partiti comunisti,
nei paesi dell'est, potrebbero seguire.
Cosa fare? Infiltrarsi dentro le
Brigate Rosse, alzare il livello dello scontro nei confronti dello
Stato e, dall'altra parte, denunciare il comportamento repressivo
delle istituzioni.
Lapierre,
ansimando per l'eccitazione: «Noi, da una parte aiuteremo le Brigate
Rosse, e dall'altra denunceremo lo Stato repressivo che annienta le
autonomie e recide, con il bisturi della reazione più brutale, ogni
voce di dissenso. Anche la destra, quella intelligente, sarà
d'accordo con noi.»
Infine, colpire il
cuore dello stato, colpire proprio l'artefice di quella rivoluzione
politica.
Obiettivo che
interessava sia i falchi ad occidente che ad oriente:
“Ecco – pensò Stewart -, il primo cerchio che si chiude. Le armi che arrivano da Est, gli ordini da Ovest, e a Parigi il nodo che tutto sintetizza e tutto ridistribuisce. Anche la copertura ideologica.”
Per costruire i personaggi di questa
storia Antonio Ferrari si è chiaramente ispirato a personaggi reali:
Ron Stewart, l'uomo della CIA reclutato da questa “organizzazione
internazionale” per fare i lavori sporchi è per esempio
disegnato a partire da Ronald Stark, l'agente della CIA
arrestato a Bologna come spacciatore di un nuovo tipo di droga
(rivedetevi
la puntata di Blu notte – una guerra di spie, sui rapporti tra
OSS, Cia e Gladio):
Ronald
Stark e l'operazione blue moon: quando la CIA diffuse le droghe
pesanti nei movimenti degli anni Settanta per fermare l'ondata della
rivoluzione.
Personaggio strano, questo
chimico-hippy: arrestato a Bologna per traffico di stupefacenti, una
volta entrato in carcere, entrò in contatto coi brigatisti Curcio
e Franceschini: per fare cosa? Era questo il suo vero compito da
agente della CIA?
Il capo della Digos di Genova Giri,
che si mette sulle tracce di Stewart e che intuisce parte del
complotto, ricalca in parte
il commissario Gori, capo della Digos di Bologna che doveva
indagare proprio su questo strano hippy, ufficialmente un chimico di
nazionalità inglese, Ronald Stark.
Poco prima di morire in uno strano
incidente, mentre tornava dalle ferie, aveva confidato ad un amico di
avere paura per l'inchiesta che stava seguendo, di essere finito in
un giro più grande.
A proposito, anche Ronald
Stark sarebbe morto, nel 1985, morì in un incidente
misterioso...
L'università parigina che, anziché
lezioni di filosofia fa convegni su rivoluzione e lotta armata, che
nel romanzo si chiama KIRIE, ricorda molto da vicino la scuola
di lingue Hyperion,
considerata la base più importante della CIA in Europa. Dove gestire
le operazioni sporche, secondo il manuale redatto dal generale
Westmoreland, eroe del Vietnam.
L'inchiesta del procuratore Pietro Calogero evidenziò i rapporti tra le BR e l'autonomia (del professor Toni
Negri, altro personaggio che si intuisce dietro uno dei protagonisti
della storia) e con questo centro, Hyperion, che durante il sequestro
Moro aprì due sedi in Italia.
«Compagni, dopo l'appuntamento di Genova sarà necessario promuovere due nuove campagne: colpire uomoni e strumenti di potere della Democrazia Cristiana; non dare tregua ai traditori del PCI. Anzi, li chiameremo “pc-ioti”, come idioti con la targa. I volantini dovranno poi richiamarli ai temi generali: lotta al Sim, lo stato imperialista delle multinazionali; lotta agli apparati del potere palesi e occulti; lotta ai pennivendoli di regime; lotta ai lacché del capitalismo, chiunque essi siano.»
L'architetto, che aveva ascoltato tutto senza perdere una battuta, si permise un'osservazione. «Non so se mi è consentito un intervento ..»
Marozzi, invitante: «Ma certo, Giovanni. Sei dei nostri, o no?».
Setti: «Credete veramente che sia opportuno scatenare un'offensiva contro i progressisti, quelli che chiamate “il cuscinetto che impedisce allo Stato torturatore e fascista di gettare la maschera”?».
Marozzi non ebbe esitazioni. «Il comitato esecutivo ha scelto proprio loro. Sono i peggiori. I veri nemici della lotta di classe. Questo dev'essere ben chiaro ...»
Il romanzo di Ferrari alza il punto di vista sul caso Moro: i contatti tra l'area dell'Autonomia e i suoi "cattivi maestri" con le BR; i viaggi dei capi delle BR a Parigi; agenti di paesi comunisti e di paesi occidentali attorno ad uno stesso tavolo per parlare di complotti e di traffici di armi ...
La tesi che sposa l'autore (e molti storici come De Lutiis, autore de "Il golpe di via Fani") è che le BR non agirono da sole, nemmeno nella scelta dell'obiettivo, nell'agguato e nella scelta della strage della scorta (col colpo di grazia alla testa), fino alla decisione di uccidere il presidente Moro (il meno implicato tra tutti negli scandali della Democrazia cristiana, come disse di lui Pasolini):
La tesi che sposa l'autore (e molti storici come De Lutiis, autore de "Il golpe di via Fani") è che le BR non agirono da sole, nemmeno nella scelta dell'obiettivo, nell'agguato e nella scelta della strage della scorta (col colpo di grazia alla testa), fino alla decisione di uccidere il presidente Moro (il meno implicato tra tutti negli scandali della Democrazia cristiana, come disse di lui Pasolini):
Nonostante siano passati 35 anni, il
racconto di Ferrari è ancora vivo, entra dentro le stanze dove si è
pianificato il complotto contro l'Italia, dentro il covo dei
brigatisti con le tensioni degli uomini che dovevano prendere una
decisione sulla vita o la morte di Moro. Ragazzi, come Giusto
Semprini entrato nelle BR per fare quella rivoluzione in nome del
proletariato, deluso dalla linea del partito comunista, ed uscito poi
nauseato.
E' dietrologia spicciola quella che
leggiamo dalle pagine del libro di Ferrari?
Oppure una visione che, sebbene
romanzata, risulta più credibile di quella verità ufficiale, di cui
si parlava prima, che non spiega tutti i perché, di uno degli
episodi chiave della nostra storia.
“Quando si dice la veritànon bisogna dolersi di averla detta.La verità è sempre illuminante.Ci aiuta a essere coraggiosi”Aldo Moro
La scheda del libro sul sito di
Chiarelettere
La
post-fazione al libro, 35 anni dopo la prima scrittura e
l'intervista
all'autore.
26 settembre 2017
Dalle notizie sui quotidiani di oggi
A tutti i riformisti, a quanti sostengono che è grazie alle riforme (del governo dei #millegiorni) che il paese sta uscendo dalla crisi, a quelli che servono le riforme per dare stabilità al governo (per cui la sera del voto devono sapere il nome del presidente del Consiglio) ...
A tutti questi esperti di democrazia e politica in Italia, invito a leggersi le notizie dei quotidiani.
C'è un completo campionario delle cose che non funzionano nel nostro paese.
Il sindaco populista di Seregno che su youtube invocava la castrazione per gli stupratori (stranieri) e che ora è stato arrestato a seguito dell'inchiesta su politica-ndrangheta-corruzione. Cosa dovremmo tagliare ora a lui (nel caso le accuse ecc ecc)?
Che la ndrangheta fosse qualcosa più che un problema di criminalità organizzata, lo ha raccontato ieri sera Iacona, parlando dei rapporti tra ndranghetisti e massoneria, tra ndranghetisti e il mondo dei professionisti.
Reazioni della politica questa mattina? Nessuna.
Però come sono arrabbiati i tfosi della juventus dopo la sentenza di condanna al presidente Agnelli. Avrebbe concesso biglietti gratis a degli ultrà, ma non sapeva che fossero ndranghetisti: "Non era consapevole di trattare con malavitosi".
C'è poi la questione della ricerca bruciata, con l'inchiesta dei concorsi truccati a Firenze. Oramai le università si stanno trasformando come le municipalizzate: servono cioè a piazzare amici, parenti, trombati.
Basterebbe controllare i nomi e i cognomi di chi vince i concorsi.
E invece temo che anche stavolta tutto finirà in niente: l'inchiesta sui baroni di Bari del 2005 (che pure fece tanto scandalo) è finita in prescrizione.
Con tanti saluti alla meritocrazia e ai giovani che per fare carriera se ne devono andare.
Infine le elezioni in Germania: ne parla ampiamente Gilioli in un post dove racconta del bivio che la sinistra si trova di fronte.
O continuare a perdere voti nella folle rincorsa alla destra.
O riprendere in mano i suoi valori:
Il tutto alla faccia di quanti anche oggi ci propinano la menzogna dell'invasione, dell'Italia agli italiani, della sinistra-sinistra che ci fa perdere le elezioni ...
A tutti questi esperti di democrazia e politica in Italia, invito a leggersi le notizie dei quotidiani.
C'è un completo campionario delle cose che non funzionano nel nostro paese.
Il sindaco populista di Seregno che su youtube invocava la castrazione per gli stupratori (stranieri) e che ora è stato arrestato a seguito dell'inchiesta su politica-ndrangheta-corruzione. Cosa dovremmo tagliare ora a lui (nel caso le accuse ecc ecc)?
Che la ndrangheta fosse qualcosa più che un problema di criminalità organizzata, lo ha raccontato ieri sera Iacona, parlando dei rapporti tra ndranghetisti e massoneria, tra ndranghetisti e il mondo dei professionisti.
Reazioni della politica questa mattina? Nessuna.
Però come sono arrabbiati i tfosi della juventus dopo la sentenza di condanna al presidente Agnelli. Avrebbe concesso biglietti gratis a degli ultrà, ma non sapeva che fossero ndranghetisti: "Non era consapevole di trattare con malavitosi".
C'è poi la questione della ricerca bruciata, con l'inchiesta dei concorsi truccati a Firenze. Oramai le università si stanno trasformando come le municipalizzate: servono cioè a piazzare amici, parenti, trombati.
Basterebbe controllare i nomi e i cognomi di chi vince i concorsi.
E invece temo che anche stavolta tutto finirà in niente: l'inchiesta sui baroni di Bari del 2005 (che pure fece tanto scandalo) è finita in prescrizione.
Con tanti saluti alla meritocrazia e ai giovani che per fare carriera se ne devono andare.
Infine le elezioni in Germania: ne parla ampiamente Gilioli in un post dove racconta del bivio che la sinistra si trova di fronte.
O continuare a perdere voti nella folle rincorsa alla destra.
O riprendere in mano i suoi valori:
"modalità di creazione e di redistribuzione di ricchezza, rapporto con la finanza, welfare, scuola, ospedali, reddito, progressività dei sistemi fiscali, imposte di successione, la casa come diritto umano fondamentale, riduzione delle distanze siderali tra centri storici e periferie, intervento con la scure dello Stato su tutte quello forme di sottolavoro che si fanno chiamare "gig economy" perché schiavitù pare brutto".
Il tutto alla faccia di quanti anche oggi ci propinano la menzogna dell'invasione, dell'Italia agli italiani, della sinistra-sinistra che ci fa perdere le elezioni ...
25 settembre 2017
Presa diretta – I mammasantissima
Questa sera apriremo le segrete
stanze del potere dove si incontra la ndrangheta, con la finanza e
con l'economia, per vedere cosa c'è dentro – Riccardo Iacona
ha
presentato così la puntata di questa sera.
L'anteprima della puntata: come fa la
ndrangheta ad essere così potente, così pervasiva nell'economia e
nella politica, in tutte le regioni d'Italia.
Ha fatto tutto da sola oppure ha avuto
delle protezioni?
Danilo Procaccianti ha intervista il
procuratore Lombardo, a Reggio: ha seguito l'inchiesta che ha portato
all'arresto del boss Condello, il supremo.
Vive sotto scorta dopo aver ricevuto
delle minacce di morte, ha investigato sui legami tra ndrine e
finanza, la cupola della ndrangheta.
Nell'inchiesta Mammasantissima sono
stati arrestato il deputato Romeo, il senatore Caridi (ex FI), l'ex
sottosegretario in Regione Sarra.
Avrebbero fatto parte della direzione
strategica della ndrangheta, assieme a Di Stefano, una struttura che
non è nota nemmeno ai capi delle ndrine: erano la componente
invisibile.
I pentiti hanno parlato, nel passato,
della Santa: la componente in cui i boss entrano in contatto con
massoneria, servizi, politica.
Tutto nasce con la rivolta di Reggio
del 1970, con una intuizione dei fratelli De Stefano: con questi
contatti i De Stefano iniziano ad avere delle protezioni
istituzionali.
Coperture pesanti – dice Nino Fiume,
un collaboratore di giustizia che è entrato nel clan De Stefano
negli anni '80: i fratelli De Stefano potevano entrare in società
con persone che nemmeno il presidente della Repubblica.
Fiume ha visto la guerra di ndrangheta,
ha vissuto per anni a fianco di queste persone, che godevano di
importanti protezioni istituzionali che li avvisavamo di inchieste:
la ndrangheta che abbiamo raccontato fino ad oggi è un'altra cosa,
questo nuovo ente è come un burattinaio che muove i fili delle
locali di ndrangheta.
Nemmeno si sa come chiamarlo, questo
gruppo di mammasantissima....
I mammasantissima.
“La ndrangheta non esiste più.. ora
è rimasta la massoneria e quei quattro stronzi ..” così parlano
due ndranghetisti in una intercettazione.
Il procuratore Lombardo parla di
struttura decisionale che decide i settori e le politiche con cui
operare, una struttura che comunica poi le sue decisioni alla base: è
mafia ma non si manifesta come tale, pur essendo il livello apicale
di questi fenomeni.
Il processo del pm Lombardo si sta
svolgendo ora a Reggio: tra gli imputati l'avvocato De Stefano, Sarra
sottosegretario regionale, il senatore Caridi e l'avvocato Romeo, ex
deputato social democratico.
Secondo l'accusa farebbero parte della
struttura segreta sopra le cosche, che sarebbe intervenuta su tutte
le elezioni regionali dal 2001, tra cui quelle che hanno portato
Scopelliti prima in comune poi in regione.
Anche se Romeo non è soddisfatto di
Scopelliti, meno bravo rispetto allo sfidante. Ma più affidabile,
agli occhi di questa struttura.
Romeo, per far vincere Scopelliti
avrebbe chiesto i voti alla ndrangheta: al boss si permette di usare
un tono da superiore, non voglio sentire non voto Scopelliti manco se
arriva Gesù..
Il procuratore Macrì fu il primo ad
indagare sull'avvocato De Stefano, ma poi la sua inchiesta fu
bloccata, anche dalle polemiche nate quando si arrivò a personaggi
così in alto.
Partirono campagne di stampa a favore
degli imputati e si arrivò anche a delle minacce personali a Macrì
e ai suoi familiari.
La sua indagine degli anni 90 fu
bloccata: poteva arrivare a toccare la struttura segreta sopra i
clan, ben prima di Lombardo.
Per controllare l'azione di Scopelliti,
la cupola gli mette a fianco Sarra: in una intercettazione sgridava
Scopelliti per aver fatto delle scelte politiche.
Nel progetto di Romeo, Scopelliti
doveva diventare sindaco e non eurodeputato, all'Europarlamento
doveva andare il candidato Perilli.
Gli invisibili avrebbero piazzato anche
un loro uomo in Senato: Caridi, per la procura, farebbe parte di
questa componente riservata.
Ora è in stato di arresto a San
Vittore, dopo che il Senato a votato in favore dell'azione
giudiziaria.
Il boss Michele Gambazza avrebbe
puntato su Antonio Caridi e quest'ultimo avrebbe anche visitato
l'abitazione dei Pelle.
Secondo il pentito Aiello, il senatore
Caridi avrebbe aiutato anche i De Stefano, che ritenevano il senatore
“cosa loro”...
Per curare gli interessi della
ndrangheta non bastano i politici: ci sono anche commercialisti,
magistrati e perfino un parroco, don Pino Strangio. Sono i riservati,
aiutano la ndrangheta ma non sono affiliati.
Il riservato è colui che ti permette
di arrivare a certe persone, pur rimanendo nell'ombra: è la zona
grigia che consente alla ndrangheta di allungare i tentacoli sulla
magistratura, nel mondo dei professionisti ..
Giuseppe Tuccio è un magistrato, è
arrivato fino in Cassazione e ora è accusato di aver favorito la
ndrangheta: “sono gente legata a me”, dice Aldo Micciché,
imputato in mafia.
Uno che aveva organizzato un incontro
tra la cosca Piromalli e Dell'Utri.
Giovanni Zumbo è un commercialista:
nel 2010 avrebbe organizzato un finto attentato, che doveva colpire
il presidente Napolitano.
Faceva il doppio gioco coi clan e coi
servizi segreti: fu il vice capo dei Servizi, Mancini, a voler aprire
una collaborazione con Zumbo.
Don Pino Strangio è un prete di San
Luca: dopo la strage di Duisburg, avrebbe trattato coi carabinieri
per consegnare dei killer in cambio dell'abbassamento della pressione
dello Stato su San Luca.
È il parroco di San Luca e ha
ufficiato anche alla Madonna di Polsi: ha deciso di non parlare col
giornalista che gli chiedeva conto delle accuse. “Venga al processo
..”
Il giornalista di Presa diretta è
stato seguito e minacciato, dopo l'intervista a don Pino: cancella le
immagini oppure non vai via ..
La massoneria italiana: siamo sicuri
che le Logge italiane sono esenti dall'infiltrazione della
ndrangheta?
Il pentito Cosimo Virgiglio,
intervistato dalla giornalista Pusceddu, ha raccontato della super
loggia segreta che si occupava, ad altissimi livelli, appalti di
armi, affari, processi da sistemare.
C'è un rapporto reciproco tra loggia e
ndrangheta e tra massoneria riconosciuta e quella occulta: siamo
tutti fratelli.
Il lavoro della commissione antimafia
ha fatto uno screening delle logge: davanti al presidente Bindi
passano i capi delle logge riconosciute, cui è stato chiesto la
lista degli iscritti in Calabria e Sicilia.
C'è la legge della privacy – si sono
nascosti dietro la privacy, anche il GOI di Bisi.
Non si sono chiesti, i vertici delle
logge, della sproporzione tra gli iscritti in queste regioni e la
popolazione. Come conciliano le politiche di trasparenza, persone
come Bisi, col segreto degli elenchi.
Le più importanti obbedienze d'Italia
si sono difese, ricorrendo ad un pool di avvocati, nei confronti
delle richieste di Bindi: parlano di caccia alle streghe, così la
commissione fa intervenire la Guardia di Finanza e lo Scico.
La Gdf ha sequestrato le liste in tutte
le principali logge, compreso il GOI che ora ricorrerà alla Corte
europea.
Come si controllano gli iscritti alle
Logge? La domanda l'ha fatta la giornalista ad uno dei maestri,
incontrati alla kermesse di Rimini.
Si controlla la fedina penale,
rispondono: i guanti bianchi dati al massone sono simbolo della
purezza, un fratello non può mai lordarsi le mani.
Alessia Candito, giornalista di
Repubblica, ha raccontato delle logge della Locride, ce ne sono
tante: i rappresentanti, arrivati a Rimini, negano l'infiltrazione
della ndrangheta, parlano di trasparenza. Ma con molta riservatezza
ed escludendo le donne dai lavoro: mogli e findanzate sono fuori dai
lavori, per vendere gadget.
Anche loro non accettano l'equazione
calabresi = ndranghetisti..
D'altronde anche Bisi ha preso molti
voti in Calabria, pure lui dovrebbe chiedere l'elenco di quelli che
lo hanno votato, no?
Ospite a Rimini era presente il
sottosegretario Nencini: felice di essere presente in mezzo a
massoni, gente di libero pensiero, che rivendica la libertà di
associazione (come se la commissione e il lavoro della magistratura
avesse messo in discussione questi aspetti).
Giuseppe Messina, capo dei venerabili
in Calabria racconta che mai come oggi ci sono tante richieste di
iscrizione tra i giovani.
La massoneria in Calabria ha radici
antiche, un qualcosa che si tramanda da generazione a generazione: ma
il fascino dei templari svanisce quando si parla di infiltrazioni
mafiose, di traffici strani, come quelli denunciati da Ninnicelli,
massone.
Che per le sue denunce, nei confronti
di un altro fratello, Macrì, è stato espulso.
Se dovessero emergere dei condannati
nella lista degli iscritti, cosa farà il GOI?
Verranno espulsi, assicura Bisi, che
però ritiene l'azione della commissione un qualcosa contro
l'associazione e contro la massoneria.
Una sfida allo Stato, invece la
sensazione dell'onorevole Bindi: stiamo facendo un'inchiesta sui
mafiosi massoni, per comprendere la nuova struttura che vede assieme
mafiosi e massoni.
Tra i nominativi degli iscritti delle
logge siciliane e calabresi ci sono persone condannate per 416 bis e
un numero considerevole di imputati e rinviati a giudizio per reati
di mafia o ad essi collegati.
E la privacy? Nessun nome è circolato,
dopo il sequestro della GDF: sono numero preoccupanti, le
preoccupazioni dei magistrati sarebbero confermate.
Oggi le mafie usano anche la massoneria
per influenzare l'economia e la politica.
Il confronto col magistrato
Gratteri.
Le risultanze sono gravi: qualsiasi
associazione deve controllare e fare accertamenti ai nuovi iscritti.
Se ci sono dentro persone condannate, è una cosa gravissima:
l'abbraccio tra la mafia e la politica o tra mafia e massoneria
deviata lo abbiamo dalla fine dell'800.
L'avo dei De Stefano che oggi
controllano mezza Reggio, era un ladro di polli e fu chiamato per
pestare i candidati che appoggiavano i candidati dei Borboni e della
Chiesa.
La presenza di Nencini come la valuta?
Io non sarei andato, proprio in un momento in cui c'è un braccio di
ferro tra massoneria e commissione antimafia.
Il GOI ha perso una grande occasione,
per fare trasparenza: ha voluto sfidare la commissione, che ha dovuto
fare una perquisizione in risposta.
Quanto grande è questa zona grigia
dove si incrociano gli interessi tra ndrangheta e massoneria?
Considerando la decadenza dei valori, sto vedendo che è un fenomeno
enorme – la risposta di Gratteri.
Il livello di corrutela, di
infiltrazione nella pubblica amministrazione da parte delle mafie che
vanno a braccetto con le logge massoniche deviate, è un dato
assodato. La doppia affiliazione, alla ndrina e alla massoneria, fa
comodo per entrare in certi gangli, dove si decidono appalti.
Oggi il problema è giustificare la sua
ricchezza, per la ndrangheta: per riciclare milioni di euro serve ben
altro..
Follow the money
Col decreto
Reggio, lo stato ha stanziato centinaia di milioni per il capoluogo
di regione: di questi soldi si discuteva nelle stanze dell'avvocato
Romeo.
Nel decreto
c'erano i soldi per rifare strade, fogne, per riqualificare la zona
di fronte al mare. Non si è mai mossa una pietra.
Lavori fermi anche
per il deposito degli autobus, la palestra polifunzionale è uno
scheletro in disuso.
Oggi il nuovo
sindaco Falcomatà ha trovato le casse vuote e ha dovuto alzare le
tasse per ripianare i debiti pregressi: quello che è successo in
città non è frutto del caso, c'era un sistema che oggi è venuto
alla luce.
Milioni di euro,
tra i patti per il sud e i pom, che arriveranno qui e su cui Romeo
voleva mettere le mani.
Voleva realizzare
l'area metropolitana dello stretto, per questa sua idea è riuscito a
farsi intervistare dalla Rai: l'uomo invisibile, già condannato per
concorso esterno che incontrava professionisti e, in incontri
pubblici, anche con Falcomatà.
Romeo mandava
anche interrogazioni al ministro, già scritte, per tramite del
senatore Scilipoti, che le stampava e le firmava.
Romeo entra anche
nella commissione affari costituzionali della Finocchiaro, dove è
stato audito, su invito di un gruppo di senatori. Che evidentemente
non conoscevano le sue condanne.
Il procuratore
Lombardo è preoccupato: le organizzazioni criminali, coi loro
capitali, alterano il mercato, alterano il sistema democratico.
Come un magnete
che, messo vicino al televisore, distorce l'immagine.
La legge sul
concorso esterno: noi magistrati dobbiamo avere più coraggio,
incominciare ad osare, a ragionare, a pensare che le mafie non sono
una struttura statica, che mutano e che vivono in mezzo a noi.
Dobbiamo avere la
mente aperta e pensare che quello che diciamo oggi, tra sei mesi è
superato: la società è in continua mutazione e anche la mafia.
Il concorso
esterno non è proporzionato al pericolo: molti dei condannati hanno
continuato a coltivare le loro relazioni, con persone che sapevano
chi fossero.
Danilo
Procaccianti è andato a Milano, in uno studio di un avvocato dove si
sarebbe deciso del destino del tesoriere Belsito.
Gli investimenti
in diamanti erano decisi in quella stanza, dove lavorava anche
Belsito: aveva accesso anche ai canali finanziari dei De Stefano.
Dei suoi rapporti
con la ndrangheta parlano il collaboratore Oliverio e anche un
manager della Oto Melara.
Amedeo Matacena è
stato deputato fino al 2001: nel 2013 è stato condannato per
concorso esterno alla ndrangheta, nel 2014 è stato arrestato l'ex
ministro Matacena, che avrebbe aiutato il latitante Matacena a
scappare in Libano. Che oggi è nel Dubai: si ritiene un perseguitato
politico, fa il nome di Minniti, che avrebbe ordito tutto.
Un perseguitato
che si tratta bene, che fa una bella vita.
Negli Emirati
Arabi hanno trovato rifugio altri mafiosi: il deputato Mattiello (PD)
ha espresso il sospetto che ci sia la volontà politica per mantenere
gli Emirati come una zona protetta.
Ci sono altri
gialli attorno a questa storia: il suicidio misterioso del colonnello
della Gdf Pace, che stava indagando sulle società di Matacena.
Suicidio a cui non crede la moglie che, per i figli, chiede giustizia
allo Stato.
La cassaforte
della famiglia è stata violata, le telecamere mostrano un uomo
mascherato che si dirige a colpo sicuro verso questa: “un'operazione
che puzza di servizi lontano un miglio”, il commento di Iacona.
La Calabria che
resiste
C'è anche una
Calabria che resiste: don Giacomo Panizza è venuto qui da sud, ed è
rimasto anche dopo le pallottole e le intimidazioni, si occupa di
riabilitazione di disabili e di migranti con le sue cooperative che
danno lavoro a tante persone.
Non ha accettato
di pagare il pizzo: chiedevano il pizzo, questi potenti o prepotenti,
anche a gente in carrozzina.
Se il sindaco fa
il sindaco, se il cittadino fa il cittadino, questa battaglia si
vince: don Giacomo è stato il primo testimone delle estorsioni,
nonostante il pizzo lo pagassero in tanti.
La mafia non si
sconfigge se non si parte – questo il suo motto.
A Castellace c'è
l'uliveto di Domenico Fazzari, bruciato dalla mafia: ha fondato una
cooperativa che gestisce terreni confiscati. Le ndrine ricevevano
anche fondi europei, assumevano persone per alimentare il
clientelismo.
La cooperativa
Valle del Marro a Polistena ha preso possesso di un palazzo, dove ha
sede anche Emergency. Chi te lo fa fare, gli chiedono: non voglio che
mio figlio dica di me quello che oggi si dice delle precedenti
generazioni, che hanno dato spazio a questa incultura mafiosa.
Cangiari è un
marchio etico, i prodotti arrivano dalla Calabria centrale: il marchi
è stato inventato da Vincenzo Linarello, presidente di Geol.
Dopo che la
ndrangheta ha bruciato un capannone, l'ha ricostruito e ha fatto una
festa, della ripartenza proprio in quel capannone..
Gli eroi sono
pochi, la vera posta in gioco è la mente dei normali.
Lo Stato siamo noi, cominciamo.
Il super livello della criminalità in Calabria
Mi tornano ancora in mente i servizi di Iacona
in Calabria, quando con la serie Viva l'Italia girava il sud o quando
in “Pane e politica” spiegava in prima serata Rai, cosa
fosse la politica, in che modo si eleggevano sindaci, in che modo si
raccoglievano i voti. Come vengono occupate tutte le poltrone nelle
società partecipate, nelle Asl, seguendo la tessera giusta e non il
merito.
La politica che risponde solo a sé
stessa, che si autoalimenta e fagocita tutte le risorse pubbliche
sperperate in arricchimenti personali.
E poi la ndrangheta: un'immagine che mi
aveva colpito era quella del procuratore Gratteri
intervistato a Locri in una piazza vuota, alle spalle un'auto
della polizia. Ne hanno mandato una nuova, solo perché c'era la
televisione, l'amaro commento del pm antimafia.
Che più e più volte ha chiesto
alla politica di fare qualcosa, portando il suo contributo per
una serie di riforme che aiutassero il contrasto alle ndrine: erano
gli anni dell'omicidio Fortugno (il vicepresidente della regione,
vittima di giochi politici), della strage di Duisburg (un errore
della ndrangheta, perché ha riacceso i riflettori dei media e della
politica), dell'indulto.
La ndrangheta e la cattiva politica,
quella locale che si alimenta dei voti portati dalla criminalità e
anche quella nazionale, che sui pacchetti di voti locali basa le sue
liste, viaggiano a braccetto.
Non ci sarebbe l'una senza l'altra: se
le regioni del sud sono così staccate da quelle del nord per
disoccupazione, pil, livello dei servizi (dagli ospedali fino al
servizio idrico) è perché ancora oggi non si è fatta alcuna
pulizia all'interno dei partiti.
E perché ancora oggi si fa fatica a
fare quelle leggi a contrasto (vero) della criminalità: verrà forse
approvata il nuovo codice antimafia ma verrà subito annacquata la
norma sul sequestro dei beni (che tra l'altro lo Stato non è nemmeno
in grado di gestire, come
raccontato sempre da Presa diretta).
Il codice penale è ancora infarcito di
cavilli, di possibilità di patteggiamento (che fa comodo solo a chi
compie il reato e non allo Stato), è rimasta la prescrizione che
uccide i processi che devono essere celebrati.
Gratteri (mancato ministro del governo
Renzi,
per colpa del presidente Napolitano)
ha provato a proporre ai vari governi le sue idee, che al momento
sono rimaste lettera morta
“Abbiamo cercato di far funzionare il codice di procedura penale perché il motivo principale per cui i reati si prescrivono è che i processi non si celebrano per cose banali, apparentemente irrilevanti.Per esempio quando uno dei tre componenti del collegio cambia, il processo ricomincia da capo. E intanto i mesi passano e il reato si prescrive. Ogni giorno in Italia ci sono 44mila uomini della polizia penitenziaria, 10mila diquesti ogni mattina sono in giro per l’Italia perché devono portare l’imputato o il testimone di giustizia in aula a testimoniare. Tutto questo costa 70 milioni di euro l’anno. Soldi con cui potremmo assumere –prosegue Gratteri cancellieri, segretari, uomini della polizia penitenziaria. Questo è un solo articolo della riforma, passato alla Camera e fermo al Senato”
Ma cosa è la ndrangheta? Quanto è
forte la sua presenza sul territorio, nell'economia (in Calabria ma
anche nelle altre regioni del nord)?
Durante la puntata “ndranghetisti”,
il comandante Reda della GDF spiegava che “la Calabria è
l'ultima regione d'Europa.. la Calabria è povera ma i boss sono
ricchi”.
Boss ricchi che magari vivono in case
senza intonaco (come nel film di Munzi "Anime nere") o che si trincerano in bunker.
La ndrangheta non è solo Calabria: è
entrata nei mega appalti di Expo, nelle opere per l'alta
velocità.
Recentemente si è concluso un processo
sulle ndrine in provincia di Mantova, con la condanna del boss Grande Aracri.
La linea della Palma di cui parlava
Sciascia a superato (e da un bel pezzo) le rive del Po, ha
attecchito saldamente nelle regioni del nord, a Milano,
a Torino
in Liguria.
In Brianza è già finito nel
dimenticatoio lo choc dell'inchiesta Infinito, con la misera fine
dell'impresa “Perego strade”.
Gli uomini della ndrangheta sono qui,
in questo tessuto dove hanno trovato terreno fertile, negli
imprenditori che non denunciano le minacce e le estorsioni. Nella
politica locale (vi ricordate ancora il consigliere regionale
Zambetti?). Aveva perfino aperto una sua banca a Seveso.
La ndrangheta come portatrice si
servizi, in concorrenza con lo Stato: che siano soldi, voti,
smaltimento rifiuti, costruzioni, logistica, recupero crediti.
Per combattere la ndrangheta la prima
cosa che serve e prendere consapevolezza del fenomeno.
E capire come si muove, con chi cerca
contatti e in che modo, a quale livello riesce accedere dentro le
stanze del potere.
L'inchiesta di questa sera di Presa
diretta ci fa fare un salto in avanti nella conoscenza delle ndrine e
dei boss, ci porterà a conoscenza di un livello superiore, La Santa:
una specie di camera di compensazione dove si incontrano boss,
massoni, uomini della finanza.
“Tra i nominativi degli iscritti alle
logge massoniche della Calabria e della Sicilia, ci sono alcuni
condannati per 416 bis” - racconta Rosy Bindi presidente della
commissione antimafia alla giornalista Raffaella Pusceddu. Mafiosi e
massoni dentro loggie ufficiali.
Dentro queste stanze del potere
criminale si decide la politica criminale su appalti, voti, partiti e
lista da supportare.
Tutto questo mentre a Roma, in
Parlamento, si fa ancora fatica a parlare di mafia, di confisca ai
beni dei mafiosi e di quella zona grigia che li supporta, di
prescrizione e di voto si scambio.
Con l’inchiesta I MAMMASANTISSIMA, PresaDiretta torna sul terreno della lotta alla criminalità organizzata. Una vera e propria spy story, nella quale si intrecciano la politica, la ‘ndrangheta e la massoneria.Sulla ‘ndrangheta si è detto e visto molto, sappiamo della sua pervasiva capacità di infiltrarsi nelle istituzioni e negli appalti, di lucrare sulla spesa pubblica, di gestire il traffico internazionale di droga, conosciamo la sua abilità nel cambiare pelle e il suo fiuto per gli affari.L’inchiesta di PresaDiretta prova a fare un passo avanti, entra nelle stanze segrete del potere politico criminale per raccontare chi sono quelli che le abitano, i Mammasantissima.A PresaDiretta, il racconto del livello segreto, il supervertice criminale, in cui si sono fusi ‘ndrangheta, massoneria deviata e politica, all’interno del quale si decide tutto: strategie economiche e politiche a livello nazionale.Un’inchiesta ricca di rivelazioni, intercettazioni, testimonianze di pentiti e di latitanti.Ma in Calabria c’è anche chi resiste. C’è una parte della società civile che combatte con il cuore e con la testa per cambiare le cose e una parte dello Stato che ha messo nel mirino i Mammasantissima.In questa eccezionale puntata di PresaDiretta alcuni dei testimoni più importanti dell’impegno dello Stato nella lotta contro la criminalità organizzata come la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi e Giuseppe Lombardo, Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, che da anni indaga il livello più evoluto della criminalità e conosce i territori segreti dell’Anti Stato.In Studio, ospite di Riccardo Iacona, il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, uno dei magistrati più noti e in prima linea nella battaglia contro la ‘ndrangheta.“I MAMMASANTISSIMA”, è un racconto di Riccardo Iacona con Danilo Procaccianti, Raffaella Pusceddu, Fabrizio Lazzaretti, Elisabetta Camilleri, Raffaella Notariale, Massimiliano Torchia
24 settembre 2017
Il costo dell'essere giornalista giornalista - l'articolo di Siani sulla cattura di Gionta
Uno può scegliere di fare il giornalista impiegato e aspettare le notizie che gli arrivano oppure fare il giornalista giornalista, uno che le notizie se le cerca, fa gli scoop.
Giancarlo Siani era un giornalista della seconda categoria: lui la Camorra la voleva combattere usando gli strumenti del suo mestiere.
Prendere le notizie, cercare di mettere assieme i fatti, per rendere i lettori del giornali cittadini consapevoli.
Consapevoli dei soldi per la ricostruzione per il terremoto, 22 miliardi di lire, che erano spariti dopo l'assegnazione degli appalti, da parte del comune di Torre, con gare poco trasparenti.
Consapevoli delle guerre interne alle famiglie della Camorra, i Gionta di Torre Annunziata e i Bardellino Alfieri.
Dopo l'arresto di Valentino Gionta, a Marano, territorio dei Nuvoletta, scrisse questo articolo (preso dal sito de Il Mattino), in cui raccontava dell'ipotesi che la cattura di Gionta fosse stata aiutata da una soffiata dei Nuvoletta stessi, per raggiungere una pace nella guerra tra le famiglie.
Per questo articolo, scritto il 10 giugno 1985, Giancarlo è morto:
Ecco l'articolo pubblicato da "Il Mattino" del 10 giugno 1985 da Giancarlo Siani.
Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.
Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell'area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l'altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.
Dopo il 26 agosto dell'anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».
La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell'area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.
Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un'altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.
È proprio il traffico dell'eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.
Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell'anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l'attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.
Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.
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