31 luglio 2009

E la chiamano estate ...

Ultimo post, prima delle vacanze.Per un pò niente blog, internet, tastiera e computer. Almeno lo spero.
Solo il cinguettio, se ce la faccio.
Mi hanno parlato di una bella villa, temporaneamente disabitata in Saredegna ... l'ultima cattiveria, scusate.
Mi porto dietro il libro di Deaglio "Patria 1978-2008".
Un costumino.
Una crema ad alta protezione.
La maglietta dei Metallica (l'antico vizio).

Un jeans e una maglietta .. peggio di Nino D'angelo.
Buone ferie.

Pena scomunica

Non usate (o prescrivete) la RU486, pena la scomunica, dice il Vaticano.

Poi dice che uno si butta a sinistra.
O inizia a frequentare escort che, notoriamente, usano altri mezzi di protezione.

La spada di Damocle

4 miliardi sbloccati per il sud dal Cipe.
Probllema risolto per il PDL, oppure il partito del sud rimarrà come una spada di Damocle?

E come la mettiamo con i vari scandali del sud, rifiuti a Palermo?
Incredibile, ci voleva un governo leghista per ripristinare la Cassa del Mezzogiorno.

Chi ha scritto quel commento sul blog di Grillo?

Chi, sul blog di Beppe Grillo il 9 giugno 2008, inneggiò «è necessario ucci­dere Silvio Berlusconi »?

Premesso che nessuno si deve permettere di scrivere o dire certe affermazioni, assistiamo al solito doppio binario.


Daje addosso a internet. Mentre in televisione si può dare dell'eroe ad un mafioso (Dell'Utri su Mangano), si può dire che quel giudice andrebbe preso a calci in culo (Cossiga a Porta a Porta).

Vogliamo ricordarci di quando Berlusconi stesso aveva parlato di regicidio nei confronti di Prodi?

'Il Consiglio dei ministri ritiene molto gravi le affermazioni di Silvio Berlusconi, che ha parlato di regicidio nei confronti del premier e chiede al leader dell'opposizione di smentire. E' un linguaggio inaccettabile". Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta al termine del Consiglio dei ministri.

"C'é un invito generalizzato da parte di tutti, e nostro, in un clima politico così teso, ad abbassare i toni e ad immettere serenità nel dibattito politico", ha detto Letta al termine del Consiglio dei ministri, parlando del termine "regicidio" utilizzato da Berlusconi. "Il Consiglio dei ministri - aggiunge Letta - ritiene molto grave l'utilizzo di un termine dal significato inequivoco e chiede a Berlusconi di smentire. Il Paese ha bisogno ha bisogno di discussioni sui contenuti e di toni da abbassare".

BONAIUTI, GRAVE CHE PRODI SI ALLARMI, SI SENTE DAVVERO UN RE "Se Prodi si allarma davvero per la risposta sorridente e scherzosa ad una signora sul 'regicidio', significa che si sente realmente un re. E questo, caro Enrico Letta, mi sembra davvero curioso e grave". Lo afferma Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi in replica alla dura presa di posizione del governo sulle parole di ieri del Cavaliere. "Mi risparmio di ricordare - aggiunge Bonaiuti in una nota - tutte le volte in cui alcuni protagonisti di questo governo e di questa maggioranza hanno utilizzato nei confronti del mio Presidente, ahimé non per scherzo, un linguaggio davvero volgare ed inaccettabile".

CASINI,'REGICIDIO'? MAGGIORANZA S'INDIGNI PER COSE PIU'SERIE "Consiglio agli amici della maggioranza di conservare l'indignazione per cose più serie". Pier Ferdinando Casini commenta così la richiesta di smentita del Consiglio dei ministri a Silvio Berlusconi per aver parlato di 'regicidio' nei confronti di Romano Prodi. "Ci sono cose gravi e cose ridicole - aggiunge il leader dell'Udc - Una cosa grave è l'occupazione della Camera da parte della Lega, che mi indigna come deputato e come ex presidente della Camera. Poi ci sono le cose ridicole come la battuta di Berlusconi che può scappare a tutti".

BONDI, FANNULLONI CHE SI OCCUPANO DI BATTUTE "Evidentemente abbiamo al governo dei fannulloni che, non riuscendo a mettersi d'accordo su nulla, non sanno come passare il tempo e passano così il tempo ad occuparsi in Consiglio dei Ministri delle frasi scherzose attribuite a Berlusconi": così Sandro Bondi coordinatore di Fi a proposito della polemica nata sull'espressione 'regicidio'. "Mussi, in particolare, attribuisce a chi ha sempre dimostrato un limpido pensiero liberale e democratico come Berlusconi - aggiunge Bondi - ipotesi di sommosse che appartengono soltanto alla propria cultura, mai messa in discussione e tuttora rivendicata con orgoglio. Nel frattempo contribuiscono a mandare a rotoli l'Italia".

La staffetta della memoria

I podisti della memoria sono partiti anche da Milano, e arriveranno il 2 agosto a Bologna.
Un lungo e forte abbraccio tra le due città, da Piazza Fontana a Milano, a Brescia (piazza della Loggia ), a Bologna (la strage alla stazione), ma anche Pistoia, Savona e Trento .
Per non dimenticare.

Usura via Internet

Sos racket di Milano ha trovato un centinaio di siti che fanno vero e proprio strozzinaggio.
Molti sono proprio nella zona dell'Abruzzo, sciacalli pronti ad approfittare delle disgrazie altrui.
Spero che il Parlamento, dopo l'idea di oscurare Facebook, blog e siti internet, pensi anche a questa sorta di strozzinaggio telematico.

30 luglio 2009

Ma guai a parlare di questione morale

Il coordinatore di Roma di un circolo del PD è inchiodato dal DNA: sarebbe lui lo stupratore.
A Bari l'indagine su malasanità, mafia e politica porta alla perquisizione delle sedi di tutti i partiti del centrosinistra.
A Napoli, gli ultimi giorni della giunta Iervolino.
Ma non parliamo di questione morale ....
Rosa Russo Iervolino, Alberto Tedesco, Antonio Bassolino, Del Turco ...
Beppe Grillo, no. Beppe Lumia in Sicilia, mmmh .. Marino? Troppo laico o laicista.

Otto punti fermi su rapporti mafia-Stato

Da Unità (via Antimafia2000), gli otto punti fermi della trattativa stato mafia, di Saverio Lodato:
Gli anniversari - si sa - riaccendono l’attenzione sulle pagine più nere, e irrisolte, della nostra storia. Quello della strage di Via D’Amelio, dove persero la vita Paolo Borsellino e la scorta , non si sottrae alla regola. E posto che Cosa Nostra partecipò militarmente alla strage, mancano all’appello, 17 anni dopo, i mandanti.
Che le Procura di Palermo e Caltanissetta non abbiano gettato la spugna visto il trascorrere (infruttuoso) del tempo, e continuino a cercare, va a loro merito.
Ma in questi giorni, questa, che dovrebbe essere acquisizione pacifica, tanto pacifica non sembra. Procediamo per flash.

1) Che sia esistito il papello della trattativa, nella parentesi fra Capaci e via d’Amelio, che qualcuno lo abbia scritto e qualcuno ricevuto, è consacrato in sentenze passate in giudicato, vedi quella di Firenze per le stragi del 1993.
2) Che il papello non sia pubblico non è la prova del nove della sua inesistenza (non tutto quello che non è pubblico non esiste).
3) Che i Ros dei carabinieri, con in testa il generale Mario Mori, e il suo braccio destro, il capitano Giuseppe De Donno, furono manus di quella trattativa ( in rappresentanza di chi?) lo hanno ammesso, in qualche modo, gli stessi interessati.
4) Che sull’argomento Vito Ciancimino la sapesse lunga, lo sapevano sia Ciancimino stesso che Mori e De Donno, visto che i tre si incontrarono ripetutamente.
5) Che Massimo Ciancimino, figlio di “don” Vito, non abbia mai avuto la caratura criminale paterna, abbia amato sempre la bella vita, e di conseguenza non abbia nulla di cui pentirsi, o nulla a cui collaborare, come osserva Lino Jannuzzi, è argomento fragile. Oltre che testimone, sempre figlio d’arte è. Quindi, anche lui, va ascoltato, salvo poi accusarlo di millantato credito mafioso.
6) Che Riina sia uno stragista, il boia che ha ammazzato centinaia di persone, non significa che per proprietà transitiva debba essere dietro tutte le stragi d’ Italia. E lui non nega la sua responsabilità a Capaci, ma in via d’Amelio. Anche lui, dunque, va ascoltato, come, a Norimberga, i criminali nazisti (e tenuto in galera).
7) Che sia saltato fuori solo ora un moncherino di “pizzino” con mittente Cosa Nostra e destinatario Silvio Berlusconi, forse, di per sé, non significa molto. Inquieta, però, che il moncherino sia rimasto per anni insabbiato negli uffici, sebbene l’Autorità Giudiziaria dell’epoca ne fosse a conoscenza.
8) Che i magistrati che indagano siano dipinti come visionari, e quelli che invece non indagano, o insabbiano, si proclamino campioni del pragmatismo e della filosofia dei piedi per terra, è storia vecchia. Ma in Sicilia, quando i piedi sono troppo piantati per terra, spesso si scivola nelle sabbie mobili.

Meritocrazia e trasparenza in salsa lombarda

Certe cose non capitano solo al sud.
La sanatoria concessa tramite il DPEF della regione Lombardia, a una trenitna di dirigenti nominati con un concorso illegittimo.
Ne parla il consigliere Luciano Muhlbauer sul suo blog:
Una generosa sanatoria per una trentina di alti dirigenti regionali, il cui concorso era stato dichiarato illegittimo dal Tar e dal Consiglio di Stato, e pesci in faccia per i lavoratori dipendenti della Regione. Questa è la morale di due norme di legge contenute nelle pieghe della manovra di assestamento di bilancio, approvata ieri sera dalla maggioranza del Consiglio Regionale.
Due norme che riflettono un’unica filosofia: quella dei due pesi e delle due misure, a seconda della distanza gerarchica degli interessati dal vertice politico della Regione. Due norme che sono la conseguenza diretta di contenziosi legali persi dalla Giunta Formigoni, davanti alla magistratura amministrativa per quanto riguarda la prima, davanti alla magistratura ordinaria per quanto riguarda la seconda.
Peccato davvero che chi governa in Lombardia non ce la faccia proprio ad adeguarsi alle sentenze della magistratura, come invece devono fare i comuni mortali, ma che abbia scelto un’altra strada. Ne è scaturito un pasticcio normativo di dubbia moralità e legittimità.
E così, la
vicenda dei dirigenti si è risolta con una norma di sanatoria non solo retroattiva, ma anche ad personam, nella misura in cui produce effetti concreti soltanto su quel singolo concorso. Si tratta, in altre parole, di una norma giuridicamente traballante, che mette a rischio la legittimità anche di tutti gli atti amministrativi firmati dai dirigenti in questione.
L'operazione di ristrutturazione del debito che il Comune di Milano condusse nel 2005 "fu l'unica in cui i due ruoli di arranger e advisor sono stati ricoperti dai medesimi soggetti". E' quanto racconta al pm Angela Antonella Casiraghi, direttore centrale finanza del Comune di Milano, in un interrogatorio a cui fu sottoposta dal pm Alfredo Robledo il 19 gennaio di quest'anno, nell'ambito dell'inchiesta sui presunti derivati - truffa ai danni di Palazzo Marino. Quando parla di "medesimi soggetti", la funzionaria si riferisce alle 4 banche indagate, Deutsche Bank, Jp Morgan, Ubs e Depfa, accusate di aver incassato illecitamente 100 milioni di euro grazie a questa operazione. "Devo dire che quando Porta (Giorgio, ex direttore generale del Comune, al quale ieri e' stato notificato l'avviso di chiusura delle indagini, insieme alle 4 banche e ad altre 13 persone) mi incarico' di predisporre questi atti per le gare, intendeva che gli istituti che avrebbero vinto la gara, e in cio' fu molto chiaro, sarebbero stati anche coloro che si sarebbero comunque occupati della collocazione del bond". Cio' viene definito dalla Casiraghi "un'anomalia".

Le mani sulla Rai

Dopo le mani sulle Reti Rai, sui TG (poi toccherà anche a Tg3 e Rai 3?) ora è il turno delle fiction Rai. Come saprete, con le fiction si forma la coscienza civica di un paese.
A colpi di santi, preti, poliziotti con le auto sempre in tiro, medici ...
Cosa prevede il futuro? Una fiction su Mangano, l'eroe? Su Craxi, l'esule infelice, scacciato dal colpo di stato dei magistrati comunisti?

Le toppe di Berlusconi

Un piano di exit strategy dall'Afghanistan (ma aolo dopo le elezioni) buttato lì , come toppa per la lite interna con la Lega.
Proprio nei giorni del rifinanziamento della missione.

Un piano per il sud come toppa per le lamentele della fazione sudista del PDL (anche un pò trasversale). Subito 4 miliardi per la Sicilia.

Una toppa sul decreto sicurezza, dopo le uscite di Napolitano anche sul DL anticrisi. Su ronde, badanti e Corte dei Conti.

29 luglio 2009

P2: la doppia piramide

Nella vicenda Sindona, come in altri misteri d'Italia, ci si imbatte spesso con la loggia massonica Propaganda 2. Tutto sembra intrecciato: mafia, massoneria, servizi deviati, parti dello stato, della politica. Gelli, Ortolani, Sindona, Calvi, Bontade, De Pedis ...
C'è un punto della relazione della Commissione parlamentare Anselmi, sulla loggia P2, che è bene rileggere. Quando si parla della doppia piramide, come metafora della sua struttura e dei suoi fini.
Abbiamo visto come Licio Gelli si sia valso di una tecnica di approccio strumentale rispetto a tutto ciò che ha avvicinato nel corso della sua carriera.
Strumentale è il suo rapporto con la massoneria, strumentale è il suo rapporto con gli ambienti militari, strumentale il suo rapporto con gli ambienti eversivi, strumentale insomma è il contatto che egli stabilisce con uomini ed istituzioni con i quali entra in contatto, perché strumentale al massimo è la filosofia di fondo che si cela al fondo della concezione politica del controllo, che tutto usa ed a nessuno risponde se non a se stesso, contrapposto al governo che esercita il potere, ma è al contempo al servizio di chi vi è sottoposto.
Ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, questo altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento. Questa infatti è nella logica della sua concezione teorica e della sua pratica costruzione la Loggia Propaganda 2: uno strumento neutro di intervento per operazioni di controllo e di condizionamento.

Quando si voglia ricorrere ad una metafora per rappresentare questa situazione, possiamo pensare ad una piramide il cui vertice è costituito da Licio Gelli; quando però si voglia a questa piramide dare un significato è giocoforza ammettere l'esistenza sopra di essa, per restare nella metafora, di un'altra piramide che, rovesciata, vede il suo vertice inferiore appunto nella figura di Licio Gelli.

Questi è infatti il punto di collegamento tra le forze ed i gruppi che nella piramide superiore identificano le finalità ultime, e quella inferiore, dove esse trovano pratica attuazione, ed attraverso le quali viene orientata, dando ad essa di volta in volta un segno determinato, la neutralità dello strumento. Che questa funzione di travaso tra le due strutture non sia eccessiva per un personaggio quale Licio Gelli ci sembra indubbio: non solo egli viene a trovare una logica e concretamente accettabile collocazione, ma il fenomeno stesso nel suo intero appare non improbabile nella sua struttura complessiva e nelle sue finalità ultime.

Questa interpretazione del fenomeno può essere feconda di risultati in sede analitica qualora non venga intesa in modo meccanico, come delimitazione netta di zone o aree di collocazione di ambienti e personaggi, ma piuttosto come esemplificazione illustrativa del ruolo di punto di snodo che il personaggio Gelli ha rivestito ponendosi come elemento di raccordo tra forze di varia matrice e di diseguale rilievo, che tutte hanno concorso alla creazione come alla gestione della Loggia Propaganda.

Funzione certo di non minor momento se, avuto riguardo, dall'eterogeneità delle forze e dei gruppi interessati a questo progetto, dei quali le liste- rappresentano uno spaccato esemplificativo, non è, come ha osservato il Commissario Andò, l'identità dei fini ultimi a rendere efficiente l'organizzazione e forte il progetto, ma il sistema delle convenienze reciproche che costantemente interagisce.

Quali forze si agitino nella struttura a noi ignota questo non ci è dato conoscere, sia pure in termini sommari, al di là dell'identificazione del rapporto che lega Licio Gelli ai Servizi segreti; ma, riportandoci a quanto detto in proposito, certo è che la Loggia P2 ci esorta ad una visione della, realtà nella sua variegata e spesso inafferrabile consistenza. Ne viene anche un invito ad interpretazioni non ristrette ad angusti orizzonti domestici, ma che sappiano realisticamente guardare ai problemi della nostra epoca, ed al ruolo che in essa il nostro Paese viene a ricoprire.

In questa dimensione la Loggia P2 consegna alla nostra meditazione una operazione politica ispirata ad una concezione pre-ideologica del potere, ambìto nella sua più diretta e brutale effettività; un cinismo di progetti e di opere che riporta alla mente la massima gattopardesca secondo la quale "bisogna che tutto cambi perché tutto resti com'era" : così per Gelli, per gli uomini che lo ispirano da vicino e da lontano, per coloro che si muovono con lui in sintonia di intenti e di azioni, sembra che tutto debba muoversi perché tutto rimanga immobile. La prima imprescindibile difesa contro questo progetto politico, metastasi delle istituzioni, negatore di ogni civile progresso, sta appunto nel prenderne dolorosamente atto, nell'avvertire, senza ipocriti infingimenti, l'insidia che esso rappresenta per noi tutti - riconoscendola come tale al di là di pretestuose polemiche, che la gravità del fenomeno non consente - poiché esso colpisce con indiscriminata, perversa efficacia, non parti dei sistema, ma il sistema stesso nella sua più intima ragione di esistere: la sovranità dei cittadini, ultima e definitiva sede del potere che governa la Repubblica.

La ricostruzione della vicenda della Loggia Propaganda 2 che abbiamo condotto nel corso della presente relazione e lo studio di come tale organismo ha interferito nella vita nazionale, testimoniano della molteplicità dei campi di intervento nei quali sono rinvenibili tracce della presenza dì questa organizzazione con un rilievo spesso determinante, sempre comunque incisivo e qualificato. La Commissione parlamentare al termine dei propri lavori ha pertanto dedicato un dibattito apposito all'esame delle eventuali proposte da sottoporre al Parlamento, al fine di indicare mezzi e rimedi tali da evitare il ripetersi del fenomeno analizzato o di situazioni consimili.
Tale dibattito, in considerazione della cruciale importanza dei temi in argomento, non ha potuto non registrare diverse prospettive e punti di dissenso, testimonianza ulteriore del non marginale rilievo di questo fenomeno la cui analisi conduce direttamente all'esame di questioni fondamentali inerenti al funzionamento ed allo sviluppo del sistema democratico. Comprendere e valutare la vicenda della Loggia P2 nel suo reale significato e nelle sue ultime implicazioni vuol dire infatti pervenire all'analisi di alcuni nodi centrali, politicamente decisivi in un regime di democrazia che voglia coniugare l'efficienza dell'apparato di governo con la più ampia estensione del consenso dei cittadini che in tale regime esprimono la loro volontà politica.
Se logico appare, dunque, constatare che a tale discorso ogni parte politica è approdata, portando il patrimonio delle scelte ideologiche e politiche che le è proprio ed elaborando quindi diverse conseguenti prospettazioni risolutive, è dato peraltro al relatore registrare come unanime sia stata l'individuazione dei temi di intervento e l'analisi del loro rilievo nel contesto generale dell'analisi del fenomeno.

L'esame di dialetto della Lega

Cota:
«Il presunto esame? Una bufala. La proposta è quella di test pre selettivi per accedere agli albi regionali»

E che dire allora degli strafalcioni ministeriali della ministra dell'Istruzione?
Degli trafalcioni di Bossi, su l'inno d'Italia?
Sul Va pensiero di Verdi, che non parla dei lumbard esuli a Babilonia?

Possiamo anche parlare di Romolo e Remolo. Di papà Cervi, di Mussolini che mandava in villeggiatura l'opposizione politica ....

Palermo come Beirut

Questo scrivevano i giornali dopo la strage di via Pipitone, il 29 lugli0 1983.
Strage di mafia che uccise il giudice istruttore Rocco Chinnici, l'autista e il portiere dello stabile.

Dopo verrà il pool, il maxi processo, le lettere del corvo contro Falcone, lo smantellamento del pool, le bombe, la trattativa, il papello.... e la normalizzazione sulla mafia, col silenzio tombale.
E i siciliani costretti ad assistere come pupi alla tragedia della loro terra.

Strozzata da debiti causati da una dissennata politica regionale. Come nella Palermo di Cammarata (come avrà ricordato la figura di Chinnici?) o nella regione col campo da golf più a sud d'Italia (complimenti al giornalista del Corriere) powered by Sviluppo Italia.

Il caffè di Sindona di Gianni Simoni e Giuliano Turone

Ascesa e fine del finanziere di Patti, il salvatore della lira, il banchiere di Dio (o del diavolo), assieme all'altro banchiere Roberto Calvi. Il primo morto per un suicidio fatto passare per omicidio, il secondo morto ucciso, fatto passare per suicidio.
Il libro dei due magistrati Simioni e Turone (entrambi han lavorato sull'omicidio Ambrosoli) racconta, citando fonti giudiziarie, articoli, interviste e lettere scritte da Sindona, dell'ascesa e morte di Michele Sindona. A partire dalla ricostruzione del finto rapimento dell'estate del 1979 in cui, copiando le modalità del tragico caso Moro rapito delle Br, si finge in mano a terroristi di sinistra.

E' tutto falso: sarà il gesto estremo di un genio della finanza (criminale) per salvarsi dalle accuse di bancarotta in Italia (per la Banca Privata Finanziaria) e in America (per la Franklin National Bank ). E soprattutto per l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli.
Un piano folle in cui Sindona cercò di coinvolgere perfino la mafia, l'ala moderata di Bontade e Inzerillo, ventolando loro un piano di separazione dell'isola dall'Italia.

Pagherà cara la sua strategia, i suoi ricatti (il voler rivelare la lista dei 500): sarà abbandonato da tutti. Dai referenti politici (la corrente Andreottiana), ai fratelli massoni della Loggia P2, al Vaticano. E il suicidio nel carcere di Voghera, dopo la sentenza di ergastolo del 18 marzo 1986 sarà l'ultimo colpo di teatro di Sindona.
Su questo i due autori sono molto sicuri: dell'ipotesi di suicidio Sindona ne aveva già parlato (col cappellano, in alcune lettere). Temeva delle ripercussioni per la sua famiglia. E temeva una lunga vecchiaia in carcere, ristretto in quelle condizioni, senza aver contatti e le sue ricchezze a disposizione.
Un uscita di scena spettacolare, avvelenato col caffè come Gaspare Pisciotta, con cui mattere in difficoltà i suoi nemici.

Lui, che aveva riciclato soldi per la mafia, usando lo IOR come tramite (per i suoi poteri di extraterrotorialità, che sfuggivano alle leggi che valevano per le banche italiane). Che aveva finanziato molti esponenti politici, le attività della Loggia P2.
Che era stato capace di costruire una fortuna finanziaria (che ebbe l'apice con la fallita scalata alla Bastogi nel 1972), basata sul nulla. O meglio, capace di far sparire intere fortune finaziarie (per i personaggi citati prima) con i suoi abili giochi di prestigio finanziari.
Finchè, nel 1974, la Banca di Italia, e il ministro del Tesoro La Malfa, decise di opporsi al piano di salvataggio della banca, col commissariamento della banca: un piano che faceva ricadere i debiti sul contribuente.
Sindona e Calvi.
Sindona tenta di bloccare il provvedimento di liquidazione minacciando il neogovernatore della Banca d’Italia Baffi, il vicepresidente e lo stesso Ambrosoli, poi ucciso da un sicario mafioso, su mandato di Sindona, l’11 luglio 1979. Marcinkus e Calvi tentano di liberarsi dagli ingombranti legami che hanno con il banchiere, ormai prossimo al tracollo […]



I due scorpioni nella bottiglia: l'ultimo capitolo del libro è dedicato al rapporto con Roberto Calvi, suo successore nella loggia P2 di Gelli e Ortolani come finanziere di fiducia.
Una collaborazione nata nel 1970 e consolidata negli anni, con la presentazione di Calvi a Licio Gelli; col l'affare Zitropo (la finanziaria passata da Sindona a Calvi). Una storia che presenta molte similitudini: entrambi i banchieri finiscono abbandonati, con delle condanne da scontare. Entrambi cercheranno di giocare col ricatto le loro ultime carte: Calvi arrivò perfino a scrivere al papa; a chiedere aiuto all'alla fazione legata all'Opus Dei (ostile all'ala della massoneria di Marcinkus, Casaroli).

Dice il figlio di Roberto Calvi:
“Una delle carte che mio padre conservava con maggior cura era la famosa lettera di Luigi Cavallo in cui si parla dei due scorpioni e della bottiglia. I due scorpioni erano Sindona e Calvi, che poi si uccidono reciprocamente. Mio padre la conservava nella sua cassaforte alle Bahamas. Ora è in mio possesso”. È un documento scritto a macchina, ricevuto da Calvi poco prima delle vacanze natalizie del 1977. “Egregio dottor Calvi, tra le tribù dell’Uganda è ben nota la tavoletta dei due scorpioni in una bottiglia. Se i due scorpioni impegnano una lotta a oltranza, questa ha, inevitabilmente, un esito letale, per ambedue i contendenti. Io sono fuori della bottiglia ma – diversamente da certi Suoi consiglieri – non ho alcun interesse nella continuazione e nell’aggravamento della lotta

Entrambi schiacciati dal potere, e dai poeri forti, dopo essere stati spremuti e usati.

Il merito più importante del libro (come ho già detto, ricco di citazioni) e il ricordo che fa della figura di Giorgio Ambrosoli.

In un paese dove, come spiega Vito Mancuso, manca una religione civile che è quella che lega il cittadino al suo paese, spiccano gli eroi borghesi come il commissario liquidatore della banca privata.
Il suo spirito di servizio, il suo saper lavorare e voler lavorare per il paese e non per un partito.

Non possiamo ricordare le sue parole alla moglie:
Ricordi i giorni dell'Umi (Unione Monarchica Italiana n.d.r.) , le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo.

Il link per ordinare il libro su ibs.
La scheda sul sito della Rizzoli.
Technorati: , , , ,

La cadrega




Come commentiamo la solita, ennessima, sparata della Lega e di Bossi sugli esami di dialetto per i professori?

28 luglio 2009

Cane non mangia cane

Giunta Montecitorio "salva" Matteoli
Non è stata data l'autorizzazione a procedere nei confronti del ministro a giudizio dal 2004 [corriere]


Cane non mangia cane.
E i loro reati diventano atti politici, ministeriali, insindacabili.

Pater­no consulente artistico

Da utilizzatore finale a "pater­no consulente artistico", come lo chiama la Nunez (al secolo Lucia Del Curatolo), nell'intervista in cui lo difende. E' un bel passo avanti.

Crede che la sua amicizia con il premier l’abbia agevola­ta nel lavoro?
«È un problema di chi lo pen­sa. Qualora poi il presidente mi abbia aiutata non posso che es­sergli grata».


E proprio questo il punto: qualcuno i favori li chiama in altro modo. Da Vivere a Ballando sotto le stelle .. cosa riserverà il futuro?
Soprendente scoprire come nel paese dei condoni, degli scudi fiscali, della corruzione, della mafia, escano poi queste ordinanze che vietano.

I writer che imbrattano i muri.
L'alcol ai minorenni a Milano.
A Pordenone vietato fermarsi in due in strada.
Allattare un figlio dentro un hotel. Il seno, a quanto pare, gli italiani lo vogliono vedere solo in televisione.

Segnalazioni: l'opera dei pupi di Gian Antonio Stella.

Il lupo perde il pelo

Il lupo perde il pelo, ma non il posto nel CDA.
Il proverbio calza a pennello la situazione.

Zunino rimane nel CDA di Risanamento, nessuna dimissione.Vincenzo Mariconda sarà presidente di garanzia (un segnale di forte discontinuità dicono) per traghettare Risanamento fuori dalla crisi.Un viaggio su un mare di soldi, ottenuti tramite aumenti di capitale, emissione di un prestito obbligazionario, crediti chirografari e un prestito convertendo a scadenza 2014.

Un piano da 500 milioni di euro, per un buco di miliardi.
In tempo di crisi, dopo i crac finanziari delle banche estere, dopo i casi Parmalat e Cirio, una notizia che non farà piacere alle tante famiglie strette dai mutui. Alle piccole imprese cui le banche non danno credito.
Ma l'Italia deve partire, anzi ripartire dal mattone. Ricordiamoci che nel mare, il mattone affonda.

Aggiornamento del 28 sera: Zunino cede anche il posto nel CDA. Mantenendo però il 33% della società. E sperando anche che questo basti per evitare la richiesta di fallimento da parte della magistratura.

Giovanni Mercadante condannato per mafia

Rainews 24 del 28 luglio 2009: la notizia del giorno.

Dopo oltre 17 ore di camera di consiglio, i giudici della II sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Bruno Fasciana, hanno condannato a 10 anni e otto mesi di carcere, per associazione mafiosa, l'ex deputato di Forza Italia Giovanni Mercadante. L'ex parlamentare era sotto processo insieme ad altre otto persone accusate, a vario titolo, di mafia, estorsione e favoreggiamento aggravato.
Tra gli imputati i boss Bernardo Provenzano e Lorenzo Di Maggio, il medico Antonino Cina' e quattro commercianti.
Sedici anni la pena inflitta a Cina', gia' condannato per associazione mafiosa, ritenuto uomo di fiducia del boss Toto' Riina. Il capomafia Bernardo Provenzano, imputato di tentata estorsione, ha avuto, sei anni. A nove anni e quattro mesi e' stato condannato il boss Lorenzo Di Maggio. Assolto invece Marcello Parisi, ex consigliere di circoscrizione di Fi.

[..]Il processo scaturisce dall'indagine denominata Gotha, che porto' all'arresto di decine di colonnelli e gregari del boss Bernardo Provenzano.
Dopo tanti gregari o soldati della mafia, la magistratura è riuscita a puntare più in alto. Una buona notizia, in questi giorni dove si è tornato a parlare (ma non a fare chiarezza) sulla trattativa stato mafia.
Con un De Magistris finito a Bruxelles a controllare i conti e un Luigi Apicella (vi ricordate più della guerra tra Procure, Salerno contro Reggio Calabria) costretto a lasciare la magistratura.

Lost, i palinsesti Rai e i gusti dello spettatore

Quale la ragione che prevede per una serie cult come Lost, il finire in onda in piena estate, a botte di tre puntate alla volta?

Dopo una breve riflessione, ci sono arrivati.
Dopo anni di reality, arene politiche che si trasformano in caciara, gossip, il nostro gusto televisivo non sarebbe più capace di sopportare una fiction troppo intelligente.
Sarebbe uno sforzo eccessivo per le menti dei telespettatori Rai (di tutto di più?).
E i dirigenti Rai, queste cose le capiscono.

Prepariamoci ad un autunno televisivo all'insegno della gnocca, dei quiz, dei pacchi. Non offendetevi: abbiamo sdoganato volgarità, poppe e culi.
D' altronde, dobbiamo in qualche modo trovare spazio, con i soldi di contribuenti, ai tanti ex vip, alle tante veline (escort?) che usano la telvisione come trampolino per una fulgida carriera politica.
Se non vi piace questa minestra, spegnete il televisore.

27 luglio 2009

La politica spettacolo - Franza o Spagna

Noemi in una sua intervista, parlando dei suoi progetti fuguri, spiegava come volesse far politica (ma a livello nazionale), oppure nello spettacolo.

Noemi, quando la vedremo in politica, alle prossime regionali?
«No, preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà Papi Silvio».

Nelle stesse 10 famose domande di Repubblica, una riguarda proprio le promesse fatte dal premier.
"E' vero che lei ha promesso a Noemi di favorire la sua carriera nello spettacolo o in politica?"

Stessa cosa per la D'Addario:
"mi aveva promesso un posto al GF .."
"Berlusconi mi offrì un seggio da deputato europeo"
"Discutemmo con altre ragazze dell'alternativa: politica, tv o Grande Fratello"

Questo è il vero scandalo: considerare la carriera politica come un'alternativa alla carriera televisiva.
O anche, considerare la carriera televisiva come un preludio per la carriera politica.
Franza o Spagna ...

Eroi di stato: Rita Atria

Ieri era la ricorrenza tragica della morte di Rita Atria. Un altra vittima della mafia e dell'incapacità (o peggio, della non volontà) dello stato di difenderla. Rita Atria, come anche Peppino Impastato, era nata in terra di mafia, in una famiglia di mafia. E aveva avuto coraggio di dire no.
Si era fidata del giudice Paolo Borsellino, con cui aveva iniziato a collaborare. Contro la sua stessa gente.
Dopo via D'Amelio, gli sopravvisse una sola settimana.

Sito ufficiale dell'associazione antimafia Rita Atria.

Uno scandalo italiano


Marco Lillo, a Iceberg, il16 luglio scorso, alla presentazione del libro "Papi, uno scandalo politico" (ed. chiarelettere).
Perchè di Politica si parla e non di gossip.
Perchè la D'Addario era candidata nella lista di Raffaele Fitto.
Come E. R. e le altre candidate (alcune depennate). Come si seleziona la classe politica nel PDL?
Con quali meriti?

Il controllore di se stesso

Chi è il commissario della sanità dal Molise, messo dal governo per far rientrare le spese?
Il governatore della regione, Michele Iorio. Il danno e la beffa scrivono i giornali locali.

Oggi il governo Berlusconi è stato costretto dalla testardaggine dei numeri a dichiarare il commissariamento della sanità molisana. La cosa sconcertante è che sarà proprio il governatore che ha la responsabilità politica del dissesto finanziario a dover gestire il risanamento. Con maggiori poteri e con minori controlli. A pagare ancora una volta saranno i cittadini e i lavoratori del Molise. I cittadini vedranno un drastico ridimensionamento di prestazioni già oggi largamente carenti e insufficienti e ben presto vedranno aumentate le tasse regionali (probabilmente l'addizionale sui carburanti); i lavoratori del settore rischiano di diventare i capri espiatori di una gestione dissennata.
Vedremo cosa si inventerà il presidente commissario. Intanto in nome del risparmio Iorio ha proposto di costruire un nuovo nosocomio fra Isernia e Venafro: anni di lavori e di appalti, milioni di soldi pubblici in cemento e consulenze mentre gli ospedali di Isernia, Venafro, Larino, Termoli e lo stesso Cardarelli di Campobasso vengono strozzati giorno per giorno. Se questo è l'inizio del risanamento c'è di che preoccuparsi.


Il prossimo passo? Bassolino commissario in Campania.
Zunino commissario liquidatore di Risanamento.
Cuffaro presidente della commissione antimafia....

Paga sempre pantalone e nessuno è responsabile dei disastri creati. "Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ..."

26 luglio 2009

Sabella : potevamo scoprire tutto 10 anni fa'

L'intervista rilasciata all'Unità dall'ex pm della Procura di Palermo Alfonso Sabella, sulla trattativa Stato mafia.

Il nuovo patto si consolida con l’arresto di Riina?
«È un passaggio fondamentale ma non è l’unico. Il primo aprile 1993 c’è una riunione di tutti i capi per decidere le stragi. Provenzano ha già fatto sapere che non le vuole in Sicilia e non partecipa. La risposta di Bagarella è chiara: perché il mio paesano non se ne va in giro con un cartello al collo e ci scrive pure che lui con le stragi non c’entra”….»

Si dissocia insomma.
«Ecco, la parola dissociazione va di pari passo con la trattativa. E intanto Provenzano conquista la leadership e macina ricchezza. Poi nel 1997 c’è un altro indizio di questo accordo».
Quale?
«Il fatto che il pentito Di Maggio, gestito dal Ros, scatena una guerra contro i suoi nemici utilizzando come manovalanza mafiosi che risultano essere confidenti dello stesso Ros. E parte la polemica contro la nostra procura e i pentiti perché Di Maggio è proprio quello che ha raccontato il famoso bacio di Riina ad Andreotti. E mentre noi indaghiamo su queste vicende la Procura di Caltanissetta affida in esclusiva allo stesso Ros di Mori le indagini sui mandanti esterni delle stragi».

E anche qui c’è un filo che lega molte cose. E si arriva all’altro obiettivo della trattativa.
Quale?
«La dissociazione di cui il capo della procura di Caltanissetta Giovanni Tinebra, tra i tanti, è convinto assertore».

Di cosa si tratta?
«È una vecchia idea che viene suggerita a Provenzano. I mafiosi devono fare una dichiarazione in cui si arrendono ma non sono costretti a fare i nomi dei loro complici. In compenso escono dal 41 bis ed evitano qualche ergastolo».

Chi e quando la propone?
«Ne aveva parlato Ilardo per primo nel 1994. Poi nel 2000 otto boss fanno sapere che vogliono dissociarsi e chiedono un legge ad hoc. Io sono al Dap. Mi oppongo a questa soluzione e con me ci sono Caselli e il ministro di allora Fassino».

E finisce li?
«No, perché la cosa si ripropone di nuovo nel 2001 quando scopro che questa volta sono coinvolte tutte le mafie italiane a chiedere la dissociazione e che l’ambasciatore è salvatore Biondino legatissimo a Riina. Solo che stavolta pago la mia opposizione e il mio ufficio viene soppresso proprio da Tinebra che intanto aveva sostituito al Dap Caselli. Molto tempo dopo si scopre ed è tutt’ora oggetto di un’inchiesta della procura di Roma che il magistrato che Tinebra ha messo al mio posto al Dap collaborava proprio con il Sisde di Mori nella gestione definita anomala di alcuni detenuti e aspiranti collaboratori di giustizia».

In che modo ha pagato?
«Sono passato alla storia non come quello che ha arrestato Brusca e gli altri ma come il torturatore di Bolzaneto.... Questa macchia mi è rimasta e il Csm, guarda caso diretto da Mancino, occulta i documenti che provavano la mia estraneità ai fatti di Genova ed emette nei miei confronti un provvedimento infamante. E fa di più: quando mi lamento di tutto questo dal Csm viene comunicata all’Ansa la notizia che mi sarei candidato nelle liste di AN. Una falsità.

Quando inizia a capire di stare pagando quel no alla trattativa?
«Quando vengo a sapere che i servizi, con Pio Pompa legato alla Telecom, aprono un fascicolo su di me. Era parte di un operazione che coinvolgeva anche politici e altri colleghi. Ho chiesto di essere tutelato dal Csm. Ma sono stato lasciato solo».

Lei dice di essere una vittima di questo patto che Provenzano avrebbe sottoscritto con uomini dello stato in cambio di una nuova pace e molto silenzio. Secondo lei si riusciranno a trovare delle prove?
«Non credo che Provenzano abbia lasciato prove. Credo che ci siano responsabilità morali in questa storia e una serie di vicende ancora da chiarire. Ma una cosa la so: con la mafia non si tratta perché nel migliore dei casi, come il messaggio di Riina dimostra, ci si pone sotto ricatto».

La questione meridionale e la questione Italia

Sentir parlare di meritocrazia da questo governo è come sentir parlare di giustizia da Riina (visto che anche lui è tornato stranamente di moda).

Lo stesso governo che rispolvera una vecchia idea di Mussi, creando l'agenzia di valutazione delle università, è lo stesso governo che ha premiato Scapagnini con un seggio da notevole (dopo il crac del comune di Catania) e Lombardo con la presidenza della Regione Sicilia.

Chiariamo: premiare le università che fanno ricerca, che producono è una cosa meritevole. Ma se poi questo significa poi penalizzare le altre (che in periodo di tagli riceveranno meno soldi) ciò che si ottiene è che continuiamo nella strada di spezzare il paese in due.

Forse a qualcuno l'università fatta così (in mano ai baroni, con i concorsi truccati, dove i meritevoli senza santi in paradiso devono espatriare) fa comodo a tanti. E la Gelmini lo sa bene, avendo fatto l'esame di Stato proprio in Calabria.Quello che manca, alla proposta uscita dal CDM (e non dal Parlamento, al solito) è un meccanismo che permetta di controllare i controllori (altrimenti si torna alla AGCOM che controlla la Rai in mano ai partiti).

E anche un meccanismo che premi e vada a bocciare anche i rettori delle università in fondo alla lista. Perchè l'obiettivo finale e livellare verso l'alto l'offerta informativa, non dividere l'Italia in due. Questo è almeno quello che succede all'estero.

E veniamo alla questione sanità: perchè sono state commissariate solo Campania e Molise? E non anche il Lazio, la regione Sicilia (con tutti i casi di malasanità), la Calabria?
Perchè non la regione Puglia, dove in pochi anni abbiamo assistito a due scandali sanitari (versione centrodestra con l'ex governatore Fitto, versione centrosinistra con Vendola e l'assessore Tedesco e i suoi conflitti di interesse).

Al sud, è la magistratura che lo dice, i pochi giornalisti che se ne vogliono occupare, destra e sinistra pari sono. E quando le indagini fanno emergere lo scandalo, lo spreco, il malaffare, i comitati di affare tra politici, santità, amministratori locali, si grida al complotto, all'accanimento dei magistrati.

E la gente continua a doversi spostare al nord per studiare, per curarsi. E le due Italie continuiamo ad allontanarsi.
E i fondi FAS per le aree sottoutilizzate che vengono usati come Bancomat: per gli allevatori alle prese con le quote latte. Per i buchi del comune di Catania. Come ammortizzatori sociali.

Come si fa a parlare di meritocrazia, di controllo delle spesa, quando poi si tappano le ali alla magistratura contabile (la Corte dei Conti, che ha protestato sul blitz del governo).
Quando, nel l'ambito della riforma del processo penale, si toglie l'obbligo dell'azione penale, si continuano a sfornare leggi che ingolfano la macchina della giustizia?
Quando si premiano gli evasori e poi si fanno pagare le tasse ai terremotati di Abruzzo?

Quando leggi che, nonostante se ne parli da mesi, il governo (quello dei proclami antimafia) ancora non ha sciolto il comune di Fondi, per le infiltrazioni della ndrangheta?
Che ha cercato di far passare, all'interno del decreto anticrisi, il condono fiscale da più di 90 miliardi di euro per le “slot machine”.
Che proroga di un altro anno la riorganizzazione di Sviluppo Italia (il carrozzone di Stato di cui ha anche parlato Report): un gruppo di 32 società, 492 poltrone, per un costo di 6 miliardi di euro. Le poltrone dovevano passare a 25. Ma per il risparmio, il governo ha deciso che si può aspettare.

Infine, l'ultima chicca, nel DDL sicurezza, i dipendenti addetti ai voli di stato sono stati licenziati e poi riassunti dalla struttura dei servizi segreti. Tutto ciò testimonia, se si guarda ai fatti e si lascia da parte ciò che raccontano i telegiornali, l'incapacità della classe politica nel saper affrontare la crisi e i problemi interni del paese.

E all'orizzonte si profila questo partito del sud, che potrebbe raccogliere tutto il malcontento.
Perchè non è tutt'oro ciò che luccica, anche nel regno del nostro Re Sole.

Segnalazioni:
- il fango su Ignazio Marino. Quando il gioco si fa sporco, iniziano ad uscire articoli come quelli del Foglio, riportati da tutti gli altri. A chi fa paura la sua candidatura?
- le tombe fenicie a Villa Certosa. Come dice ellekappa "Da tombeur de femmes, a tombarolo de femmes ...".
- la trattativa tra Stato e mafia: nell'intervista a l'Unità, il magistrato Alfonso Sabella racconta che si poteva scoprire tutto 10 anni fa.

24 luglio 2009

Preminente interesse pubblico

Castelli autoassolto dalla Giunta per le Autorizzazioni: non potrà essere processato per diffamazione a seguito della denuncia del leader del Pdci Dliberto.

Dunque, un Ministro della Repubblica Italiana può urlare in Piazza, assieme ai "Giovani Padani": "Chi non salta italiano è" come fece Castelli, da Ministro della Giustizia, ripetiamo, Giustizia e, può anche rispondere a chi lo critica civilmente, evidenziando il vergognoso comportamento, come fece Diliberto durante la trasmissione "Telecamere":

"Piuttosto che mandare in giro a sprangare come fai tu, preferisco saltare...da ministro non sono mai andato a ricevere con tutti gli onori terroriste fatte scarcerare negli Usa" riferendosi al caso di Silvia Baraldini liberata per via di una grave malattia, ed essere "esonerato" da ogni responsabilità perché, secondo la Giunta, investita del caso dal presidente della Camera Alta, Renato Schifani, quello di Castelli
è un reato ministeriale in quanto ha agito nel perseguimento "di un preminente interesse pubblico".

Quello stesso interesse pubblico che lo portò ad urlare in una pubblica Piazza: "Chi non salta italiano è" mentre era Ministro della Giustizia, sì, Giustizia.
Altre segnalazioni:
Strano il destino. Un ministro, il cui destino deve essere deciso da un giudice della Corte costituzionale, nomina (il suo ministero in realtà) il figlio (del giudice) capo dell'Enac (A. Q.).
Il ministro è Matteoli (accusato di favoreggiamento dalla procura di Livorno).

L'accordo - le prime ammissioni

Dalle smentite secche e indignate (o i non ricordo di Mancino, allora ministro), siamo passati alle prime ammissioni.
Violante (ex presidente antimafia), sentito da Ingroia e Scarpinato: "Mori mi disse: Ciancimino vuol parlarle".

Violante ha messo a verbale di aver rifiutato qualsiasi contatto con il sindaco boss. È questa l'ultima novità nell'inchiesta sulla trattativa, che al momento è ritornata ad avere come indagati Totò Riina e il suo medico Antonino Cinà. Nessuno, prima di Massimo Ciancimino, aveva mai parlato delle "garanzie Mancino e Violante" chieste da don Vito per portare avanti la trattativa con gli ufficiali del Ros.

Non ne aveva fatto cenno Vito Ciancimino, quando nel 1993 aveva raccontato al procuratore Caselli alcuni passaggi dei suoi rapporti con i carabinieri. Di garanzie politiche non ha mai parlato neanche il generale Mori, poi diventato capo del Sisde e oggi consulente per la Sicurezza del Comune di Roma mentre è imputato a Palermo per la mancata cattura del latitante Provenzano.
Mori e il capitano Giuseppe De Donno sono stati sempre categorici: "Parlammo con Ciancimino solo per indurlo alla collaborazione". I carabinieri negano di aver mai preso in consegna il "papello" con le richieste di Riina e di averlo girato nei palazzi delle istituzioni.

L'Europeo - Cronaca nera



Otto volumi per altrettanti argomenti: si comincia, appunto, con I misteri, gli assassinii su cui non è stata fatta piena luce, come quello di Pier Paolo Pasolini, o sui quali sono ancora aperte le indagini, come quello di Simonetta Cesaroni. Si prosegue con i Cadaveri eccellenti: le storie inquietanti di Giorgio Ambrosoli, dei giudici Giovanni Falcone, eliminato dalla mafia, ed Emilio Alessandrini, ammazzato dai terroristi di Prima linea.

Di seguito il piano dell’opera:
1. I misteri (Pasolini, Montesi, Mattei, Sindona, l’Olgiata, via Poma…)

2. Cadaveri eccellenti (Calvi, Ambrosoli, Alessandrini, Ilaria Alpi, Dalla Chiesa)
3. Le assassine (Rina Fort, Bellentani, Bebawi, Guerinoni, Annamaria Franzoni…)
4. I banditi (Salvatore Giuliano, Vallanzasca, la banda della Magliana)

5. I miserabili (Primavalle, il mancino innocente, il fucile sull’isola di Cavallo…)
6. I mostri (Quelli del Circeo, Stevanin, Ludwig, Pietro Maso, il cannibale di Rotenburg)
7. Gli impuniti (Vajont, Cermis, Moby Prince, Seveso, Stava, la strage di Ustica…)
8. Assassini improbabili (Alinovi, Ghiani-Fenaroli, il caso Ramelli, Nigrisoli, il bitter alla stricnina)
Qui il link per ordinare i numeri: oggi il secondo volume "Cadaveri eccellenti".

Il decreto anticrisi pieno di emendamenti

Altri decreto, altra fiducia.
Altro decreto (anticrisi) pieno di emendamenti dell'ultimo minuto, che poco c'entrano (come un uovo di Pasqua pieno di sorprese).
Lo scudo fiscale.
La sanatoria delle badanti.
Misure più restrittive nei confronti dei possessori dei conti bancari (massimo scoperto e sulle modifiche unilaterali dei contratti bancari ).
Le autorizzazioni sulle centrali nucleari.
Innalzamento età pensionabile delle donne.

E il tutto tra una nomina di direttore di rete (Mario Orfeo), e la bocciatura (pardon, parere negativo) del CSM alla riforma del processo penale.
Sulla nomina di Orfeo, si era già scritto a suo tempo:
Sulla Stampa, per esempio, leggiamo che Orfeo, direttore del Mattino di Caltagirone (suocero di Piercasinando) potrebbe servire a “recuperare Casini al Pdl” e sarebbe sostenuto da una “cordata napoletana trasversale: Carfagna, Bocchino e in parte Quagliariello”.
E il tempo è galantuomo.

23 luglio 2009

No, non è un santo

I suoi rapporti con le escort sono forse l'aspetto meno importante e meno rilevane penalmente, del premier.
Vedere come la sua stampa si affanni a minimizzare, nascondere, certi fatti, fa quasi tenerezza.
"Non sono un santo" diceva il premier davanti ad una platea maschile, tra cui anche l'ex casto Formigoni.

Scrive
F. F., a proposito di chi sta dietro le accuse al cavaliere:
l’associazione Bo.Bi, alias Boicotta il Biscione, è operativa dal 1993 ed è giunta a contare settanta sedi; proprio Repubblica, il 26 novembre 1993, pubblicò i numeri di telefono e di fax dell'associazione e rilanciò questo invito:
«Smettiamo di comprare i giornali di Berlusconi e di fare la spesa nei suoi supermercati, ritiriamo la pubblicità dalle sue riviste e dalle sue televisioni, boicottiamo le sue reti tv». I recapiti del Bo.Bi. furono pubblicizzati anche a Il rosso e il nero di Santoro, sulla tv di Stato. Non risulta che «il Biscione» abbia mai denunciato nessuno. È un caso diverso?

Eh sì, è un caso diverso. Perchè quest'uomo è presidente del consiglio e a capo di Mediaset. Fa una bella differenza.
In merito allo scontro, di cui parla anche Wittgenstein: io non vedo nessuno scontro.
Solo una piccola minoranza di giornali parlano del caso D'Addario.
Negli altri la notizia è annacquata in altre. E dove è l'opposizione? Una minima parte dell'opposizione, si permette di rispondere alla tregua, alla pacificazione chiesta dal presidente della Repubblica.
Non è un santo: ricorre in questi giorni il ricordo della strage in via D'Amelio. Sono uscite in questi giorni dichiarazioni non facilmente decifrabili sulle bombe del 1993 e sulla trattativa.
Pure in queste vicende, è finito indagato, il nostro sant'uomo.
Ricordiamo la sentenza di archiviazione del Gip di Caltanisetta:
«Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato – scrive il gip Tona – la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell’Utri]. Ciò di per sé legittima l’ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell’Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell’organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori».
Ma «la friabilità del quadro indiziario impone l’archiviazione».
Ridurre la questione solo ad una storia di prostitute e sesso, è un errore. E la corruzione a D.M.? E il lodo Mondadori? E i rapporti con Vittorio Mangano? Da dove ha preso i soldi per iniziare?
Queste le vere domande, altro che quelle di Repubblica.
P.S. per chi interessa, la terza tranche della fiction "palazzo Chigi".

Cosa succede in Francia

"Operai francesi in rivolta. I lavoratori della New Fabris di Chatellerault, nell'ovest della Francia, una fabbrica italiana di componenti automobilistici in fallimento, sono pronti ad un gesto estremo: se i gruppi Psa Peugeot Citroen e Renault - ex clienti dell'azienda - non verseranno 30mila euro di indennità ad ogni dipendente licenziato, faranno esplodere l'impianto. L'ultimatum scade il 31 luglio. "

Quando si arriva a gesti così estremi significa che la tensione generata dalla crisi ha superato la soglia critica. E di molto.Compito della politica, in situazioni delicate come questa, è non soffiare sul fuoco. Cercare il dialogo, a tutti i costi.

Grazie al cielo a questi gesti estremi non siamo ancora arrivati qui.Ma le stime della CNEL (che qualche giornale vorrebbe abolire) parlano chiaro: a rischio 500.000 posti.
Cosa faranno queste persone? Come reagiranno?
Non prendiamoci in giro con le magie del piano case, delle misure anticrisi, dello scudo fiscale.

Forza Como

Tre grossi nomi sarebbero interessati all'acquisto del Calcio Como.
L'onorevole Daniela Santanchè, Vittorio Feltri e Marcello Dell'Utri. Voci non confermate parlerebbero di grossi nomi, su cui si farebbero pressioni per l'arrivo.

Ibraimovic.
Ronaldo (inteso Cristiano).

Si parla di un ritorno di Totò Schillaci e di un altro Totò di cui non si fa il cognome ..
Il Calcio Como ha smentito .. peccato.

Più vaccino per tutti

Le malelingue diranno che è quantomeno incoerente tagliare il Welfare e poi parlare di vaccino per tutti.
Le solite malelingue diranno che questa vicenda (H1N1) ricorda un pò la storia dell'aviaria (raccontata da Report), la pandemia che non esplose.

Ma che permise all'industria che produceva il vaccino Tamiflu (e ai suoi soci come Donald Rumsfeld) grossi guadagni.
Ma noi che malelingue non siamo, diciamo che il governo sa quello che fa.

Certo, poi una pensa alle tanti morti per amianto (e ai vertici della Eternit rinviati a giudizio), per polveri sottili, e qualche dubbio gli viene ..

22 luglio 2009

Le due guerre di Gian Carlo Caselli

Le due guerre. Perchè l'Italia ha sconfitto il terrorismo e non la mafia.

Un piccolo libro, ma che contiene un mondo dentro.

I ricordi di una vita da magistrato passata (e non è la solita metafora) in trincea. Prima contro il terrorismo a Torino come giudice Istruttore, poi a Palermo, come Procuratore Capo.
Negli anni in cui l'Italia sembrava poter (e voler) vincere la sua battaglia contro la mafia: gli anni delle stragi e del sangue. Ma anche la stagione dei pentiti di mafia, che permisero lo smantellamento, almeno dell'ala militare di Cosa Nostra.
E quei processi che iniziavano a scalfire, a toccare il terzo livello: i rapporti tra mafia e politica.
Il processo a Contrada. Ad Andreotti (condannato per associazione mafiosa fino al 1980, reato poi prescritto), a Carnevale, a Mannino.

Perchè l'Italia è riuscita a sconfiggere il terrorismo, negli anni 70/80 e invece non è riuscita a fare altrettanto con la mafia?
Gian Carlo Caselli risponde a questa domanda motivandola con la differente natura tra Brigate Rosse e mafia.
La mafia è dentro il sistema, non estranea. Non è estranea alla borghesia, alla politica, alla società.
Un libro pieno di ricordi: uno di questi dedicato alla sua scorta, anzi alle sue scorte. Quella che lo seguiva quando, come giudice istruttore dava la caccia ai brigatisti responsabili dei sequestri Amerio e Labate, dopo il 1974. Delle morti dei giudici Alessandrini e Guido Galli. E quella, molto più restrittiva e soffocante, degli anni di Palermo, affidata agli agenti dei Nocs.

Alla chiesa in Sicilia e ai tanti preti che, nelle loro omelie, si dimenticano di vivere in terra di mafia.

Un ricordo, che si capisce essere molto sentito da Caselli, è quello dedicato a tutti i colleghi morti nelle due battaglie combattute.
Emilio Alessandrini, ucciso da Prima Linea il 29/1/1979.
Guido Galli, ucciso da Prima Linea il 19/3/1980.
Francesco Coco, ucciso dalle Brigate Rosse a Genova l'8 giugno 1976 .
Vittorio Bachelet, vicepresidente del CSM, ucciso il 12/2/1980.
Bruno Caccia, procuratore a Torino ucciso dalle BR il 26/6/1983.
Felice Maritano maresciallo dei carabinieri ucciso dalle Br il 15/10/1974.
Rosario Berardi, maresciallo della polizia, ucciso dalle BR il 10 marco 1978.
Antonio Esposito (inventore dell'indagine catastale sui covi delle BR), commissario di PS, ucciso 21/6/1978.
Il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, capo della brigata antiterrorismo, che collaborò a lungo con Caselli. Prma di morire ucciso in via Carini il 3 settembre 1982.

Nel suo racconto della lotta alla mafia, Caselli racconta degli anni della mattanza: la morte dei giudici Chinnici; la nascita del pool e il maxiprocesso che mise alla sbarra decine di boss.
Le calunnie che iniziarono ad arrivare sul pool di Palermo, in particolare su Giovanni Falcone, Paolo Borsellino.

Il primo denigrato dall'articolo di Sciascia "I professionisti dell'antimafia", per cui fu malamente informato da qualche mala voce.Il secondo costretto ad andarsene da Palermo, per arrivare a Roma a capo del D.A.P.

Destino comune di tutti i magistrati che, nella lotta alla mafia, cercano di avvicinarsi ai fili che legano mafia e potere politico è quello di finire in un giro di calunnie. Finire loro, e non i mafiosi, sotto processo da parte della stampa, del parlamento a Roma.
Tanto eroi da morti, tanto denigrati, accusati, infangati da vivi, i nostri eroi. Tanto che viene da chiedersi se veramente ce li meritiamo.

Come si è vinta la battaglia contro il terrorismo?
Con la specializzazione e la centralizzazione. In una parola, il pool di Caselli.
Schema applicato, con successo, anche a Palermo da Chinnici prima e Caponnetto poi, contro la mafia.
E anche grazie ai pentiti.

Nei capitoli "visti da vicino", Caselli racconta del suo rapporto con alcuni pentiti delle Br: Patrizio Peci e Roberto Sandalo. Pentiti perchè resisi conto della sconfitta del terrorismo: inutile ripetere qui quanto male abbia fatto alla lotta dei sindacati, ai diritti dei lavoratori, tutto quel sangue e tutte quelle morti.

Una citazione particolare l'hanno meritata Alberto Franceschini, per il suo comportamento provocatorio e aggressivo, Mario Moretti l'enigmatico capo dell'ala militarista e Toni Negri, il cattivo maestro, e Silvano Girotto, infiltrato (con molti punti oscuri) dei carabinieri nelle Br.

Senza i pentiti, le BR forse non si sarebbero sconfitte: senza la legge sui pentiti, che garantiva benefici. E anche alla legge che permetteva la dissociazione (una soluzione "politica" la chiama Caselli) dei brigatisti.

Pentiti delle BR e pentiti di mafia. I secondi lo facevano non per motivi ideologici, ma solo quando capivano che in quel momento lo Stato (e non la mafia) era vincente nella battaglia.
Il fatto che oggi grossi pentiti di mafia non ce ne siano, fa capire da che parta penda l'ago della bilancia.

L'ultimo capitolo è una sorta di sassolino nella scarpa contro due senatori a vita su cui Caselli si è dovuto occupare, professionalmente parlando: Francesco Cossiga e Giulio Andreotti.
"Le parole sono pietre": pietre pesanti come gli insulti che Cossiga ha rivolto all'autore (in buona compagnia con tanti altri giornalisti).
Il motivo del risentimento è dovuto ad una vicenda avvenuta nel 1980.Dopo il suo pentimento, Roberto Sandalo raccontò dell'appartenenza a Prima Linea di Marco Donat Cattin, figlio di Carlo Donat-Cattin, figlio del vicepresidente della DC.
Dalle rivelazioni, emergeva una eventuale copertura data al terrorista: Caselli e il suo pool trasmisero gli atti al Parlamento, che negò l'autorizzazione a procedere.

Su Andreotti, Caselli ricorda la sentenza della corte di Appello, ribadita dalla Cassazione (che dovrebbe essere il massimo organo giudiziario):
"E, in effetti, siccome emerge dalla narrazione che precede, la Corte palermitana ha ritenuto provato che il sen. Andreotti avesse avuto piena consapevolezza che i suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; che avesse, quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; che avesse loro palesato una disponibilità, non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; che avesse loro chiesto favori; che li avesse incontrati; che avesse interagito con essi; che avesse loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, ad ottenere che le sue indicazioni venissero seguite; che li avesse indotti a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come appunto l’assassinio del Presidente Mattarella), nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; che avesse omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all’omicidio del presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza."

Andreotti non è stato assolto dunque. Come non è inutile discutere e commentare questa vicenda, la sentenza e i suoi riflessi sulla nostra storia.
Il libro termina con uno sprone e una speranza,per il lettore e ai tanti giovani: "il futuro è dentro noi", sta anche a noi decidere come e in che mondo vivere. E il futuro non è immutabile.
Possiamo cambiarlo e vincere anche la guerra alla mafia.
Lo testimoniano tutte le associazioni e antiracket, antimafia, come Libera, Addio pizzo, Ammazzateci tutti.

Per ordinare il libro su ibs.
Il sito dell'editore Melampo.
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