30 marzo 2022

Gli impegni

Gli impegni si rispettano, ci mancherebbe. Anche quelli sottoscritti otto anni fa tra un governo e i vertici della Nato. 

Ma se in mezzo c'è stato il Covid, la crisi, se in questi otto anni pochi tra i paesi della Nato hanno rispettato questo impegno di portare la spesa militare al 2%.

Impegno che non ha nulla a che vedere con la guerra in Ucraina, questa spesa non impatterà le nostre forze nei prossimi mesi e se la guerra dovesse andare oltre avremmo ben altri problemi (di cui ha parlato egregiamente Presadiretta lunedì sera).

Scrive Robecchi

Qualcuno – temerario – spiega che questo benedetto aumento delle spese militari non c’entra nulla con l’invasione russa dell’Ucraina, che se ne parla da tempo, che gli americani ce lo chiedono da anni, ed ora – vedi a volte le coincidenze – è venuto il momento. Per inciso, i dati Sipri (Stockholm International Peace Research Institute, uno degli osservatori più qualificati sul mercato degli armamenti) dicono che la Nato spende ogni anno circa 17 volte quello che spende la Russia, e anche togliendo le cifre spaventose degli Stati Uniti, calcolando soltanto le spese militari attuali di Italia, Francia, Germania e Regno Unito, si ha quasi il triplo della spesa militare russa. Pare che non basti.

A cosa servirà questa spesa? Da dove prenderemo questi 12-13 miliardi? Quale altra spesa taglieremo? Tutte domande a cui i tifosi del 2% non rispondono. Le armi servono, come la serva, per la nostra sicurezza. E poi ci saranno ricadute occupazionali, anche per l'industria civile (cosa falsa, come si è visto per il caccia F35 che verrà solo assemblato a Camerino). 

Vorrei solo che i nostri rappresentanti rispettassero anche gli impegni presi con gli elettori, anche se si tratta di governi tecnici che avrebbero dovuto portarci fuori dalla crisi.

29 marzo 2022

Il Gigante e la Madonnina di Luca Crovi

 

Questa è la storia di un re, di un nano e di un gigante. L’avventura di un re senza corona. La confessione di un nano che si smarrì in un circo. La leggenda di un gigante che era talmente gentile da piangere se atterrava un avversario.
La favola di un re che sapeva cantare e suonare. La vicenda di un nano che ballava in sella ai cavalli. La cronaca di una cattedrale sconsacrata a causa dei morti innocenti.

E di una regina, una regina che scruta Milano dalla cima del Duomo, el Domm, una regina “tutta d’oro e piscinina” che veglia e protegge i milanesi nelle tante disgrazie che sono capitate nei suoi secoli di storia, sin dalla sua nascita, nel 1774.

Questo terzo capitolo della serie di Luca Crovi nella Milano del commissario De Vincenzi è, come i precedenti, un’occasione per andare a scoprire tanti episodi della storia passata della città, non solo gli episodi ambientati negli anni del racconto (veri, come veri sono i personaggi della storia).
Ma al centro di tutto c’è la “Madunina” che dall’alto tutto vede e tutto osserva ed è testimone, muta, delle tante disgrazie che capitano, come quelle tre persone che, a distanza di pochi anni, decidono di suicidarsi gettandosi dalla cima del Duomo, come don Mario Spinelli, un prete della diocesi di Como. O sparandoci alla testa in cima alle scale della cattedrale, come l’oste Giovanni Sagace.

Sono dei suicidi come i tanti che, purtroppo, capitano in una grande città, oppure dietro quelle morti si nasconde dell’altro? Forse qualcuno ha spinto quelle persone a compiere quell’ultimo drammatico gesto?

Sono questi i dubbi che girano per la testa del commissario De Vincenzi, “poeta del crimine” (come veniva chiamato nel mondo della ligéra che aveva imparato a rispettarlo per i suoi modi) che in questi anni, a cavallo del 1930, si trova in una situazione difficile. Il fascismo ha ormai rivelato il suo volto totalitario e Mussolini stesso, nel suo discorso del 26 maggio 1927, la polizia che va rispettata e temuta, il cittadino prima del bisogno della cultura deve sentire il bisogno dell’ordine

In un certo senso si può dire che il poliziotto ha preceduto, nella storia, il professore, perché se non c’è un braccio armato di salutari manette, le leggi restano lettera morta e vile.
Mussolini aveva portato avanti una sua pulizia all’interno della Questura milanese cacciando via tutti gli elementi non sufficientemente fedeli al regime, essere buoni poliziotti o men non importava più. Specie se certi poliziotti avessero voluto vederci chiari nei traffici illeciti dei gerarchi fascisti e dei loro protetti, come il mondo delle scommesse, dei ricatti o del traffico di moneta falsa.

In questo campo Milano era diventata la capitale dei soldi falsi i cui vertici arrivavano “all’ex segretario federale del Partito fascista Mario Giampaoli e a un certo Olindo Albertini, che da tempo lavorava al suo servizio”.

L’indagine su quegli strani suicidi, come quello di don Mario nel 1921 che prima di morire aveva confidato all’arcivescovo Ferrari i suoi turbamenti. L’inchiesta sui falsari e il giro grosso che arrivava agli intoccabili del partito.

C’è poi la storia del re di Milano, ovvero Giovanni D’Anzi, Giuanin, il figlio di emigrati pugliesi che da un piccola osteria in viale Monza divenne un famoso musicista, perché lui era predestinato a diventare un re, l’importante è non perdere la speranza, essere consapevoli del talento.

«Glielo dico per il suo bene. El Giuanin el gh’ha di manin d’or. El me par de sent i angel quand el fioeu tuca el pian.»
Da quel giorno il maestro Rusconi insegnò al Giuanin tutti i suoi segreti.

Le parole della celebre canzone “O mia bela madunina” sono sue, cantate per la prima volta a Milano nel 1934, in un momento in cui nel paese e anche a Milano furoreggiavano le canzoni in dialetto napoletano.

Il gigante è Primo Carnera, il pugile friulano che i suoi tifosi chiamavano “la montagna che cammina” mentre per i detrattori era “la montagna di gorgonzola”. Una montagna con un cuore d’oro, tanto da interessarsi alla sorte di quel piccolo bambino scappato da casa, a Novara, per assistere all’incontro del suo mito, nell’incontro di pugilato contro Hans Schönrath di quel maggio 1932.

«E perché? Sei scappato di casa?»
«Voglio andare a vedere il Gigante.»
«Chi?»
«La montagna che cammina.»

Sarà il commissario De Vincenzi ad aiutarlo a raggiungere il suo sogno e a sventare un ricatto contro Carnera da parte di qualcuno che aveva scommesso contro di lui.

Infine, il terzo protagonista dell’incipit, il nano “bagonghi”, così era chiamato Giuseppe Bignoli, altezza settantacinque centimetri, pochi per fare una vita normale (sempre che questa normalità voglia dir qualcosa), ma l’altezza giusta per diventare un star del circo e diventare l’idolo delle folle per la sua capacità di danzare letteralmente sui dorso dei cavalli.

Oggi il termine bagonghi, quasi desueto, indica “chi appare goffo e con abiti troppo grandi per la sua misura”, ma in realtà Giuseppe Bignoli vestiva molto elegante e amava guidare la sua auto, una Fiat costruita su misura, in modo estremamente sportivo per i tempi

.. il Giuseppin Bignoli venne a sapere per caso da un vicino la storia del piccolo Giacomo Marini, scappato dalla casa della zia a Novara per andare a incontrare Primo Carnera a Milano.

Tutte le storie raccontate finora nel libro, il ritorno di Carnera a Milano, l’incontro tra il nano Bignoli e il piccolo Giacomo, i perché di quegli strani suicidi (su cui perfino il cardinale Shuster voleva far luce), i traffici sporchi protetti dalla camicia nera, troveranno una soluzione comune nel finale che culmina col racconto della prima apparizione in pubblico di quelle celebri strofe

O mia bela Madunina che te brillet de lontan

Tuta dora e piscinina, ti te dominet Milan.

Si legge veramente con grande interesse e facilità questo terzo romanzo dedicato alla storia milanese (dopo i precedenti L’ombra del campione e L’ultima canzone del Naviglio) dove tutti gli episodi, i personaggi sono stati ricostruiti andando a pescare nella memoria dei testimoni e negli articoli dei giornali d’epoca (come il Corriere): l’incendio della vecchia stazione di Milano il 31 gennaio del 1923, la bomba scoppiata alla Fiera di Milano e la morte di Romolo Tranquilli, il ragazzo arrestato all’indomani della strage come presunto colpevole e sottoposto a torture dai fascisti.
Qua e là compaiono omaggi a scrittori viventi (come un certo Riccardo Besola, pianista) e ad altri come il maestro Camilleri, il cui zio Carmelo Camilleri era stato poliziotto a Milano.
Fedele la ricostruzione del dialetto, di quell’Italia e di quella Milano non ancora metropoli ma già pronta ad accogliere le tante persone che qui arrivavano a cercar fortuna, perché qui “
se sta mai coi man in man ”.

La scheda del libro sul sito dell'editore Rizzoli e il PDF del primo capitolo

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

Presadiretta – cessate il fuoco

Ultima puntata per questa stagione di Presadiretta dedicata alle due guerre: quella in Ucraina dove tutti vogliono la pace, ma solo a parole. E la guerra nascosta contro il covid, con gli ospedali ancora in difficoltà e i cui sintomi si sono abbattuti contro i più giovani.

Un mese di guerra è passato e questa diventa più cattiva e insidiosa, non solo nelle parole, ma anche col rischio che si allarghi all'uso di armi chimiche.

Con quali armi si sta combattendo in Ucraina, cosa vogliono e cosa pretendono i mediatori, quale la linea rossa oltrepassata la quale la pace si allontanerà per sempre?

Il consigliere politico di Naval’nyj

Per capire cosa passa in testa a Putin Presadiretta ha intervistato il consigliere politico di Naval’nyj, Vladimir Milov: Naval’nyj ha lavorato nei settori critici del paese come quelli energetici e oggi è in Inghilterra, dove è stato avvelenato col Polonio.

Putin ha attaccato Naval'nyj perché quest'ultimo da anni denuncia il suo sistema: il suo yacht, la dacia sul lago dove era stato ospite anche Berlusconi, su un terreno dello stato.

Sono stati denunciati anche gli affari privati del ministro Lavrov, del portavoce della comunicazione Peskov, un sistema di arricchimenti personali e di corruzione, coi soldi nascosti nei paradisi fiscali.

Un sistema clientelare che sta arricchendo gli oligarchi vicini a Putin e che sta però uccidendo la Russia: le persone non possono curarsi perché gli ospedali non funzionano.

La giornalista ha chiesto se sia possibile arrivare ad un colpo di stato in Russia:

in questo momento gli imprenditori, le elite, odiano Putin perché ha disconnesso la Russia dal sistema globale, dal mondo, e ci sono anche molte persone nel suo governo che vorrebbero deporlo. Ma è molto difficile perché Putin ha una sua guardia personale di fedelissimi agenti strapagati, con un extra budget segreto, un apparato di intelligence di circa 50 mila persone che controlla tutti quelli che entrano in contatto con lui. Anche nel suo entourage stanno bene attenti a parlar bene di lui, anche quando ci si incontra da soli, perché sanno che qualsiasi informazione verrà riferita al capo. L’unica strada è introdurre sanzioni ancora più pesanti, possono fare davvero la differenza perché pezzi importanti del cerchio magico di Putin potrebbero abbandonarlo.”

Una crepa si è aperta nella cerchia di Putin: Borisovic Chubais, un amico stretto di Putin e artefice delle privatizzazioni ai tempi di Eltsin è scappato dalla Russia coi suoi segreti sui soldi e sui segreti della cerchia di Putin.

La situazione in Ucraina

Le ultime notizie dal fronte russo sulla guerra risalgono al 24 marzo: in una conferenza un generale russo ha raccontato di come i risultati della prima fase siano stati raggiunti e che ora la guerra si sposterà nella zona est del Donbass e, purtroppo, con la stressa a Mariupol, la città martire.

Qui le persone vivono nei rifugi senza acqua e senza cibo: Mosca vuole cancellare la città dalla faccia della terra – accusa il sindaco della città.

La guerra al sistema sanitario ucraino

Sono 72 gli ospedali e i presidi sanitari colpiti dai russi con l'obiettivo di rendere la vita della popolazione civile impossibile.

Come Yulia, madre di una bambina disabile, con una madre non autosufficiente: non può scappare da Kiev ed è rimasta bloccata in mezzo ai bombardamenti, senza assistenza.

Mancano le medicine, perché un deposito di medicinali è stato bombardato: ogni volta che c'è un raid la figlia si rifugia in corridoio, per la paura.

Questa è una guerra contro i civili” racconta un medico, non è una guerra contro i governi: una guerra contro persone che non possono curarsi, tutto è un bersaglio, persino gli ospedali oncologici. Al 23 marzo sono 65 le strutture danneggiate, 9 i medici morti: questi attacchi devono cessare, racconta un portavoce di una ong, perché si impedisce alle persone di curarsi. I volontari di MSF si eserciti in situazioni con feriti di massa, addestrandosi a riconoscere velocemente chi curare e chi no, in base alle ferite sul corpo.

A Kiev, al centro cardiologico sono curati i bambini orfani, che non potevano essere curati altrove: qui ci sono bambini che dovrebbero essere operati, in condizioni critiche, perché i letti non possono essere tenuti occupati a lungo, per l'arrivo dei feriti.

A Kiev arrivano rifugiati senza vestiti, senza cibo e all'ospedale cercano di dare loro assistenza, come possono.

A Leopoli le madri fanno partorire i figli in bunker sottoterra, sempre per timori dei bombardamenti: qui Yuri e la moglie sono stati accolti a Leopoli dalla comunità di Sant'Egidio.

Il covid si aggiunge al problema delle bombe: non ci sono statistiche e non ci sono strumenti per curare i malati, le bombe contro gli ospedali cono crimini di guerra, spiega un funzionario di Human Right Watch, i responsabili devono essere presi e condannati per mandare un messaggio a tutto il mondo, come non è stato fatto un Yemen e negli altri teatri di guerra.

La comunità di Sant'Egidio

Ospite in studio l'ex ministro Riccardi a cui Iacona ha chiesto “con tutti i mediatori in Europa, come mai in un mese non si sia riusciti ad imporre un cessate un fuoco, che blocchi questi massacri?”

Dobbiamo impedire che questa guerra diventi come la Siria o come la Georgia: davanti a questo orrore, cosa impedisce un cessate il fuoco, mi sono interrogato sulle volontà della Russia che ha invaso l'Ucraina. Ma anche sulla volontà della comunità internazionale nel cercare una via d'uscita, tante telefonate eppure si combatte ancora.

Da una parte Putin che cerca territori da conquistare dall'altro Zelenski che rivendica la vittoria nell'aver respinto la Russia e che chiede più armi: gli Ucraini, una popolazione divisa in tante etnie, si è dimostrato unito, ha scelto di combattere contro gli invasori e questo ha sorpreso Putin.

Ogni giorni muoiono bambini, muoiono ragazzi russi e ucraini: serve il cessate il fuoco, serve la volontà per imporre il cessate il fuoco.

Le faticose settimane di mediazione

C'è stata la mediazione tra Macron e Putin, nel febbraio scorso, dove si evocavano gli accordi di Minsk per bloccare i venti di guerra. Questi sono gli accordi firmati nel 2014 dopo l'invasione della Georgia, ma non sono mai stati rispettati a partire dal cessate il fuoco, da entrambe le parti. Ma a febbraio Putin tira fuori la questione che lo interessa, l'ingresso della Nato dell'Ucraina e la minaccia di una guerra che coinvolgerà l'Europa.

Arriva a fine febbraio la guerra voluta da Putin e per questo oggi il presidente russo non può fermarsi, non può tornare indietro senza aver nulla in mano perché perderebbe la faccia.

Dopo Macron tocca ad Israele la mediazione, passano i giorni e non succede niente, fino ad una nuova mediazione dei turchi: “vediamo che le parti sono vicine ad un accordo” dice il ministro turco, ma ancora nessun accordo.

Nel frattempo il presidente ucraino appare in video, rivendicando i successi della resistenza, la pace non arriva perché le due parti vogliono arrivare alle trattative dalla posizione di maggior forza. Nel frattempo nessuna super potenza è scesa in un ruolo di vera mediazione: servono nazioni grandi non la Turchia o Israele. In questa partita politica il convitato di pietra è la Cina, che ora teme le sanzioni internazionali per la sua alleanza con la Russia.

La Cina è di fronte ad un dilemma: sfidare l'ordine americano, sostituendoli nel ruolo di egemonia politica ed economica, oppure tenersi lontano. Se volessero mettersi in un ruolo di mediatore e poi fallissero l'obiettivo, sarebbe un danno di immagine per il presidente cinese.

A chi conviene questa guerra che sta armando mezzo mondo e che ha rinvigorito la Nato, in crisi dai tempi di Trump? A chi conviene questo crescendo della tensione?

Il professor Natalizia parla di equilibri globali, sopra la guerra in Ucraina: il passaggio verso un nuovo modello di ordine mondiale dopo la guerra fredda, tra Cina, Russia e Stati Uniti.

Gli ultimi negoziati tra Russia e Ucraina

Domani ci sarà una due giorni in Turchia, con Erdogan fiducioso di portare avanti una trattativa: forse quello del presidente turco è solo ottimismo, ma Erdogan ha interesse nel fermare il conflitto, ha aperto entrambi i canali verso Kiev e Mosca, aveva condannato la presa della Crimea ma allo stesso tempo non ha rotto i rapporti con Putin.

Attenzione però, ha commentato Iacona, nelle ore in cui Biden dava a Putin del macellaio, Erdogan sosteneva che al presidente russo si deve far trovare una via d'uscita, un taglio pragmatico per fermare la guerra.

Ma su quali basi? Lo ha raccontato Lucia Goracci, parlando di neutralità dell'Ucraina, nessuna adesione all'alleanza atlantica, la garanzia di potenze straniere per questo accordo. La Russia chiede la fine delle misure contro l'uso della lingua russa, la denazificazione del paese, la conquista di Mariupol (che chiude il mar D'Azov all'Ucraina). C'è da chiarire il ruolo del Dombass.

Il ruolo europeo nella guerra in Ucraina

Siamo già coinvolti in questa guerra: l'esercito ucraino ha fermato i carri russi, grazie agli aiuti degli Stati Uniti che hanno speso 3 miliardi di euro per l'addestramento e l'armamento dell'esercito. LE spese militari dal 2015 sono decuplicate, con nuove armi sofisticate anche contro la guerra elettrica: ma l'integrazione tra Nato e forze ucraine va avanti da anni, anche nella base Nato bombardato qualche settimana fa vicino la frontiera polacca.

Tra la fine del 2021 e il 2022 questo paese ha ricevuto aiuti che hanno impedito il crollo del paese: oggi Zelenski sta chiedendo nuove armi alla Nato e alle nazioni europee, cosa che potrebbe alzare la tensione di Putin contro l’occidente, sarebbe un inserimento ancora più massiccio nell'intervento.

Decisive sono le informazioni sulle mosse dell'avversario, movimento dei mezzi, approvvigionamenti, tutto questo avviene grazie ai droni che controllano dall'alto la situazione a terra. Siamo già in guerra allora, come belligeranti?

Al vertice del 23 marzo della Nato si è deciso di fornire altre armi e arrivare a nuove sanzioni, ma niente aerei e niente carri armati al momento, ma le ultime dichiarazioni di Biden di questi giorni fanno pensare che le cose stiano cambiando: si sta preparando un cambio di regime a Mosca, con un colpo di stato?

Gli Stati Uniti stanno portando avanti una guerra per procura per colpire la Russia di Putin usando l'Ucraina come proxy?

E dove sta la linea della Russia? Noi forniremo all'Ucraina armi anti carro, addestramento nell'uso dei droni, come reagiranno i russi di fronte a questa nostra ambiguità?

Siamo di fronte ad una linea rossa mobile, i russi potrebbero cambiare la percezione del nostro intervento, se dovessero cambiare le cose sul campo.

Ha ragione papa Francesco quando ha condannato la spesa per comprare più armi, in risposta a quanto sta succedendo. Una pazzia. Serve un modo diverso per governare un mondo, ormai globalizzato.

Il messaggio del papa è anche politico – spiega Riccardi: abbiamo dimenticato il discorso della pace, ci siamo dimenticati della guerra, di cosa è stata la seconda guerra mondiale, si sta rivalutando l'idea di guerra come forma di risoluzione dei problemi, guardiamo come parlano i leader, questa non è diplomazia. La pace è il bene dell'Ucraina, dell'Europa e del mondo intero: ci troviamo di fronte ad una guerra, l'evento più grave dal 1945, con un paese belligerante che ha l'atomica. La guerra potrebbe diventare come in Ucraina, durare anni e potremmo anche dimenticarcene.

Le armi nucleari

In questi giorni c'è una esercitazione Nato ai confini della Russia, in Norvegia. Dall'altra parte ci sono i sommergibili russi con le testate nucleari. Putin in un suo discorso ha già parlato di allerta speciale mettendo in allerta l'arsenale nucleare, il giornalista Marzio Mian che era per lavoro in quella zona ha testimoniato alla trasmissione movimenti di truppe e di mezzi come se si fosse dentro una guerra, “si sentiva nell'aria la minaccia nucleare”.

Anche Biden ha detto che si potrebbero usare queste armi: ci si sta preparando da tempo a questa dottrina, usare le armi nucleari come deterrente, per lanciare un segnale all'avversario.

Entrambi le superpotenze hanno aumentato il loro arsenale nucleare con armi sviluppate per essere usate in modo più semplice, come se fossero armi da usare in scenari di guerra militari, sono le armi tattiche meno potenti ma non meno pericolose.

Sono armi meno distruttive, dieci o venti volte di Hiroshima, ma che non fanno meno paura: queste arme sono presenti anche in Italia e saranno messe anche sugli F35 che noi italiani stiamo comprando.

Questi aerei sono pronti per partire col loro carico nucleare, da Aviano e da Ghedi, senza nemmeno che l'esercito americano sia costretto ad avvisarci.

Nel 2017 la Russia e i paesi della Nato come l'Italia non hanno firmato l'accordo per eliminare le armi nucleari: queste armi servono a questi paesi per portare avanti un ricatto, come quello di Putin all'Europa, non interferite con la guerra in Ucraina altrimenti uso le armi nucleari.

In uno scenario di guerra nucleare, che oggi non è più tabù, l'Italia sarebbe spazzata nei primi dieci minuti.

Oggi la guerra è troppo pericolosa per combatterla” commenta Riccardi, il rischio è di cadere di guerra in guerra nella distruzione del mondo.

A vedere questa Europa, con la sua cultura, con la sua economia, che sia fuori dai giochi diplomatici è una cosa incredibile – rispondeva Iacona alle parole dell'ex ministro: serve arrivare ad una politica estera europea, una politica comune di difesa europea non dipendente dall'America o ricattabile dalla Russia o dalla Cina.

Non perdoneremo mai ai grandi della terra una escalation militare, né a Putin né agli altri.

In un mondo ancora sotto choc per la pandemia, sei milioni di morti, i soldi dovevano andare alla cura, a chi ha perso il lavoro e la salute, a mettere a posto il sistema sanitario nazionale.

Il sistema sanitario dopo il covid

Per mostrare la situazione del sistema sanitario e della sua prima linea, Presadiretta ha passato una notte al pronto soccorso del Pertini a Roma: pazienti che cercano un posto rimanendo fermi nelle lettighe delle ambulanze nei corridoi del PS perché mancano posti, perché la capacità assistenziale nei reparti è inferiore al numero di pazienti che arrivano col 118.

Il tempo di attesa per un posto in reparto è superiore alle due ore, possono passare anche giorni fermi nel Pronto Soccorso dove ricevono le prime cure, senza privacy, senza un vero letto, dove le persone perdono la cognizione del tempo.

Il covid ha peggiorato il fenomeno del “boarding”, ovvero la permanenza in Pronto Soccorso: qui il lavoro si moltiplica per il virus, per i tamponi, per le corsie separate, per le terapie intensive separate dentro la zona di soccorso.

Al Pertini nell'area di soccorso covid per 30 pazienti c'è un solo dottore, poi ci sono anche pazienti più gravi: mancano medici e mancano anche infermieri per l'assistenza, anche qui siamo in guerra, in trincea.

I reparti stanno in piedi grazie al sacrificio dei medici e del personale: il ssn sta perdendo una delle sue colonne, manca il 30% di medici, mancano le risorse umane per coprire i turni al pronto soccorso, non si vedono vie d'uscita perché non si riescono ad assumere più persone, nessuno vuole entrare a lavorare in queste situazioni.

Si sta negando un diritto alle persone e si sta mettendo in crisi la sicurezza nei reparti: tutto questo è legato al taglio dei costi nella sanità cominciato con la “cura” del governo Monti.

Quello che è avvenuto in questi dieci anni è stato un massacro sulla sanità, abbiamo perso 173 ospedali, 42 mila sanitari, con decine di migliaia di posti letti in meno: questo vuol dire maggiore occupazione nei Pronti Soccorsi e nella medicina di urgenza, un imbuto da cui viene schiacciato.

Ma a questo si è aggiunto anche il covid e gli interventi saltati per la pandemia: 2 milioni di ricoveri, 600mila interventi chirurgici programmati, 14 milioni di visite specialistiche, questi sono i numeri degli interventi saltati nel 2020 per il covid.

C'è poi un'altra malattia, quella del disagio mentale che colpisce i giovanissimi, gli adolescenti: per loro non esiste offerta pubblica per curarsi dal sistema sanitario.

Sono ragazzi che durante la pandemia, per colpa della fragilità emotiva, per la fine della socialità, sono caduti in depressione.

Almeno il 16-20 % degli adolescenti soffre di depressione, racconta Stefano Vicari del Bambin Gesù: ragazzi poi ricoverati in ospedale, perché per esempio hanno cercato di suicidarsi.

Ansia, depressione, anoressia: la pandemia ha fatto sentire i ragazzi soli e abbandonati, l'età media dei ricoveri si è abbassata da 15 a 13 anni.

Ci sono regioni che non hanno nemmeno posti letto per l'accoglienza di questi adolescenti.

Presadiretta ha raccolto la testimonianza di Ella, una di questi adolescenti: dopo un atto di autolesionismo è stata ricoverata al Policlinico Umberto I, dove ci sono 14 posti letti, sempre pieni e dove i medici cercano di rimettere assieme i pezzi di giovani che si sono persi.

La rete di assistenza territoriale per neuropsichiatria è in affanno, anche in Lombardia che pretende di essere la regione virtuosa in ambito sanitario: mancano posti per la psichiatria infantile, per ragazzi con problemi perché le strutture sono fatiscenti, i medici nelle strutture non hanno contratti stabili, la regione non investe in questo settore a sufficienza.

Così, chi può, si rivolge al privato. E chi non può, non può scegliere di curarsi.

L’Europa che blocca i migranti alla frontiera

Altro che guerra, altro che armi, ecco dove dobbiamo mettere i soldi: nella cura delle persone!

Ma l'Europa ha messo a bilancio 35 miliardi per la gestione delle frontiere, miliardi per alimentare un'industria che controlla le frontiere, per bloccare i migranti, non gli ucraini, ma tutti gli altri.

Droni, sistemi di riconoscimento facciale, muri di contenimento: l'industria che si occupa di questi sistemi diventa sempre più florida, per realizzare muri virtuali sempre più grandi.

Anche la nostra Leonardo sta lavorando ad un drone che presidierà le frontiere, pagato coi nostri soldi.

A far da apripista è stata la Grecia, paese andato quasi in default che oggi spende milioni per droni e per cannoni che fanno un rumore tre volte superiore alle soglia tollerabile per far scappare i migranti.

Io ringrazio la Grecia per essere il nostro scudo” dice la Von der Leyen: l'Europa ha investito 720 milioni per trasformare le isole a Samos, dove sono reclusi i migranti, in lager tecnologici.

La parola accoglienza nei confronti di altre persone è qui bandita. Un sistema altamente tecnologico controlla da remoto tutti i campi, questo il compito del ministero dell'immigrazione.

Si chiama Centaur il sistema di monitoraggio, un grande fratello che sta oggi suscitando l'interesse degli altri paesi europei che vorrebbero replicare nei loro paesi.

Per l'Europa il campo di Samos è una pietra miliare della politica dell'immigrazione: eppure sono dei carceri, con tanto di filo spinato. Dove stanno i principi democratici tanto sbandierati oggi per la guerra in Ucraina?

L'Europa volta la testa dall'altra parte di fronte a queste violazioni dei diritti umani, di fronte ai respingimenti alla frontiera o in mare, nel Mediterraneo. Dai guardia coste greci o dai guardia coste libici.

Vergogna, vergogna vergogna!!!

Non possiamo accettare il doppio volto dell'Europa nei confronti dei profughi ucraini, a cui diamo assistenza e uno status di protezione, anche da parte degli stati che nel passato non hanno accettato profughi con la pelle dal colore scuro.

Da questa guerra i primi a rimetterci saranno i paesi poveri nel mondo, i maggiori importatori del grano ucraino e russo che domani non avranno più cibo: la guerra causerà la peggiore carestia mondiale, salirà l'inflazione, si altera la politica energetica, non si troverà il vaccino per tutti, non si combatteranno i cambiamenti climatici …

Dobbiamo fermare la guerra, non abbiamo alternative.

28 marzo 2022

Anteprime Presadiretta – cessate il fuoco

A parole vogliono tutti la pace nei fatti però si continua a combattere, con quali armi, con quante forze e fino a quando e a chi fa comodo questa guerra? Inizia con queste domande l’anteprima dell’ultima puntata di Presadiretta di questo inizio 2022: ad un mese dalla guerra si continua a combattere, il conflitto non risparmia le vite dei civili, vengono colpiti gli ospedali. Quegli ospedali che potrebbero curare anche le persone che si ammalano per il covid, visto che la pandemia non è stata ancora debellata, nemmeno in Italia: dall'inizio del conflitto ci sono stati 72 attacchi a ospedali, ad ambulanze e medici, con 71 morti e 37 feriti, lo denuncia l'Organizzazione Mondiale della Sanità.

I negoziati sono ancora in stallo, dalla Russia arrivano notizie per cui l’invasione potrebbe fermarsi con la conquista delle regioni russofone, ma nel frattempo i bombardamenti proseguono anche nelle altre città. Sull’altro fronte, sembra di aver fatto un salto indietro del tempo di almeno quarant’anni, con la corsa al riarmo tra fine anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80: l’Italia si è impegnata a spendere per la difesa il 2% del PIL, ancora non si sa da dove si prenderanno i soldi. Si torna a parlare con una incredibile sufficienza di armi nucleari, di deterrente nucleare, dimenticandosi di quanto questo equilibrio delle armi possa essere fragile.

La via diplomatica, il cessate il fuoco, sarebbe l’unica soluzione per fermare le morti, i profughi, l’emergenza sanitaria e, come effetto a lungo termine, gli effetti a catena nel resto del mondo.

Presadiretta tornerà ad occuparsi della guerra in Ucraina raccontando dell’esercito di Putin, che non è riuscito a portare a termine la sua guerra lampo, sempre che questi fossero veramente i suoi piani, su questo il generale Li Gobbi ha molti dubbi:

Ma è un fatto che nessuna delle principali città ucraine è caduta, la stessa Mariupol resiste, a Kherson si combatte…
E chi ha detto che l’obiettivo fosse prenderle adesso? Leggo da giorni notizie e bollettini che enfatizzano la resistenza incontrata sul campo dall’esercito russo grazie alla “capacità di reazione” ucraina, superiore a quel che si pensava. Insieme ad analisi che accreditano per questo il fallimento dell’offensiva-lampo che “era nei piani di Putin”. Ancora una volta: ma chi lo ha detto?

Perché secondo lei non è così?
Io non posso sapere quali fossero i piani del Cremlino. Quello che penso è che se l’intendimento fosse stato condurre una “guerra lampo” verosimilmente l’intera campagna sarebbe stata impostata in maniera diversa. Ad esempio tentando di sfruttare il fattore sorpresa e puntando decisamente su Kiev per “decapitare” da subito la leadership ucraina ed imporre la resa. Ma molti dati oggettivi sembrano smentire che questo fosse l’intendimento.

Ad esempio?
Oggi si dice che la guerra è iniziata da un mese. In realtà è iniziata nel 2014 se non prima. La cosiddetta “operazione militare speciale” di Putin è la sua evoluzione. Del resto, quando si pianifica una guerra lampo non si fanno per mesi grandi manovre sul confine che provocano da subito l’approntamento dell’avversario per la difesa. Inoltre l’avvio stesso dell’operazione potrebbe far sorgere sospetti.

Il cattivo stato del suo esercito, del suo cattivo equipaggiamento, è colpa, della corruzione che arriva fino ai vertici delle forze militari “è lo specchio della Russia di Putin” racconta un consigliere di Naval’nyj alla trasmissione. È possibile arrivare ad un colpo di stato in Russia: “in questo momento gli imprenditori, le elite, odiano Putin perché ha disconnesso la Russia dal sistema globale, dal mondo, e ci sono anche molte persone nel suo governo che vorrebbero deporlo. Ma è molto difficile perché Putin ha una sua guardia personale di fedelissimi agenti strapagati, con un extra budget segreto, un apparato di intelligence di circa 50 mila persone che controlla tutti quelli che entrano in contatto con lui. Anche nel suo entourage stanno bene attenti a parlar bene di lui, anche quando ci si incontra da soli, perché sanno che qualsiasi informazione verrà riferita al capo. L’unica strada è introdurre sanzioni ancora più pesanti, possono fare davvero la differenza perché pezzi importanti del cerchio magico di Putin potrebbero abbandonarlo.

Putin il pazzo, Putin che vuole invadere anche l’Europa, Putin il macellaio, come lo ha definito Biden, subito smentito dalla sua stessa amministrazione. E per combattere il pazzo (che pazzo non lo era evidentemente quando comprava armi da noi, quando stringeva accordi con l’Eni, quando i suoi oligarchi erano ricevuti coi tappeti rossi in Italia), servono più armi, perché ti dicono, la pace si prepara con le armi. La corsa al riarmo,nonostante l’opinione diversa degli italiani, a sentire i sondaggi: la proliferazione di armi non ha portato alcuna pace nel mondo, non l’ha portata in Iraq, in Yemen, in Afghanistan.

La scheda del servizio: “CESSATE IL FUOCO”

Questa sera alle 21.20 su Rai3 e in streaming su RaiPlay.

Mentre la campagna di invasione russa sembra in stallo si intensificano i bombardamenti sulle città e la popolazione civile vive una catastrofe anche sanitaria. I tavoli della diplomazia tacciono, la corsa al riarmo contagia tutta l’Europa e cresce la paura che la Russia possa ricorrere alle armi nucleari. A chi fa comodo questa guerra? Perché non si arriva a un cessate il fuoco?

Riccardo Iacona discuterà di tutto questo in diretta con Andrea Riccardi fondatore di Sant’Egidio, Comunità che da sempre intraprende iniziative diplomatiche sui fronti di guerra in tutto il mondo, promuove corridoi umanitari ed è attiva sul campo in Ucraina con moltissime iniziative di aiuto alla popolazione e agli ospedali.

PresaDiretta attraversa di nuovo la guerra in Ucraina per provare a capire perché un accordo di pace sembra ancora così lontano.

La drammatica situazione sanitaria nel Paese, dove decine di ospedali sono stati distrutti e centinaia bombardati attraverso le storie, le parole e le immagini girate dai testimoni.

Tutte le occasioni mancate per un cessate il fuoco, per capire come si stanno muovendo davvero le diplomazie nel mondo.  

Un’analisi approfondita del teatro di guerra, delle armi usate, delle strategie militari e degli scenari futuri possibili. E poi l’escalation che preoccupa il mondo intero: la Russia in difficoltà potrebbe ricorrere alle armi tattiche nucleari? 

La Russia del dissenso e la denuncia della corruzione diffusa attraverso le parole del consigliere di Navalnyj: Vladimir Milov. E poi le criptovalute, in che modo possono aiutare Putin a sfuggire alla morsa delle sanzioni?

Intanto fa affari d’oro l’industria del controllo delle frontiere e dei migranti, tra droni, robot e sistemi biometrici. Un viaggio di PresaDiretta nella Grecia laboratorio delle nuove politiche della sorveglianza. 

Infine la nostra guerra dimenticata, quella della sanità pubblica. Dopo due anni di pandemia e tante promesse, i numeri delle cure mancate sono scioccanti: 2 milioni di ricoveri saltati, 600mila interventi chirurgici da riprogrammare, 14 milioni di visite specialistiche da recuperare. PresaDiretta ha attraversato i Pronto Soccorso in affanno e il disagio mentale dei giovanissimi, sui quali la pandemia ha lasciato le cicatrici più profonde.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

25 marzo 2022

Chi pagherà il costo della guerra

L'aumento delle spese militari (per arrivare al 2% del PIL, come richiesto dalla Nato).

Il blocco della transizione ecologica: per essere meno dipendenti dal gas russo (oggi cattivo, non ieri quando ci facevamo affari e gli vendevamo armi), ritiriamo fuori le centrali a carbone e punteremo sul gas liquido che gli Stati Uniti ci venderanno a caro prezzo.

La Nato che era data per morta ai tempi di Trump (e che Macron nel 2019 considerava in uno stato di "morte celebrale" prendendosi gli applausi di Putin) oggi rinasce e diventa un ente sovranazionale sovrapponibile all'Unione Europea.

La guerra ha fatto sparire la pandemia (ma abbiamo ancora 180-200 morti al giorni, il sistema ha deciso che sono morti accettabili), i morti sul lavoro, i working poor e i poveri e basta.

Un giorno forse riusciremo a ragionare sulla guerra e sui suoi effetti a mente fredda, oggi non è possibile. Oggi si ragiona in modo emotivo, devi schierarti da una parte o dall'altra, interventisti da una parte, pacifisti dall'altra questa è la contrapposizione falsa fatta dai giornali.

Da una parte quelli che portano avanti la soluzione delle armi da inviare in Ucraina, perché non si può fare altro. 

Dall'altra, in una situazione di maggiore difficoltà, chi cerca di ragionare, spiegare, guardare la guerra Ucraina da una prospettiva diversa (come ha fatto Presadiretta due settimane fa, tirando in ballo lo scontro tra Stati Uniti e la Cina per la via della seta).

Chi pagherà il conto della guerra?

Oggi sui giornali, specie quelli del gruppo Gedi, è una chiamata alla armi, ogni occasione è buona per regolare vecchi conti, contro l'Anpi, contro la sinistra: avete visto, anche la Segre è contro gli equidistanti... 

Eppure Liliana Segre nel suo intervento (proprio con l'Anpi) ha parlato di aiuti umanitari, dell'orrore della guerra. Ma non importa.

Non importa perché oggi si è fatta tabula rasa del passato, del Putin amicone fino a pochi anni fa, delle guerre per esportare la democrazia fatte dagli Americani, dell'Ucraina che fino a ieri era un paese con problemi di corruzione, di libertà di stampa, di rispetto dei diritti delle minoranze.

Ieri il papa ha parlato di pazzia, riferendosi all'aumento delle spese militari: cosa ne pensano quei politici che si dicono anche cattolici? Siamo tornati al relativismo dei valori, quelli non negoziabili? 
Dobbiamo veramente abituarci alla guerra, a questo nuovo linguaggio militare, al razionamento, col rischio di una guerra mondiale, forse, ma sicuramente con scenari di maggiore povertà in Italia e nel mondo.

A proposito, mentre Renault ha scelto di andarsene dalla Russia, Stellantis continua a produrre nello stabilimento di Kaluga.

24 marzo 2022

Una piccola questione di cuore, di Alessandro Robecchi

 

Lo avevano guardato salire le scale, dalle telecamere, e si chiedevano cosa potesse volere da loro un ragazzino. Il casco in mano, il giubbotto aperto su un maglioncino leggero. Informale ma elegante, scattante, giovane. Aveva esitato un po’ sul pianerottolo, ma questo l’aveva visto solo Oscar Falcone, dallo spioncino.

Poi avevano fatto la trafila normale: una referenza credibile e controllabile, che il ragazzo aveva fornito, come se fosse preparato alla richiesta. La Sistemi Integrati non ha numeri di telefono o indirizzi online: se suoni il campanello lì vuol dire che qualcuno ti ha dato indicazioni.

I nostri clienti sono i nostri migliori amici, eccetera eccetera.

Il mio amico Basilio, per descrivere quest’ultimo romanzo dello scrittore milanese Alessandro Robecchi, ha scritto che se Shakespeare e Scerbanenco (il famoso giallista considerato uno dei padri del noir) si fossero incontrati in un varco temporale avrebbero scritto una storia simile: da una parte la tragedia umana dei tanti personaggi della storia, dall’altra sullo sfondo la Milano di oggi con le sue luci, le sue ombre.

A far da filo conduttore in tutto il libro il tema dell’amore: per amore Stefano Dessì, giovane aspirante ingegnere si rivolge alla Sistemi Integrati, l’agenzia investigativa di cui Carlo Monterossi è socio, per ritrovare la donna che ama. Dice proprio così, senza provare alcuna vergogna, lui ama quella donna, Ana Petrescu, di origini rumene, molto più grande di lui.

Una storia che colpisce Carlo Monterossi, abituato alle storie d’amore pettinate per il programma di Flora de Pisis di cui lui è, in fondo, il padre, ora si trova dentro qualcosa di nuovo, una storia di un Romeo che cerca la sua Giulietta o forse, come dice Carlo con un pizzico di malizia, la zia di Giulietta, vista la differenza di età. Bisognerà ragionarci su questo sentimento, possibile che esista veramente?

«Neo ho visti a decine di uomini innamorati di Ana,pazzi, persi, erano tutti gradini della sua scala, ma giusto così, erano tutti dei coglioni che pensavano di comprarsi una bambola, e la bambola li fregava alla grande»
Quando si dice la franchezza, pensa Carlo Monterossi.

Un oggetto misterioso questa Ana, un ex marito alle spalle, qualche sacrificio per sopravvivere in Italia, era passata dal frequentare un piccolo delinquente e, quando lui si è fatto beccare, si era messa in proprio. Come una libera professionista del mondo del crimine, perché Ana ci sapeva fare, non si faceva spaventare dal nuovo mondo del crimine che in questo momento viveva anche un momento di spaccatura tra i vecchi e i nuovi. Perché non ci sono solo i calabresi coi loro problemi del traffico di droga, le bische clandestine, gli appalti grazie alle entrature nei palazzi del potere. Ci sono anche criminali nel mondo della finanza che campano prestando soldi a strozzo ad imprenditori in difficoltà, per la crisi, per i loro vizi, e che per convincerli a pagare bastava mandare loro uno che gli spezzasse i pollici.
Dall’altra parte c’è il nuovo, la criminalità 2.0, quella che ti si presenta in giacca e cravatta, nemmeno li distingui da uno dei tanti liberi professionisti sul mercato. Hai bisogno di soldi e non sai come rientrare, nessun problema, io mi prendo le quote delle tue società.
Questa è gente nuova, che sa come far girare i soldi, anche in modo discreto nei paradisi fiscali, che finanzia start-up, che magari compare anche su qualche copertina delle riviste dei vip, che stacca anche assegni generosi per opere di beneficenza, perché va bene il crimine, ma l’immagine conta in questa Milano locomotiva del paese.

Carlo Monterossi vive questa indagine come spettatore (ma alla fine si conquisterà il suo posto in prima fila, sebbene non avrebbe mai voluto farlo): spettatore delle vite degli altri, quasi come quando fabbricava le storie per Flora per la grande “fabbrica della merda”, definizione calzante per quella televisione che campa sul dolore, sul falso, sulla morbosità delle persone. Solo che questa volta sono vite vere: l’amica di Ana che diversamente da lei ha scelto i sacrifici al mondo del crimine con un marito che ripete solo “noi non vogliamo guai”, le ragazze che danzano seminude avvinghiate ad un palo per la soddisfazione degli avventori “svogliati” dei locali notturni. E poi questo ragazzo ventiduenne, figlio di un avvocato di successo, che si può permettere persino di pensare all’amore. Quanto contrasti in questa storia, così assurda ma così reale.

«Lo vedi? Ti piacciono tutte le vite in cui non hai responsabilità. Ti siedi come al cinema, o allo stadio, ma se devi giocare cambi discorso. Va a finire che sei più cinico di Flora, anche se hai ragione, non pettini le storie, ti vanno bene così come sono.»


E poi questa avventuriera, in fuga da qualcosa, forse per uno sgarro ad uno di quei personaggi che sguazzano nella zona grigia tra affari e criminalità di cui sopra, forse uno sgarro per un errore che aveva fatto nel suo ultimo servizio.

Carlo, assieme agli altri membri della Sistemi Integrati, la ex poliziotta Cirrielli e Oscar Falcone, riescono a portare a termine l’incarico, a ritrovare la Giulietta per il suo Romeo. Ma .. c’è un ma. Si, quello che vede Carlo tra la bella Ana e il giovane Stefano è amore. Lo capisce da come si sono abbracciati, da come si sono cercati, da come si sono guardati. Ma il loro incarico non è finito, ora è Ana che chiede loro di aiutarla a portare un messaggio di pace a chi la sta cercando, perché lei di quella vita non ne vuole sapere più.

E Ghezzi e Carella? Pure loro sono alle prese con le loro questioni di cuore. Una ragazza accanto per Carella e un matrimonio lungo vent’anni ma che ancora funziona per Ghezzi.

I due poliziotti vengono incaricati dal capo di seguire, in modo non ufficiale e senza farsi notare, l’indagine sull’omicidio dell’enfant prodige della finanza milanese, un certo Bastiani, presente in mille società, investitore in start-up di successo, esperto in mediazioni e salvataggi di aziende, uno capace di seminare denaro e di passare poi a riscuoterlo quel raccolto, anche a costo di chiuderle quelle aziende, “perché per contadini così la siccità non c’è mai .. Uno di quelli che vanno alle serate di gala e di beneficenza”. Uno che si è fatto ammazzare però dentro un anonimo appartamento in corso Lodi: dell’indagine se ne occupano i carabinieri ma il prefetto ha chiesto anche alla polizia di dare un’occhiata, perché non si sa mai, metti che viene fuori qualcosa di imbarazzante per i suoi legami con la politica..

Le due indagini, entrambi non ufficiali, saranno destinate ad incrociarsi, con qualche difficoltà per le tante divergenze tra i due gruppi, tra lo sbirro Carella e quel Monterossi che si improvvisa investigatore per sfuggire alla noia della vita.
Come andrà a finire la storia di Giulietta e Romeo? Chi ha sparato al “fenomeno della finanza”, rischiando anche di scatenare una guerra tra i gruppi criminali?

Forse ha ragione il mio amico, c’è la tragedia, c’è l’amore, che in questa storia spunta sempre fuori. L’amore che cresce anche tra persone così distanti, come il giovane studente e questa dark lady in cerca di una vita nuova. Ma c’è anche l’amore della gente semplice, quelli che lavorano tutti i giorni, senza troppe ambizioni davanti se non arrivare a sera, un po’ di tranquillità domestica, una casa, dei bambini.

E quello che Carlo prova per Bianca Ballesi, anche lei dentro il mondo della TV, cos’è? E’ amore questa voglia di stare accanto a lei aspirando quel suo bel profumo, trovare pace dentro quello spazio comune tra loro due?

Nemmeno i verso del poeta Bob Dylan aiutano a risolvere l’enigma

The same thing I want from you today.
I would want again tomorrow
(Booths of Spanish leather)

Ma, attenzione, c’è anche Scerbanenco, la Milano nera, non più quella della ligéra, questi appartengono ad un mondo di intoccabili, dove ci sono i soldi che generano soldi e che aprono molte porte. La Milano dei contrasti e delle distanze siderali tra questo bel mondo, appartamenti grandi come campi da calcio, macchine di lusso, il giro giusto delle relazioni che contano. E, lontano, l’altro mondo, dei Ghezzi e della loro onorevole onestà, dei Carella sempre più incazzati perché nemmeno le sberle bastano a raddrizzare il mondo. Del ceto medio che, parlandone da vivo, deve aggrapparsi con le unghie alla vita per non scivolare in basso.

La scheda del libro sul sito dell'editore Sellerio

Il blog dell'autore

I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon


22 marzo 2022

Presadiretta – guerra al clima

C'è voluta la guerra in Ucraina per capire quanto siamo dipendenti dalle energie fossili e quanto siamo ricattabili da quelli che vendono queste energie fossili, abbiamo finanziato Putin per anni per preparare la sua guerra e, con lui, tanti altri dittatori.

Ma una soluzione – raccontava Iacona nell'anteprima della puntata – esiste, ed è anche la strada che porta alla pace in Ucraina.

Ad un mese dall'invasione dell'Ucraina siamo già a 9 milioni di profughi ucraini, l'esodo di un popolo dicono alle Nazioni Unite e purtroppo ci sono anche le morti civili e quelle dei soldati: l'assedio a Mariupol sta costando un altro numero di vite umane, fonti ucraine parlano anche di violenze nei confronti dei civili, notizie da confermare.

Molti civili sono deportati dai soldati russi e dalle milizie cecene in Crimea o in altri campi profughi. Ci sono i bombardamenti a tappetto con nuove armi che stanno provocando un disastro ambientale: le bombe non colpiscono più solo siti militari ma anche siti industriali, ospedali e questo porta ad un maggiore inquinamento dell'aria.

Sono armi ad uranio impoverito che hanno effetti terribili sulla popolazione e anche sui soldati sul campo: gli effetti di queste bombe sui civili li vedremo nei prossimi anni.

Nel Dombass la manutenzione delle centrali nucleari, delle centrali elettriche, è ferma: si sta giocando col fuoco nucleare, per la prima volta una guerra si svolge in una zona con tante centrali nucleari, come a Zaporižžja , dove un missile ha colpito un palazzo a 400mt dai reattori.

Le centrali non sono progettate per resistere a missili da crociera o ad un bombardamento, racconta un esperto di sicurezza nucleare presso l'unione europea: per questo motivo l'agenzia internazionale per l'energia atomica sta trattando da settimane con Ucraina e Russia per controllare la situazione attorno alle centrali, demilitarizzandole, togliendo i militari per evitare che accada l'irreparabile, un incidente nucleare che sarebbe la catastrofe.

Serve un cessate il fuoco, anche per questi motivi.

Nei giorni dell'invasione è uscito il report dell’IPCC, il “Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico” sui cambiamenti climatici: Presadiretta ha intervistato la scienziata ucraina Svetlana Krakovska, che oggi è rimasta a Kiev.

A Presadiretta racconta che la guerra ha messo in secondo piano il rapporto dell'IPCC: già oggi metà della popolazione mondiale vive i cambiamenti climatici, già oggi è tardi per agire, abbiamo poco tempo.

Questa – racconta la scienziata – è una guerra del fossile, quello venduto dalla Russia, quello usato in guerra: i combustibili fossili finanziano la guerra stessa, senza questo petrolio la guerra non sarebbe possibile. Fermare la dipendenza dal fossile ci sarebbe maggiore libertà sulla terra, si stanno contaminando l'aria e i fiumi.

I russi hanno messo i carri armati davanti le centrali nucleari, per ricattare il mondo e l'Ucraina: ce ne ricorderemo alla fine, come anche dei milioni di bambini costretti alla fuga dalle loro case per la guerra.

I combustibili fossili finanziano la guerra stessa” dice. “E in più sul nostro territorio abbiamo migliaia di mezzi militari alimentati a benzina e diesel, quindi senza tutto questo petrolio la guerra non sarebbe nemmeno possibile”. Svetlana Krakovska, che ha una famiglia e quattro figli, ha rifiutato le offerte per trasferirsi in istituti di ricerca stranieri ed è ancora a Kiev sotto le bombe.

Il fuoco in California

Mentre l'Ucraina è sotto le bombe, la California dall'altra parte del mondo, è sconvolta dagli incendi: lo scorso anno gli incendi sono arrivati a lambire Los Angeles, per la siccità, per l'innalzamento delle temperature, tutti fattori scatenanti degli incendi.

Sulle colline attorno la città non ci sono più arbusti, che possono frenare il fuoco e la siccità lunga venti anni ha peggiorato le cose: i bacini idrici non riescono a dare acqua alla valle dove sorge Los Angeles, così si stanno attrezzando con depuratori speciali che filtrano le particelle fino ad un micron, per portare acqua potabile dentro le case.

Jim Cornett è un professore che vive nella zona di frontiera tra San Bernardino e il deserto del Texas: le palme, i fiori nel deserto sono spariti negli ultimi 30 anni. Lo scienziato sta studiando i cambiamenti nei parchi e nei deserti: si stanno estinguendo gli alberi caratteristici come gli “Joshua tree”. Per avere dell'acqua serve scavare pozzi sempre più profondi, ma finite le scorte di acqua cosa faremo? Sarà una crisi o una catastrofe.

Cristina Palazzi è una climatologa che studia i cambiamenti climatici: il rapporto ha studiato le conseguenze dei cambiamenti climatici sulle nostre vite – racconta a Presadiretta – evidenzia quanto sia fondamentale che le scienze sociali lavorino assieme a quelle economiche, c'è una parola chiave nel rapporto ovvero l'azione immediata, serve muoversi adesso, non domani: la finestra di tempo che abbiamo per far si che la nostra vita su questo pianeta sia vivibile si restringe, il 2030 è un anno cruciale, è un anno in cui dobbiamo abbassare le emissioni nette di carbonio e di altri gas ad effetto serra.
Questa è una data che non possiamo mancare, quello che abbiamo fatto finora non è sufficiente, siamo in ritardo, “il tempo delle mezze misure è finito”.

Le tecnologie ci sono, dobbiamo decarbonizzare in tutti i settori, nell'edilizia e negli allevamenti: sappiamo quello che dobbiamo fare, perché non lo facciamo?

Ci sono parti del mondo in cui il clima è già cambiato, con effetti sulle persone che vi abitano: in Luisiana e in Florida per esempio, due regioni flagellate dagli uragani e dall'innalzamento dell'acqua.

In Luisiana il clima è già cambiato, minacciando una città come New Orleans: la tempesta Katrina aveva già annunciato questo cambiamento, con le onde alte 4 metri, provocando danni per 208 miliardi di dollari ancora oggi evidenti.

Per evitare altri disastri gli Stati Uniti hanno costruito il “muro della Luisiana”, una diga costata più di un miliardo di dollari, perché negli ultimi anni le tempeste e gli uragani sono cresciuti in questa zona del paese.

Da New Orleans per andare verso la costa si passa per la strada chiamata degli uragani: nelle case sono tutti attrezzati per gestire questi eventi, che però si muovono e si intensificano in modo imprevedibile.

C'è poi l'erosione della terra fatta dall'acqua del mare: il mare si sta prendendo pezzi di paludi, lembi di terra dove le persone non possono più vivere.

Miami è la città più a rischio per l'innalzamento del mare, soprattutto Miami Beach che è ad appena un metro sul livello del mare: un immenso patrimonio immobiliare costruito sulla costa, sono dieci anni che la città si allaga sempre di più.

Il mare cresce di quindici centimetri ogni anno, racconta il capo metereologo John Morales: gli allagamenti stanno costando soldi alla comunità, per i danni che arrecano alle case, per i danni ai depuratori delle acque. Un intero quartiere è stato rialzato di un metro in funzione del mare che sta entrando nelle strade.

L'acqua arriva anche dal basso perché il suolo della città è poroso, tutto è stato costruito su una zona corallina.

Le case che si affacciano sulla baia hanno dovuto rifare le fondamenta, per renderle sicure: soldi che si devono spendere per salvare le proprietà.

A Virginia Key c'è l'università e il campus dove gli studenti indagano sugli oceani: l'aumento della temperatura globale sta scaldando l'oceano, assieme allo scioglimento delle calotte polari, un solo centimetro di salita dell'acqua significa dieci centimetri di terra sommerso.

Dovremo spostare milioni di persone lontano dalle coste, mentre continuiamo a comprare ed usare combustibili fossili, che per 100 miliardi viene comprato dalla Russia per finanziare la sua guerra.

Dall'inizio della crisi in Ucraina l'Europa ha speso 17 miliardi verso la Russia: il petrolio è sporco, non solo in senso fisico.

Inviamo un fiume di denaro a Putin ed altri dittatori che si reggono solo perché sono produttori di oil e gas: lo racconta il giornalista Alberto Negri, gas e petrolio sono la calamita di tutti i guai, da loro passano le armi, consentono alle monarchie del golfo di regnare sovrane, il petrolio uccide le democrazie.

Dal petrolio arrivano le dittature, come quella di Saddam, di Gheddafi, dell'Iran: repressione da una parte e l'occidente che girava la testa dall'altra parte, perché questi dittatori come Putin garantivano stabilità alle democrazie occidentali.

L'ammodernamento dell'esercito di Putin è coinciso con l'aumento del prezzo del petrolio e del gas, lo racconta un ricercatore della Nato (non un filo putiniano): la costruzione del gasdotto North stream 2 è cominciato nel 2004 con la ricostruzione dell'esercito russo.

L'economia russa ha avuto un boom con l'aumento del petrolio e, in parallelo, Putin ha nazionalizzato le aziende di armi.

Avremmo dovuto cercare gas e petrolio da qualche altra parte, avremmo dovuto puntare sulle energie rinnovabili – raccontava Timmermars vicepresidente della Commissione europea poche settimane fa.

Ma con la Russia abbiamo connessioni forte grazie ai gasdotti, che ci condizionano in modo poco flessibile ai paesi produttori.

Oggi gli Stati Uniti sono diventati esportatori netti, hanno un surplus grazie al gas liquefatto, che però ha un costo maggiore: da questa guerra ci guadagneranno tutti i paesi che venderanno ad un prezzo migliore il gas all'Europa.

Passeremo dalla dipendenza russa a quella americana?

Le emissioni di co2 colpiscono i paesi più poveri, quelli che emettono meno anidride carbonica: Presadiretta è andata in Madagascar dove è in atto la carestia ambientale più brutta al mondo.

In questo paese la siccità sta causando seri problemi alle persone, che devono muoversi per km per cercare l'acqua, con carretti trainati da zebù, perché non piove più da mesi e tutti i corsi d'acqua, i campi sono diventati aridi.

Dai buchi nella sabbia esce dell'acqua sporca che per le persone è come l'oro: la popolazione sta morendo di fame e di sete per colpa della peggiore siccità degli ultimi 40 anni.

Il 90% degli abitanti viveva di agricoltura e ora è alla fame: la più grave carestia ambientale avviene in un paese che emette meno co2 al mondo.

1 milione e mezzo di persone vive in condizioni critiche e sopravvive grazie agli aiuti delle agenzie delle nazioni unite. In Madagascar si è mossa dal 2021 anche l’ONG Medici senza Frontiere, con un grande lavoro di assistenza anche nei villaggi remoti, dove assistono soprattutto i bambini, malnutriti e a rischio di deficit cognitivi.

L'acqua non è abbastanza per tutti, per sopravvivere le persone fanno chilometri per arrivare ai luoghi di ritrovo delle cisterne, mangiano le foglie di cactus, insetti.

Per evitare la catastrofe servirebbero da 200 ml ad un miliardo l'anno per evitare questa catastrofe, ma è un paese povero, senza risorse. Colpito dalla siccità e dai cicloni.

Le nazioni ricche fanno solo bei discorsi, dovrebbero cambiare modello di sviluppo: migliaia di persone scappano da questa carestia, peggio che nelle guerre.

Si stimano in 217 milioni di persone quelle che saranno costrette ad abbandonare le loro case per i cambiamenti climatici, alluvioni e siccità, due facce della stessa medaglia.

Tutto colpa dell'inazione ai cambiamenti e al surriscaldamento dell'acqua da parte dei paesi del nord del mondo. A pagare il prezzo sono e saranno i paesi più vulnerabili.

Questa guerra può bloccare quel poco che stiamo facendo per bloccare l'innalzamento delle temperature del mare: serve la pace per bloccare il riscaldamento globale del pianeta – spiega la dottoressa Palazzi.

La guerra di Putin

In questa guerra del petrolio Putin rischia di impantanarsi: l'artiglieria ucraina sta distruggendo i tank e i mezzi russi, che si è rivelato debole, fragile. I soldati russi sono stati mandati al fronte dicendo loro che era una esercitazione, molti erano di leva. La Russia non fornisce più il numero dei loro soldati morti che, alla fine, potrebbe essere superiore a quello dell'Afghanistan (ad oggi si è parlato di 9000 morti in 4 settimane).

Sono morti molti generali russi, segno forse una certa inefficienza dell'esercito – racconta David Rossi analista della difesa – un esercito vittima di corruzione.

Si parla di fosse comuni per gli abitanti delle città man mano colpite: è quanto viene scritto in un documento russo che fa intendere che in Russia si stia pensando anche a delle armi di distruzione di massa.

E' una legge votata dalla Duma il 1 febbraio che prevede la costruzione di fosse comuni per contenere fino a 8000 morti: sono numero da armi di distruzione di massa – dice il giornalista Alexander Goltz, un oppositore di Putin. A che serve questa legge? Per cosa servono queste fosse comuni?

Le energie rinnovabili in Italia

Quanto tempo abbiamo perduto per colpa della burocrazia e per la lobby del carbone e del gas?

Presadiretta ha girato l'Italia per capire chi frena la migrazione energetica: la colpa è di leggi inadeguate, che creano dei contenziosi, ci sono vincoli che cambiano da regione a regione, si creano norme ad hoc a livello comunale per bloccare impianti eolici e fotovoltaici.

I tempi di realizzazione per i parchi eolici durano anni: come a Taranto, davanti al porto, per un progetto che dovrebbe dare energia a sessantamila persone, ma l'opera è ferma per un ricorso del comune. I tempi lunghissimi fermano le opere e rendono obsolete la tecnologia in corso d'opera, costringendo i progettisti a dover ripartire quasi da zero.

Dovremmo staccarci dal gas russo ma, con questi tempi che vanno oltre i sei anni per un impianto eolico, non ce la faremo mai.

La lentezza burocratica nasconde lo scontro in atto da parte del settore oligopolistico dell'oil and gas: è un settore in cui poche aziende nel mondo sono orientate verso investimenti importanti su grandi opere, mentre nelle rinnovabili vivono piccole aziende competitive.

Dovremmo installare fotovoltaici ed eolico con velocità sette volte maggiore per superare la dipendenza dal fossile – è il pensiero di Nicola Armaroli dirigente del CNR, che ha sfatato il mito del gas nazionale, il famoso eldorado di cui si è parlato in queste settimane per renderci indipendenti dal gas russo.

La via del gas nazionale non è quella corretta per abbattere il costo delle bollette: il nostro gas costerebbe troppo, l'alternativa americana è peggio perché è estratta col freaking, costa grandi quantità di acqua ed emette grandi quantità di metano in atmosfera, hanno un costo per i trasporto sulle navi.

E il nucleare? I politici che parlano di nucleare non hanno la minima conoscenza del problema, il 94% dei comuni è a rischio idrogeologico, c'è un problema sismico, dunque dove si mettono le centrali e i siti di stoccaggio.

Poi c'è il problema degli investitori, nessun privato mette soldi sul nucleare. Infine il tempo, non c'è tempo per il nucleare, per salvare il pianeta.

A caccia di rinnovabili

Jeremy Rifkin economista di fama mondiale già un anno fa parlava di terza rivoluzione mondiale riferendosi alle rinnovabili: in Costa Rica hanno detto fine alle energie fossili per dare spazio ad energie pulite. I soldi dell'esercito sono stati spostati su istruzione e sanità, oggi usa il vento, il geotermico, il solare per dare energia al paese, con impianti diffusi nel paese.

L'energia in surplus verrà usata per produrre idrogeno verde, da usare nel settore dei trasporti, al momento il tallone d'Achille della transizione.

Il green new deal dovrebbe fare il grande salto adesso in Europa, racconta a Presadiretta la ministra dell'ambiente Andreas Menza – altro che tornare al carbone.

In Europa un terzo del gas che consumiamo viene dalla Russia: con le rinnovabili potremmo alimentare tutto il continente dice la ricerca.

Ne è convinto Stefano Passerini, ricercatore italiano in Germania che aggiunge come il fotovoltaico renderebbe l'Europa più sicura e meno ricattabile da Putin.

In Spagna hanno creato un enorme parco con pannelli solari nella regione dell'Estremadura: questa è la soluzione per non dipendere da dittatori del petrolio e del gas.

La tecnologia del fotovoltaico è semplice, Greenpeace ha commissionato uno studio per spiegare come sia possibile uscire dalla dipendenza dal carbone con investimenti in rinnovabili per 37 miliardi compensati dalla mancata spesa per il gas estero.

Enel ha fatto la scommessa per alimentare con energia verde la Sardegna: per svincolarci dal fossile servono almeno tre anni, racconta il direttore di Enel Italia Lanzetta

Serve installare 60GW di potenza tra sole e vento: la guerra non ha fermato Enel, le centrali a carbone verranno fermate nel 2025.

Il taglio delle esportazioni della Russia nello scorso autunno era un segnale dei piani di invasione verso l'Ucraina, racconta Faith Birol – direttore dell'agenzia per l'energia in Europa, che continua dicendo che dobbiamo cogliere questa occasione, per portare a termine la transizione verso energie rinnovabili.

Costruire dal basso una economia sostenibile

In Italia in tanti comuni si stanno cambiando i costumi delle persone per ridurre consumi e rifiuti, come a Ponte nelle Alpi dove la raccolta differenziata è salita al 90%.

Ci guadagna l'ambiente e anche il bilancio dell'ambiente, per riciclano lattine, vetro, con maggiori entrate nelle casse comunali: soldi per costruire parchi giochi, campi di calcio, per il futuro del paese.

A Roma in un Repair Cafè si insegna come dare una seconda vita agli elettrodomestici che l'industria non progetta per essere riparabili in modo semplice. Sono oggetti progettati per creare spreco: dal 2021 l'Unione Europea ha stabilito il diritto alla riparazione, questa dovrebbe essere la base per nuovi prodotti pensati per essere riparabili.

A Bologna si costruiscono case a basso impatto ambientale, con meno dispersione termina: cohousing è il nome del progetto per questi condomini ad impatto zero, che al momento sono solo 30 in Italia.

Sempre a Bologna troviamo la cooperativa Arvaia che finanzia i produttori di prodotti agricoli che non inquinano la terra e che producono il minimo per mangiare.

La transizione ecologica deve partire dal basso, dicono nel comune di Ussaramanna parte di una comunità energetica autonoma, dove sono le persone che decidono di produrre solo quello che possono consumare.

Nicola Armaroli ha concluso il servizio raccontando i benefici delle energie rinnovabili: producono energia da vento e sole, i dispositivi che producono energia elettrica una volta arrivati a fine vita potranno essere riciclati. Mentre noi abbiamo sempre bisogno di estrarre gas e finanziare paesi come la Russia per produrre energia da queste fonti.

Ora o mai più per fare questa transazione, se perdiamo questo tram sarà una macchia indelebile per questa classe dirigente.

A fine puntata la cifra mostrata sullo schermo dei soldi che diamo a Putin per petrolio e gas è salita a 17,137 miliardi di euro: solo nel corso della puntata abbiamo dato 31 milioni di euro, soldi che gli avremmo dato se anni fa avessimo portato avanti una vera indipendenza energetica puntando sul fotovoltaico e sull'eolico.

21 marzo 2022

Anteprime Presadiretta – guerra al clima

La guerra in Ucraina ha assorbito tutti gli spazi dell’informazione, come è giusto che sia per la drammaticità degli eventi, ma ha anche messo in secondo piano tante altre “guerre” che dovremmo combattere, come la guerra ai cambiamenti climatici.

Come Ciaula che all’improvviso uscendo dalla miniera, scopre la luna, pure i nostri rappresentanti, compreso il presidente Draghi, si sono all’improvviso sorpresi dalla scoperta di quanto dipendiamo dalla Russia, in termini energetici. Nonostante le sanzioni, nonostante la guerra in Crimea, nonostante si parlasse degli effetti della co2 sull’ambiente, negli ultimi anni in Italia la quota di gas comprato dalla Russia è stata in crescita. Così ora, per ridurre questa dipendenza dobbiamo resuscitare il carbone (un altro pezzo di passato che ritorna), acquistiamo gas liquido (ad un prezzo non di favore) dall’America, addirittura si torna a parlare di nucleare (tutto bello, ma tra quanti anni avremmo il nucleare pulito?).

Contro Putin abbiamo fatto sanzioni enormi, ma non sul gas, non ce lo possiamo permettere per non lasciare al freddo gli italiani (e mettiamo da parte le puerili obiezioni di chi dice mettetevi un maglione in più addosso), senza quei soldi dall’Europa Putin non potrebbe combattere la sua guerra, ma pensarci ora è tardi. Avremmo dovuto occuparci prima dell’altra guerra, quella contro i cambiamenti climatici, la guerra al clima che sta, ogni giorno, distruggendo la possibilità di sopravvivere su questo pianeta.

E non solo un rischio legato alle centrali nucleari in Ucraina, nel mezzo del conflitto. I cambiamenti climatici non sono un problema di domani, sono un problema di oggi, anche qui in Italia, per la siccità che dura da mesi, per la qualità dell’aria in pianura padana e nelle città come Milano.

La scelta di dipendenza dal gas russo è stata una precisa scelta politica sin dai tempi di Berlusconi e Scaroni (ex AD di Eni), tanto quanto lo stop alle energie rinnovabili,

Ancor più grave è che la gelata sulle rinnovabili sia avvenuta quando, anche per motivi geopolitici, sarebbe stato necessario semmai accelerare su quel fronte, magari creando – con incentivi pubblici come oggi si fa con la gigafactory di Stellantis – una filiera nazionale delle rinnovabili che non abbiamo e investendo nella rete elettrica. E invece il loro peso nel mix energetico nazionale è passato dal 43,2% della potenza installata del 2014 al 38% del 2021: nello stesso lasso di tempo è aumentato invece il peso del gas (dal 33,5% a oltre il 48%), sottratto tanto alle rinnovabili che al petrolio. È così che ci siamo trovati a dipendere dalla Russia per un bel pezzo della nostra energia che oggi non sappiamo come sostituire: una dipendenza frutto anche di specifici accordi politici, tipo le 28 intese commerciali e i 7 accordi intergovernativi, anche sull’energia, firmati dal “non equidistante” Enrico Letta col “criminale” Putin a fine 2013.

Il sostanziale stop alle rinnovabili iniziato un decennio fa è stato una decisione politica assai poco lungimirante: a seguito di diverse scelte dei governi Monti, Letta e Renzi, l’istallazione di nuove rinnovabili cala del 92% tra 2011 e 2015 e lì resta, agonizzante, fino ad oggi. Tra il 2012 e il 2013, ad esempio, si decise di chiudere il “conto energia”, gli incentivi diretti (che peraltro finivano anche al fossile) – sostituiti da sgravi sul costo dell’impianto – arrivando a modificare retroattivamente per decreto anche quelli già concessi. (Marco Palombi – FQ 14-3)

Possiamo affidarci a questa classe dirigente, quella che ci ha portato alla dipendenza dal gas russo, le scelte politiche ed economiche per affrontare la transizione energetica?

Sul FQ di oggi trovare un'anticipazione del servizio di stasera, con l'intervista a Svetlana Krakovska, la più importante scienziata del clima in Ucraina e capa della delegazione dei ricercatori ucraini dell’IPCC

“La metà della popolazione mondiale già vive gli effetti dei cambiamenti climatici”, dice la scienziata intervistata in esclusiva in collegamento da Kiev da PresaDiretta per la puntata “Guerra al clima” in onda lunedì 21 marzo alle 21.20 su Rai3. “Abbiamo un’ultima opportunità per essere resilienti al clima, ma la finestra per agire è sempre più stretta. E con questa guerra si sta chiudendo”.

La scheda del servizio: “GUERRA AL CLIMA ”

Lunedì 21 marzo alle 21.20 su Rai3.

PresaDiretta torna sulla guerra in Ucraina per raccontare quanto pesano, sugli equilibri del conflitto, il nostro ritardo nello sviluppo delle fonti rinnovabili e la nostra dipendenza dall’energia fossile: gas, petrolio, carbone. Una guerra che Putin non potrebbe finanziare senza i soldi europei del gas che acquistiamo. Intanto c’è un’altra guerra che siamo costretti a vincere, quella contro il riscaldamento globale, che rischia di distruggere la nostra stessa possibilità di sopravvivere sul pianeta.

PresaDiretta ha raccolto dati analisi immagini e testimonianze esclusive, come quella di Svetlana Krakovska, la più importante scienziata del clima in Ucraina: “Abbiamo un’ultima opportunità per essere resilienti al clima – ha detto - ma la finestra per agire è sempre più stretta. E con questa guerra si sta chiudendo”.

E ancora. Le gravissime conseguenze ambientali della guerra in Ucraina; i rischi potenziali delle centrali nucleari cadute nelle mani dell’esercito russo; la geopolitica dei combustibili fossili nel mondo e il piano europeo per la riduzione della dipendenza dal gas russo; il ritardo italiano e gli ostacoli sulla strada delle rinnovabili; gli esempi virtuosi e le testimonianze di chi ci spiega come liberarci dei combustibili fossili in tempi brevissimi.

L’ultimo drammatico Rapporto sulle conseguenze del riscaldamento del pianeta dell’IPCC, il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, è passato sotto silenzio a causa della guerra. Ma quello che ha denunciato è definitivo: già oggi la temperatura è aumentata di 1,1 grado. La nostra casa sta bruciando.

PresaDiretta è andata negli Stati Uniti, dove la Florida e la Louisiana combattono contro l’innalzamento del mare lungo le coste e la California contro gli incendi e la mancanza d’acqua. E in Madagascar, dove è in corso la prima carestia al mondo causata dal cambiamento climatico. E infine in Italia dove ci sono molte esperienze positive di adattamento al cambiamento del clima.

Riccardo Iacona discuterà di tutto questo con gli scienziati suoi ospiti in diretta: Elisa Palazzi climatologa ricercatrice del Cnr e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima di Torino e con Nicola Armaroli dirigente di ricerca presso il CNR, membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze ed esperto di energia rinnovabile

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.