La “Santissima Trinità”.
Mafia,
Vaticano e servizi segreti all'assalto dell'Italia nel 1943-1947. Di
Nicola Tranfaglia, con la collaborazione di Giuseppe Casarrubea e
Mario José Cereghino
“Banditi, mafiosi e polizia
eravamo tutti come una cosa sola, come la Santissima Trinità: Padre,
Figlio e Spirito Santo”, urla.
La santissima Trinità racconta la
storia dell'Italia tra gli anni 1943 e 1947: dagli ultimi
anni della guerra, i dubbi di papa Pacelli nei confronti dell'impegno
anticomunista degli alleati, fino alla cacciata dei comunisti dal
governo di coalizione di De Gasperi, nel 1947.
Lo storico Nicola Tranfaglia, (con
l'aiuto di Giuseppe Casarrubea e Mario Jose Cereghino)
“ha
ricostruito [i retroscena di
quegli anni fondamentali della nostra democrazia],
attraverso ricerche negli archivi inglesi e americani aperti dopo il
decreto del presidente Clinton nel 2000 e liberati dal segreto di
Stato che invece in Italia domina ancora. La ricerca storica ha
dimostrato che nel nostro paese le resistenze alla democrazia
repubblicana sono state più forti dei partiti politici e delle
correnti culturali che volevano fondare un nuovo Stato, democratico e
repubblicano”.Mafia
banditi e polizia, la trinità che ha forzato la storia del nostro
paese in una ben precisa direzione: quella anticomunista, favorevole
agli interessi politici del Vaticano e delle potenze alleate. Quella
reazionaria del latifondismo agrario appoggiato dalla mafia rurale
(prima che questa diventasse Cosa Nostra) che si voleva opporre alle
spinte riformiste in Sicilia e nel resto del paese.
Una storia
ancora da raccontare di spie, agenti doppi, ex fascisti e
neofascisti, il papa e i suoi cardinali, le sue spie nel Vaticano, le
SS e la “rete di invasione”, l'aristocrazia terriera, terroristi
passati alla storia come banditi (come il bandito Giuliano,addestrato dalla RSI come agente della Rete invasione che le SS
volevano innestare nei territori occupati dagli angloamericani).
Gli eventi di quegli anni: come nasce una Repubblica
Il
libro inizia col rapporto del 23 febbraio 1943, diretto dal
diplomatico tedesco van Bargen (Bruxelles) al ministero degli esteri
di Berlino “Il papa è turbato dai successi miliari dei russi e
dalla possibilità di un crollo della Germania, che apirebbe la
strada al bolscevismo in Europa.[..] Il papa è angosciato
innanzitutto dalla minaccia sovietica” .
Contestualmente Don
Sturzo dall'esilio americano mette in guardia l'intelligence
americana dall'atteggiamento di Pio XII.
Il papa detta la linea
politica a De Gasperi, futuro capo del governo, al momento dentro una
coalizione assieme a socialisti e comunisti: la DC “dovrà
spostarsi verso destra e prepararsi a nuovi sviluppi politici”. In
caso contrario il Vaticano è pronto a spostare il suo appoggio (e i
suoi soldi) alla formazione dell'Uomo Qualunque.
In Sicilia, sotto
il comando del governatore Charles Poletti riassegnano incarichi
direttivi ad ex mafiosi, creando sconcerto nella popolazione (che
sperava con la liberazione di liberarsi dei fascisti e dei
capimafia), e l'intelligence USA registra che “il terrore mafioso
sta rapidamente ritornando in auge”, suggerendo di abbandonare
piano piano ogni tentativo di controllare militarmente l'isola.
Un ministro
italiano, decenni dopo, arriverà alla stessa convinzione.
La mafia inizia ad
uscire dal feudo.
Nel 1946 in Italia
sbarca Lucky Luciano (con le credenziali del Controspionaggio
americano), che importerà nel paese i germi della nuova mafia, che a
breve col commercio della droga si trasformerà in “Cosa nostra”.
Le SS su ordini di Himmler , Herbert Kappler e Karl Hass
mettono in piedi la “rete invasione”, un piano di sovversione
militare nel sud d'Italia: per contrastare l'avanzata americana e
preparare la lotta al comunismo (che tanto assillava il papa , ma che
assillerà anche il futuro presidente americano Truman).
Gli
agenti dell'OSS arrestano il principe Pignatelli che si dice convinto
come “la sua classe sociale in Italia sarebbe certamente destinata
alla catastrofe se un regime di tipo comunista dovesse conquistare il
potere”.
Gruppi di
resistenza si crenao in Sicilia, Puglia, Sardegna e in Calabria, con
l'aiuto della RSI e dei tedeschi che fornisco le radio per far
comunicare questi nuclei col nord'Italia, addestramento (tramite il
battaglione Vega della X Mas) e soldi.
La banda di Salvatore
Giuliano partecipa ai “Moti del non si parte” in Sicilia nel
1945: fioriscono altre formazioni neofasciste come le Squadre Azione
Mussolini (SAM) e i Fasci D'azione rivoluzionaria (FAR)
nell'esercito, mentre i carabinieri promuovono la creazione di bande
armate nel sud da usare al momento opportuno, in funzione
anticomunista.
Momento opportuno che sembra arrivare nel 1946, con
i piani (lo dicono le carte da Londra) di un golpe dei militari, in
contatto coi servizi americani e De Gasperi: mettere fuori legge il
PCI, instaurare una dittatura e bloccare i lavori della
Costituente.
L'intentona viene bloccata, dal “lago di
sangue” di Portella della Ginestra che, alla luce di queste nuove
carte, prende una luce nuova e più sinistra. Un messaggio
terroristico e stragistico (alla stregua della bomba alla Banca
dell'Agricoltura di Piazza Fontana nel 1969).
E anche il ruolo
del bandito Giuliano, del luogotenente Pisciotta, dell'agente della
polizia Fra Diavolo assume un nuovo significato. Spostare il
baricentro politico del paese (o minacciare di volerlo fare con un
golpe), secondo binari più consoni alla santissima trinità.
Da pochi mesi il
fronte delle sinistre aveva vinto le elezioni regionali in Sicilia e
si stava proseguendo con l'occupazione delle terre.
Il messaggio
viene capito: il PCI esce dal governo e De Gasperi torna dagli Usa
con l'assegno coi soldi per la ricostruzione.
Il sud rimane in
mano alla mafia e al nord iniziano a formarsi le formazioni
clandestine: a capo delle forze anticomuniste (ex militi, copri
speciali di polizia, partigiani bianchi...) è messo il maresciallo
Giovanni Messe per presidiare la pianura Padana dall'invasione che
non avverrà mai.
Sarà il nucleo
della Stay Behind italiana, la Gladio, che nel seguito della storia
italiana rimarrà operativa nel nostro paese.
(*) Condannato
all’ergatolo con altri 11 per la strage di Portella Della Ginestra
– la sentenza di primo grado è del maggio 1952- Pisciotta chiede,
nel febbraio del 1954, di parlare con un magistrato.
L’allora sostituto procuratore Pietro Scaglione va a trovarlo in
carcere. Pisciotta gli comunica la sua decisione di smascherare una
volta per tutte i mandanti della strage.
Il magistrato gli dà un appuntamento al giorno successivo, quando
tornerà con un cancelliere per verbalizzare il tutto.
La
mattina dopo Pisciotta muore nella sua cella all’Ucciardone per una
dose di stricnina versatagli da qualcuno nel caffè o, molto più
probabilmente, nella medicina che è solito prendere per la
tubercolosi.