06 dicembre 2025

Anteprima inchieste di Report – l’inchiesta su fratelli d’Italia in Sicilia e le olimpiadi Milano Cortina

 Come non funziona la gestione dei beni confiscati alla mafia

In Italia la lotta alle mafie funziona sulla carta. LE celebrazioni, Falcone e Borsellino, i proclami.. poi però.
Depotenziata l’azione della magistratura sui reati dei colletti bianchi, l’uso delle intercettazioni, guai poi se c’è di mezzo un politico.

E, poi, l’uso dei beni confiscati ai mafiosi: qui sta il nocciolo del potere sul territorio di un capomafia, far vedere che i loro beni comunque rimangono o nel loro controllo o abbandonati. A significare che lì, lo Stato, la giustizia, comunque non può arricare

LAB REPORT: CONFISCATI E ABBANDONATI

Di Lucina Paternesi

Collaborazione Cristiana Mastronicola

Può un’azienda gestita dallo Stato separare una frazione dal suo comune? Succede ad Aci Castello, in provincia di Catania, dove uno stabilimento balneare, il Lido dei Ciclopi, bene confiscato alla mafia, separa il paese dalla sua frazione, Aci Trezza. Nonostante l’amministrazione comunale abbia elaborato un progetto per gestire il lido come bene comune, l’Agenzia nazionale che amministra i beni confiscati non l’ha mai assegnato all’ente locale. Ma come funziona la gestione dei beni confiscati alla mafia? Ad oggi, in tutta Italia, sono circa 25mila tra edifici, aziende, terreni e persino castelli. Da Torino a Venezia, passando per Rimini e la Sicilia, i sindaci lamentano tempi lunghi per l’assegnazione, mancanza di fondi per ristrutturare gli immobili e tanta confusione burocratica; alla fine, troppo spesso, gli immobili deperiscono dopo anni di abbandono.

L’inchiesta sui fratelli d’Italia in Sicilia

I nuovi aggiornamenti sull’inchiesta che ha coinvolto i membri del collegio del garante alla privacy hanno fatto slittare a domenica 7 il servizio sull’inchiesta che ha coinvolto il partito di Giorgia Meloni in Sicilia.

Sui giornali (e soprattutto su Telemeloni) di questa inchiesta se ne è parlato poco, le dimissioni da vicecapogruppo alla Camera del deputato Manlio Messina (per le indagini su presunte corruzioni che arrivano fino al presidente Galvagno): non è stata una sua scelta ma è stato il partito che gliele avrebbe imposte, “mi fanno capire che se non mi fossi dimesso mi avrebbero tolto ..”, il partito gli avrebbe chiesto anche un comunicato dove avrebbe giustificato le dimissioni “per tutelare il bene del partito”.

A tutto questo si è arrivato a seguito dell’inchiesta su una presunta corruzione in Sicilia che però non ha toccato altre cariche regionali di FDI.

Il giorno dopo le dimissioni di Messina esce una pagina su Il giornale di Sicilia a firma Mario Barresi che svela i retroscena: le dimissioni gli sarebbero state chieste dopo alcuni colloqui coi vertici del partito, Arianna Meloni e Giovanni Donzelli per esempio. Anziché farsi cacciare, Messina decide questo passo: questa ricostruzione non è mai stata smentita dal partito di Meloni, una vendetta da parte dei vertici perché – racconta Barresi a Report – non avevamo mai sopportato la sua influenza a livello nazionale nel cerchio magico.

Report ha chiesto conto di questa ricostruzione allo stesso Donzelli in particolare la voce proveniente da fratelli d’Italia secondo cui Messina sarebbe stato cacciato dal partito.

Ma dietro l’articolo di Barresi c’è proprio Donzelli che, di fronte alle domande della giornalista si inalbera arrivando a chiedere le fonti.

La cosa grave, commenta Messina a Report, “è che il capo della struttura sveli la linea del partito facendo fare a me la figura barbina. Un metodo che hanno utilizzato, nel migliore dei casi, col Pozzolo di turno e nel peggiore dei casi nel mio caso che rappresento la storia anche di quel partito. Si sono permessi di fare queste porcherie ..”

Donzelli arriva anche a minacciare una querela alla giornalista di Report, “voi intercettate anche i giornalisti, oltre che il garante della privacy.. voglio sapere da voi, da Report come fa a sapere le fonti dei colleghi giornalisti.”

Bastava chiederlo a Barresi stesso, Donzelli. Semplice: “nel pezzo si capisce che una delle mie fonti è lui e nessuno lo ha smentito”.

Chi mente allora?

Nelle intercettazioni della Procura per le indadini sul presidente dell’ARS Galvagno, si sente spesso nominare il presidente del Senato Ignazio La Russa in particolare nei suoi rapporto con Marianna Amato, di professione organizzatrice di eventi e dipendente della fondazione orchestra sinfonica.
Nelle intercettazione la Amato viene definita la cocca di La Russa: il presidente, dopo aver avvicinato la giornalista di Report con parole quantomeno irrispettose (dimmi, cara, tesoro..) ha risposto dicendo che no, assolutamente, lui questa signora non la conosce e nemmeno l’ha raccomandata. È lei che è venuta in Senato col pasticciere Fiasconaro in un evento organizzato dalla Amato. Ma il pasticcere smentisce il racconto di La Russa: Marianna Amato era coinvolta in molti eventi istituzionali alla presenza di La Russa e di Manlio Messina, non l’ha portata lui in Senato, assolutamente non è stato lui a presentare Amato al presidente La Russa, “si conoscevano da abbastanza tempo.. con il governo e queste persone importanti delle istituzioni ha sempre avuto un rapporto la signora Marianna”. Grazie ai suoi rapporto con Messina e LA Russa, Marianna Amato era entrata a far parte della cerchia di Galvagno con la quale organizzava eventi finiti sotto indagine dalla procura.

Persone che parlano degli eventi e dei finanziamenti come se fossero cosa loro: ovviamente il presidente dell’ARS Galvagno smentisce queste ricostruzioni e ribatte alle accuse dicendo di non aver minimamente influenza le scelte per gli eventi.

Io davo 550 euro a Luca – racconta in una intercettazione l’ex presidente del consiglio comunale di Avola Fabio Iacono – sempre a lui brevi manu: l’ex presidente si lamenta di aver dovuto versare a Luca Cannata, all’epoca sindaco di Avola, dei contributi in contanti ogni mese.

Una richiesta simile era arrivata all’ex coordinatore di FDI a Siracusa, Giuseppe Napoli, che l’aveva respinta ed arrivato poi a dimettersi: a Report racconta che Cannata avrebbe segnalato il suo nome ad enti pubblici per fargli dare incarichi professionali, come avvocato.

Dopo due anni, in cui c’era stata di mezzo la campagna elettorale, lo stesso Cannata gli avrebbe detto “hai visto che sono arrivati gli incarichi? Mi sembra giusto che tu contribuisca alle spese della campagna elettorale ..”
Soldi chiesti in contanti a cui Napoli avrebbe detto di no: io ho sempre contribuito al partito quando c’era da fare qualcosa… 
Ma così no.

Report ha chiesto un’intervista al deputato su queste collette: “qualcosa di normalissimo” risponde Cannata, nella gestione di un movimento locale sul territorio. “Ognuno metteva quello che voleva”: eppure le persone che hanno versato questi soldi,in contanti, l’hanno vista in altro modo, tanto da andare in procura.

Al centro delle indagini della procura di Palermo – che ha chiesto il rinvio a giudizio per il presidente dell’assemblea Galvagno – ci sono una serie di eventi pagati dalla regione e affidati ad alcuni imprenditori privati a cui poi i politici chiedevano i biglietti, per parenti e amici.

Forse dal punto di vista giudiziario la questione dei biglietti non ha rilevanza, ma questa c’è dal punto di vista giornalistico. Ai cittadini forse interessa sapere che esiste questo do ut des tra politica e imprenditoria.

Galvagno su questo punto ha scelto di non rispondere – perché poi voi di Report fare taglia e cuci dell’intervista: personaggi non legati alle istituzioni che hanno usato l’auto blu di Galvagno per fini istituzionali. Persone che poi, una volta di fronte alle telecamere di Report e alle domande della giornalista invocano la privacy, ma la domanda rimane, a che titolo usavano l’auto dell’ARS? Oppure veramente vogliamo credere anche andare a prendere il kebab, fare shopping, siano attività istituzionali?

La scheda del servizio: FRATELLI COLTELLI

di Giulia Presutti

Collaborazione Samuele Damilano

A marzo Giorgia Meloni ha inviato un commissario da Roma per riunificare la Sicilia – poi scossa dall’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il presidente dell’ARS Gaetano Galvagno e l’Assessora al Turismo Elvira Amata, entrambi di FdI - sotto un'unica guida, quella di Luca Sbardella. Fra i motivi, anche la contesa che nella parte orientale dell'isola ha visto contrapposti il deputato regionale Carlo Auteri, che ha lasciato il partito, e il vicepresidente della commissione bilancio della Camera Luca Cannata. Che cosa è successo davvero?

Le presunte olimpiadi green

In attesa di capire come andrà a finire il tentativo del governo di stoppare le inchieste su queste olimpiadi, con la definizione come ente di natura privato la fondazione Milano Cortina, Report torna ad occuparsi delle imminenti olimpiadi invernali.

Avrebbero dovuto essere olimpiadi green le Olimpiadi Milano Cortina, senza impatto ambientale, senza costi per lo stato. E invece: invece i costi per le opere, non solo gli impianti sportivi, ma anche sul territorio, continuano a salire; sono stati disboscate intere zone per far spazio alla pista da bob.. e forse nemmeno tutte le opere saranno completate per tempo.

Il nuovo impianto di bob è stato inaugurato il 17 novembre, “una consacrazione del lavoro” spiegava contento il ministro Abodi che ricordava “l’impegno e lo sforzo delle maestranze..”
Ma come racconta il servizio di Claudia De Pasquale, poche ore prima della coppa attorno la pista si vedevano ancora i segni dei lavori in corso, per fortuna che poi è scesa la neve. Gli atleti, a meno di miracoli, faranno le loro gare all’interno di un cantiere a cielo aperto: “si tratta di rifiniture” prova a minimizzare il ministro. Ma secondo la piattaforma di Simico c’è scritto che i lavori della pista finiranno il 5 luglio del 2026, cioè dopo le Olimpiadi. “Io non sono andato così tanto in profondità” ha risposto Abodi, speriamo allora che la neve continui a scendere copiosa per coprire il cantiere.

Il ministro Salvini si è intanto vantato in pubblico di aver fatto anticipare i tempi di consegna di alcune opere sul territorio, come la Variante di Tirano, dal 2027 a dicembre 2025, facendo decine di riunioni e telefonate a livello di stalking.

MA Report ha verificato lo stato della tangenziale citata dal ministro non rientri tra le opere finanziate per le Olimpiadi del 2026 ma si tratta di un progetto del 2010 che si sta concretizzando adesso.

Tra l’altro, oltre il 70% delle opere previste e finanziate sarà pronta dopo la fine delle Olimpiadi: “ma io parlo di opere necessarie per lo svolgimento delle Olimpiadi” ha risposto Salvini aggiungendo che la variante di Tirano stanno lavorando come matti per averla consegnata prima del febbraio 2026 “perché da quella strada ci devi passare, altre opere annesse alle Olimpiadi ma non centrali, grazie alle Olimpiadi hanno un’accelerata ma evidentemente finiranno dopo..”. Anche nel 2033: parliamo di quasi 3 miliardi di opere che non tutte saranno pronte.

Ma lei per che testata lavora?”

Alla fine il ministro ha buttato la palla in calcio d’angolo.

La scheda del servizio: CANTIERE CORTINA

di Claudia Di Pasquale

Collaborazione Norma Ferrara, Celeste Gonano, Giulia Sabella

Mancano due mesi all'inizio delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026. L'Italia se le era aggiudicate nel 2019 con un dossier di candidatura ispirato ai principi di sostenibilità economica e ambientale. Le avevano ribattezzate Olimpiadi a costo zero. Il 90% degli impianti era già esistente per cui bastavano pochi soldi per risistemarli. Com'è andata alla fine? Dopo l’analisi di alcuni dati, sembrerebbe che in sei anni il valore delle opere possa aver superato i 3,8 miliardi di euro e che molte di esse potrebbero essere completate dopo i Giochi, anche a distanza di anni.

Nelle anticipazioni che trovate sui canali social si parla anche di un aggiornamento dell’inchiesta di Giulia Innocenzi sulla carne scaduta che è stata riciclata e rivenduta dal macello Bervini nel mantovano.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

04 dicembre 2025

Bruma Serenissima: Un cacciatore d’ombre a Venezia di Umberto Montin


 

Il doppio sì rimbombò nella chiesa vuota. Le parole del sacerdote si persero tra le volte, s’infilarono fra i banchi abbandonati, soffermandosi sopra le statue degli altari, fino a lambire i preziosi dipinti. Ikram fissò Sarah. Sarah ricambiò.

Cosa può esserci di più romantico di due ragazzi che si guardano innamorati, mentre pronunciano il si per una promessa di amore che si pensa sia eterna? E quale posto migliore per incorniciare questo momento che non sia Venezia?

In questo romanzo Bruno Montin ci porta dentro una Venezia distante anni luce dal modello Las Vegas con le migliaia di turisti vocianti scaricati dalla terraferma coi vaporetti e i treni, attratti dal turismo mordi e fuggi, uno scatto, un selfie e via. E nemmeno quella promessa d’amore sarà per sempre:

Sarah Mordingale tre giorni dopo venne a galla in un canale laterale della Giudecca, il Rio de la Palada. Nuda, il vestito bianco ingoiato dall’acqua.

Sarah, la giovine sposa, viene infatti trovata morta pochi giorni dopo il si, colpita da tre colpi di pistola, quasi un’esecuzione. Mentre lo sposo, Ikram, un immigrato tunisino che Sarah aveva conosciuto poco tempo prima in un centro di accoglienza a Venezia, è sparito.

No, non c’è nulla di romantico e di scontato in questo giallo ambientato in una Venezia svuotata dai turisti per il covid, con le restrizioni che obbligano tutti o quasi a starsene chiusi in casa e a copristi il volto con le mascherine. In questa Venezia, straniante, che fa quasi paura, si muove tra le calli e i bacoli l’investigatore delle ombre, Sebastiano Faliero.

Ex poliziotto nonché ospite del “nobil homo” Loredano Dolfin, erede di una antica famiglia della Serenissima nonché amico della famiglia Mordingale: come un favore alla famiglia inglese gli viene chiesto di portare avanti una sua indagine sulla morte di Sarah, parallela a quella della polizia, forse poco incline a voler approfondire quel delitto così scontato. Perché, seguendo una ricostruzione che farebbe comodo a tutti, ad uccidere la bella ragazza inglese non può che essere stato l’immigrato, l’uomo nero venuto da fuori il diverso.

Chi meglio di Sebastiano, «cacciatore di ombre», poteva venire a capo dell’enigma?, aveva concluso il patrizio. «Hai offerto il mio impegno alla tua amica, immagino…»

Perché l’ex poliziotto è chiamato investigatore delle ombre? Perché sono proprio loro, le cose “assenti” a raccontarci meglio le vittime:

Lui segue chi non c’è. Attorno alla vittima si concentra su chi è assente, chi non si vede. Ma esiste. Le ombre, appunto.

E cosa non c’è attorno alle due vittime, non solo Sarah ma anche Ikram, il ragazzo scomparso?

Non ci sono gli amici, quelli del centro di accoglienza e i colleghi che lavoravano con Ikram nell’albergo assenti al matrimonio. Per i proprietari dell’albergo Ikram era solo manovalanza, braccia per lavorare, uno che se ne stava sulle sue, “non aveva rapporti con nessuno del personale”.

Non c’è nessun sentimento di vicinanza, di empatia per Ikram, sia da parte di quello strano prete che ha celebrato il loro matrimonio, freddo, distaccato, che nemmeno si sforzava a nascondere il suo disgusto per quella coppia e per quel ragazzo venuto da lontano.

Doveva rassegnarsi, gli mancavano troppi elementi nella sua ricerca di un’ombra che poteva essere assassina. Il prete, le autorità dell’accoglienza, i responsabili delle cooperative, l’effettivo datore di lavoro, da tutti era stato respinto. E i connazionali, i compagni di avventura o sventura?

A dargli uno spunto, una pista da seguire per la sua indagine sarà il nobil homo, in una delle chiacchierate serali nella sua dimora patrizia, capace di raccogliere le voci dalle calli della sua Venezia: “anche qui a Venezia vedo e sento l’odio nelle calli” gli racconta Loredano, un paradosso per una città che ha incontrato nei suoi commerci tutte le razze e tutte le religioni.

La seconda voce che lo metterà sulla pista giusta sarà quella di Cristina, la sua compagna, lontana nella sua villa in riva all’Adriatico, che gli indica la direzione

«Scontorna chi soffia l’odio, te lo ripeto ancora una volta» sussurrò Cristina nel cellulare, con una sorta di miagolio «non inseguire gli uomini. Mettiti sulla scia dell’onda che avverti sospesa. Lei ti condurrà da chi non si vede però esiste .. »

E chi è che soffia questo odio, a Venezia, contro questi due ragazzi? Qual era la loro colpa? Essere diversi dagli altri?

Sebastiano ebbe la consapevolezza, suo malgrado, di essere finito in un labirinto. Come al solito, quando si trovava in quelle situazioni, all’improvviso una piccola porta di porcellana blu appariva a pochi passi da lui.

Non è solo il coronavirus ad aver colpito Venezia, un altro virus ha avvelenato l’anima della città (e del paese): è il virus del razzismo latente, della finta accoglienza, di quanto con una mano fanno finta di accogliere chi arriva da lontano a patto che si lasci sfruttare per la gloria antica di Venezia. Il virus dell’impunità di chi sa di poter agire perché ha le spalle coperte, il virus di chi, dall’altra parte della linea rossa, sa che deve chinare la testa, accettare tutto per disperazione.

E poi il virus di chi vede tutto questo ma lo accetta, per complicità o per indifferenza.

Il cacciatore di ombre si ritroverà di fronte ad un nemico potente e pericoloso, sapendo però di contare dell’aiuto di “Katanga” un poliziotto a cui confida gli sviluppi della sua indagine e il cui intervento si rivelerà molto provvidenziale per salvargli la pelle e consentirgli di spazzare via da Venezia quella “bruma” che cela la sua anima oscura.

«Ho bisogno di un calvados, Cristina» proruppe, improvviso «per anestetizzare i ricordi peggiori e garantirmi, dentro, una nebbia placida e innocente. Che, stavolta, non celi l’animo oscuro dell’uomo come fa la bruma Serenissima.»

(e chi vuole vederci un richiamo all'Alligatore di Massimo Carlotto è libero di farlo..)

Se i fatti di cui si parla nel racconto sono un’invenzione letteraria dell’autore (ma nemmeno troppo lontani dalla realtà che vediamo attorno a noi), i luoghi di Venezia in cui si muove Sebastiano Faliero sono abbastanza fedeli alla realtà, anche se alcuni sono stati adattati all’esigenza del racconto, dove si rischia di rimanere spiazzati per questa Venezia che fa quasi paura, dove il protagonista sembra di trovarsi in un labirinto intricato come l’enigma che deve risolvere.

La scheda del libro sul sito di Mursia
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29 novembre 2025

Anteprima inchieste di Report – i fratelli d’Italia in Sicilia (e il garante, la carne scaduta rivenduta..)

L’inchiesta sui fratelli d’Italia in Sicilia

Sui giornali (e soprattutto su Telemeloni) di questa inchiesta se ne è parlato poco, le dimissioni da vicecapogruppo alla Camera del deputato Manlio Messina (per le indagini su presunte corruzioni che arrivano fino al presidente Galvagno): non è stata una sua scelta ma è stato il partito che gliele avrebbe imposte, “mi fanno capire che se non mi fossi dimesso mi avrebbero tolto ..”, il partito gli avrebbe chiesto anche un comunicato dove avrebbe giustificato le dimissioni “per tutelare il bene del partito”.

A tutto questo si è arrivato a seguito dell’inchiesta su una presunta corruzione in Sicilia che però non ha toccato altre cariche regionali di FDI.

Il giorno dopo le dimissioni di Messina esce una pagina su Il giornale di Sicilia a firma Mario Barresi che svela i retroscena: le dimissioni gli sarebbero state chieste dopo alcuni colloqui coi vertici del partito, Arianna Meloni e Giovanni Donzelli per esempio. Anziché farsi cacciare, Messina decide questo passo: questa ricostruzione non è mai stata smentita dal partito di Meloni, una vendetta da parte dei vertici perché – racconta Barresi a Report – non avevamo mai sopportato la sua influenza a livello nazionale nel cerchio magico.

Report ha chiesto conto di questa ricostruzione allo stesso Donzelli in particolare la voce proveniente da fratelli d’Italia secondo cui Messina sarebbe stato cacciato dal partito.

Ma dietro l’articolo di Barresi c’è proprio Donzelli che, di fronte alle domande della giornalista si inalbera arrivando a chiedere le fonti.

La cosa grave, commenta Messina a Report, “è che il capo della struttura sveli la linea del partito facendo fare a me la figura barbina. Un metodo che hanno utilizzato, nel migliore dei casi, col Pozzolo di turno e nel peggiore dei casi nel mio caso che rappresento la storia anche di quel partito. Si sono permessi di fare queste porcherie ..”

Donzelli arriva anche a minacciare una querela alla giornalista di Report, “voi intercettate anche i giornalisti, oltre che il garante della privacy.. voglio sapere da voi, da Report come fa a sapere le fonti dei colleghi giornalisti.”

Bastava chiederlo a Barresi stesso, Donzelli. Semplice: “nel pezzo si capisce che una delle mie fonti è lui e nessuno lo ha smentito”.

Chi mente allora?

Nelle intercettazioni della Procura per le indadini sul presidente dell’ARS Galvagno, si sente spesso nominare il presidente del Senato Ignazio La Russa in particolare nei suoi rapporto con Marianna Amato, di professione organizzatrice di eventi e dipendente della fondazione orchestra sinfonica.
Nelle intercettazione la Amato viene definita la cocca di La Russa: il presidente, dopo aver avvicinato la giornalista di Report con parole quantomeno irrispettose (dimmi, cara, tesoro..) ha risposto dicendo che no, assolutamente, lui questa signora non la conosce e nemmeno l’ha raccomandata. È lei che è venuta in Senato col pasticciere Fiasconaro in un evento organizzato dalla Amato. Ma il pasticcere smentisce il racconto di La Russa: Marianna Amato era coinvolta in molti eventi istituzionali alla presenza di La Russa e di Manlio Messina, non l’ha portata lui in Senato, assolutamente non è stato lui a presentare Amato al presidente La Russa, “si conoscevano da abbastanza tempo.. con il governo e queste persone importanti delle istituzioni ha sempre avuto un rapporto la signora Marianna”. Grazie ai suoi rapporto con Messina e LA Russa, Marianna Amato era entrata a far parte della cerchia di Galvagno con la quale organizzava eventi finiti sotto indagine dalla procura.

Persone che parlano degli eventi e dei finanziamenti come se fossero cosa loro: ovviamente il presidente dell’ARS Galvagno smentisce queste ricostruzioni e ribatte alle accuse dicendo di non aver minimamente influenza le scelte per gli eventi.

Io davo 550 euro a Luca – racconta in una intercettazione l’ex presidente del consiglio comunale di Avola Fabio Iacono – sempre a lui brevi manu: l’ex presidente si lamenta di aver dovuto versare a Luca Cannata, all’epoca sindaco di Avola, dei contributi in contanti ogni mese.

Una richiesta simile era arrivata all’ex coordinatore di FDI a Siracusa, Giuseppe Napoli, che l’aveva respinta ed arrivato poi a dimettersi: a Report racconta che Cannata avrebbe segnalato il suo nome ad enti pubblici per fargli dare incarichi professionali, come avvocato.

Dopo due anni, in cui c’era stata di mezzo la campagna elettorale, lo stesso Cannata gli avrebbe detto “hai visto che sono arrivati gli incarichi? Mi sembra giusto che tu contribuisca alle spese della campagna elettorale ..”
Soldi chiesti in contanti a cui Napoli avrebbe detto di no: io ho sempre contribuito al partito quando c’era da fare qualcosa…

Ma così no.

Report ha chiesto un’intervista al deputato su queste collette: “qualcosa di normalissimo” risponde Cannata, nella gestione di un movimento locale sul territorio. “Ognuno metteva quello che voleva”: eppure le persone che hanno versato questi soldi, in contanti, l’hanno vista in altro modo, tanto da andare in procura.

I miracoli della Sanità

Dopo l’inchiesta della scorsa settimana sulle liste d’attesa e sui miracoli da parte di alcuni governatori, che poi miracoli non sono, Report torna ad occuparsi di sanità e della Campania. Andando ad Agropoli e al pronto soccorso dell’ospedale, inaugurato in pompa magna nel 2017 dopo anni di inattività. Un altro miracolo per il presidente De Luca presente alla inaugurazione “per rispondere ad una esigenza del territorio”. Nel 2020 la struttura diventa ospedale Covid e chiude il pronto soccorso ma si investe nei reparti: aprono sale operatorie nuove di zecca e così nell’estate 2020 il presidente ritorna ad incassare altri applausi. MA oggi della struttura di eccellenza rimane poco: le sale operatorie sono chiuse anche se ancora nuove, un solo intervento chirurgico in 5 anni, al secondo piano era annunciata una casa della comunità finanziata coi fondi pnrr ma ad oggi non c’è traccia. Il pronto soccorso già ridotto negli anni a presidio d’emergenza, non c’è e da questa estate sopra l’insegna è stata appiccicata una pecetta.

Gisella Botticchio del comitato 8 agosto spiega a Report come finito il covid sono spariti i letti di rianimazione, le ambulanze vanno a Vallo della Lucania (un comune a circa 40 minuti di macchina, 35 km). Se uno sta male ad Agropoli viene al pronto soccorso e trova un medico che gli misura la pressione, c’è la radiologia di giorno, se stai male di notte meglio andare a Vallo. Un infartuato, un malato ischemico non ha scampo qui, nell’attesa dell’ambulanza non le salvi le vite, parecchie persone sono decedute qui ad Agropoli per questo. “Noi cittadini paghiamo i loro tagli di nastri farlocchi, si devono vergognare.”

Ad agosto la ASL aveva promesso di inserire Agropoli nel sistema delle emergenze ma poi tutto si è fermato e c’è chi pensa di chiedere aiuto ai privati.

Report ha intervistato il sindaco di Agropoli: alle sue domande e solleciti dall’ASL ha ottenuto sempre le stesse risposte, manca il personale, il sindaco ha chiesto di affidare temporaneamente all’esterno, a privati, la gestione ai privati, pagherebbe sempre la ASL.. La ASL ha risposto che anche altre realtà del territorio sono nella stessa situazione e dovrebbero esternalizzare ai privati anche altri pronto soccorso.

La carne scaduta che arriva sulle nostre tavole

Giulia Innocenzi torna ad occuparsi delle confezioni di carne scaduta che anziché essere scartata veniva rimessa sul mercato al macello Bervini: secondo la DIA dietro questo riciclaggio di carne avariata ci sarebbe la mafia. Gli operai venivano pagati in parte con un bonifico bancario e il restante dei soldi che non figurava sulla busta paga veniva pagato in contanti. Qualche volta veniva ricaricata una carta di quelle spendibili per i carburanti, per il cibo, “ma il grosso dei soldi ci veniva dato in nero.”

LE cifre “cash” erano notevoli, “ma da tutte le parti si fa così” ha provato a giustificarsi un ex dipendente del macello Bervini, anche i soldi per gli operai del nord arrivavano dal sud, oltre duemila euro in contanti, anche 3000 a seconda degli orari di lavoro, considerando che gli operai nel mantovano erano 30-40, per un totale di centomila euro mensili. Soldi che si sospetta provenissero dal riciclaggio della criminalità organizzata barese e perfino dall’estero.

LA carne scaduta che poi veniva re-immessa sul mercato proveniva anche dall’Uruguay: carne scaduta nel 2023 – riporta l’etichetta ancora leggibile. Questa carne veniva spacchettata, rilavorata e nuovamente etichettata in un altro spazio del macello, con una nuova data di confezionamento cambiata in aprile 2025 (quando sono state fatte le riprese all’interno del macello), con una data di scadenza nel 2027 e con anche una nuova data di congelamento, nascondendo la data reale del primo congelamento.

La scheda del servizio: IL LOTTO MAGICO

di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi

Dopo l'anticipazione di Report sulla carne congelata scaduta rimessa in commercio si è scatenato un putiferio. Ma la trasmissione d'inchiesta ha raccolto ulteriori immagini, che confermerebbero la prassi del macello Bervini di rimettere in commercio carne scaduta, che finirebbe anche ai ristoranti e alla grande distribuzione. Ma perché i controlli non hanno mai intercettato questa pratica? Da quanto tempo si faceva? E chi c'è dietro la gestione dei lavoratori? Nuove inquietanti rivelazioni partono da Mantova e arrivano dritte a Bari, all'ombra della criminalità organizzata.

Il garante che spia la privacy dei suoi dipendenti

Report è venuta in possesso di altri documenti sull’operato del garante alla privacy: per individuare la talpa che avrebbe passato le informazioni ai giornalisti i membri del collegio, il primo novembre (festa dei Santi) alla vigilia della prima puntata di Report, sarebbero entrati negli uffici di piazza Venezia, che in quel giorno di festa dovrebbero essere chiusi. La cosa inquietante è che i membri sarebbero stati accompagnati da altre persone: Alessandro Bartolozzi – rappresentante sindacale presso il garante della CGIL – ha risposto che non gli risulta un episodio come questo ma non lo sorprenderebbe questa possibilità.

Abbiamo raccolto informazioni che, o si vogliono considerare frutto di una psicosi collettiva, oppure dobbiamo dire che avevano un fondo di verità. Ci sono stati segnalati uffici con un certo disordine, scrivanie spostate, oggetti nella cassettiere finiti a terra, prese elettriche o telefoniche non allineate..” racconta Bartolozzi a Report.
Ma la fonte della trasmissione è sicura: sono entrate delle persone non identificate assieme ai membri del collegio, che sono rimaste negli uffici tutta la notte. Il sospetto è che abbiano cercato di accedere ai server e quindi alle informazioni e ai dati di tutti i dipendenti.

Il rappresentante sindacali, di fronte a quanto gli ha riportato Report, chiederà al collegio di verificare se ci siano stati ingressi non autorizzati, se effettuati da personale esterno, cercando di capire se questo apparato esterno appartenga ad apparati dello Stato oppure a società private. E se questo episodio è riconducibile a tutta la vicenda legata all’Assemblea del personale.

Su questo episodio si starebbe muovendo anche la procura di Roma, come riposta Il fatto quotidiano oggi

La miccia dei misteri

Difficile capire cosa abbia innescato l’ingresso del primo novembre: fino a quel giorno Report aveva mostrato solo una breve anticipazione della puntata del 2 novembre – pochi secondi con Ghiglia nella sede di FdI – nulla che potesse allarmare il Collegio sul fronte documentale e della corrispondenza interna, che non poteva sapere cosa sarebbe andato in onda la sera successiva.

In mezzo però c’è un episodio che può spiegare la scintilla. La sera del 29 ottobre il Fatto chiede informalmente a Guido Scorza, membro del Collegio, di verificare una call avvenuta due giorni prima tra alcuni garanti e una una nota società di lobbying per gestire la “crisi” delle inchieste giornalistiche. Il 30 ottobre gli vengono forniti gli estremi tecnici delle comunicazioni partite dall’indirizzo segreteria.generale@gpdp.it. La richiesta è di una verifica informale, discreta, per tutelare le fonti.

Scorza fa il contrario: chiede un “consiglio straordinario”, che non era previsto, per autorizzare il responsabile dell’It a fare la verifica interna. “Non potevo fare diversamente – spiegherà – c’è di mezzo la privacy dei dipendenti”. Pochi giorni dopo annuncia che “non risulta nulla”. Ma il contratto esiste: è con la stessa società, firmato dallo studio E-Lex, fondato da Scorza, con decorrenza dall’1 novembre.

A Repubblica dirà che le verifiche sulle caselle dei dipendenti servivano a capire come un verbale del Collegio fosse finito sul Fatto. A La Stampa un altro garante rivelerà che Scorza era convinto di aver trovato la “talpa” e che “si stessero cercando le prove per farla licenziare”.

Domanda inevitabile: la “talpa” era forse la fonte che Scorza si era impegnato a proteggere e che invece ha esposto, scatenando l’intera caccia?

La scheda del servizio: CHI PROTEGGE LA NOSTRA PRIVACY?

di Chiara De Luca

Collaborazione Eleonora Numico

Andrea Mavilla, esperto di cybersecurity e della tutela dei dati personali, è entrato su alcune piattaforme come LUSHA, CONTACT KASPER APOLLOIO, UPLEAD e altre situate negli Usa in Russia e Israele. Senza forzarle è atterrato su banche dati che contenevano numeri di cellulare, utenze casalinghe, mail di capi di stato da Mattarella alla Premier, di tutti i ministeri, anche i più sensibili Difesa Esteri Interni, Interno dove ci sono i recapiti di Crosetto Tajani Piantedosi, fino ai data base delle utenze della stessa Agenzia per la cyber security, del Dis, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, questori, prefetti. I magistrati di tutta Italia.

Poi ci sono i contatti delle nostre aziende più strategiche: Eni, Leonardo, Enel, Fincantieri, Banche come CDP, Unicredit, Intesa San Paolo, Mps, Mediobanca, Generali, Mediolanum, e anche lo Ior. Le banche dati dei partiti, Confindustria e sindacati, quelle delle Tv: a partire da Mediaset e Sky. E i vari giornali più importanti da Repubblica, Corriere, Il Fatto, Il Giornale, La Verità, media italiani e stranieri, dal NYT alla CNN. C'è anche l’accesso a vescovi e cardinali e migliaia di contatti in Vaticano, fino a tutte le ambasciate nel mondo.

Mavilla aveva contattato la Cia il 27 marzo, che ha cancellato le utenze. Da noi invece aveva denunciato all’Agenzia per la cybersecurity e anche al Garante della Privacy, che ha aperto un’istruttoria ad aprile. Ma i dati sono ancora là, mentre la Polizia Postale sta ora indagando.

E, sempre in tema di Garante della Privacy, cosa potrebbe essere accaduto negli uffici dell’Autorità nella notte tra l’1 e il 2 novembre, a ridosso della puntata di Report? 

Il porto di Fiumicino

Lascorsa stagione Report si era occupata del progetto per realizzare un porto turistico a Fiumicino e domenica sera darà un aggiornamento di quanto accaduto recentemente nel comune guidato dall’ex ministro Baccini (centro destra): sono stati arrestati un dirigente del comune, una funzionaria e degli imprenditori privati, dopo l’estate altri dirigenti, funzionari e imprenditori privati sono stati raggiunti da altre misure interdittive.

LA seconda inchiesta riguardava i servizi sociali del comune negli anni precedenti la giunta Baccini: sono scattate le misure cautelari per l’assessore al turismo e a quello alla cultura. Tra gli indagati per corruzione, peculato, turbativa d’asta ci sono anche il sindaco Baccini e il capo di gabinetto Riccardo Graziano.
L’inchiesta si occupa delle luminarie, gli eventi estivi, gli eventi culturali, turistici del comune di Fiumicino dal 2023 in poi, diverse centinaia di migliaia di euro spesi in eventi a cui hanno partecipato artisti importanti, con appalti fatti in affidamento diretto, sotto una certa soglia è possibile farlo ma a destare sospetto è il fatto che venivano affidati sempre alle stesse società.

La scheda del servizio: LAB REPORT: IL CIRCOLO DEGLI ILLUMINATI

Di Rosamaria Aquino

Collaborazione Norma Ferrara

Report è tornato a Fiumicino per capire come vengono affidati gli appalti dal Comune del litorale laziale.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

27 novembre 2025

Una storia sbagliata di Giancarlo De Cataldo


 

Roma, febbraio 1974.
Fu uno degli addetti alle pulizie a rinvenire il corpo. Nel vedere quella ragazza cosí quieta e composta, pensò che dormisse. Poi notò gli occhi sbarrati e non riuscí a reprimere un conato di vomito. Infine, quando la tachicardia si placò, dette l’allarme.

Il titolo dell’ultimo romanzo di De Cataldo riprende quello della canzone di Fabrizio De Andrè, “è una storia da dimenticate, è una storia da non raccontare, è una storia un po’ sbagliata.”
Che poi è quello che potremmo dire della storia nascosta del nostro paese, la storia delle bombe scoppiate nelle banche affollate, le bombe scoppiate nelle sale d’aspetto delle stazioni, nelle piazze durante una manifestazione antifascista…
Dei tentativi di colpo di Stato, il tintinnar di sciabole che serviva a far capire a chi di dovere che certe politiche progressiste in questo paese non si potevano fare.
Oppure, come ci racconta l’autore di Romanzo Criminale, la storia di come si sia inondato questo paese con l’lsd e l’eroina per andare a scardinare i movimenti e i gruppi “antisistema”, dove per sistema si intendeva quell’Italia patriarcale, del lavoro a cottimo, dove i sindacati si battevano contro il cottimo, per un lavoro sicuro, per uno stipendio dignitoso, per una casa. Dove gli studenti chiedevano un sistema universitario aperto anche ai figli degli operai… Forse un’Italia nemmeno troppo diversa da quella di oggi.

Questa “storia sbagliata” è raccontata attraverso gli occhi del giovane vicecommissario Paco Durante della Mobile di Roma

.. trent’anni, capelli lunghi, giaccone sfrangiato di velluto, alto, profondi occhi neri, faccia tagliata nella pietra e un sorriso da canaglia che le donne trovavano irresistibile, fece il suo ingresso nell’ufficio di Agnello

A lui viene chiesto di indagare sulla morte della ragazza di cui si parla nell’incipit: si chiamava Lucia e anni prima Durante aveva preso una sbandata per lei.
Nonostante la provenienza da una famiglia “beat”, Paco Durante aveva scelto di cambiare il mondo non con l’uso delle droghe, con l’anticonformismo di facciata, con la finta rivoluzione, ma dall’interno. Facendo il poliziotto “democratico”, ovvero quello per cui prima di tutto valgono i principi della Costituzione. Una mosca bianca in quell’Italia in piena guerra fredda dove la polizia era ancora un corpo militare senza sindacati.

Su questa indagine, che i vertici della procura vorrebbero chiudere quanto prima, lavora il procuratore Agnello, un’altra anomalia nel “sistema”:

Ne aveva fin sopra i capelli di tutto, per la verità. Per la terza o quarta volta era stato scavalcato dal solito collega lecchino e manipolatore nella corsa a un incarico meno oneroso e piú prestigioso.

A rovinare la vita, in senso fisico e anche lavorativo, era stata l’inchiesta sul suicidio di quel generale, mancino ma suicidatosi con la mano destra. Strano, no?
Anche lì, la procura aveva spinto per far archiviare il caso come suicidio, inutile perderci tempo, caro procuratore. Eppure, Agnello si era intestardito: aveva seguito una sua pista che portava ad uno strano servizio segreto, “la catena”, ad uno strano immobiliarista, alle trame nere della prima Repubblica, a quello strano suicidio del generale che tutti volevano archiviare (“lei si sbrighi ad archiviare questo increscioso suicidio”). Aveva perfino sequestrato delle carte che poi si era visto scippare dal procuratore generale…

E ora questa ragazza morta, per una dose sbagliata di morfina: Agnello sente puzza di bruciato, come mai quelli della Narcotici non si sono mossi?

Agnello conosceva bene quelli della Narcotici. Se non si trattava di sequestrare come minimo una decina di chili di hashish non muovevano il culo dalla sedia. Vuoi mettere una bella retata?

Ecco allora l’incarico a quel giovane vicecommissario che, come lui, è una anomalia del sistema. Uno di sinistra ma che sa fare il suo mestiere: Paco, infatti, si imbatte in uno strano “americano” che sarebbe dietro lo spaccio delle nuove droghe pesanti che hanno preso il posto del fumo. Americano che vive in un appartamento dentro un palazzo storico di proprietà di un immobiliarista che il giudice conosce molto bene:

Capisce adesso perché nel leggere il nome di Arena mi sono incazzato come un picchio? Perché lei ha messo le mani su una cosa enorme. Una cosa enorme, viscida, putrida. E proprio quando stavamo per afferrarla, puff, se l’è lasciata scivolare via…

Cosa e chi c’è dietro questa inondazione di eroina su Roma?
Come mai, sebbene siano tutti contro il consumo degli stupefacenti, in Italia e oltre oceano, ogni volta che questa “anomala” coppia di investigatori si avvicina troppo alla preda, questa gli scappa via da sotto il naso. Come se… come se in alto loco non ci fosse veramente l’intenzione di bloccare il grande traffico di stupefacenti.

Lo scenario era cambiato. Quello del ’74-75 era passato alla Storia come l’inverno dell’eroina. Sequestri e arresti si susseguivano a ritmo incessante, cosí come i morti con la siringa in vena all’angolo delle strade.
C’è tutto un pezzo della nostra storia passata dentro questo romanzo, breve ma intenso, dal 1974 al 1978: dagli anni in cui come predisse il direttore del Sid, “adesso sentirete parlare del terrorismo rosso”, le Brigate Rosse vengono via via bloccate per ricrescere ancora più pericolose e sanguinarie. Compagni che sbagliano o solo pericolosi sovversivi al gioco dell’eversione?, questo si chiedono gli intellettuali – arroganti, sterili, autoreferenziali – di sinistra dalle loro terrazze affacciate su Roma. Sono gli anni in cui il processo per la bomba di Milano veniva spostati lontano, per anestetizzare la memoria, ulteriore oltraggio verso il dolore dei familiari.
Anni che culminano nell’operazione Fritz, l’attacco al cuore dello Stato.
Cosa deve fare ora Paco Durante? Lasciar perdere, perché questo è un gioco troppo grande per lui?

Nonostante il tentativo dell’autore, non si fa troppa fatica a dare i giusti nomi ad alcuni protagonisti indiretti del romanzo: il colonnello Rocca e il sul strano suicidio legato alla vicenda, mai chiusa, dei fascicoli del Sifar (il servizio segreto militare). Dietro “la catena” si nasconde il “noto servizio”, un servizio che non si poteva nominare dentro il Viminale, emerso dietro alcune pagine buie della nostra storia (come la fuga di Kappler) la cui specialità era uccidere i propri nemici con incidenti simulati.
Lo zio Carlo, che incontreremo più avanti in Romanzo Criminale (saremo eternamente grati a De Cataldo per questo libro!), è Pippo Calò, il cassiere della mafia.
Si intuisce dietro quel magistrato romano che, solitario indagava sul terrorismo nero (e sui suoi agganci con la massoneria), il giudice Amato.

E poi, le famose stanze di compensazione dove uomini che all’apparenza appartengono a mondi l’uno in contrasto con l’altro, possono trovarsi e decidere le sorti della nazione. Tipo una certa scuola di lingue francesi sorta a Roma pochi mesi prima del rapimento di Aldo Moro e chiusa pochi mesi dopo la sua morte. Hyperion si chiamava.

È una brutta partita. Alla fine, il destino di Moro si deciderà in qualche camera di compensazione in cui si ritroveranno i «quasi», vari tipi di «quasi», molto diversi fra loro in apparenza ma legati da comuni interessi. Saranno loro a fare la scelta finale.

Per chi fosse interessato ad approfondire questa “storia sbagliata”, consiglio la puntata di Blu Notte OSS – Cia – Gladio i rapporti segreti tra America e Italia (qui il link su Raiplay).
E poi, ma solo una volta arrivati fino in fondo, questo altro libro di DE Cataldo,
L’agente del caos - Einaudi.

La scheda del libro sul sito di Einaudi
I link per ordinare il libro su Ibs e Amazon

22 novembre 2025

Anteprima inchieste di Report – le liste d’attesa, il garante della privacy, le tasse universitarie, il governo e il tennis e i macelli di carne

Che interessi difende il garante?

Report tornerà giocoforza a occuparsi del garante alla privacy: notizia di questi giorni le dimissioni del segretario generale Fanizza dopo che Report stessa aveva scoperto un documento in cui chiedeva ad un dirigente dell’area IT di poter spiare i dipendenti e poter individuare la fonte che aveva svelato tutti gli altarini ai giornalisti della trasmissione.

Che garante è quello che è disposto a spiare i suoi dipendenti pur di vendicarsi contro dei giornalisti che hanno fatto il loro dovere?
L’authority pensata a presieduta inizialmente è caduta proprio in basso: da Rodotà a Stanzione e Ghira, “noi abbiamo sempre creduto in questo ufficio” risponde a Report un dipendente dell’agenzia che a fatica tratteneva la commozione e la rabbia per quanto sta succedendo, “noi ci crediamo e abbiamo sempre creduto alle nostre capacità in questo ufficio, di decisioni competenti a favore dei cittadini.”

Al momento si è dimesso solo il segretario Fanizza, sostenendo di aver agito da solo: secondo una fonte riservata di Report Fanizza ha agito secondo le decisioni del collegio, una scelta politica dunque. Esiste anche un audio in cui Fanizza di fronte all’assemblea dei dipendenti ammette di aver agito in nome del collegio per questa discovery – un modo elegante per dire caccia alla fonte di Report.

Un popolo senza istruzione

L’ignoranza è forza – è uno degli slogan del partito di potere nel mondo immaginato da Orwell nel suo celebre 1984.

L’ignoranza (e la paura, e l’oppressione..) sta alla base di tutte le democrazie a scartamento ridotto, le democrature o autocrazie.

Cittadini senza istruzione e senza cognizione dei propri diritti. Che futuro può avere un paese senza istruzione, che non investe in cervelli ma che anzi, sembra voler far di tutto per farli andar via (vi ricordate quando Calenda da ministro si vantava del fatto che in Italia gli ingegneri prendessero uno stipendio più basso che altrove?).

Nel servizio di Antonella Cignarale si parlerà dei costi universitari molto alti e di come alcuni atenei non rispettino i limiti sulle tasse imposte dal governo.

O di come, in assenza dei normativa ministeriale attuativa, la norma per lo scorporo dei contributi a carico degli studenti internazionali non può essere applicata.

Ci sono università condannate a restituire le tasse eccedenti agli studenti – come Torino dopo il ricorso presentato da diversi studenti – che ha costretto l’ateneo ad abbassare le tasse.

La norma di cui parlerà il servizio è quella che impone ad una università di non superare con le tasse agli studenti la soglia del 20% rispetto ai contributi versati dallo Stato.

Ma non essendo applicata, gli studenti sono costretti a fare continui ricorsi -racconta Pasquale Scordo dell’unione universitari italiani.

Che dice la ministra Bernini? Che solleciterà le università per evitare lo scontro: le università devono fare quello che si impone loro tramite le leggi e le sentenze, ma è stato proprio il Consiglio di Stato a dire che mancano i decreti attuati, dunque? Nel frattempo che la ministra andrà a parlare col presidente del Consiglio di Stato, una decina di atenei continuerà ad incassare i contributi illegittimamente.

Come ha scoperto Report, gli atenei applicano tre norme diverse per calcolare i contributi: di fronte ad una norma univoca esistono tre diverse interpretazioni – spiega il commercialista Stefano Capaccioli – una situazione paradossale incompatibile con uno stato di diritto.
LA giornalista di Report è andata anche ad incontrare i rettori al convegno dei direttori generali tenuto a settembre.

LAB REPORT: OLTRE IL LIMITE

Di Antonella Cignarale

Collaborazione Evanthia Georganopoulou

Rispetto ai 38 paesi membri dell’Ocse, l’Italia è sotto la media per gli investimenti nell’istruzione universitaria rispetto al Pil. A spiccare, invece, c’è la Svezia dove l’accesso all’università è gratuito, ma con numero limitato di iscrizioni. L’Italia è anche penultima a livello europeo per numero di giovani laureati e tra le cause emergono i costi che gli studenti devono sostenere per studiare. A loro tutela la legge ha posto un limite: in un anno la somma dei contributi degli studenti iscritti ai corsi di laurea che una università incassa non può superare il 20% del Fondo di Finanziamento Ordinario che riceve dallo Stato. Il limite di legge è stato superato più volte imponendo agli studenti tasse troppo alte. E intanto gli atenei non applicano un calcolo univoco per rispettare il limite di legge sui contributi.

Il mistero delle liste d’attesa

Domenica e lunedì si vota per elezioni regionali in Campania: i candidati (e le loro liste) verranno giudicati anche per quello che hanno fatto sulla sanità, uno degli ambiti (e dei capitoli di spesa) più importanti a livello regionale.

Report è andata a verificare se quanto ha raccontato il governatore uscente De Luca sia vero, relativamente al miracolo delle liste d’attesa.

E non è così: sulle visite urgenti solo il 27% è nei tempi, meno della metà della media nazionale che è al 69%. Anche per gli esami va male, appena il 34% è nei tempi, laddove la media sta all’80%. Inoltre la regione Campania ha ben 15 criticità per ritardi nel fornire visite con priorità urgenti, brevi e non differibili nelle strutture pubbliche e 68 per gli esami diagnostici. La Campania sta al 3 e 8 posto nella classifica dei peggiori: ma Report ha scoperto che la regione truccherebbe i dati per nascondere una situazione peggiore di quanto rappresentato al ministero. Così a difendere i cittadini ci devono pensare le associazioni di privati.

A Napoli l’associazione Abaco presenta da oltre un anno centinaia di diffide alle ASL Campane quando i tempi di attesa per i pazienti non sono rispettati.


Chi non ha i soldi si rivolge a noi e noi cerchiamo di intervenire con delle diffide – racconta Giuseppe Ferruzzi a Report. Ma non in tutti i casi si riesce ad ottenere la visita. Sono molti i casi di rifiuti dei pazienti alle visite offerte dalle ASL Campane in tempi brevi, salvo poi accettarne una un anno dopo. C’è un problema però: il rifiuto alla prima visita è avvenuto all’insaputa del paziente.

Report racconterà la storia di un paziente che ha chiesto una colonscopia a luglio 2025 e gli arriva la disponibilità per agosto 2026: dopo il ricordo l’ASL ha ridotto di cinque mesi i tempi della visita ma si rimane sempre oltre i 120 giorni previsti dalla legge. Il paziente avrebbe poi scoperto di aver rifiutato una data del 20 agosto 2025, cinque giorni dopo la prenotazione. Ma il paziente non ha rifiutato proprio nulla: il documento della regione sarebbe un falso, fatto per dimostrare che l’ASL ha cercato di rispettare i tempi e così questa mancata visita non finisce nelle liste d’attesa.

Il mistero delle liste d’attesa viene chiarito dal funzionario ministeriale, che decide di contattare Report in forma anonima: questo funzionario può vedere la situazione reale delle liste regione per regione, dati che non sono mai stati resi pubblici.

Questa persone tutti i trucchi messi in piedi per falsificare i dati: per esempio in Campania sembra che i cardiopatici non abbiano fretta di essere curati, le visite programmabili che a livello nazionale sono al 40-50% (significa stare nei 120 gg) mentre in Campania il 90% delle visite cardiologiche sono programmabili (e così la regione ha molto più tempo per smaltire le visite urgenti e non fa la figura di chi sfora i tempi). Ma molti di questi pazienti dovrebbe essere visitata in tempi stretti: significa che le visite diventano programmabili quando i dati sono inviati al ministero? Questo sarebbe roba da NAS – spiega il funzionario a Report. Le visite urgenti, brevi e non differibili dovrebbero essere smaltite entro i 30 gg invece verrebbero trasformate in programmabili e così la regione ha più tempo e può presentarsi come virtuosa..

E questo sistema non vale solo per cardiologia, Report è venuta in possesso di un documento da cui si evince che venga applicato a diverse specialità nella regione di De Luca, come la TAC al cranio, visita ginecologica, sembra che i pazienti campani stiano così bene da poter essere curati con calma.

Dalla Campania alla Puglia: nonostante la produzione dell’Ilva sia ai minimi storici (col rischio di chiusura dei forni), un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità riporta che qui ci si ammala di più con eccessi di ospedalizzazione per tte le patologie. Si muore di più per tutti i tumori maligni, per le malattie del sistema circolatorio e dell’apparato digerente. Troppe anche le leucemie dei bambini, anomalie congenite rilevate alla nascita.

Al quariere Tamburi vivono molti operai dell’Ilva con le loro famiglie: Report ha raccolto le loro storie, di malati oncologici che si trovano davanti prenotazioni per una TAC a settembre 2026.

Prenotazione che il malato ha disertato perché “a settembre 2026 chissà cosa può succedere”, preferendo andare a pagamento. Pagando 320 euro magicamente le code svaniscono.

La regione Puglia è la peggiore in Italia per i tempi delle liste di attesa, analizzando i casi più gravi di ospedali incapaci di dare determinate prestazioni per tempo ce ne sono 390 sul pubblico, nelle visite 264 negli esami diagnostici.

Cardiologia di Bari, prescrizioni con priorità B, a dieci giorni: la maggior parte riceve una prenotazione a sei mesi o anche ben oltre un anno. Come convocarli all’obitorio è la battuta che esce a Giulio Valesini di fronte all’assessore alla sanità pugliese.

Che però non riesce ad andare oltre le scuse ai cittadini della sua regione: vi è un problema di organizzazione, c’è bisogno di cardiologi ma se dopo il concorso solo uno è disposto a firmare per la regione, siamo punto e a capo. C’è poi – continua l’assessore – un secondo problema di richiesta inappropriate che ingolfano le liste.

Come in altre regioni, le richieste senza esito di prestazioni finiscono per ingolfare i pronto soccorso. Secondo un documento di cui Report è venuta in possesso a Taranto persino la ASL appesantisce il pronto soccorso, perché si invitano i medici a spedire i pazienti in questi reparti. Il contrario di quanto la ASL dichiara pubblicamente.

È una tattica per snellire le liste ed è tutto nero su bianco (la faccia dell’assessore a fine intervista è molto esplicativa).

Ai pazienti che non possono aspettare anni per una visita viene anche proposta la soluzione dell’intramoenia, si paga per una visita privata al medico che lavora nella struttura pubblica. Un metodo che conviene al medico stesso e alla regione che prende una percentuale. Succede al De Bellis dove l’intramoenia segna un record e dove il direttore sanitario ha perfino cercato di giustificare questo trend. Che è consentito dalla legge, che consente questi squilibri pubblico-privato. Se paghi aspetti 20 giorni per una visita gastroenterologica, se invece chiedi una visita al pubblico aspetti anche 274 giorni.

Ma anche al nord la situazione non è tutta rose e fiori: in Emilia Romagna a Parma ci sono agende chiuse, pazienti che chiamano esasperati il CUP senza ricevere un appuntamento. Ad alcuni viene proposto l’inserimento in una pre-lista (come la signora Letizia per una visita oculistica), dove inserire le persone in attesa della riapertura delle liste.

LE liste non possono essere chiuse e la risposta che si sente sempre dai cup “non abbiamo disponibilità” non può essere accettata.

Questo è proprio illegale” racconta a Report l’ex sindaco Vignali – anche lui alle prese con visite bloccate per le agende chiuse.

Con le agende chiuse si va ad invalidare il sistema di monitoraggio delle liste (e capire se una regione è “virtuosa” o meno).

Ci sono anche, sempre in Emilia, assegnazioni fittizie: prenotazioni non vere, messe su carta ma che in realtà sono false perché mancano i posti. Sii tratta di una “fogna amministrativa dove scaricare i ritardi” spiega il giornalista di Report.

La scheda del servizio: MIRACOLO ITALIANO

di Giulio Valesini, Cataldo Ciccolella, Lidia Galeazzo

Collaborazione Samuele Damilano, Alessia Pelagaggi

Per combattere le inefficienze che causano lunghe liste di attesa per visite mediche ed esami, il ministro Schillaci ha iniziato a raccogliere i dati di tutte le ASL italiane in modo da stanare quelle che lavorano male o non coordinano le agende e pesare la gravità dei ritardi. Ma i dati di dettaglio che dovrebbero essere presentati in un cruscotto online non sono ancora pubblici perché le Regioni si oppongono. Report rivelerà i veri numeri del fenomeno delle liste di attesa in Italia e i trucchi di alcune Regioni per abbellire i dati del cruscotto.

Le mire del governo sul tennis italiano

Tutto fa brodo per cercare di risollevare l’immagine di questo governo, alle prese con la finanziarie di austerità, i salari fermi, la sanità a pezzi.. Anche i successi di Sinner su cui il governo ha puntato.

Grazie a Sinner (e al tracollo della nazionale di calcio) il tennis è sempre più sport nazionale al punto che i successi di Jannik sono diventati un caso politico, quello che riguarda le ATP finals, il tradizionale torneo di fine stagione coi più forti giocatori del pianeta che l’Italia ospiterà fino al 2030. L’ultima edizione si è svolta a Torino alla presenza di di tifosi da tutto il mondo, venuti a vedere il campione pagando fino a 300 euro per un biglietto. Tutto questo successo ha attirato l’attenzione della politica, visto che l’evento riceve un finanziamento pubblico da 100 ml nei prossimi cinque anni, il governo ha deciso di entrare direttamente nell’organizzazione del torneo attraverso la società statale “Sport e salute”, un’invasione di campo non digerita dalla Federazione.

Siamo passati da una legge in cui si diceva ‘dovete arrangiarvi da soli’ e noi ci siamo arrangiati egregiamente da soli ad una legge in cui il braccio armato del governo, Sport e salute, opera direttamente – racconta a Report Angelo Binaghi presidente della Federazione tennis. È un po’ come se un arbitro improvvisamente incominciasse anche a giocare.

La scheda del servizio: FRATELLI DI SPORT

di Lorenzo Vendemiale, Carlo Tecce

Dal successo di Jannik Sinner e dell'intero movimento del tennis al centro sportivo "Pino Daniele" di Caivano, Report racconta come il governo vuole controllare e gestire lo sport attraverso la società "Sport e Salute", la cassaforte pubblica che muove circa 500 milioni di euro all'anno. Con documenti inediti e testimonianze esclusive, il servizio svela come sono stati scelti i dirigenti di Sport e Salute e quali possibili conflitti di interessi si nascondono.

Cosa c’è dietro la carne da macello?

Del maiale non si butta via niente. E nemmeno della carne scaduta in un macello. Perché tutto fa profitto, anziché brodo. E se poi nessuno fa controlli lato regione, meglio ancora.

La scheda del servizio: NON SI BUTTA VIA NIENTE

di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi

Pacchi di carne scaduti messi a scongelare, operai che tolgono la parte superiore marrone con il coltello, riconfezionano e appongono una nuova etichetta con dati falsi. Sono le immagini choc, raccolte in un grosso macello in provincia di Mantova, che Giulia Innocenzi ha sottoposto all’Ats Valpadana che è prontamente intervenuta. A chi è stata venduta quella carne potenzialmente pericolosa per i consumatori? Chi c’è dietro al macello? Da quanto tempo andava avanti questo sistema di “riciclaggio” della carne scaduta?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

20 novembre 2025

Sotto mentite spoglie di Antonio Manzini


 

Ad Aosta proprio sotto le festività era esplosa l’ennesima moda importata e di cui, secondo il vicequestore Schiavone, si poteva in tutta tranquillità fare a meno: i canti natalizi eseguiti da cori eterogenei di anziani sgretolati, bambini, adolescenti brufolosi, donne dimenticate dal tempo, uomini senza più scopi, tutti armati di candele e di una campanella per avvertire l’inizio del solenne concerto. Insieme ad Halloween, coi suoi orrendi usi, come dolcetto o scherzetto e travestimenti di un horror da cartolibreria, ai diciottesimi, quelle feste di compleanno che tendevano a somigliare a matrimoni con tanto di vestiti comprati per l’occasione, smoking e fotografie, era venuto il turno dei cori: sassoni, celtici, scandinavi o qualunque fosse la popolazione nordica ad averli creati.

«Ma perché scusa, tu pensi che Babbo Natale è una roba italiana?» gli aveva detto al telefono Furio.

«Prima della guerra chi l’aveva mai sentito? A Roma c’era la befana e basta. L’hanno portato gli americani co’ ’sta stronzata delle renne, la slitta, il Polo, gli elfi. Che cazzo so’ gli elfi? Hai mai sentito parla’ di elfi non dico a Roma, ma che ne so? a Milano? a Latina? Babbo Natale se l’è inventato la Coca-Cola. Hai visto che c’ha gli stessi colori?».

«Senti un po’, ma lì a Roma c’avete gente che canta pe’ strada?».

«No. C’avemo i pensionati co’ le candele che dicono le novene...».

Natale, il periodo delle luminarie accese per strada, dei panettoni esposti nei supermercati, della gente coi pacchetti in mano e dei canti natalizi per strada. Una bella rottura per Rocco Schiavone, siamo all’ottavo livello della sua personale classifica. Dunque non un bel momento, anche perché le ferite della passata inchiesta che ha coinvolto Sandra Bucellato, la giornalista rapita per chiedere un riscatto alla famiglia (Il passato è un morto senza cadavere), si fanno ancora sentire.

Era andato ogni giorno in ospedale. quando Sandra non era su questa terra, si limitava a guardarla, ogni tanto le parlava. Quando aveva ripreso conoscenza, le aveva portati libri e giornali. Li lasciava alla suora che poi glieli avrebbe consegnati, lui non s'era mai fatto vedere. Sandra stava cobn Fabio, non poteva e non doveva intromettersi.

Rocco non ha ancora capito se abbia veramente amato Sandra: forse amore no, ma qualcosa che gli si avvicina lo dove aver sentito, se ogni giorno è andata a trovarla in ospedale. E ora che l’ha vista uscire, abbracciata al nuovo fidanzato, cosa prova Rocco? Certo un sospiro di sollievo, ma c’è quella punturina dentro..

Nel frattempo la squadra di Rocco è coinvolta in una rapina, di quelle che si vedono nei film americani: i rapinatori hanno tenuti come ostaggi i clienti dentro la banca, tra cui lo stesso Casella, e chiedono un aereo pronto al decollo per scappare.

Rocco riesce a strappare una concessione, far uscire degli ostaggi dalla banca, quelli messi peggio: un’anziana signora che spaventata se ne torna a casa e due ragazzi, lei col problema della puntura di insulina.

Dietro la porta blindata si apriva un piccolo corridoio e finalmente, dopo l'ennesima grata, c'erano le cassette di sicurezza. Erano tutte chiuse, tranne una, la 57.

Una volta entrati dentro la sorpresa: i ladri erano gli stessi ostaggi liberati “ma si può cadere in un trucco così scemo” sbotta il Questore Costa.
Persone che fingono di essere altro, indossando una maschera, celandosi “sotto mentite spoglie”: sarà un tema che tornerà spesso in questo romanzo, ultimo della serie di Antonio Manzini con Rocco Schiavone, più di cinquecento pagine e mai un calo di tensione, mai la sensazione di una parola di troppo.

Come mai Rocco si è fatto fregare in quel modo dai rapinatori? È distratto? O inizia a prendere sottogamba il suo lavoro? Non mi interessa più farlo bene, meglio lasciar scivolare la sua vita lungo per piano inclinato dove ti muovi per inerzia, non per tua volontà.

La fine della relazione con Sandra, Marina, l’amata moglie che gli appare più da tempo.

Vedeva la sua vita come uno scivolo, seguitava a slittarci sopra ma non per volontà, per inerzia.

Ma no, quale inerzia, nonostante la sua squadra sia quella che è, si buttano a capofitto nell’indagine per risalire ai rapinatori e soprattutto ai tanti perché? Come mai hanno aperto solo una cassetta? Come mai hanno lasciato quel lucchetto, un lucchetto famoso, uno di quelli che non si aprono facilmente, con tanto di brevetto?
È un messaggio al proprietario della cassetta? O a qualcun altro?

Come mai una rapina per un bottino così magro?

Forse le cose non stanno come sembra. Forse anche questa rapina è una maschera che nasconde altro.

Alla Questura arriva la denuncia di una scomparsa, si tratta di un chimico che lavora in una azienda farmaceutica di cui la ex moglie non sa più nulla.

Un caso a cui dedicare poche attenzioni se non fosse per le pressioni del Questore (e della politica) per ritrovare questa persona, Aldo Pavan, uno che, a sentire i colleghi, le poche persone che frequentava, faceva una vita normale, senza scheletri negli armadi.

O forse anche questa vita era una maschera per nascondere qualcosa?

Infine, la rottura del decimo livello, l’omicidio sotto Natale, con le strade infestate dai cori dei e col freddo cane che sta facendo. Un uomo è stato trovato, per un fortuito caso, sul fondo di un lago a 1300 metri.

Non è un incidente: chi l’ha ucciso voleva assicurarsi del risultato, avendogli legato le caviglie con dei pesi. Nessun documento, certamente, come nessun altro segno di riconoscimento. Persino le scarpe.

Chi era il morto? Cosa ci faceva in quel luogo di montagna? La squadra di Rocco, con l’aggiunta anche dell’ispettrice Caterina Rispoli, si mette a lavorare su tutte le piste. Alcune labili. Quasi infinitesimali, se non fosse per le intuizioni di Michela Gambino della scientifica.

E anche per questa seconda indagine, Rocco si ritroverà di fronte ad una nuova maschera, questa volta non per nascondere il volto di una persona.

«Chissà che mi credevo. Che mi dovevo tenere alla larga, che stare con te era un errore? E invece sai una cosa?».

«Dimmela».

«Non sono mai riuscito ad ammetterlo, neanche a me stesso, che qualcosa che somigliava all'amore io l'ho sentita.»

Cinquecento e passa pagine dove si alternano le due indagini, con le amare considerazioni di Rocco, sul suo essere sempre solo, col suo dolore che è diventato come una compagna. O forse è un alibi per non lanciarsi verso nuove storie, verso un nuovo amore?

No, l’amore vero - si dice Rocco – arriva una sola volta nella vita. Per qualcuno molto sfortunato, mai.

Forse anche Rocco sta indossando una maschera, anche lui vive una sua vita “sotto mentite spoglie”, dove parla da solo pensando a Marina, crogiolandosi nel suo dolore..
O forse, come si raccontano Federico e Michele Deruta, viviamo tutti sotto mentite spoglie:

«.. gli artisti in realtà mostravano nel ritratto la parte oscura, quella brutta che vogliamo nascondere, e se la vediamo di fronte a noi all'improvviso, la rifiutiamo».

I piatti fumavano, Michele ascoltava aggiungendo un po' di parmigiano.

«Io, tu, i tuoi colleghi, i delinquenti, tutti vogliamo mostrare la parte più bella. Solo i pazzi e i depressi se ne fregano, per il resto viviamo tutti sotto mentite spoglie».

Una cosa è certa: Rocco ha dato una sua impronta alla squadra, soprattutto per quanto riguarda il dover rispettare le regole. I suoi metodi – spicci? Bruschi? – oramai sono stati assimilati dai suoi uomini, come l’ispettore Antonio Scipioni (e perfino gli irreprensibili Michela Gambino e Alberto Fumagalli)

Era diventato uomo avvicinandosi ai metodi Schiavone? O soltanto aveva cominciato a capite che la vita non era fatta di bianchi e di neri, ma poteva avere molti altri colori?

Buona lettura!

PS: la poesia di D'Intino


Lu core mio è nu martelle, batte forte fino a le stelle, batte forte 'nse ferma maje, a Rosaria mia l'amo proprio assaje.

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