Incipit
Il vento carico di acqua gelida soffiava sulle onde di un mare increspato e nero, raggiungeva la costa, spazzava l'acciottolato e il cemento del porto, batteva contro il muro dei palazzi antichi e sibilava nei vicoli, facendo vibrare le corde nei panni e percuotendo le imposte chiuse.
Un delitto senza
molti indizi e con pochi sospettati, un ragazzo aggredito poco
lontano da un locale dove si festeggiava l'approvazione della legge
per le unioni civili.
Delitto
probabilmente causato dall'omofobia, da coloro che pensano che i gay
non abbiano il diritto di manifestare davanti a tutti il loro essere,
lo stare felici accanto ad una persona dello stesso sesso.
Poi vide.Vide un braccio e una mano. Vide tutto il resto. Le gambe fasciate da qualcosa di stretto ed elastico, il cappotto di un rosa brillante.
«Signorina!» urlò. «Dio, Dio, Dio. Sta male?»
In un attimo fu sul corpo, senza esitare afferrò la spalla e diede uno scossone. Una bolla d'aria si formò davanti alla faccia riversa a terra, nella pozza di pioggia e sangue.
Ci troviamo a
Genova, una città che si porta dentro tante anime (come forse tante
grandi città italiane) e anche tante ferite, come quella mai
ricucita per il G8 del 2001.
Ad occuparsi di
questo delitto è il vicequestore della Mobile Paolo Nigra, torinese
di origine ma ora nel capoluogo ligure.
Nigra è un
investigatore capace di inchiodare il sospettato con domande
apparentemente innocue, un po' Colombo e un po' Sherlock Holmes.
Uno sguardo che non
tradisce le sue emozioni per la sua faccia da poker. La capacità di
perdere sempre il cellulare, ritrovato grazie all'aiuto
dell'ispettore Caccialepori, poliziotto ipocondriaco che fa da
contraltare alla romana Santamaria, bionda e spiccia nei modi.
Una
moto Guzzi V8, una gatta che lo aspetta nella sua casa in pieno
centro, un quartiere che ama perché il “centro
storico è uno di quei posti in cui è possibile sentirsi veramente a
casa”, anche se
nelle case non è possibile avere l'ascensore.
Nel passato ha
praticato Karate, ma ora è approdato al Tai Chi Chuan, un’antica
arte marziale cinese assomiglia quasi più ad una danza.
«Questo caso poi è perfetto per Nigra. Come divevo, no?»
«Si, commissario» fece Caccialepori, impassibile.
Ma è un'altra cosa
che rende il vicequestore Nigra quasi unico, specie nel mondo degli
sbirri: è gay ed ha appena fatto coming out tra i colleghi perché
non ha avuto più voglia di nascondersi, di mostrarsi per quello che
non è.
Il suo ragazzo si
chiama Rocco e, guarda il caso, è un attore che sta per andare in
televisione come attore protagonista della fiction TV “Il
commissario Scognamiglio”.
Qualcuno, tra i
colleghi, pensa che forse Nigra sia la persona giusta per seguire
questo caso, o forse no. Forse un gay non è sufficientemente
distaccato per indagare su un delitto come questo.
Perché Andrea
Pittalunga era gay e non lo teneva nascosto, nemmeno quella sera al
locale, per come era vestito.
Andrea era il
nipote dell'architetto Pittalunga, una famiglia importante a Genova,
architetti da generazioni: lo zio non nasconde il suo disappunto per
quel nipote che aveva dovuto crescere dopo che i suoi genitori lo
avevano abbandonato (anche qui il caso, dopo i fatti del G8 a
Genova). Un nipote che non aveva finito l'università, che
frequentava quel mondo, quello dei gay, un mondo così diverso da
quello della sua famiglia.
Famiglia che vanta
amicizie importanti e lo zio architetto non omette di farlo pesare,
di fronte a Nigra. Tanto per chiarire chi comanda.
Meno di un'ora dopo, il cielo sopra Genova era magnifico; nuvole barocche si rincorrevano lontane, verso l'orizzonte, svelando un azzurro totale.
Inutile negarlo: il
delitto di Andrea Pittalunga lo sta mettendo in difficoltà perché
si sente in difetto nei confronti di quei ragazzi che, alla festa, la
sera del delitto, non avevano avuto paura di mostrarsi in pubblico,
mentre lui ha ancora paura dopo tanti anni, a mostrarsi assieme a
Rocco di fronte alle persone che conosce:
«Ho passato tanti anni
a nascondermi sul lavoro. Mi pesa, adesso, dover nascondere con chi
sto. E mi sento in difetto verso quei ragazzini che se ne vanno a
testa alta a una festa per le unioni civili. Noi abbiamo quarant'anni
..»
I ricordi del Nigra
ragazzo vengono fuori poco a alla volta, portati a galla proprio da
quell'omicidio e che rendono difficile rimanere distaccato.
Com'era il vicequestore a
vent'anni?
Su tutte, la fotografia di se stesso a vent'anni, i capelli più lunghi, nessun filo di grigio a intaccarne il nero, un piercing al sopracciglio, la sigaretta tra le labbra; ….
Quando ha scoperto la
prima volta l'omofobia sulla propria pelle?
Quello che era accaduto dopo era un'altra immagine. Quello che era accaduto dopo, alla fine della notte, le luci spente, era cominciato con una voce di scherno che si faceva sempre più vicina. Il primo spintone l'aveva preso di sorpresa ..
Quei ricordi, quel dolore,
lo ha hanno fatto diventare l'uomo che è oggi: vicequestore aggiunto
(e non commissario, come direbbe il celebre collega Rocco Schiavone)
della polizia di Stato, un mondo in cui non è facile lavorare se sei
gay dichiarato.
Per quelle battutine,
quegli sguardi, quelle parole dette alle spalle da colleghi repressi
che tanto più sono stupidi tanto più si sentono superiori:
«In qualunque ambiente, e non parlo solo del mio, dico anche in quelli più insospettabili, troverà sempre qualche stronzo che si sente migliorie di tutti gli altri. Non cambieranno idea. Quanto più sono stupidi, tanto più credono nella loro visione del mondo, che di solito è piccolo quanto il loro uccello».Battista Arneri non trattenne una piccola risata.Nigra rimase serio: «Meno sono capaci, più credono di essere migliori degli altri. Ma lei cresca, diventi un adulto, sia se stesso. Con il tempo, arriverà la consapevolezza piena che questa gente che si preoccupa tanto di come scopano gli altri non conta niente. Guardi me. Sono qui, in una posizione di comando, e diversi miei sottoposti non sopportano l'idea di dover obbedire ai miei ordini. Non è piacevole, mi creda. Vedo la loro sofferenza e mi fanno pena. MA non è un problema mio». Per un breve istante Nigra sorrise.
Bene,
ora che conosciamo Nigra, parte del suo passato e tutto il suo
presente, non dobbiamo dimenticarci di quel ragazzo morto a seguito
di un'aggressione sul porto Antico e lasciato agonizzante per ore.
Chi lo
ha ucciso?
Quella
banda di tre ragazzi che va in giro per la città a molestare le
coppie gay?
Qualcuno
che conosceva Andrea e che lo ha ucciso per un motivo anche banale,
come quel ragazzo che gli doveva dei soldi?
Addosso
a Nigra arrivano le pressioni della famiglia del morto, del famoso
architetto che sembra quasi infastidito che ad occuparsi di questo
caso sia un poliziotto gay.
E
anche le supposizioni tanto inutili e fastidiose del suo
collaboratore Musso, anche lui proveniente da una di quelle famiglie
bene di Genova e dunque amico dei Pittalunga.
Sembra
uno di quei delitti impossibili da risolvere di cui parlava lo
scrittore Durrenmatt nel suo romanzo “Il giudice e il suo
boia”.
Un
libro, citato dal pm che segue il caso assieme a Nigra, in cui si
parla dei crimini come alterazione di un equilibrio naturale,
equilibro che dovrebbe essere ripristinato proprio dalla soluzione
del caso. Ma in questa storia a portare alla soluzione del caos
contribuirà proprio il caso, quel caso capriccioso che viene fuori
quando meno te l'aspetti e che porterà Nigra a trovare quell'indizio
mancante.
Nuvole
barocche mi ha colpito sin dalla copertina, uno scorcio di mare che
si apre alla fine di un vicolo. Bella la copertina, il titolo preso
da una canzone di De André e anche la storia, l'indagine all'interno
della Genova bene, insofferente al fatto che qualcuno venga a ficcare
il naso nei suoi scheletri. Un mondo elitario, chiuso e, scopriremo,
anche con una mentalità poco aperta.
Attraverso
lo sguardo del protagonista sul mondo, sul suo lavoro, sulla società,
comprendiamo tutte le difficoltà che ancora oggi i gay devono
subire per poter vivere la loro vita.
Le
pagine dell'indagine si alternano a quelle dove si racconta di Genova
e delle sue tante facce: il centro storico
Il centro storico è uno di quei posti in cui è possibile sentirsi veramente a casa, da qualunque parte si arrivi. E’ uno di quei posti in cui il tuo barista di riferimento, pur lavorando in zona turistica e non vedendoti molto spesso, si ricorda cosa prendi e te lo serve nella maniera che piace a te. E’ uno di quei posti in cui non c’è bisogno di nascondersi, perché qualcuno più strano di te salta sempre fuori.
.. i
quartieri dove vivono i ricchi
La Santamaria si infilò in una delle eleganti strade del quartiere Albaro; la differenza con il centro storico era talmente stridente che sembrava di entrare in un'altra città. Gli spazi ampi, le case con pochi piani e molti balconi, le aiuole di delimitazione tenute in ordine; nessun senso di claustrofobia, molto decoro. Bisognava guardare bene per rendersi conto dei dettagli; le crepe sui marciapiedi, identiche a quelle di certi carruggi, il numero esorbitante di cacche di cane per terra, tante tapparelle chiuse.
Un breve ma significativo
passaggio dedicato al G8 di Genova e alla morte di Carlo Giuliano a
Genova:
Si fermò in piazza Alimonda per il tempo di un pensiero complicato e feroce, le mani contratte sul manubrio, le spalle irrigidite, gli occhi chiusi, poi si voltò per tornare.
Alla prossima indagine, vicequestore aggiunto Nigra!
La
scheda del libro sul sito di Piemme
editore
Il
blog degli autori, Paolacci e
Ronco.
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