L'avranno guardato il servizio diReport (di Stefania Rimini) sulla mala gestione del nostro patrimonio culturale, i nostri
ministri? Avranno visto, il professor Monti, il ministro Passera e il
ministro Ornaghi (che proprio del patrimonio artistico si dovrà
occupare), quanto è vasto il nostro patrimonio rispetto a quello
degli altri paesi europei e quanto poco viene sfruttato
economicamente?
Potremmo ricavarci proprio quei
miliardi che servirebbero a fare cassa per sistemare il debito (senzadover chiedere soldi alle stesse persone, lavoratori dipendenti e
pensionati), potremmo creare quei posti di lavoro che oggi mancano (e
la disoccupazione, anche giovanile è l'altro problema), magari
proprio nelle aree oggi meno sviluppate del paese.
Non è
possibile che in Europa la cultura dà da mangiare (alla faccia di un
certo ministro di cui ora non voglio nemmeno dire il nome) a 3,6
milioni di persone, generi PIL (vero, non finanziario) per il 2,6%,
mentre in Italia, con tutto quello che abbiamo siamo al 1,1%.
E
invece in Italia accadono cose che dovrebbero far vergognare tutti: i
crolli a Pompei, il Colosseo che viene ristrutturato dai muratori
(che costano come i restauratori veri). Il Real sito di Carditello,
la sede colonica dei Borbone a Caserta, oggi in gestione alla regione
Campania, che è abbandonato a se stesso, defraudato e vandalizzato.
Ma nessuno ne ha colpa.
O come la Villa Reale a Monza, in piena
Padania: dove accanto alle sedi dei ministeri Leghisti (una
profanazione, l'ha definita il prof. Settis) c'è solo l'abbandono
(muri a pezzi, finestre senza infissi..).
Perché in Italia i
beni culturali diventano poi mali culturali? Forse Perché sono
troppi, come dice qualcuno?
Sciocchezze: il problema sono le troppe
competenze, i troppi enti che si occupano delle stesse cose
sovrapponendosi tra loro, le nomine negli enti fatte dalla politica
senza guardare a competenze e capacità.
Non esiste una direzione unitaria (a
livello nazionale) sulla gestione dei beni artistici, che sono oggi
gestiti dalle singole regioni (magari alle prese coi debiti) o dai
comuni che grazie al patto di stabilità non possono investire su
musei e personale. Eppure ci sarebbero i fondi europei (POR), che non
si riescono però a spendere.
Perché, proprio per la troppa
burocrazia (e centralismo), i soldi incassati ad esempio dalla Reggia
di Caserta (la nostra Versailles), finiscono a Roma, che poi però
non li gira a Caserta per pagare gli straordinari del personale. E
succede allora che la villa rimane chiusa, e i visitatori delusi, non
ritornano più.
Ma come fanno all'estero? La Gabanelli ha
fatto il paragone con l'organizzazione che gestisce da anni il
percorso del pellegrinaggio verso Santiago di Compostela.
O anche
con i castelli della Loira: in Francia si è creata una vera e
propria industria del turismo, che crea posti di lavoro e soldi dalle
visite a tutti i castelli della regione. Si è creato un marchio, il
cui sfruttamento è concesso solo per preservare l'immagine della
Loira; tutti i castelli hanno medesimo orari di apertura e un sistema
di trasporti integrato; concordano orari di apertura. Parliamo di
280000 visitatori e 1 miliardi di ricavi l'anno.
Perché non si è fatta la stessa cosa
in Veneto, con tutte le centinaia di ville? Perché in Veneto si è
preferito investire in cemento e capannoni, e nella piccola industria
(oggi in crisi, tra l'altro)?
Forse Perché non è vero che i nostri
beni sono troppi, ma che manca una classe dirigente e una elite
culturale competente.
La seconda inchiesta, dopo i mali culturali, riguardava la gestione dell'Enpam, la cassa di previdenza dell'ordine dei medici e degli odontoiatri (servizio di Antonino Monteleone).
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