Non si può che non condividere il
principio di fondo dell'articolo di Pigi Battista sul corriere del 28
dicembre (“Il caso Mora, il carcere e gli equivoci di giustizia”, riportato qui sul blog di Casini).
La condizione grave dello stato delle carceri meritano una risposta
da parte della politica: condizione grave per il sovraffollamento dei
detenuti, l'insufficienza degli agenti e la vecchiaia delle
strutture.
Non importa che a soffrire di questa situazione siano “poveri cristi” o vip come Lele Mora. È una questione di principio.
Non importa che a soffrire di questa situazione siano “poveri cristi” o vip come Lele Mora. È una questione di principio.
Quello che stona nell'articolo è il
fatto che ci si accorga dello stato delle nostre carceri solo quando
ci finisce dentro un vip. Fosse anche per un reato (la bancarotta)che Battista considera non proporzionato ai sei mesi di carcere
preventivo.
Se il 40% dei detenuti in carcere sono in attesa di giudizio è perché la legge fatta dal legislatore lo prevede, e i magistrati la devono applicare (altrimenti vengono accusati di interpretare le leggi e sono guai …).
Non è giustizialismo, come dice Battista, chiedere che una persona indagata (ma non ancora condannata) finisca in carcere, se c'è il rischio che inquini le prove o che reiteri il reato. Cosa che, per i reati dei colletti bianchi e dei politici è altamente probabile.
È giustizialismo vedere un vip potente come Mora, o un politico come Alfonso Papa (che ora scopre la sofferenza nelle carceri) o NicoliCristiani finire in carcere, oppure è semplicemente la conseguenza della legge uguale per tutti?
Infine, c'è un'ultima cosa che l'editorialista del corriere dimentica: che dire degli immigrati che finiscono nei Cie, per 18 mesi, senza neppure un processo? Non è carcerazione preventiva anche quella? O forse i Cie sono meglio delle carceri comuni?
Il ministro Severino (citata da Battista stesso) non deve essere né severa (contro i colletti bianchi) né clemente: deve essere giusta, secondo i principi della Costituzione.
Se il 40% dei detenuti in carcere sono in attesa di giudizio è perché la legge fatta dal legislatore lo prevede, e i magistrati la devono applicare (altrimenti vengono accusati di interpretare le leggi e sono guai …).
Non è giustizialismo, come dice Battista, chiedere che una persona indagata (ma non ancora condannata) finisca in carcere, se c'è il rischio che inquini le prove o che reiteri il reato. Cosa che, per i reati dei colletti bianchi e dei politici è altamente probabile.
È giustizialismo vedere un vip potente come Mora, o un politico come Alfonso Papa (che ora scopre la sofferenza nelle carceri) o NicoliCristiani finire in carcere, oppure è semplicemente la conseguenza della legge uguale per tutti?
Infine, c'è un'ultima cosa che l'editorialista del corriere dimentica: che dire degli immigrati che finiscono nei Cie, per 18 mesi, senza neppure un processo? Non è carcerazione preventiva anche quella? O forse i Cie sono meglio delle carceri comuni?
Il ministro Severino (citata da Battista stesso) non deve essere né severa (contro i colletti bianchi) né clemente: deve essere giusta, secondo i principi della Costituzione.
Sul Fatto Quotidiano di oggi, la risposta di Travaglio all'articolo di Battista. Dal blog Giornalettismo :
Ma ora che anche lui (Pierluigi Battista) scopre il dramma delle carceri, non possiamo che felicitarci per la sua prontezza di riflessi. Se poi volesse pure informarsi da qualche giornalista vero (ce ne sono parecchi anche al Corr iere), scoprirebbe per esempio che “il 40% dei detenuti” che “patisce la galera prima che un processo ne accerti la colpevolezza” c o m p re n d e i condannati in primo e secondo grado, visto che l’Italia, unica al mondo, considera innocenti anche i condannati in tribunale e in appello in attesa di Cassazione (nei paesi anglosassoni le custodie cautelari sono rarissime proprio perché, dopo la prima condanna, si va dentro a scontare la pena e di lì, eventualmente, si ricorre). Quanto a Mora, per il giureconsulto Pigi, “sei mesi di galera preventiva per bancarotta fraudolenta appaiono una punizione leggermente esagerata prima ancora di una sentenza”. Ma si sa come sono questi pm: “usano la galera per indurre l’indagato a conformarsi alla loro ver sione” e “la cultura giustizialista ascolta solo le ragioni dell’accusa”. Mora poi patisce la “fe ro c i a diffusa che chiede provvedimenti esemplari contro “l’antipatico”, il soggetto eticamente discutibile ed esteticamente impresentabile, il flaccido malfattore ( p re s u n t o ) ” che ora però “ha perduto molti chili”. Eppure – per il giurista Battista – “non bisogna ammalarsi come Mora (colpevole o innocente che sia) per comprendere che il carcere preventivo prolungato può essere tortura”.
Se Mora non è ancora pregiudicato per la bancarotta, dice Travaglio, è solo perché l’Italia, unica al mondo, consente d’impugnare in Cassazione la condanna appena patteggiata:
Cosa che Mora ha subito fatto, per guadagnar tempo e trovare un Battista che lo spacci per un torturato. Così torturato che, diversamente da migliaia di detenuti non Vip, sconta la custodia cautelare – confermata da vari giudici per il pericolo che fugga e nasconda altri soldi in Svizzera, dove ha un conto e una villa – in una cella singola del carcere di Opera. Ai primi sintomi del dimagrimento, il pm ha chiesto e il gip disposto una perizia medica (ancora in corso) sulla sua compatibilità col carcere. Negli Usa tanto cari ai Battista, migliaia di evasori e bancarottieri affollano i penitenziari con le catene ai piedi e i portoricani nella branda a fianco. In Italia i giornali tuonano contro l’evasione nei giorni pari e in quelli dispari i Battista lacrimano appena un evasore-bancarottiere finisce dentro.
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