L'incipit:
Quando l'alba tirò fuori dalla notte e dalla pioggia i contorni delle cose, se qualcuno fosse passato avrebbe visto il cane e il bambino ai piedi dello scalone monumentale che portava a Capodimonte. Ma sarebbe stata necessaria grande attenzione: a stento si distinguevano, nella luce incerta del primo mattino.Se ne stavano là, fermi, indifferenti alle grosse gocce fredde che cadevano dal cielo. Erano seduti sullo scalino di pietra, nella rientranza ornamentale dopo i primi gradini. Le scale erano un torrente d'acqua in piena che trasportava rami e foglie dal bosco della reggia.Se qualcuno fosse passato e si fosse fermato a guardare, si sarebbe chiesto come mail il flusso dell'acqua e dei detriti che incessantemente cadeva a valle sembrasse rispettare il cane e il bambino, passandogli accanto senza toccarli se non per qualche schizzo occasionale [..]. Qualcuno avrebbe potuto chiedersi che cosa facessero là il cane e il bambino, fermi nella fredda alba di un autunno pieno di pioggia.
L'ultimo
romanzo del primo ciclo delle storie del commissario Ricciardi, della
regia Questura di Napoli, affonda lo sguardo sui grandi contrasti
della Napoli dei primi anni Ruggenti del fascismo: gli anni della
miseria e della nobiltà, come nella commedia di Scarpetta, senza
però nessun lieto fine a far tirare un sospiro di sollievo.
Nei
giorni in cui è annunciata a Napoli la visita del Duce, per portare
anche qui la guerra della rivoluzione fascista (per cui i delitti
venivano cancellati per decreto), un ragazzino viene trovato morto
sulla scalinata di Capodimonte.
Sembra una delle tante morte per
stenti degli scugnizzi che vivono nei quartieri: vivono, ma sarebbe
meglio dire combattono la loro battaglia quotidiana per sopravvivere,
abbandonati a se stessi, anche da quel regime che avrebbe dovuto
portare benessere e sicurezza nel paese.
Di questa morte se ne
occupa il commissario Ricciardi, che non ha alcuna intenzione di
lasciare il morto senza un nome e senza un perchè: perchè è morto
in quella posizione? Chi lo ha lasciato lì?
Qualcos'altro però
lo convince che non si può archiviare quella morte come una delle
troppe morti accidentali: “ho pensato che era tanto solo da non
avere nemmeno qualcuno che si preoccupava se era vivo o morto. E ho
pensato che non era giusto. Che così come ci si dovrebbe occupare
dei bambini quando sono vivi, non si deve consentire che passino
dalla vita senza lasciare traccia”.
E poi c'è un'altra cosa:
sulla scena dove è stato trovato il morto, nella pioggia, Ricciardi
non ha visto il Fatto (gli ultimi istanti di vita delle persone morte
in modo violento). Cosa vuol dire?
Dopo qualche giorno, un
prete, Don Antonio, arriva in commissariato per riconoscere il morto:
è Matteo Diotallevi, Tettè per tutti: uno dei sei bambini che la
sua parrocchia accoglie nella notte, mentre durante il giorno sono
alla ricerca di un lavoro.
Ricciardi e Maione iniziano una loro
indagine andando a fare qualche domande nel mondo che Tettè (così
chiamato perchè era balbuziente): i compagni, la parrocchia, il
sacrestano, le dame di carità che cercavano di insegnare a leggere e
scrivere, il suo padrone sul lavoro (un saponaro, uno che vende o
baratta porta a porta nei quartieri) ..
Ma è un'indagine molto
difficile: perchè le troppe domande suscitano la reazione della
curia che non apprezza troppo zelo su questa morte e l'intromissione
di un commissario nella loro vita.
Ma soprattutto è il suo
superiore Garzo che non accetta che ci siano inchieste aperte nei
giorni della visita del Duce.
Ricciardi deve investigare da
solo.
E scoprire .. Che Tettè non è morto per cause
naturali. Che la descrizione quasi idilliaca fattagli dal prete non
corrisponde alla verità.
Tettè subiva le prepotenze dei ragazzi
più adulti (che lo chiamavano Cacaglio fesso),
veniva sfruttato dal saponaro presso cui doveva imparare un mestiere
e il prete che avrebbe dovuto prendersi cura di lui, si preoccupava
più delle donazioni.
Un mondo di violenza quotidiane, umiliazioni
e tanta ipocrisia da parte sia della Chiesa che dall'aristocrazia che
con la carità pensava di mettersi a posto con la
coscienza.
Nonostante la pioggia, che rende tutto grigio,
Garzo, l'omertà della curia, Ricciardi riuscirà a ritrovare il
Fatto.
Come negli altri romanzi, attorno alla storia
principale, trova spazio il racconto della storia d'amore tra il
commissario e Enrica, la sua vicina. L'ostinato corteggiamento di
Livia Ussari, la bella vedova conosciuta nel primo libro “Il sensodel dolore”. I rimbrotti della Tata Rosa e la quiete della famiglia
Maione. E fa la sua comparsa, tra le pieghe del racconto, l'oscura e
inquietante polizia segreta del regime, l'OVRA.
Il link per
ordinare il libro su ibs.
Technorati:
Maurizio
De Giovanni
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