12 settembre 2022

Presadiretta – Sole vento uranio

I combattimenti attorno alla centrale nucleare di Zaporiza hanno tenuto il fiato sospeso il mondo, come avevano preoccupato gli scontri attorno a Chernobil.

A marzo un missile è scoppiato a 400mt da un reattore: nonostante i reattori possano resistere ad impatti esterni, non resistono a missili da crociera.

I combattimenti attorno alle centrali preoccupano gli esperti, anche per le condizioni in cui hanno dovuto lavorare i tecnici in queste centrali, senza potersi riposare, per le pressioni ricevute dai soldati russi.
A marzo, racconta il servizio di Presadiretta, l'Agenzia Internazionale per l'energia atomica ha cercato di negoziare con Russia e Ucraina per mettere in sicurezza gli impianti: un accidente nucleare sarebbe un moltiplicatore di questo dramma per dieci volte.

Ci sono voluti tre mesi per entrare nella centrale più grande in Ucraina: si è sfiorato il disastro, dicono dall'Agenzia, potevamo arrivare ad una catastrofe, le centrali nucleari non sono pensate per resistere ad attacchi nucleari.

Paradossalmente la guerra in Ucraina ha dato voce nuovamente al nucleare: Presadiretta ha dedicato la prima parte del servizio al nucleare, partendo dalle miniere in Kazakhstan.

Elena Stramentinoli è andata nella capitale di questo stato, Nur-Sultan, una città in piena espansione, ovunque si vedono gru per nuovi cantieri. Con i suoi 3ml di metri quadrati, il Kazakhstan è il nono paese più grande al mondo, otto volte la Germania. Fino al 1991 faceva parte dell’Unione Sovietica ma ora che è una repubblica autonoma gioca una sua partita geopolitica contando sua sua posizione strategica, tra Asia e Europa, e sul fatto che è uno dei paesi più ricchi di materie prime, preziosissime oggi. Gas, petrolio, terre rare e anche uranio naturale, di cui il Kazakhstan è primo produttore al mondo.

A gestire questo patrimonio è l’azienda di Stato Kazatomprom. Presadiretta ha intervistato il suo portavoce, Askar Batyrbayev: “il Kazakhstan rappresenta circa il 46% di produzione di uranio nel mondo, nel 2021 abbiamo venduto il nostro uranio a 21 diversi clienti in otto paesi diversi, in Asia, Europa, Cina, ma abbiamo venduto uranio anche alla Russia. Perché il nucleare non è stato toccato dalle sanzioni.”

Qual è il peso dell’uranio rispetto al mercato delle altre materie prime?

“Il mercato dell’uranio vale circa 9 miliardi di dollari l’anno, se lo paragoniamo col mercato del petrolio è circa 250 volte inferiore, ma in termini di sicurezza energetica è molto importante perché con l’attuale situazione geopolitica i prezzi dei combustibili fossili che salgono e scendono, tutti riconoscono che dovrebbe esserci una fonte di energia sostenibile, pulita e stabile. Molti paesi come gli Stati Uniti, la Cina ma anche l’Europa hanno riconosciuto il nucleare come energia pulita e questo ha permesso l’accesso a finanziamenti per costruire le proprie centrali nucleari. Si stima che il mercato del nucleare crescerà nel prossimo futuro del 2% circa. E dopo il 2030 l’aumento sarà anche significativo.”

Il prezzo dell'uranio è cresciuto del 20% e il Kazakhstan avrà un ruolo sempre maggiore nel mondo, per i suoi giacimenti di questo materiale: la giornalista ne ha visitato uno, quello di Inkai, gestito in joint venture tra Kazakhstan e Canada.

I lavoratori della miniera sono sottoposti a precisi controlli medici: dal 1976 i lavori di estrazione non si sono mai fermati, serviranno altri anni per scoprire l'intera dimensione del giacimento.

L'uranio si trova nella sabbia, non nelle rocce come in Africa: la tecnica per estrarre l'uranio è economica e anche meno impattante, con dei tubi dove si pompa acqua e un reagente, per far salire in superficie questo materiale.

L'uranio viene separato dall'acqua, viene solidificato e lasciato decantare sul fondo di vasche. Alla fine si arriva allo yelow cacke, un materiale molto denso.

L'uranio, che in questo paese verrà estratto almeno per altri dieci anni, viene esportato all'estero, ma il governo sta anche pensando di costruire una centrale, nonostante qui la vecchia Unione Sovietica abbia effettuato dei test nucleari e le persone sono state sottoposte alle radiazioni.
Per arricchire l'uranio serve un altro processo, molto più costoso: Presadiretta è andata in Francia, il paese che ha sposato il nucleare convintamente tanto da spingere l'Europa ad inserirlo nella tassonomia verde.

La Francia è il più grande produttore di energia nucleare in Europa: in Provenza c'è il più grande sito di arricchimento in Europa, venduto poi a tutto il mondo.

L'uranio prima di diventare combustibile passa per un processo di centrifughe, alla fine viene messo in fusti mandati poi nel mondo: un fusto costa anche 2 ml di euro.

Tutto il mercato del nucleare e dell'uranio è in crescita, perché nel mondo si costruiscono sempre più centrali nucleari: ci sono 50 centrali in costruzione e 90 in progettazione, perché cresce la domanda di energia e per la decarbonizzazione.

La Cina è paese che sta costruendo più centrali, vuole diventare leader del mercato al mondo. Dopo la Cina c'è la Russia, l'Egitto, gli Emirati e poi l'Arabia. In Africa ci sono una ventina di paesi che hanno firmato un memorandum con Russia e Cina per costruire centrali.

Anche l'Unione Europea ha deciso di investire in nucleare, specie dopo il voto al parlamento europeo sulla tassonomia: gas e nucleare possono ricevere investimenti pubblici.

Una notizia che fa felice Euratom, l'associazione dei produttori di nucleare: il nucleare, dicono, è pulito, sostenibile, serve per la nostra indipendenza energetica.
Il nucleare è uno strumento di potere per condizionare la politica di altri paesi: chi ha queste competenze tecniche si trova in vantaggio su altri.

Interessati al nucleare in Europa c'è la Francia, per i suoi interessi nazionali (l'industria è quasi tutta in mano allo stato), ma anche la Polonia e altri paesi europei.
La Francia punterà su nucleare e altre energie “verdi”: questo voto in Europa ha spaccato i paesi, perché non tutti considerano il nucleare una energia “green”.

Verdi e sinistra europea hanno lottato contro gas e nucleare: è un controsenso, da una parte dobbiamo chiudere col gas e poi mettiamo il gas nella tassonomia? Il nucleare poi va avanti solo grazie a fondi pubblici, nessun privato investe nel nucleare senza un sussidio pubblico.

Anche in Italia si parla di nucleare: le centrali che si stanno costruendo nel mondo sono di terza generazione, si impiegano 6-7 anni per costruirle e costano miliardi per la realizzazione.

In Finlandia c’è una centrale in via di costruzione da 12 anni, a Olkiluoto, a nordest di Helsinki, su un’isola che è anche un’area protetta: i due reattori di prima generazione sono stati costruiti tra il 1979 e il 1982, ognuno produce circa 900 MgW di energia. C’è anche un reattore EPR, di tecnologia francese, di terza generazione, capace di produrre 1600 MgW/ora ancora in fase di test. Quando entrerà in funzione coprirà circa il 15 % del fabbisogno energetico della Finlandia. Questo EPR doveva iniziare a produrre energia 12 anni fa, Presadiretta era stata già qui nel 2010, quando il cantiere era ancora lontano dall’essere terminato. Alla fine sono serviti quasi 17 anni per completare la centrale e i costi sono saliti alle stelle. La TVO, una società privata finlandese, avrebbe dovuto pagare ai francesi 3 miliardi di euro, per comprare la centrale ma il prezzo è quasi raddoppiato.

Per la Finlandia è stato un problema non avere la centrale pronta, ha perso 12 anni di energia, con un costo quasi raddoppiato: ma anche per i francesi ci sono stati problemi, la loro azienda privata Areva è andata in crisi per completare la realizzazione dei reattori di terza generazione.

Al mondo ci sono solo due reattori di terza generazione che funzionano al mondo, in Cina. In Europa se ne sta costruendo uno a Flamanville, doveva finire nel 2014 ma forse andrà in funzione a fine 2022, con un costo di 22 miliardi.

Gli EPR sono reattori complessi, perché progettati per essere sicuri, dunque lavorano in modo ridondante: la centrale è pensata per resistere a quasi tutte le situazioni critiche, il reattore non è sicuro al 100% ma è il più sicuro al mondo.

Di certo è il più difficile da costruire, anche perché non abbiamo costruito centrali per anni, perdendo tempo rispetto agli anni d'oro del nucleare civile.

Ad Okiluoto la centrale consegnata dai francesi ha ancora problemi di produzione e servirà tempo per risolverli: il costo finale salirà a 50 miliardi dopo quasi vent'anni.
Se si fosse investito in energia eolici si sarebbero risparmiato tempi e costi: questo ha fatto cambiare idea al governo finlandese, dove il cantiere per una nuova centrale (di tecnologia russa questa volta) è stato bloccato.
Il nucleare in Finlandia copre il 30% dell'energia prodotta ma ora questo paese sta puntando sulle rinnovabili: il mercato del nucleare è nelle mani di poche aziende che fanno oligopolio, c'è il problema dei rifiuti che da qualche parte vanno stoccati.
LA Finlandia ha pensato ad un deposito definitivo, unico al mondo: un tunnel scavato nella roccia a 500 metri sotto terra, sarà pronto nel 2025.

Il deposito è progettato per contenere le scorie per centomila anni, non avrà bisogno di alcun controllo, non ci saranno misure di controllo attive (come segnali che indicano la presenza di rifiuti radioattivi nella zona del deposito).

L'Italia aveva firmato un accordo nel 2009 con EDF per costruire nuove centrali: avremmo speso miliardi di euro senza avere alcuna centrale già pronta.

Per fortuna che al referendum del 2011 gli italiani hanno detto no.

In Italia delle vecchie centrali nucleari ( 35 in totale) 4 non sono ancora state messe in sicurezza, stiamo ancora spendendo soldi per il loro smantellamento: una di queste è a Latina, ad oggi abbiamo realizzato solo il 35% del lavoro.

A Garigliano, la Sogin (la società che deve seguire i lavori) ancora deve lavorare sul nocciolo del reattore: non è stato deciso dove mettere le scorie.

A Trino la Sogin ha completato il 32% dei lavori, mentre a Corso Sogin ha completato il 38% dei lavori. Abbiamo perso tempo all'inizio, quando ancora c'era del personale che conosceva quegli impianti e sapeva come procedere.
Molti degli ex dipendenti di quegli impianti oggi non ci sono più, perché sono passati troppi anni dalla chiusura degli impianti.

La Sogin ha rimandato la fine dei lavori nel 2036, spendendo 4,128miliardi (alla fine spenderemo più di 7 miliardi per smantellare le centrali).

Spenderemo 900ml di euro per il deposito delle scorie: abbiamo 31mila metri cubi di scorie che oggi stanno in diversi depositi pubblici e privati.

Dove si farà il deposito? Nel gennaio 2021 Sogin ha pubblicato un lavoro che individua diversi possibili siti, ma le regioni hanno detto no.

Nel frattempo le scorie sono in depositi provvisori, come a Saluggia: i rifiuti dovevano essere solidificati, Sogin ha deciso dopo tanti ritardi di cementarli, ma ancora non ha completato il processo di cementificazione. Il rischio è che a seguito di una inondazione questi rifiuti finiscano nei fiumi e nell'acquedotto del Monferrato.

Nel passato si è contaminata la falda superficiale, ma il rischio è di togliere l'acqua a migliaia di cittadini.

In Germania sono 18 le centrali da dismettere. Presadiretta è andata nella regione di Sleswig-Holsteen al nord che confina con la Danimarca e si affaccia sul mare del nord: nel piccolo paese di Brokdorf vivono mille persone in mezzo al verde: in questo paese è ospitata una delle 18 centrali nucleari tedesche, si trova a poche centinaia di metri in linea d’aria dal paese. Il 31 dicembre 2021, dopo 36 anni di attività la centrale è stata chiusa definitivamente e staccata dalla rete elettrica, insieme ad altre due centrali, di cui una in Baviera. La chiusura è arrivata dopo che la Germania ha deciso di uscire definitivamente dal nucleare. Ma il nucleare continuerà a costare sulle casse pubbliche dello Stato ancora per decine di anni: le centrali vanno smantellate, a Brokdorf la proprietà ha comunicato che il cantiere sarà terminato nel 2040, tra 18 anni. Un reattore non si può spegnere come il motore di una moto, prima di intervenire occorre che il livello di radioattività si abbassi sotto una certa soglia, e ci vogliono anni. Poi una centrale si smonta pezzetto per pezzetto, si provoca polvere radioattiva, che va aspirata per evitarne la fuoriuscita e le procedure di autorizzazione sono meticolose, tutto questo richiede decenni.

Poi in Germania, come in Italia, occorrerà trovare il deposito dove stoccare le tonnellate di materiale radioattivo delle 18 centrali che verranno smantellate.

Negli anni settanta era stata individuata una miniera di sale, Asse: ma sono state individuate infiltrazioni di acqua, dunque la miniera rischiava di diventare una bomba ad orologeria.

Dentro la miniera ci sono tonnellate di plutonio e uranio: per causa delle infiltrazioni ci sono state contaminazioni, i fusti si stanno consumando e se il pozzo affondasse nell'acqua ci sarebbe una pericolosa contaminazione per l'ambiente.

Mettere in sicurezza questa miniera potrebbe costare anche 10 miliardi di euro: il nucleare costa fino alla fine, anche dopo che spegni la centrale.

Città di Paine, Bassa Sassonia: qui si trova la BGE la società che dovrà gestire il disastro della miniera di Asse e in seguito le altre scorie.
La BGE sta lavorando anche nella miniera di ferro di Konrad a 1200 metri di profondità: per questo sito che doveva essere pronto nel 2020, ma entrerà nel funzione nel 2027.

La Germania sta ancora cercando un sito per le scorie ad alta radioattività, che dovrà essere sicuro per migliaia di anni, fino al milione di anni: lo stato tedesco ha chiesto un fondo di 25 miliardi di euro dalle società private del nucleare, ma alla fine questo deposito potrebbe costare fino a 100 miliardi

La Germania ha deciso di tenere in stand by due delle tre centrali tedesche che, ancora attive, dovevano essere dismesse: è stata una risposta alla crisi energetica, saranno riattivate in caso di blackout. Questo non significa che la Germania è tornata indietro dalla sua idea di fermare lil nucleare, il suo futuro energetico sarà sulle rinnovabili e sull'idrogeno.

Per raggiungere l'80% di rinnovabili la Germania ha stanziato un fondo da 280 miliardi che sarà attivo entro il 2026.

In Italia il governo Draghi ha commissariato la Sogin, perché tiene molto al dossier nucleare.

Il nucleare di quarta generazione

Nel mondo si sta studiando il nucleare di quarta generazione, che dovrebbe risolvere il problema delle scorie.

Ci sono solo due reattori dimostrativi al mondo, in Cina e Russia. In Itaila a Torino ci sta lavorando una start up, Newcleo, in collaborazione con Enea: lavorano ad un reattore più piccolo, a Plutonio, che alimenterà un generatore di energia.

Ne ha parlato in studio Stefano Buono: questi reattori potrebbero essere alimentati anche da scorie di vecchie centrali.

Alla fine del processo tecnologico, che sarà pronto tra dieci anni, ci saranno comunque delle scorie, ma saranno molte meno rispetto al nucleare di terza generazione, “pochi bidoni”, per fare un confronto.

È una tecnologia promettente e interessante: un primo prototipo sarà pronto tra qualche anno, una piccola centrale, ma per gli impianti da 100 MgW dovremo aspettare qualche anno ancora: si parla di 15 anni, secondo i piani attuali.
Ci sono molti finanziamenti privati su questo progetto, che potrebbe risolvere del tutto i problemi del nucleare.

La via delle energie rinnovabili.

Come ha fatto il Portogallo ad arrivare a questi livelli di produzione di energia rinnovabile?

La scorsa settimana Alessandro Macina ha mostrato le soluzioni innovative messe in campo per sfruttare l'energia del sole e del vento.

Come il solare galleggiante piazzato sull'acqua della centrale idroelettrica più grande del paese (che produce più energia rispetto ai pannelli messi sulla terra).

Il governo portoghese è anche il maggior produttore di energia eolica con turbine piazzate a 200 miglia dalla costa, impianti eolici che galleggiano sul mare, che producono elettricità anche col mare in tempesta.

Sono impianti realizzati dalla EDP, ex azienda di Stato, che sta puntando decisamente sulle rinnovabili: è una scelta che consente di arrivare ad una indipendenza energetica, non intendono investire nel nucleare (più costoso e che non risponde alla domanda energetica a breve).

Anche dal moto ondoso si ricava energia, con le boe: sono tecnologie che si potrebbero usare negli oceani.

Il Portogallo come è arrivato a questo?

Da tutto il mondo arrivano in Portogallo per investire e progettare impianti di energie rinnovabili: sono impianti rinnovabili ibridi, che si agganciano a più fonti diverse, nello stesso impianto si usano sole e vento.

La politica ha fatto delle scelte precise: si sono favoriti impianti ibridi, hanno velocizzato la sostituzione di vecchi impianti (per cui non si richiedono nuove valutazioni di impatto ambientale). Puntano al 100 % di energia da rinnovabile entro il 2035: in Portogallo considerano le rinnovabili una strada per risollevarsi dalla crisi economica.

E in italia che succede?

Siamo al 38% di energia prodotta dalle rinnovabili (in Portogallo arriveranno all'80% nel 2026).

In Italia abbiamo una filiera di ricerca e di tecnologia per sfruttare vento e sole e per raggiungere l'obiettivo fissato dall'Europa (-55% di emissioni nel 2030): ma dobbiamo liberare le rinnovabili dalle catene che bloccano questo settore.

La EDP non ha intenzione di sviluppare progetti in Italia: servono troppi anni per realizzare progetti, ci sono tempi lunghi, servono troppe autorizzazioni.

A Taranto sono serviti 14 anni per realizzare un impianto di eolico che in questo momento sta entrando in produzione, realizzato dalla Renexia.

14 anni per i permessi sono un tempo infinito, la tecnologia si aggiorna ogni sei mesi: una variazione degli impianti costringe a nuove autorizzazioni con un allungamento dei tempi.

Renexia ora stanno già lavorando per un nuovo parco eolico nel mare di Sicilia, di 2800 MGW, con 190 aerogeneratori. Ma l’assemblea regionale siciliana ha dato per ora parere negativo sul progetto Med Wind, questo impianto a 60km dalla costa, con la stessa tecnologia flottante come in Portogallo. Ancora una volta un no, un altro no che impedisce all’Italia di crescere nelle rinnovabili.

L'Associazione nazionale dell’Eolico (@AnevEolico) ha calcolato che se dessimo le autorizzazioni agli impianti in lista d'attesa potremmo produrre già adesso 80 TWH di energia eolica, il 20% del nostro fabbisogno energetico totale, e stiamo parlando solo di eolico. Ma cos'è allora che frena questa rivoluzione in Italia?

Gianni Silvestrini è un ingegnere che è stato DG del ministero dell'ambiente: a Presadiretta racconta che oggi l'Italia sta perdendo il treno delle rinnovabili, è una fonte energetica che tutti i paesi hanno in casa, ci rendono indipendenti dal gas (e dall'uranio), ci avvicinano all'obiettivo di emissioni zero. Oggi le rinnovabili non hanno bisogno di incentivi, gli impianti si ripagano da soli: serve liberare questa industria dalla burocrazia.

A Taranto la seconda industria dopo l'Ilva è quella che produce pale eoliche, che al 99% sono esportate nel mondo, perché in Italia solo il 7% di energia deriva dal vento.

Anche per il fotovoltaico servono mesi per i permessi, nonostante questo abbiamo delle punte di diamante in questo settore come l'impianto Enel di Catania, dove producono pannelli che competono con quelli cinesi.

Reiwa Engine è una startup catanese che sfidando i cinesi: hanno inventato un robot che si muove sui pannelli per rimuovere la polvere e fa la diagnosi sul suo stato di salute.

Manca solo la volontà politica di puntare su questo mercato: la Confindustria di questo settore, Elettricità Futura, ha scritto a governo e regioni per spingere su questo tasto.

Dovremmo andare più veloci nell'installare nuovi impianti: è una soluzione nel medio termine, ma se non partiamo in modo deciso adesso, rischiamo di perdere ulteriore tempo.

Presadiretta ha sfatato diversi falsi miti sulle rinnovabili: a Scalea si usano impianti fotovoltaici per coprire le serre con piante di limone. Si può fare fotovoltaico assieme all'agricoltura, a cui non ruba alcun terreno.

Anche mettendo pannelli lungo la rete autostradale o i canali irrigui, farebbe risparmiare suolo.

I pannelli potrebbero essere messi anche sugli edifici pubblici, nelle aree militari.

Se investissimo nelle rinnovabili come cambierebbero gli scenari economici: Leonardo Becchetti professore alla Tor Vergata spiega che avremmo benefici all'inflazione e alla crisi economica. Le rinnovabili sono la risposta per il problema della Co2, per i costi dell'energia, per la volatilità del prezzo, per essere indipendenti da altri paesi per la nostra energia.

Si deve lavorare col sistema degli accumuli, su scala piccola e su scala nazionale: non c'è da aspettare, c'è da correre – continua Becchetti.

Il governo è in ritardo sui decreti attuativi delle comunità energetiche, non sta facendo molto sui pannelli solari sugli edifici pubblici come le scuole (che dopo un anno non dovrebbero pagare bollette).


In Italia potremmo avere una comunità verde come quella raccontata da Riccardo Iacona a fine trasmissione: la regione di Sleswig-Holsteen esporta l'energia prodotta dall'eolico in tutta la Germania e l'energia è prodotta direttamente dai cittadini di queste comunità che combinano energia e agricoltura.

Le pale eoliche sono prodotte dalla Dirkshof di Dirk Ketelsen, un’azienda dove i parchi eolici sono affiancati da campi coltivati e zone dedicate all’allevamento: le pale eoliche producono energia per 1 milione di persone per un anno e hanno un’aspettativa di vita di anche 30 anni. Tutto infinitamente meno costoso del nucleare, almeno finché vento e sole non costeranno un euro. L’intera comunità partecipa al parco eolico: sono le 350 persone che vivono attorno al parco e che adesso sono diventati soci.

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