Europa, togli le sanzioni e il gas riprenderà a girare: la Russia, con le dichiarazioni di Lavrov è stata chiara col suo ricatto sul gas che sta mettendo in crisi le nostre imprese e le famiglie.
Il gas che finanzia la guerra in Ucraina ieri ha toccato un altro picco, 283 euro Mw/ora, dieci volte il prezzo dello scorso anno. Il gas è un'arma economica puntata contro di noi.
L'arma del gas
Putin userà il gas per dividerci, per creare problemi alle nostre società: sono le parole di Timmermans, quando presentò la proposta di tagliare i consumi del 15% in Europa.
Oggi stiamo puntando al risparmio del gas e al suo razionamento: ma come siamo arrivati a questo?
Nel 2000 già l'Europa, in un documento metteva nero su bianco i rischi della dipendenza energetica, ma negli ultimi 20 anni in Italia la dipendenza è purtroppo aumentata.
Una volta il gas arrivava dall'Algeria, ma per la sua instabilità, abbiamo preferito il gas russo: era il 2006 e Eni firmava un accordo strategico con Gazprom a pochi mesi dal contenzioso tra Russia e Ucraina.
L'accordo trentennale con Gazprom
sembrò la scelta giusta per il governo italiano, diventando però
un'arma puntata contro l'Italia e gli altri paesi, coi tagli alle
forniture del gas.
Ad ogni blocco, il prezzo cresceva: secondo
Massimo Nicolazzi la Russia non bloccherà del tutto il flusso del
gas (che incide sul reddito del paese, col gas si pagano pensioni e
stipendi).
La realtà è che oggi la Russia sta
dando all'Italia meno gas ma incassa più soldi, per i rincari, ma se
la Russia chiudesse i rubinetti andremmo verso il razionamento, dove
la politica deve decidere a chi far arrivare il gas e a chi no.
E il gas italiano?
Secondo il professor Bianchini il gas italiano coprirebbe solo una parte del fabbisogno, i giacimenti più profittevoli sono stati già usati, gli altri richiederebbero maggiori costi per l'estrazione.
La parola d'ordine è diversificare: i nostri ministri assieme all'AD di Eni sono andati in giro nel mondo per stipulare altri contratti che non saranno effettivi se non tra due o tre anni.
Il gas arriverà in forma liquida,
dall'America, ma servono i rigassificatori: ad oggi ne abbiamo solo
uno attivo che riceve il gas dagli USA, con contratti fino al
2027.
Snam ha comprato altri due rigassificatori con una spesa
da 750ml di dollari: quello di Piombino sarà pronto non prima di sei
mesi, l'altro a Ravenna ancora dopo.
Ma conviene puntare ai
rigassificatori? Secondo gli analisti di Ecco, seguendo le politiche
di decarbonizzazione, non conviene puntare a nuove infrastrutture ma
sui risparmi.
Il viaggio nell'industria italiana
Presadiretta è andata in Veneto e Lombardia questo luglio per capire quale fosse la situazione coi rincari dell'energia.
A Brescia nello stabilimento della
Feralpi si produce acciaio per l'edilizia, come i tondini per il
cemento armato: lavorano col ferro riciclato, anche in Europa.
Il
processo di fusione del ferro ha bisogno di energia: il presidente
Pasini a luglio raccontava di come la guerra abbia loro costretto a
prendere il gas da altri paesi e non più dalla Russia.
Ma questo ha portato ad un aumento dei prezzi, dovendo rimodulare un aumento dei contratti stipulati (prima della crisi): hanno in vista fermi prolungati da parte di tutti i produttori di acciaio, mandando in vacanza gli operai e alla fine ricorrendo anche alla cassa integrazione (da agosto a novembre 2022).
Tutti quelli che hanno vinto un appalto pubblico coi valori precedenti dell'energia si trovano nella stessa situazione: l'acciaio per le costruzioni, per la componentistica, i cavi, è tutto aumentato rispetto dai tempi dell'appalto. Così, alla Coima, azienda che lavora nel settore delle costruzioni, lavorano in perdita.
Il governo ha varato gli aiuti, ma non
basta: sono a rischio tutte le opere pubbliche nel nostro paese,
comprese quelle per mettere in sicurezza il territorio, come quello
vicentino dopo l'esondazione del Bacchiglione.
Sempre in Veneto,
Marangoni della Coima ha un appalto per bonificare le acque inquinate
dal PFAS: con l'aumento delle materie prime questi cantieri
costeranno di più allo Stato, anche del 30% di più.
Ma questo aumento mette a rischio il
piano del PNRR, oltre ai costi dello stato.
Ma l'Italia può far poco: le aziende che hanno in mano le materie prime sono poche e fanno cartello. Vale per il gas e per il cemento, racconta il presidente di General System a Presadiretta: questa azienda scarica il cemento dalla Croazia, che a sua volta lo importa dalla Cemex cemento, che si divide il mercato con altre quattro aziende che posseggono migliaia di cementifici e fanno il prezzo del cemento nel mondo.
Anche l'acciaio lo dobbiamo comprare da
fuori: il gruppo Marcegaglia lo scarica dal porto di Ravenna per
lavorarlo nei suoi impianti.
Nello stabilimento di Ravenna sono
stipati i rotoli di acciaio importati da tutto il mondo, prima della
guerra anche dall'Ucraina.
L'acciaio è aumentato da 400 euro a 1200 euro, oggi siamo a 800 euro kg. A questo si deve aggiungere l'aumento di gas ed elettricità: il costo di produzione per il gruppo Marcegaglia è dunque raddoppiato.
Per capire l’impatto sul settore produttivo dei rincari in questo stabilimento bisogna tener conto che l’acciaio della Marcegaglia arriva ad altre 15000 aziende e impatta sull’edilizia, sui costruttori di auto, autobus e treni, sull’industria degli elettrodomestici, sull’agricoltura, sulla chimica, sugli arredamenti..
La JVP, un'azienda che lavora con
l'acciaio per prodotti della casa, ha scelto di lavorare in perdita
per rispettare gli appalti, ma chi non riesce a lavorare così,
perché non ha alle spalle delle riserve, deve chiudere.
La
cartiera Progest a Mantova si occupa di riciclare la carta: usano
tanto gas per asciugare la carta, così il costo di produzione è
triplicato, rendendo difficile fare qualsiasi pianificazione per la
produzione.
I cartoni della Progest finiscono
nell'impianto della famiglia Zago, che producono imballaggi per
frutta, per la pizza: i rincari saranno scaricati sui clienti finali
ammettono a Presadiretta.
Ma ci sono aziende, come la Tecnoriver
che lavora nel tessile, che non possono aumentare i prezzi: molti dei
dipendenti sono in cassa integrazione.
“Ci hanno portato la guerra in casa,
chi se lo sarebbe immaginato ..” raccontano le operaie.
Ci
sono imprenditori che non ce l'hanno fatta a sostenere questa
situazione: Claudio Fiori si è ucciso, trovandosi in una situazione
che non sapeva affrontare, non potendo pagar stipendi per problemi
finanziari.
Le compensazioni del governo, in questi
casi, sono solo dei tamponi, non bastano.
Assocarta dice
che l'80% delle aziende è ferma, Federmeccanica dice che il 50%
delle aziende sta decidendo la riorganizzazione del lavoro, il
presidente di Federlegno dice che ad ottobre ci sarà il blackout. Il
presidente di Farmindustria spiega che è la produzione dei prodotti
medici sarà a rischio.
Tutte le condindustrie stanno lanciando un grido d'allarme, racconta in studio Marco Gay di Confindustria Piemonte: si deve agire adesso senza aspettare il nuovo governo.
Così Draghi ha messo per le imprese e
per le famiglie sul piatto 50mld di euro ma non basta per le imprese,
per il ricatto di Putin.
Se le aziende chiudono, rischiano di
uscire dalle filiere produttive nel mondo, rischiando di rimanerne
fuori per lungo tempo.
Non si può più fare una
distinzione tra aziende energivore o meno: la risposta al ricatto
di Putin deve arrivare dall'Europa, mettendo un tetto al prezzo del
gas, per non far scoppiare una guerra tra poveri tra i vari paesi
europei.
Si deve spingere per un negoziato per fermare la
guerra: ci vuole la pace col rispetto dei paesi e dei popoli – la
conclusione di Gay.
Il gas della libertà
Le aziende che estraggono il gas col
fracking stanno vivendo adesso un momento felice: dall'America
arriverà il gas liquido per sostituire quello russo.
Lo shale
gas è il nuovo business: la proposta di Biden è fornirci via nave
il loro gas liquefatto, per un totale di 15mld di gas per tutta
l'Europa quest’anno.
Lo chiamano il gas della libertà:
Presadiretta è andata a visitare il terminal della Cheniere dove si
tratta il gas per renderlo liquido. Il 75% dei carichi vanno verso
l'Europa, dove per colpa o grazie alla guerra i clienti di Cheniere
hanno deciso di puntare sul vecchio continente.
I prezzi del gas alto rendono l'Europa una gallina dalle uova d'oro: altro che mercato che si regola da solo. Il mercato del gas liquido sta attraendo nuovi investimenti anche dall'italiana Banca Intesa: si tratta dello shale gas, gas estratto pompando acqua nelle rocce.
Ma si tratta di una rivoluzione
tecnologica con danni incalcolabili per l'ambiente, perché si emette
metano nell'atmosfera, perché consuma molta acqua.
Lo shale
gas, il gas liquido che importiamo dall'America non è pulito –
Presadiretta se ne era occupata lo scorso anno, in un servizio che
aveva seguito gli impianti in Texas e in Luisiana.
I signori del petrolio, come quelli
della Commonwealth LNG, si stanno lanciando nello shale gas e nel gas
liquefatto: non si importano degli impatti sull'ambiente, quello che
conta sono i profitti, rendersi indipendenti dal gas russo.
Noi
abbiamo bisogno del gas americano, ma a che prezzo? Il nostro bisogno
di gas sta spingendo il prezzo del gas in alto, causerà altre
emissioni, di cui dovremo tener conto.
Cosa faremo quando il gas finirà? E cosa faremo quando gli effetti dei cambiamenti climatici non si potranno più nascondere? Nella zona tra la Luisiana e il Texas si stanno pianificando nuovi impianti per la liquefazione, strutture che guadagnano miliardi di dollari mentre gli uragani continuano a creare danni alla popolazione di queste zone.
Altro che gas della libertà, secondo gli ambientalisti che si battono contro lo shale gas, il film è diverso: “quale libertà, se sei drogato e cambi spacciatore, sei ancora dipendente dalla droga”.
In studio era ospite Matteo Villa, consulente dell'Ispi: a lui Iacona ha chiesto se con questo shale gas il costo di questa materia si alzerà o diminuirà?
Il mercato regola il gas – ha risposto il ricercatore - non Biden o gli accordi con l'Europa: gli Stati Uniti fanno soldi con lo shale gas, ma l'Europa dovrà rubare il gas da altri paesi, perché ce n'è poco. Alla fine, avendo lasciato mano libera al mercato e ai signori del gas, il prezzo sta crescendo anche in America e dunque ci saranno problemi economici anche lì, mentre le aziende del gas liquido e gli esportatori stanno facendo tanti soldi.
Il gas algerino
Il contratto con l'Algeria a quali condizioni è stato siglato? L'Algeria è il nostro secondo fornitore e a questo paese ci siamo rivolti: Draghi ha annunciato l'accordo la scorsa primavera, ma adesso non sappiamo ancora quanto gas riceveremo e nemmeno a quale prezzo.
Sono 3 mld di metri cubi quest'anno e 3 il prossimo, in cambio Eni investirà ancora di più in Algeria, con sviluppo di infrastrutture nel paese.
MA l'Algeria riuscirà a garantire questi metri cubi promessi?
L'ex ministro Attar racconta a
Presadiretta che l'Italia è il paese collegato meglio all'Algeria,
ma la capacità produttiva non è garantita, per cui si dovrà
produrre gas di scisto estratto dal deserto algerino.
Ma in
Algeria c'è anche Gazprom: secondo l'ex ministro più che il
rapporto col gas, conta il rapporto militare ed economico tra Russia
ed Algeria.
E se Putin facesse pressioni per bloccare il gas verso l'Italia? La Russia sa che nessuno potrà garantire all'Italia la quantità di gas russo.
C'è poi la questione del prezzo:
l'Algeria ridiscuterà i prezzi del gas con gli aumenti
generalizzati, ci sarà un aumento del 10 fino al 30% del valore. È
il mercato, purtroppo.
L'economia algerina dipende molto
da petrolio e gas: sono soldi con cui lo stato garantisce un buon
welfare ai suoi cittadini, gli studi, le case.
Coi soldi del gas
si è garantita la pace sociale, si è tenuto in piedi il regime e
quando questo non basta, scattano le proteste. E gli arresti di molti
oppositori oggi rinchiusi nelle carceri.
Il gas è usato come
arma diplomatica con altri paesi come il Marocco: lo scontro nasce
dalla rivendicazione dei territori contesi, su cui la Spagna ha
appoggiato il Marocco.
La posizione di forza dell'Algeria
nei confronti dell'Italia è stata già esercitata: lo dimostra la
storia della sovranità territoriale algerina che, in modo
unilaterale, è stata estesa nel 2018 fino a lambire le coste sarde.
Hanno creato una sovranità nel mare a due passi dalla Sardegna –
racconta a Presadiretta l’ex presidente Pili: la cartina pubblicata
dal mensile Limes mostra quanto sia estesa questa zona. L’ex
ammiraglio Fabio Caffio, di fronte a questa cartina, spiega come i
pescatori sardi, superate le 12 miglia di acque territoriali
potrebbero trovarsi, in teoria, una motovedetta algerina che gli
addebita la pesca illegale nella loro zona: “L’Algeria ha
esercitato una forma di potere geopolitico, allargare la
giurisdizione sugli spazi marittimi in modo da acquisire più acqua e
quindi più potere negoziale nei confronti dei vicini.”
L'Italia ha
protestato nel 2018 ma non si sono mai fatti passi avanti, specie
adesso dopo i contatti col governo algerino per il gas. Oggi l'Italia
è sotto scacco dall'Algeria, per qualche miliardo di metri cubi di
gas con cui abbiamo barattato la nostra sovranità nazionale.
Oltre
a questo, siccome dall'Algeria non stiamo importando tutto il gas
promesso è probabile che per soddisfare le richieste italiane gli
algerini dovranno togliere del gas dalla Spagna – racconta in
collegamento il ricercatore Villa. Ma c'era un'altra risposta
possibile a questo ricatto russo?
Le guerre fossili
Energie fossili e guerre sono legate: i flussi di gas dalla Russia alimentano la guerra in Ucraina, oggi Gazprom vende meno gas ma, grazie all'aumento dei prezzi, sta incassando di più.
Tutto questo è stato preparato da tempo, danni: da una parte la diminuzione dei flussi e dall'altra parte l'aumento delle spese militari.
Putin sta puntando
anche sulle armi nucleari, sia a livello strategico che a livello
tattico, ovvero per colpire paesi più vicini.
L'anno di svolta
è stato prima il 2008 con l'invasione della Georgia e nel 2014 con
l'invasione della Crimea: molti analisti hanno correlato l'aumento
dei prezzi dell'energia con lo scoppiare delle guerre, come successo
adesso in Ucraina.
Gli stati petroliferi hanno risorse a cui
attingere per le loro guerre e, a causa dell'aumento dei prezzi,
possono ricattare altri paesi: l'Europa ha fatto fatica a rimpiazzare
il gas russo, a buon mercato.
Il professor Michael
Klare lega petrolio e guerre: per il petrolio sono state
scatenate le guerre coloniali, Hitler ha invaso la Russia per il
controllo del petrolio e così fino alle guerre in Iraq.
Gas e
petrolio creano dipendenze e vulnerabilità per la sovranità
nazionale: se li eliminassimo, potremmo eliminare anche le guerre nel
mondo.
Matteo Villa è
scettico rispetto alle manovre messe in piedi in Europa: ridurre
le bollette, mettere il tetto al gas, sono manovre che hanno un
costo, si rischia di mantenere gli attuali livelli di consumo col
rischio di esaurire le riserve.
In Italia 50 mld sono stati
bruciati in questi dieci mesi per ridurre le bollette in dieci mesi,
mentre avremmo dovuto spendere miliardi per facilitare la transizione
ecologica.
Come hanno fatto in Spagna e Portogallo:
il Portogallo ha scelto di investire nelle rinnovabili, consumano
poco gas e sono meno dipendenti dalle speculazioni sul mercato e dal
ricatto russo.
A marzo tutta l'energia di cui ha bisogno il
paese deriva dalle rinnovabili, ha chiuso le centrali a carbone e si
appoggia oggi a sole e vento.
Il solare viene usato anche sulle
acque di una diga esistente: si crea energia dal bacino idroelettrico
e dai pannelli sull'acqua, con un impianto realizzato in cinque mesi.
Questo paese è il
secondo produttore di energia pulita dal vento dopo la Danimarca: le
turbine sono state realizzate lontano dalla costa, non visibili, le
quali generano più energia rispetto a quelle sul territorio, più
impattanti.
E in Italia? In Italia c'è un mercato difficile, per sviluppare i progetti ci sono tempi lunghi, colpa dei decreti che mancano per snellire le procedure per impianti di rinnovabili, mentre in Portogallo sono capaci di generare energia perfino dallee onde e in modo stabile.
L'impronta green la si vede anche nelle città: piste ciclabili, zone a basso impatto di emissioni dove le auto devono circolare a bassa velocità, parcheggi con centraline per la ricarica.
IL paese arriverà all'80% di energia rinnovabile entro il 2026, quattro anni prima dell'Europa: tutto il paese si muove in questa direzione, grazie ad una precisa scelta politica.
La decarbonizzazione e la transizione energetica sono state una opportunità per risollevarsi dalla crisi economica che questo paese ha avuto qualche anno fa, hanno riconquistato la loro libertà.
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