Commissariato di P.S. - Sez. Politeama - Palermo 14 luglio 1933 A. XI E.F. Telegramma interno. Illmo Signor Primo Pretore. Illmo Signor Questore. Palermo.
Verso le dieci circa di stamani il facchino Antonio Kreuz dell'Hotel des Palmes, recatosi nella camera N. 224 occupata dal suddito francese Raymond Roussel, nato a Parigi il 21-1-1877, constatava che il predetto giaceva cadavere supino coricato su un materasso collocato a terra. Il Roussel, a quanto si è appreso, era ammalato al cervello e pigliava dei medicinali per stordirsi.
Come mai Leonardo Sciascia si è così interessato ai carteggi, agli “atti” sulla morte dello scrittore francese Raymond Roussel, avvenuta nell’hotel des Palmes a Palermo?
È
quasi un esercizio noioso leggersi quelle carte, scritte in perfetto
burocratese dell’epoca, dove si annotano le deposizioni degli
inservienti dell’hotel, dell’amica che viveva nella stanza
accanto, la signora Fredez, quello strano diario dei medicinali che
lo scrittore prendeva e in grandi dosi..
Poi, piano piano, si
capisce: è stato un gioco intellettuale dello scrittore siciliano,
voler andare rileggersi quelle carte per capire quello che non
tornava in quello che, in un solo giorno, è stato archiviato dalla
polizia e dalla magistratura come un suicidio.
Innegabilmente ci sono molti punti oscuri negli ultimi giorni di vita e nella morte di Raymond Roussell e se si declinano dal punto di vista del sospetto la vicenda assume un che di misterioso da detective story.
Ci
sono le incongruenze, che una mente acuta come Sciascia aveva saputo
cogliere. E ci sono anche delle motivazioni attorno, nel “contesto”
verrebbe da dire: in quei giorni del 1933 (in pieni anni ruggenti del
fascismo) si firmava l’accordo a quattro con la Francia, ancora
“sorella latina”, non si volevano creare problemi per un caso che
coinvolgeva un cittadino francese.
Erano i giorni in cui Balbo
arrivava a New York completando
la trasvolata atlantica, vicenda ampiamente usata dalla
propaganda del regime..
Ecco allora l’interesse a coprire, ad
archiviare in fretta.
Ma forse non è così, come racconta nel
finale di questo breve libro, l’autore stesso: forse sono i fatti
della vita ad essere ambigui e ce ne accorgiamo solo dopo che li
mettiamo nero su bianco.
Ma forse questi punti oscuri che vengono fuori dalle carte, dai ricordi, apparivano, nell'immediatezza dei fatti, del tutto probabili e spiegabili. I fatti della vita sempre diventano più complessi e oscuri, più ambigui ed equivoci, cioè quali veramente sono, quando li si scrive - cioè quando da «atti relativi» diventano per così dire «atti assoluti».
Come diceva quel poliziotto di Graham Greene: «possiamo impiccare più gente di quel che i giornali ne possano pubblicare». Anche noi tutto sommato.
La scheda del libro sul sito di Adelphi e Sellerio
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