Il povero Bandecchi, rovinato dai giudici comunisti. Poi le scatole cinesi dell'onorevole Brambilla, la macchina del fango contro report e, per Reportla, come non difendiamo le nostre eccellenze.
I fiori di Sanremo e i limoni di Sorrento
La settimana prossima inizia il festival di Sanremo, la rassegna canore nella città dei fiori nata il 29 gennaio del 1951 nel casinò della città ligure, da un’idea del floricoltore Amilcare Rambaldi “per rilanciare la città dopo i guasti della guerra, mi era venuta un’idea che i fiori potessero anche cantare”.
Da allora è indissolubile il legame tra i fiori e il festival, composizioni di fiori hanno sempre fatto parte delle scenografie, garofani, strelitzie, rose hanno accompagnato gli artisti sul palco.
Poi al loro posto è stato introdotto il bouquet, in omaggio alle cantanti e ai cantanti.
Jessica Tua è una “flower stylist”, a Report racconta che l’anno scorso sono arrivati a farne anche 100 ogni giornata, “sono tutti fiori locali”, fiori coltivati nel ponente ligure per un bouquet creato proprio a Sanremo, che vanta una tradizione floricola di un secolo.
La floricoltura industriale è nata qua – spiega Barbara Ruffoni (dirigente della ricerca nell’industria agraria a Sanremo) alla giornalista – “negli anni 30 veniva coltivato anche il tulipano, prima dell’Olanda”.
All’interno dell’istituto sperimentale della floricoltura, fondato dai genitori di Italo Calvino, è conservato il primo registro delle varietà di fiori qui ibridati, Sanremo è terra natia di ibridatori, dando origine a varietà che oggi vengono vendute in tutto il mondo.
E oggi? Oggi Sanremo è morto, colpa del mercato globale che ha costretto le serre e gli ibridatori a vendere a produttori internazionali e chiudere, così oggi a Sanremo si coltivano sempre meno piante.
Un’altra
eccellenza italiana che stiamo perdendo, dopo i fiori di Sanremo, il
limone costa d’Amalfi IGP: è una eccellenza perché questo limone
vanta una carica di oli essenziali e una buccia edibile, di questo
limone non si butta via niente. Il suo profumo rimane addosso sulle
mani, dopo che se ne è mangiato un pezzo, meglio di un profumo.
Per
essere chiamato “costa d’Amalfi” questo limone deve rispettare
un disciplinare rigido: può essere coltivato solo nei 13 comuni
riconosciuti dall’indicazione geografica, la pianta deve essere
piegata su un pergolato di castagno, si devono usare materiali
sostenibili per coltivare la pianta. Anche la raccolta del frutto, da
febbraio a ottobre, è disciplinata. Le ceste dei limoni sono poi
portate sulla strada dai limoneti: di una cassa da 57 kg se ne pagano
50, 7 kg sono pagati per il trasporto a mano o sui muli.
Salvatore Aceto è uno dei produttori di questi limoni IGP, li vende a 2,30 euro al kg, nel periodo avanzato quando si deve vendere ai commercianti il prezzo si abbassa a 70 centesimi, perché si deve vendere pur di non vederli cadere.
Un prezzo che non è soddisfacente a tutti i coltivatori e soci della cooperativa: parlano di “fatica a perdere”, coltivare i limoni a questo prezzo.
MA il presidente del consorzio di tutela del limone costa d’Amalfi, Angelo Amato, racconta che i produttori in questi anni hanno potuto vendere anche a 3,5 euro e che chi vende a meno è perché non fa un prodotto di qualità.
LAB REPORT: ECCELLENZA A PERDERE
di Antonella Cignarale
Collaborazione Paola Gottardi, Celeste Gonano, Enrica Riera
Il festival di Sanremo sin dalla sua ideazione è legato ai fiori. Nasce, infatti, per rilanciare l’economia della Città dei fiori, storicamente riconosciuta come terra natia di ibridatori che hanno dato origine a varietà vendute in tutto il mondo. I 350 milioni di piante create fino agli anni ’80, però, adesso non ci sono più. Se da un lato la commercializzazione dei fiori di Sanremo si è estesa sul mercato internazionale, dall’altro ha obbligato gli ibridatori a creare varietà in grado di resistere in più climi diversi, dalla Cina, alla Colombia al Kenya, oggi diventati i maggiori produttori al mondo del settore. Questo ha scompigliato completamente le carte del commercio del fiore per molti ibridatori sanremesi che hanno abbandonato le serre e cominciato a vendere la loro attività alle multinazionali del fiore. Così tra sole e mare sulle colline di Sanremo svettano serre deserte, una cartolina che ricorda i terrazzamenti di limoni abbandonati lungo la costiera amalfitana. Qui i costi elevati, dovuti al rispetto di un rigido disciplinare di produzione del limone Costa D’Amalfi Igp, e un prezzo di vendita al chilo non sempre soddisfacente stanno mettendo a dura prova i coltivatori. L’eccellenza dell’oro giallo non riesce a contrastare la concorrenza interna ed estera che inonda i bancali dei supermercati, e il consumatore non ne percepisce spesso la differenza di qualità. Per resistere, ci sono famiglie di produttori che hanno riciclato la propria attività e sotto i pergolati di limoneti sono nati campeggi e tour degustativi per i turisti della costiera amalfitana.
Il sindaco moderato
Bandecchi, per colpa della procura ha dovuto vendere due canali televisivi e licenziare 250 persone (una seconda volta, dopo la prima). Questo afferma il sindaco di Chieti nonché fondatore di Unicusano Bandecchi, che però può godersi il suo stipendio da 3 ml di euro da amministratore delegato di Unicusano, l’università telematica. Adesso è però arrivato a 4 ml.
Perché io “ho una pretesa di uno stipendio importante”, adeguato a quello di uno che ha fondato una università.
Ma
i soldi dell’università sono di Bandecchi o dell’università? –
si chiede il consulente di report Bellavia.
Dopo i sequestri del
2023, 21 ml di euro confiscati dalla procura di Roma, nel giugno 2024
la prcura ha sequestrato a Unicusano alrri 2,6 ml di euro: secondo
l’accusa Bandecchi avrebbe investito in attività commerciali molti
dei soldi che l’università guadagna ogni anno.
Lo spiega
sempre l’esperto di diritto penale Bellavia: “l’università
guadagna 80 ml dagli studenti e il ministero gli da anche dei
contributi [più di 2 ml] e alla fine consuntivano 84-85 ml di
ricavi. Questo ente guadagna una ventina di ml di euro, un 25% sui
ricavi, una redditività niente male, quasi a livello dei Benetton
[con le concessioni autostradali]”.
Le università coi
residui, coi guadagni, devono fare investimenti: questo principio è
noto persino allo stesso Bandecchi, investimenti per la crescita
universitaria. Ma stiamo parlando della crescita dell’università
(in ricerca, in istruzione) oppure in crescita dell’azienda
universitaria?
“Perché lei è un comunista di merda” è la testuale risposta del sindaco (nonché esponente dei moderati italiani, il partitino di Alfano): “noi abbiamo preso del denaro e lo abbiamo investito, l’università non ha questa proibizione..”
Ma il nodo è ben diverso da come lo racconta il sindaco: i soldi guadagnati dall’università devono essere reinvestiti dentro l’università, all’interno della struttura (altrimenti perché prendono perfino i contributi dallo stato, cioè da tutti noi?).
L’attività
commerciale all’interno dell’università non è vietata, in
qualunque ente non commerciale si possono esercitare attività
commerciali – spiega Bellavia “però per l’attività
commerciali deve pagarci le tasse”.
E qui casca l’asino.
Mentre i due canali televisivi sono stati chiusi da Bandecchi, le sue radio rimangono aperte come Radio Cusano Campus (usata come canale di propaganda per il suo partito).
Tra i volti noti di questa radio c’è l’ex presidente della Sampdoria Massimo Ferrero nonché produttore cinematografico: con Luca Bertazzoni non può parlare, “mi deve autorizzare il mio datore di lavoro”, dichiarandosi impiegato, un opinionista nella sua trasmissione radiofonica che ha pure vinto un premio.
Bandecchi? Ferrero lo chiama presidentissimo.
La scheda del servizio: IL MARCHESE DEL GRILLO di Luca Bertazzoni
Collaborazione Marzia Amico
Dopo aver sequestrato altri 2,6 milioni di euro all’università Niccolò Cusano, che si aggiungono ai 21 milioni già confiscati, la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio del suo fondatore Stefano Bandecchi per evasione fiscale. Un mese dopo il sindaco di Terni e leader di Alternativa Popolare ha annunciato la chiusura dei due canali televisivi di Unicusano licenziando 250 lavoratori: “colpa della magistratura e della Guardia di Finanza”, dice Bandecchi. Come sono andate veramente le cose?
In fondo alla tazzina
Come deve essere il caffè che beviamo al bar, come riconoscere un buon caffè da uno che sa di copertone? Queste le domande a cui Bernardo Iovene ha cercato di dare una risposta nei servizi passato. Questa sera si parla del caffè che compriamo al supermercato e che consumiamo con la nostra moka: appena aperta la confezione il prodotto rischia di ossidarsi, come va conservato? Il caffè andrebbe messo in un contenitore ermetico e tenuto in un luogo fresco, anche in frigo. Sulle etichette dei vari prodotti si trovano indicazioni generiche: l’esperto Andrej Godina – ricercatore dell’università di Trieste in scienza e tecnologia del caffè – ci spiega che va conservato in frigo o anche in freezer, “più bassa è la temperatura di conservazione più lenta è l’ossidazione dei grassi e posso conservarlo in frigo perché il caffè tostato non ha acqua”.
Nel servizio si danno consigli su come fare un buon caffè anche con la moka di casa: non fare la montagnetta e non pressare troppo il caffè (questo impedirebbe all’acqua di salire), non andare oltre la valvola con l’acqua, per una questione di sicurezza e, infine, non usare l’acqua del rubinetto.
Tra i tanti che non hanno mandato giù i servizi di Iovene sul caffè c’è proprietario del “famoso” bar a Mergellina, Ciro: il caffè di Napoli è un’altra cosa – racconta al giornalista – e la macchina del caffè più lavora più lo fa meglio. L’acquetta nera nel bicchiere non è acqua sporca “è l’acqua condita del caffè precedente, non è acqua di fogna.. io faccio il caffè con acqua arricchita”.
Ma i residui del caffè bruciati più volte non sono salutari, spiega il giornalista che poi aggiunge come anche a Napoli si debba fare autocritica su come si fa (male) il caffè con la macchinetta, come non si puliscono bene i macchinari, “è un peccato che si rovini il brand per questa sciatteria”. Colpa di pochi baristi o di cattive abitudini che purtroppo oramai si sono ben radicate?
La scheda del servizio: MACINATO FORMATO FAMIGLIA di Bernardo Iovene
Collaborazione Lidia Galeazzo
Normalmente scegliamo il caffè macinato affidandoci al gusto, sulle etichette troviamo indicazioni generiche sulla qualità, sulla conservazione e quasi nessuna sulle origini. Con un esperto Report ha fatto un’analisi olfattiva del caffè contenuto nei pacchetti da 250 grammi venduti al supermercato, dal più economico al più caro e dato delle indicazioni sulla conservazione del caffè macinato e sulla estrazione con la vecchia moka. Infine, è stata la denuncia di un dipendente di una grande azienda che attraverso foto e filmati ci mostra come verrebbe riciclato il caffè da capsule e pacchi scartati dal processo produttivo.
Il bancomat della Brambilla
Il
servizio andando in onda la scorsa settimana ha suscitato tanta
indignazione da parte di persone amanti dei cani o di semplici
cittadini per cui vedere un onorevole che si fa pagare le fatture
(e anche le spese per la campagna politica) da una onlus dentro
cui lavorano volontari, è una cosa che non si può
accettare.
L’onorevole Michela Vittoria Brambilla ha scelto di
non rispondere alle domande di Giulia Innocenzi, anche per dare una
sua versione dei fatti.
Questa sera la giornalista mostrerà altri documenti che riguardano l’attività della deputata.
Dal canale social della trasmissione:
Assofido, associazione aderente al Codacons, ha depositato in Procura a Milano una denuncia nei confronti della parlamentare. Al momento, il fascicolo è senza ipotesi di reato e senza indagati.
Ilaria Proietti sul Fatto Quotidiano da una anticipazione del servizio:
Nei giorni scorsi, parlando in chat con i dirigenti di Leidaa, non è sembrata farsi un cruccio delle rivelazioni che la riguardano: “Ma di cosa parliamo? Dovremmo muoverci solo in bicicletta?”. Sulle fatture stellari al Principe di Savoia di Milano con cena in camera per la modica cifra di 3.290 euro, risponde: “Dovremmo fare gli eventi alla pensione Mariuccia?”. E ancora, sulla sede dell’associazione animalista, che si trova in pieno centro e il cui affitto si aggira intorno ai 3 mila euro al mese, chiede: dovremmo “prendere la sede nelle periferie bronx di Milano” o “in un centro sociale?”. Sulle fatture pagate dalla Leidaa per il giardino privato rilancia negando che si tratti del suo “prato di casa”, ma piuttosto di potature degli alberi del Cras, il Centro recupero animali selvatici, che cadevano sui recinti. Peccato che il Cras abbia visto la luce nel 2021 mentre le fatture per la potatura piante risalgano al 2019 e una persino al 2017. Brambilla insomma più che tentare di giustificarsi rivendica ogni singola spesa: difende pure le bottiglie acquistate per 140 euro l’una, perché è meglio “regalare ai nostri una bottiglia di vino buono invece del Tavernello”.
Disponibilità quasi infinite per spese di lusso che però fanno a cazzotti con quelle per gli animali, come nel caso della convenzione per assicurare rifugio ai cani terminata nel gennaio 2023, perché – come racconta Report – negli ultimi due anni l’associazione della Brambilla non pagava più le fatture. Le priorità insomma erano altre come ad esempio pagare l’albergo al personale della onlus animalista per promuovere l’azienda che si occupa di prodotti alimentari esclusivamente vegetariani e vegani: la “Io Veg” di proprietà del marito di Brambilla, oggi nelle mani di una fiduciaria. E qui la faccenda si complica in un giro vorticoso di altre fiduciarie che portano dritto al business del commercio all’ingrosso di pesce e in particolare alla Blue Line, azienda finita in anni recenti nei guai.
“La Brambilla è la regina delle scatole cinesi, chi ci lavora dentro lo sa che a gestire l’azienda c’era lei” dice un imprenditore di settore intervistato da Giulia Innocenzi, evidenziando intrecci e annessi sospetti: fra le società che hanno aiutato Blue Line, azienda del salmone affumicato e dei gamberetti, c’è la Lion Project, riferibile alla deputata. La stessa “Io Veg” è tra i creditori dell’azienda andata in crisi anche nel tentativo di salvare un’altra società del gruppo. Ossia Prime group, il gioiellino della famiglia Brambilla per salvare il quale Silvio Berlusconi concesse una fideiussione da due milioni e mezzo di euro: il patto era che la fideiussione non venisse mai incassata, ma poi finì diversamente e questo spiegherebbe anche un’altra storia, quella della rottura con Forza Italia di Brambilla. Comunque rieletta deputata dalla parte degli animali. Sempre che non siano salmoni e gamberetti.
La scheda del servizio: LA REGINA DELLE SCATOLE CINESI di Giulia Innocenzi
Collaborazione Greta Orsi, Giulia Sabella
Il servizio di Report sulla Leidaa, l’associazione in difesa degli animali di Michela Brambilla, ha scatenato un terremoto. Sono diversi gli esposti presentati in procura, tanti parlamentari si sono dimessi dall’Intergruppo per i diritti degli animali presieduto dalla Brambilla, ed è stato preannunciato un sit-in davanti alla sede della Leidaa per chiedere le dimissioni della parlamentare. Report è entrata in possesso di una nuova documentazione esclusiva che riguarda alcune attività di Michela Brambilla e che aprirebbe uno squarcio su un aspetto finora ignorato.
La macchina del fango (contro Report)
Per
la prima volta nella storia della trasmissione,
un intero partito, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, ha citato
in giudizio Report e il giornalista Giorgio Mottola per la
puntata “La
mafia a tre teste” dove si raccontava di come le tre mafie al
nord si siano confederate assieme, per portare avanti i loro
traffici. Si parlava anche dei rapporti con la politica locale e
nazionale, di come le mafie abbiano portato avanti progetti per
candidare loro esponenti nelle liste dei partiti.
Non è solo
per quella puntata che sono partiti gli attacchi da parte di
esponenti della maggioranza del governo Meloni: c’è stato il
servizio su Gasparri, lobbista per una azienda di security
israeliana, la puntata sulle origini della famiglia La Russa, le
diverse inchieste sulla ministra Santanché, il fact checking sul
famoso “piano Mattei”..
E, come consuetudine da parte della destra, è partita la macchina del fango: lo racconta lo stesso Sigfrido Ranucci in un post su Istagram:
Il Giornale continua ad evocare contatti scambi di informazione tra Report e gli spioni di Equalize. Ribadisco che è falso. Premetto al contrario di quello che scrive il Giornale sono super tranquillo, perché conosco il rigore e l’onestà con cui lavora tutta la mia squadra, vedremo poi come andrà a finire perché la storia la stiamo seguendo in tutti i particolari, compresi risvolti e suggeritori. Ricordo anche che il Giornale veicolo’ nel 2021, come dimostra questo articolo, il falso dossier contro di me ( anche quello fatto di messaggi e carte falsificate), in base al quale avrei pagato fonti in Lussemburgo per 45 mila euro. Una notizia che si rivelò, come altri due dossier, una bufala. Domenica mostreremo chi sono i veri spioni, torneremo alle origini della vicenda Santanchè Sallusti e torneremo anche sulla vicenda della sospetta centrale di ascolto abusiva che proprio Report trovò nelle strutture della fondazione facente riferimento agli Angelucci.
L’articolo citato da Ranucci è stato scritto da Luca Fazzo, giornalista sospeso dall’ordine nel 2006 per i suoi rapporti col Sismi e con l’agente Marco Mancini: erano i mesi in cui si indagava sul sequestro di Abu Omar, la rendition della Cia con l’aiuto del Sismi.
Queste accuse fatte da Il Giornale, quotidiano della famiglia Angelucci, servono a screditare l’immagine di Report e dei suoi giornalisti, sviando l’attenzione sul fatto che, tra le altre cose,i vertici di Equalize erano molti vicini alla maggioranza di destra qui in Lombardia.
La scheda del servizio: LA FABBRICA DEI DOSSIER (CONTRO REPORT) di Giorgio Mottola
Collaborazione Greta Orsi
Da alcune settimane il Giornale, di proprietà della famiglia Angelucci, sta provando a screditare Report, raccontando di un presunto legame tra la trasmissione di Rai3 ed Equalize, la società finita al centro di un’inchiesta della procura di Milano per attività di dossieraggio. Le accuse, basate su un verbale al momento secretato, sono state pubblicate da un giornalista già sospeso per i suoi rapporti ambigui con i servizi segreti, su un quotidiano che ha palesi conflitti d’interesse, di carattere innanzitutto finanziario, con alcuni tra i principali politici oggetto delle recenti inchieste di Report.
Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.
Nessun commento:
Posta un commento