27 novembre 2018

I ragazzi dello zoo di Milano, di Riccardo Besola Andrea Ferrari e Francesco Gallone



Prologo 
Milano, Bastioni di porta Venezia, giovedì 16 marzo 1978, ore 3.00 
I Bastioni di Porta Venezia dormono con un occhio solo. Con l'altro osservano sospettosi una Bmw color vinaccia parcheggiata da poco in viale Vittorio Veneto, proprio all'angolo con corso Buenos Aires.A Milano, di questi tempi e soprattutto a quest'ora di notte, quando tutto è più scuro e silenzioso, anche il minimo movimento, il più insignificante rumore, può apparire, al contempo, sospetto e inquietante.Due colpi secchi rimbombano nella notte, la violentano, e destano di soprassalto tutto il circondario. Immediatamente si levano al cielo le grida disumane delle scimmie dello Zoo che s'affollano, idrofobe, contro le sbarre del gabbione. Gli fanno eco, come un coro da tragedia greca, i richiami e i frullli d'ala degli uccelli tropicali, insieme alle prime voci degli uomini che s'affacciano alle finestre delle camere da letto.Nel mezzo di tutto questo frastuono, nessuno avverte il tonfo del corpo che stramazza a terra.

16 marzo 1978.
Il giorno dell'agguato in via Fani, del rapimento del presidente della DC Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, della strage della sua scorta.
Un giorno importante della Storia del nostro paese, la storia con la S maiuscola.

Nello stesso giorno, anzi nella stessa notte, avviene però un episodio criminale di quella storia minore, diciamo quella con s minuscola: qualcuno è entrato dentro lo zoo di Milano (eh, sì, Milano una volta aveva anche uno zoo, poca roba certo e non è che gli animali fossero tenuti bene), ha rubato Bombay, l'elefantessa che era la passione di tutti i bambini milanesi.
Ma quel qualcuno ha anche ucciso una guardia dello zoo e pure una scimmia.

Mentre il paese assiste angosciato alle notizie che arrivano dalla televisione, dai servizi del TG ancora in bianco e nero, quel duplice omicidio (perché anche se non interessa a nessuno, anche la scimmia è stata uccisa) è affidato al capo della sezione omicidi della Mobile di Milano il commissario Benito Malaspina, assieme al suo assistente, l'agente scelto Venditti.
Non è un momento semplice, per Malaspina, diventato padre da poco e dunque alle prese con notti in bianco, pianti e pappine: non è semplice nemmeno perché il capo, il commissario Puglisi, li considera quasi come due appestati, loro due che si devono occupare di una guardia dello zoo mentre tutta la polizia è sulle tracce delle Brigate Rosse.

Ma un delitto è un delitto e ogni morto merita giustizia: anche Pietro Dosio, così si chiamava la guardia. Sposato con due figli, trasferito da un anno da Torino dove lavorava alla Fiat.
Malaspina parte da qui: dall'abbandono del posto fisso nella grande fabbrica torinese che, scoprirà poi, è stato un abbandono quasi provocato. Dosio era stato accusato di piccoli furti in fabbrica e con le sue dimissioni si era messo a tacere il caso.
La guardia è stata uccisa per caso, durante il rapimento di Bombay, oppure c'è altro dietro?
La moglie del morto sembra nascondere altro: per esempio quello zio che l'aveva chiamato a Milano e che Pietro chiamava lo zio d'America e che viveva ai margini della legalità.
Un giro di scommesse illegali, in cui compariva anche uno strano soggetto, muto e dunque chiamato nell'ambiente “parola”.
A volte ridere è una favola.Una favola che ci si racconta volentieri, per non pensare che dietro una risata si possono nascondere un sacco di cose che è meglio seppellire.Dino Lazzati, detto Fernet, giornalista di nera,non ha mai raccontato una favola in vita sua. Ha sempre e solo raccontato di Milano e dei milanesi, in particolare di quelli la cui vita era legata ai fatti di cronaca nera.

Un aiuto all'indagine arriva anche da Fernet, ovvero il giornalista de La notte Dino Lazzati che qui troviamo sempre alle prese con una nuova esperienza da radio giornalista per una delle tante radio libere nate nel corso dell'anno precedente.
Una radio che trasmette da un palazzo in via Rembrandt e che si chiama Radio Focolare (omaggio a Radio Popolare di Milano) e da cui conduce una sua trasmissione di cronaca dadaista (prendersi in giro e prendere in giro la realtà, così si usava allora): in un tam tam tra le altre radio di Milano, gli arriva voce che implicati nel furto del pachiderma ci sarebbe un gruppo di “indiani metropolitani” accampati nella zona di via Ripamonti. Il furto di Bombay sarebbe da interpretare come un gesto di rivolta contro il sistema, liberare l'animale dalle catene dello zoo. Per tenerlo chiuso da altre catene in una delle tante cascine semi abbandonate che si trovano tra Milano e Lodi.
Cascine non ancora stritolate dalla morsa del cemento che, pezzo dopo pezzo, si è preso una buona parte della Milano non ancora da bere.
Ne sa qualcosa l'Osvaldo, padrone della bocciofila del capolinea, che abbiamo già conosciuto nei precedenti romanzi della serie con Malaspina e Fernet.
E un ruolo nella storia, non secondario lo avrà anche lui, l'Osvaldo, l'omone buono che anni prima aveva pensato di dare una svolta alla sua vita rubando la Madonnina, pensate voi..
Un ruolo lo avrà anche il suo figliolo Giovanni, che da anni frequenta quella strana gente e che aveva pure rischiato una sbandata.

In quest'ultimo giallo del trio delle meraviglie, Besola Ferrari e Gallone, respiriamo a pieni polmoni l'aria del poliziottesco anni settanta: la polizia che si muove sulle Alfa verdi, i giovani che protestano nelle strade dove ci si scontra e dove ci si spara anche.
E dove si viene uccisi per la strada a diciannove anni, come successo a Fausto e Iaio
Radio Popolare, sono le ventuno e diciassette, interrompiamo le trasmissioni per una notizia che ci è appena arrivata: Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due giovani di diciannove anni, sono stati uccisi questa sera in via Mancinelli, dietro al Centro Sociale Leoncavallo dove doveva tenersi un concerto di blues... I loro corpi sono ancora a terra”.

Se l'omicidio di Fausto e Iaio è rimasto senza colpevole, quello della guardia verrà invece risolto da Mala, il commissario Malaspina, aiutato da “Er Mangusta” Venditti, il poliziotto romano de Roma che, piano piano, si sta quasi innamorando di questa città, Milano, che fa sì la difficile, ma alla fine un sorriso lo regala a tutti.
Milano incubatorio di quello che poi l'Italia dovrà passare, oggi come nel passato, visto che da qui sono partiti fascismo e le prime mosse della Resistenza: perché a Milano si mescola tutto “piombo e sangue, ma anche di arte, musica e fantasia”.
Venditi incurva la bocca in una smorfia, ma non insiste. In fondo, un giorno alla volta, sta scoprendo che questa ragazza pallida che è Milano, che non è procace come la sua Roma, che porta i capelli raccolti e comodi per lavorare e non sciolti e voluttuosi, che abbottona la camicetta fino all'ultima asola e non la lascia morbida sul decolleté, che non ride apertamente ma sorride timida, lo sta conquistando. Certo, non cucina come Mamma Roma, ma non ti lascia comunque a digiuno.

Anche Venditti avrà la sua possibilità alla radio, dove dovrà destreggiarsi col dialetto milanese (“Cent cu cent crap, cent cuu dusent ciapp!”) e potrà spiegare anche la differenza nell'uso di Me cojoni e sticazzi (omaggio degli autori a Rocco Schiavone?).

C'è il delitto, c'è l'inchiesta che porterà a scoprire una storia di sfruttamento e di disperazione. Il frutto avvelenato da cui nasce il desiderio di vendetta.
Ma, attenzione, non dimentichiamoci che c'è ancora una elefantessa da liberare, elefantessa che gli autori ci fanno conoscere attraverso i suoi pensieri, di animale dietro le sbarre.
Ma siamo sicuri che ad essere dietro le sbarre, incatenata, sia solo lei?
Casa mia è questa, dove ho trascorso tutta la mia vita. Casa mia è un quadrato di terra da cui non esco mai. Casa mia è una gabbia. Bentornata a casa, Bombay.Ma tutte le loro vite, in fondo, le trascorrono in una gabbia. Pure loro. Io li vedo. Venire allo zoo è l'ora d'aria per le loro famiglie, un intermezzo nella prigionia del quotidiano.Ma non sono un filosofo. Bombay sa solo barrire, salutare, e mettere gli occhiali. Tutti questi pensieri, non li conoscerà mai nessuno. E, in fondo, non importa.Sai che c'è?Buonanotte.

In questo video del 1948 potete conoscere la vera Bombay (perché l'elefantessa non è mica inventata), arrivata in Italia nel 1932 e morta nel 1987




I predenti romanzi della serie con Malaspina e Fernet



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