03 maggio 2020

L'importante è partire


Siamo pronti?
Lunedì si parte o, meglio, parte chi dovrà andare a trovare i congiunti, chi ritorna al lavoro.

Parafrasando Mina, l'importante è ripartire, tutti assieme, per chi lo può fare in sicurezza.
E chi controlla la sicurezza nei luoghi di lavoro?
E chi controlla la sicurezza sui mezzi di trasporto?

L'importante è far partire anche ristoranti, bar, commercianti che denunciano perdite per milioni dopo aver dichiarato redditi inferiori a quelli dei dipendenti.

L'importante è ripartire, perché alle famiglie non sono ancora arrivati i soldi della cassa integrazione, anche se poi (almeno qui in Lombardia) dipende dai ritardi delle regioni nel fare le domande.

Tutti chiedono soldi, la sburocratizzazione delle procedure, soldi a fondo perduto (anche per Aspi dei Benetton), si invoca il modello Genova (la gestione commissariale per ricostruire il ponte Morandi, dove però c'era tutta l'attenzione del paese).
E se i soldi arrivano alle persone, che almeno si rendano utili: abbiamo la frutta e la verdura da raccogliere? Mandiamoci chi prende il reddito di cittadinanza.
Perché gli stranieri non possono farlo e gli italiani sono troppo choosy per fare quei lavori faticosi.

L'idea che siano lavori poco amati perché poco pagati e dove vige molto sfruttamento non passa nemmeno per la testa dei commentatori e dei giornalisti che danno la notizia.

L'importante è partire anche se non si sa come andrà a finire (non lo sa nessuno, nessuno ha la sfera di cristallo): se vedremo bus affollati come nella foto pubblicata dal Corriere sui suoi canali social, se tornerà a crescere il numero di infetti, come riapriremo le scuole, a chi lasciare i figli, come faremo questa estate con mascherine e guanti (da usare sui mezzi).

L'importante è partire e chi se ne frega dell'inquinamento ambientale (che potrebbe risalite perché molti prenderanno l'auto per muoversi), del caporalato, delle disuguaglianze, dei tagli alla sanità e alla ricerca (mica abbiamo fatto un cambio di rotta), degli errori e delle cattive scelte fatte in regione Lombardia, dello smart working ancora senza regole chiare.

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