19 settembre 2025

Buio sulla città di Massimiliano Virgilio

 

Napoli, malinconico autunno di fine Ottocento

Fiùùù.

Bududù-bududù.

Di colpo la città fu avvolta dal buio.

Tutte le vecchie lampade ad olio, a gas, persone quelle nuovissime a corrente di piazza Cavour, del Teatro San Carlo, delle Terme di Agnano, del Rettifilo e i lampioncini multicolori della Galleria Umberto I si spensero, provocando un fenomeno che, con una 'ntecchia di timore, i napoletani avevano preso a chiamare il "Grande Oscuramento".

In questo secondo romanzo con protagonista Matilde Serao (il primo è "Luci sulla città"), la famosa scrittrice nonché giornalista de Il Mattino, ci troviamo ancora a Napoli a fine Ottocento, quando ancora l’ITalia era unita ma non gli italiani, troppo distanti per censo, per il linguaggio. Gli anni delle grandi scoperte tecnologiche, tra cui l’arrivo dell'elettricità nelle città per sostituire i vecchi sistemi di illuminazione.

Grazie all’invenzione di Thomas Edison finalmente il progresso arrivava ad illuminare tutto il paese, anche gli angoli bui dei quartieri.

Ma il buio che da il titolo al romanzo ha qui un doppio significato: è sia il buio fisico, quello del "grande oscuramento", quando gli eventi atmosferici fanno cadere una dopo l'altra le lampadine riportando strade e quartieri nell’oscurità.

Ma è anche il buio della ragione, l’oscurità legata alle superstizioni, alle antiche "consuetudini familiari" che zavorrano non solo il popolino, quello che pensa di scappare dalla miseria giocandosi i numeri al lotto con la smorfia. Ma anche le famiglie più nobili.

E contro questo buio che deve lottare Matilde Serao, 'a signora, che qui incontriamo in un inizio di autunno appena tornata dalle vacanze in montagna. Un autunno che non si intende solo nel senso della stagione, è soprattutto quella sensazione di grande malinconia personale che si porta dentro: per i tradimento, ormai alla luce del sole, del marito Edoardo Scarfoglio. E per la fine di quella relazione, solo emotiva, col poeta Mario Giobbe che l’aveva liquidata con una lettera di addio scontata, banale. Dolorosa da accettare.

In questo momento di "buio" personale, un nuovo crimine avviene in città: nel Bosco di Capodimonte, proprio nella notte del "Grande Oscuramento" viene ritrovato il cadavere di una bella ragazza.

La notizia che inizialmente nemmeno scuote il “grande buio” nella mente di Matilde, riscuote invece una certa eco in città. Infatti la giovane ragazza trovata nel bosco di Capodimonte ricorda un vecchio racconto che la stessa Serao aveva scritto in una vecchia raccolta, “Leggende napoletane”. Si tratta della leggenda di una ragazza di porcellana di cui si innamora un uomo, che nel tentativo di stringerla tra le sue braccia, la uccide.

Matilde amava Napoli.

Napoli era come Buenos Aires, come Istanbul, come Gerusalemme, Tripoli, Marsiglia, Atene: uno di quei luoghi di cui si parla anche solo per sentito dire, spesso per pregiudizio positivo o negativo, sotto forma di diceria e di leggenda, di denigrazione e di lode.
Così erano nate novelle come La città dell'amore, quelle sul poeta Virgilio, sul palazzo donna’Anna e sul monaciello, quella sul diavolo di Mergellina e per l'appunto La leggenda di Capodimonte.

Per amore di Napoli, della sua città, per strapparla al gioco dell’ignoranza, della superstizione, Matilde Serao decide di scrivere un primo articolo contro le false notizie (oggi diremmo le fake news).

Ma poi si fa trascinare nuovamente in una nuova indagine, non solo per aiutare i carabinieri Reali, “ma perché voi siete Matilde Serao”. Ovvero una donna intelligente, una donna che non accetta i luoghi comuni e i pregiudizi, come nemmeno che una ragazza innocente finisca in carcere per un delitto che non ha commesso.

I carabinieri hanno infatti arrestato una ragazza “ospite” del Real Albergo dei poveri, la struttura voluta dal re Borbone, per ospitare le giovani in stato di indigenza, di povertà, abbandonate dalle famiglie.

Quanti poveri muti, storpi, e indigenti erano finiti lì dentro con la speranza di trasformarsi da relitti umani in artefici di un destino nuovo, così come era nei piani di chi aveva progettato quel luogo, senza immaginare che che quelle migliaia di anime, una volta ammassate nello spazio, si sarebbero fuse e trasformate in una sola densa orribile anima del disagio e della miseria?

Nella realtà, il Real Albergo di reale aveva ben poco, essendo, per gli ospiti, poco più che un carcere.

Matilde Serao si mette dunque in azione, allora, per portare avanti la sua indagine facendosi aiutare anche dall’amica Eleonora Duse, la “divina”, addentrandosi “nel ventre di Napoli” e anche nelle case della nobiltà, da cui la morte proveniva.

Tutto per scoprire la verità sul delitto.

Da ragazza al tempo dell'apprendistato da cronista al capitan fracassa il direttore Gandolini le aveva detto ci sono sempre quattro versioni di ogni storia: la tua versione, la loro, la verità, è ciò che davvero è successo.

In questa storia ci sono le tensioni tra i nuovi borghesi, la classe sociale che sta prendendo sempre più spazio nella nuova Italia. Ci sono quelle antiche consuetudini delle famiglie nobili (sul destino dei primogeniti e degli altri figli) che, non solo con gli occhi di oggi, sembrano solo retaggi di un passato da mettere alle spalle. C’è la miseria di una città a metà tra antico e moderno, col buio che opprimo tanta povera gente costretta a vivere nella miseria.

Fu lampo una sorta di scarica elettrica che come la corrente passa di lampada in lampada accese di colpo e in sequenza gli occhi il cervello e il cuore di Matilde era la focalizzazione.

Per far luce su questo buio serve l’intelligenza e l’intuito della “Signora”, la “focalizzazione” appunto, come una scarica elettrica che all’improvviso mette assieme tutte le tessere del puzzle.

Chi è l’assassino, come ha ucciso e perché ha ucciso. Ragioni che “avevano radici ben piantate in quella parte dell’animo dove si annidano le emozioni primitive: fame, rabbia, invidia, gelosia e desiderio”.

In questo romanzo, che non è solo un giallo, si parla di Napoli, una città piena di luci e ombre. Si parla anche dell’insofferenza nei luoghi di potere al nord e a Roma per Il Mattino, quel giornale che aveva portato alla lettura, e dunque alla consapevolezza, alla cultura, tanti napoletani.

Si parla della condizione delle donne, relegate ad angeli del focolare o pedine da sacrificare per i giochi delle famiglie.

E, infine, si parla del potere della letteratura e della parola: un potere enorme, le parole sono rametti che bruciano nella lanterna per illuminare come possiamo il buio che ci circonda”.

E Napoli avrà ancora bisogno della parole di Matilde Serao.

La scheda del libro sul sito di Feltrinelli.

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