25 ottobre 2025

Anteprima inchieste di Report – le nomine politiche e il nuovo ordine mondiale

“Libertà di stampa significa poter informare concretamente la gente e lottare per consegnare alle future generazioni un mondo migliore. Questo dobbiamo farlo ogni giorno, nel nostro piccolo”.

Sono le parole del conduttore di Report Sigfrido Ranucci alla manifestazione in solidarietà a Roma, dopo lo scoppio dell’ordigno davanti casa.

Lo stato di salute di una democrazia si misura anche dalla libertà di informazione e la libertà dei cittadini ad essere informati: non basta andare a votare, avere un parlamento eletto (specie se poi le decisioni contano sono prese fuori, “il potete è altrove” come diceva Sciascia).

In una vera democrazia non è la politica che decide cosa deve andare in onda e cosa no, che domande fare ad un politico e cosa no, che inchieste devono finire in prima serata e quali no.

In questi anni abbiamo abbassato a tal punto l’asticella dell’etica, del senso pubblico, del buon senso, della consapevolezza di cosa sia veramente una democrazia, da esserci dimenticati di questo. L’informazione controlla chi ha il potere, non è un suo megafono.

Ecco perché trasmissioni come Report danno fastidio: perché riportano le “cose” nella giusta direzione.

Per esempio spiegando cosa non funziona nella nomina come direttrice del teatro di Venezia La fenice Beatrice Venezi, fatta dal ministro della cultura senza consultare gli orchestrali.

Perché “il teatro la Fenice non deve essere una palestra per un direttore per ampliare il proprio curriculum” spiega una musicista.

La nomina della direttrice Venezi

Beatrice Venezi è stata scelta come direttrice musicale della Fenice da Nicola Colabianchi, una gioventù da estremista nero nel movimento di destra extraparlamentare Ordine Nuovo oggi considerato vicino a Fratelli d’Italia e a sua volta nominato pochi mesi fa sovrintendente dal ministro Giuli.
Anche la stessa Venezi è figlia di esponente di un movimento di estrema destra, Forza Nuova.

Insomma, una direttrice che potrebbe essere considerata vicina a questa destra (estrema) di governo che sta cercando di imporre, anche con queste nomine, la sua di forma cultura. Dopo aver per anni accusato la sinistra di aver occupato tutti gli spazi e aver egemonizzato la cultura italiana.

A destra si sono sempre sentiti discriminati – lo dice anche la stessa direttrice Venezi nella conferenza programmatica di FDI del 2022, quando è stata chiamata sul palco dal deputato Mollicone.

Che però, a domanda diretta di Report, spiega che no, non è una nomina politica, il sovrintendente ha facoltà di nominare chi vuole (come se Colabianchi non fosse stato nominato da Giuli..).

E’ una bravissima artista” prova a giustificarsi di fronte alle domande di Report, tanto da aver vinto l’ambito premio Atreju 2021, amica della presidente del Consiglio, consulente musicale dell’ex ministro Sangiuliano (oggi al TG1, ma prossimamente candidato in Campania).

E quindi qual è il problema? Il problema è un curriculum costruito dalla politica che le ha conferito incarichi uno dietro l’altro, rispetto ai precedenti direttori che avevano competenze costruite nel corso degli anni.

Silvia Massarelli è una direttrice d’orchestra, a Report prova a spiegare le ragioni della protesta contro questa nomina politica caduta dall’alto: “ci sono concorsi fatti? Sicuramente dirige nei teatri a destra e sinistra, ma andiamo a vedere quali teatri.. Una nomina così importante non si può assegnare a qualcunio che non abbia esperienza pregressa in questo ambito ..”

La Venezi è giovane e può crescere (grazie all’aiuto del governo amico)?
Risponde la direttrice d’orchestra “C’è un problema, il talento. La tecnica si può affinare, il talento o c’è o non c’è e nella Venezi non lo vedo nella maniera più assoluta. È una nomina imposta, calata sicuramente dall’alto. La politica non può entrare nella musica in questo modo.”
E nemmeno potrebbe entrare nella sanità, nell’istruzione e in tanti altri ambiti. Imponendo persone che hanno come meriti l’essere vicine alle sorelle Meloni, forse. O aver ricevuto un premio sul palco di Atreju..

La scheda del servizio: A NOI!

di Luca Bertazzoni

Collaborazione Marzia Amico, Samuele Damilano, Eleonora Numico

Partendo dal caso del maestro Beatrice Venezi, nominata direttrice musicale del Teatro la Fenice di Venezia fra le proteste e lo sciopero di tutti gli orchestrali dello storico teatro, Report ripercorre le principali nomine avvenute nei posti chiave del mondo della cultura: da Ales, società in house del Ministero, al cinema, dai teatri ai festival, dal Ministero stesso a Cinecittà, il cuore dell’industria audiovisiva nazionale.

Il manifesto di Ventotene e l’attacco agli organismi sovranazionali

Durante le comunicazioni alla Camera, la presidente Meloni aveva letto dei passaggi del Manifesto di Ventotene che lette estrapolate dal contesto, apparivano come propaganda comunista.

Antonella Braga, presidente della Fondazione Salvemini ed Ernesto Rossi spiega come il Manifesto sia genericamente europeista e federalista perché propugna gli Stati Uniti d’Europa secondo il modello costituzionale federale americano.

Come mai certi passaggi suonano di ispirazione marxista? Chi ha fatto il taglia e cuci per Meloni ha predisposto un testo decontestualizzato – spiega a Report Antonella Braga – travisato come alcune frasi estrapolate per cercare di dimostrare che è un testo anacronistico, pericoloso, antidemocratico, illiberale.

Se uno legge il testo integralmente – continua – si comprende l’assurdità di questa tesi: l’obiettivo è screditare le radici antifasciste del progetto europeo.

Finora in Europa nessun leader istituzionale aveva messo in discussione la figura di Altiero Spinelli il cui nome campeggia all’ingresso del Parlamento Europeo, che gli ha intitolato un’intera ala. Dal dopoguerra in poi Spinelli è stato celebrato dai più grandi leader europei, sia di destra che di sinistra, come uno dei precursori dell’Europa unita. Il suo ruolo storico è stato riconosciuto in Italia anche dagli esponenti di Alleanza Nazionale, il partito da cui proviene Giorgia Meloni.

Nel 2003 era stato Francesco Storace ad invitare il presidente Berlusconi a deporre un fiore sulla tomba di Spinelli a Ventotene.

L’attacco della presidente Meloni al Manifesto segue di qualche giorno l’uscita del report “The great reset” pubblicato dal gruppo conservatore (o meglio di estrema destra) Ucl European institute dove si usano le stesse parole: c’è un’ovvia coincidenza risponde a Report il presidente dell’Ordo Iuris Institute Kwasniewsky “perché c’è un’ovvia cooperazione tra i vari gruppi nazionali che sostengono il ritorno alle origini dell’Unione Europea”, il report è stato mandato a tutti gli europarlamentari, ai ministri e ai primi ministri della UE. Magari Meloni non lo ha letto direttamente, ma qualcuno dei suoi consiglieri si, l’avrà letto certamente.

Anche Nazione Futura ha partecipato a questo report, la fondazione di cui Giubilei è presidente e che con Report ha deciso di non parlare (diversamente da quanto risulta loquace nei talk).

Forse questo dipende dai contenuti estremamente controversi contenuti nel report: le due organizzazioni di estrema destra nel loro opuscolo di 40 pagine mettono in fila una lunga serie di proposte per arrivare alla dissoluzione dell’Unione Europea.

Perché l’Unione Europea non è una entità democratica – risponde il presidente di Ordo Iuris – è fondata come una organizzazione sovranazionale che col tempo ha sottratto potere agli stati nazionali e l’ha affidato a burocrati non eletti.

Cosa nasconde questo report? Dietro c’è un disegno politico che deve preoccuparci, parliamo dell’attacco all’Unione Europea come sistema politico che sta sopra alle nazioni, accusata di essere una istituzione sopra ai governi eletti (come se in Italia non avessimo il problema dell’astensionismo e delle leggi elettorali che limitano i poteri di scelta degli elettori).

Ma questo disegno politico, che vede dietro la destra estrema sempre più egemone in Europa e in America, sta in parallelo attaccando anche le Nazioni Uniti, a cui si minaccia di togliere il sostegno economico. Non è un caso che nella ricostruzione di Gaza (se vogliamo chiamarla così) siano state tolte di mezzo le ong delle Nazioni Unite come l’UNRWA per far posto a gruppi privati (legati magari alle lobby degli evangelici).

La scheda del servizio: PICCOLI TRUMP CRESCONO

di Giorgio Mottola

Collaborazione Greta Orsi

La prima puntata si apre con l’inchiesta di Giorgio Mottola con la collaborazione di Greta Orsi “Piccoli Trump crescono”. Lo scorso marzo, a sorpresa, Giorgia Meloni ha parlato del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, come di un testo comunista e antidemocratico. Report ha scoperto che quello che sembrava un intervento estemporaneo farebbe parte di una precisa strategia di delegittimazione delle istituzioni europee che vede tra i protagonisti fondazioni, think tank e centri studi sovranisti europei, con la regia della più potente delle organizzazioni conservatrici americane: l’Heritage Foundation. Dopo la rielezione di Trump, infatti, sono aumentate in modo impressionante le ingerenze americane in Europa: si sono intensificati gli attacchi frontali a Bruxelles e figure di spicco della Casa Bianca vengono sempre più spesso nel vecchio Continente a sostenere pubblicamente i candidati sovranisti alle elezioni politiche nazionali. Per esportare i valori e la visione della democrazia di Donald Trump in Europa, 12 tra i più influenti think tank conservatori americani hanno incrementato negli ultimi 5 anni il flusso di soldi verso l’Europa del 200 per cento per una cifra complessiva di quasi 100 milioni di euro, e accresciuto enormemente l’attività di lobbying nelle istituzioni europee. In questo hanno costituito un network transatlantico che comprende decine di fondazioni e centri studi in quasi tutti gli stati europei. Come rivela a Report Steve Bannon, l’ex capo stratega di Donald Trump, secondo il quale l’obiettivo finale sarebbe arrivare alla dissoluzione dell’Unione Europea. E di questo scenario farebbero parte anche Giorgia Meloni e le fondazioni collegate a Fratelli d’Italia.

LAB REPORT: la fiera dei funghi ai Castelli Romani

Quest’anno il ministero dell’agricoltura ha speso 120 mila euro per piazzare il suo stand presso la fiera del fungo porcino di Lariano, ai castelli romani, un appuntamento fisso per fratelli d’Italia.

Purtroppo la visione del suo ministero è questa, soldi ad iniziative locali (e a soggetti vicini politicamente come Coldiretti) che non portano a nulla piuttosto che aiutare veramente l’agricoltura, in tempi di cambiamenti climatici e di eventi meteorologici sempre più estremi.

La scheda del servizio: PORCINI NOSTRANI

di Andrea Tornago

La Festa del fungo porcino di Lariano è una vera istituzione ai Castelli Romani. Ma da qualche anno a questa parte coinvolge politici nazionali e muove soldi pubblici. Cosa rende tutti pazzi per il porcino?

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

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