Come
si deve bere una birra? Bernardo Iovene spiegherà in che modo va
bevuta per gustarla al meglio senza avere problemi con la schiuma,
l’anidride carbonica e quello che c’è dentro.
Poi
un servizio sulla crisi della sanità pubblica: i pronti soccorsi
dove si attende ore su una barella, alla finta promessa delle case di
comunità e alla medicina territoriale che ancora manca.
Il
treno perduto del PNRR in Sicilia
Il
presidente della Sicilia Schifani si accorge ora che i progetti
finanziati dal PNRR sono in ritardo. Se il presidente si fosse occupato prima (come per il concerto de Il Volo) della preparazione e presentazione dei progetti, forse la Sicilia non si sarebbe trovata in questa
situazione: si è perso un altro treno per modernizzare l’isola e
aiutare i siciliani.
LAB
REPORT: IL GRANDE FLOP
di
Danilo Procaccianti
Collaborazione
Eleonora Numico
La
spesa PNRR in Sicilia è al palo, tutti i progetti sono in ritardo e
il presidente Schifani ha convocato una riunione urgente per capire
cosa non funziona. A Palermo il caso più evidente è quello degli
asili nido dove su decine di progetti solo tre sono effettivamente in
costruzione.
Come
si beve la birra?
La
famosa schiuma che tanti disprezzano (e io non sono tra questi) ha in
realtà una funzione protettiva: questo il primo insegnamento del
servizio di Bernardo Iovene che andrà in onda questa sera. Lo strato
di schiuma evita che la birra subisca il processo di ossidazione
entrando in contatto con l’aria e poi, questa la cosa più
importante, è tutta anidride carbonica che evitiamo di ingerire.
È
per questo che la birra, anche quella in bottiglia, sia “spilllata”
in un bicchiere, seguendo una certa procedura, per formare lo strato
di schiuma ed evitare di ingerire co2 e sentirsi subito gonfi (e far
entrare più alcool nel sangue). La schiuma protegge ed esalta gli
aromi: i suoi ingredienti base sono malto, luppolo, acqua, lievito e
co2 appunto, che va “creata” sul bordo del bicchiere ma non va
bevuta. E nemmeno ci devono essere bollicine di gas dentro il
bicchiere.
Anche quando si beve dalla bottiglia dunque la birra
versata in un bicchiere dove deve essere fatta formare la schiuma:
questa è una indicazione importante anche per i giovani, che devono
stare attenti a non abusare con l’alcool, se la birra è spillata
nel modo giusto possono guidare, altrimenti è meglio se non si
mettono in macchina.

Niente
birre a canna dunque, nemmeno per quelle che sono indicate come meno
gassate.
Il servizio poi prosegue con una valutazione delle
birre più vendute in Italia, con l’aiuto di un mastro birraio
(Luigi D’Amelio) e di uno spillatore esperto: tra queste la Corona
che, in Messico dove nasce, viene bevuta col Lime, per tenere lontani
i pappataci presenti negli ambienti tropicali. Anche questa birra va
versata nel bicchiere facendo crescere un bel livello di schiuma per
evitare di avere un effetto palloncino nello stomaco per la co2.
Per
il mastro birraio, l’odore della Corona ricorda quello della cimice
schiacciata, si sente l’uso del mais – aggiunge lo spillatore
Francesco Reale – possiamo definirlo odore e non bouquet, non
profumo. Tutte cose che nei corsi di degustazione sono descritte come
difetti: se la si beve col limone, a canna, fredda, tutto questo
passa in secondo piano, la birra migliora.
Un’altra
birra che si beve a canna è la Ceres, chiamata per legge una birra
doppio malto, ma non vuol dire che è presente due volte la quantità
di malto: dentro si sente una nota di alcool, di etilico, che non è
il massimo, spiega il mastro, è anzi fastidiosa e stucchevole
assieme alla nota dolce. C’è anche poco corpo, la si beve e ci si
rende conto subito che si sta bevendo una birra importante dal punto
di vista alcoolico, perché va giù. Per la Ceres è doppiamente
sbagliato berla a canna perché i 7 gradi diventano per sensazione 14
gradi, versandola nel bicchiere ci si accorge prima che si sta
bevendo una birra più alcoolica.
Parente
stretta della Ceres per chi cerca alcool è la Tennet’s: la bassa
fermentazione da bevibilità, siamo a 9 gradi di alcool che in bocca
portano ad una dolcezza molto evidente, anche con una nota metallica
ancora più fastidiosa della Ceres.
C’è
poi un altro segreto dietro il mondo della birra: in quali botti è
stata conservata prima di metterla in commercio. Bernardo Iovene ha
incontrato un birraio, Giovanni Faenza, che compra botti da tutto il
mondo che precedentemente avevano conservato altri prodotti
distillati, per far maturare le sue birre. È una di quelle
eccellenza dei nostri artigiani birrai, poco note in Italia: “siamo
talmente piccoli e presi dalla produzione e dai problemi quotidiani
della produzione che in realtà ci raccontiamo poco.”
Giovanni
produce un vino d’orzo che è più simile ad un amaro che ad una
birra: non è una birra adatta ad un pasto, è da fine pasto o da
meditazione spiega al giornalista.
Una nuova scoperta, come
anche lo è scoprire che ogni stile di birra richiederebbe la stessa
acqua da cui è nata: “se dobbiamo fare una birra nera andiamo a
vedere il profilo d’acqua di Dublino e riproduciamo con un
calcolatore l’acqua di Dublino, partendo da un’acqua morbida
andiamo ad aggiungere tot ppm di calcio .. questo è il segreto.”
Con
questo sistema Giovanni riesce a riprodurre degli stili risalenti al
Medioevo, come la birra Gose, una birra salata di origine
tedesca.
Ai tempi era la bevanda del popolo, spiega Giovanni
Faenza a Iovene, serviva non solo per divertirsi ma per integrare
sali minerali e oggi questa birra, tornata in vita, ha vinto un
premio in Germania.
Ma
qui in Italia si vendono birre industriali con etichette
accattivanti: birra filtrata a freddo, espressione che non vuol dire
niente a nessuno, è ancora una volta l’assaggiatore consultato da
Iovene a spiegare che sono birra che hanno lo stesso sapore in tutto
il mondo, dunque qualcosa degli aromi lo devi sacrificare.
Altro
punto affrontato dal servizio: il colore della bottiglia che deve
essere scuro per evitare che la birra prenda troppa luce, troppo
calore e potrebbe ossidarsi.
“Quello
che danneggia la birra è l’esposizione prolungata ai raggi solari”
spiega la responsabile comunicazione di Heinecken.
Alla fine
alla maggioranza degli italiani le birre industriali piacciono per
ignoranza – raccontano a Report sia l’esperto spillatore che il
direttore del consorzio delle birre artigianali – sono birre dallo
spettro gustativo limitato, è come bere la stessa birra, “se le
assaggi bendato, non avrai alcuna differenza che sia filtrata, non
filtrata, un po’ più scura, un po’ più chiara”.
LA
degustazione si conclude con la “birra nazionale”, marchio oggi
di proprietà del gruppo giapponese Asahi: la Peroni ha un gusto
lievemente differente, nel tempio della birra artigianale dove Iovene
ha concluso il suo servizio il campione è stata una birra
industriale come la Peroni.
LA
scheda del servizio: BIRRA.
E NON SAI COSA BEVI
di
Bernardo Iovene
Collaborazione
Lidia Galeazzo
Con
schiuma e senza bolle, è il consiglio per bere una birra senza
controindicazioni.
La
birra è un alimento e come tale va trattato e tutelato in tutte le
sue fasi fino al nostro bicchiere. Oltre all’acqua, al malto
d’orzo, al luppolo e al lievito c’è la CO2 che viene
sottovalutata dai gestori di pub e dai consumatori. L’anidride
carbonica se consumata in eccesso può provocare disturbi allo
stomaco, mal di testa il giorno dopo e alterare lo stesso sapore
della birra. Attraverso l’aiuto di esperti Report indicherà il
modo giusto di versare la birra nel bicchiere e l’importanza della
schiuma. Report si occuperà anche del settore delle birre
industriali il cui mercato è quasi totalmente in mano a poche
multinazionali, compresa la birra Messina e l’Ichnusa, entrambe di
proprietà di Heineken. Infine, ci occuperemo della birra artigianale
ricostruendo la cosiddetta rivoluzione artigianale iniziata in
Piemonte nel 1996.
L’agonia
del servizio sanitario
I
Pronto Soccorso sono scesi da 659 nel 2003 a 433 nel 2023, cioè meno
226 in venti anni. A fronte di un calo di accessi totali, i Pronto
Soccorso superstiti sono passati ciascuno da 34mila accessi medi a
quasi 42mila all’anno.
Questi
i numeri della sanità pubblica, ovvero del servizio pubblico e
universale che deve essere garantito a tutti i residenti in Italia,
non solo i cittadini.
Un diritto sancito dalla Costituzione che
è stata via via abbattuto da quasi tutti i recenti governi, per far
spazio alla sanità privata, spesso legata ad ex politici o politici
ancora attivi nell’ennesimo conflitto di interessi che non indigna
più nessuno.
Report in questo servizio racconterà della
cattiva situazione della sanità in Italia, cominciando dalla
capitale: ospedale Tor Vergata, 140 mila metri quadri, un bacino
d’utenza di 800mila abitanti, nel 2024 al Pronto Soccorso si sono
registrati 48 mila accessi. È l’ospedale universitario caro al
ministro della salute, Orazio Schillaci che, prima della nomina del
2022, era il rettore dell’Ateneo.
In
un lunedì mattina qualsiasi si vedono decine di malati al pronto
soccorso sulle barelle, in fila lungo gli stretti corridoi, alcuni
parcheggiati lungo le porte dei bagni. Ma sono affollate anche le
stanze, un’anziana signora cerca l’aiuto del cameramen di Report
che ha girato le immagini perché è stata legata al letto. Con le
mani.
Altri pazienti chiedono un goccio d’acqua, perché in
tutte le ore che sono rimaste sulla barella nessuno è passato per
dare conforto, “è da stanotte che la sto chiedendo.. neanche me
pensano pe niente..”
Nessuna riservatezza per proteggere il
dolore delle persone, spesso anziane, lungo i corridoi, eccetto
qualche sporadico separé. I pazienti sono spogliati davanti a tutti,
c’è promiscuità tra uomini e donne, quasi nessuno porta la
mascherina.
Gente
che è sulle barelle in attesa di una visita da quattro giorni (e
altrettante notti), “ci sta gente che ci fa anche dieci giorni..
non c’era posto da nessuna parte.. non solo nei reparti, nemmeno
negli altri ospedali .. se uno ha un virus addosso, te lo attacca,
vedi quanto stiamo vicini, un disastro proprio..”
Nella
zona boarding, coi pazienti già visitati che devono essere
ricoverati, si trovano persone ferme lì da giorni perché non si sa
dove metterli, nei reparti non c’è posto.
Gente
che non può ricevere visite, che non riceve supporto per la pulizia
personale.. il pronto soccorso è di fatto stato trasformato in un
reparto di degenza abusivo e sovraffollato dove il personale non si
occupa solo delle emergenze ma anche delle cure ordinarie.
Ecco
perché le persone sono legate al letto: “l’infermiere si trova
con 30-40 pazienti da solo, se uno deve assistere gli altri 39 si è
costretti a utilizzare delle procedure che, se ci fosse personale
adeguato, non servirebbero” racconta Emilio Fanicchia infermiere
del pronto soccorso Simeu.
Al
suo reparto ci sono 9 infermieri a turno mattina e sera, 7 la notte:
però c’è del personale che viene dedicato al boarding, ovvero 4-5
infermieri: “noi dedichiamo il 50-60% del personale per reparti che
non devono stare del dipartimento di emergenza.”
La carenza di
personale porta al verificarsi degli errori, delle sviste: “in un
reparto si va da uno a otto, uno a dieci [infermieri per paziente],
in un pronto soccorso arriviamo ad essere uno a 30 ed è ovvio che se
sto col medico ad assistere un certo numero di persone, potrei non
accorgermi di un paziente che sta peggiorando o comunque potrei
arrivare in ritardo su quel paziente. Il pronto soccorso non è che
può chiudere, i pronto soccorso sono l’unico posto aperto h24 e,
con la carenza che c’è sul territorio, le persone si rivolgono
tutte al dipartimento di emergenza.”
La carenza sul territorio
del servizio è legata alle liste di attesa lunghissime per gli
esami: “quando sono in triage, la maggior parte delle persone che
valuto sono persone che potrebbero trovare una alternativa ma che non
ce l’hanno. Quindi vengono in pronto soccorso, perché dove devono
andare?”
Questa situazione è nota ai vertici dell’ospedale:
“è nota ai vertici dell’ospedale, ai vertici della regione ..”

Come
commenta le immagini del servizio il presidente Rocca? “Mi sento
male, non sono parole di circostanza..” risponde a Report “Tor
Vergata è un problema serio, noi abbiamo mandato due ispezioni al
pronto soccorso, evidentemente non sono bastate nemmeno quelle come
lezione, è una cosa intollerabile per un paese civile vedere quelle
scene, mi vergogno [la signora anziana che chiede un goccio d’acqua]
perché non è dignitoso..”
Ecco, non è dignitoso, ma
cosa sta facendo, in concreto, Rocca per salvare il sistema sanitario
nella sua regione?
E
cosa stanno facendo gli altri presidenti di regione, visto che la
sanità è un tema regionale?
E
cosa sta facendo questo governo, che si dice dalla parte del popolo?
Forse non del popolo che deve subire tutto questo negli ospedali, nei
pronto soccorso..
Nel
2023 per decongestionare il boarding nel pronto soccorso il
presidente della regione Lazio Rocca aveva chiesto l’aiuto dei
privati, RSA e ospedali accreditati: il progetto sperimentale si
chiamava “gestione sovraffollamento dei pronto soccorsi”, 23 ml
di euro per un tempestivo ricovero dei pazienti diceva la delibera.
La fetta più grande, 10 ml di euro, era destinata a 4 ospedali
privati del gruppo San Raffaele di Antonio Angelucci, senatore
assenteista della Lega, partito che appoggia la coalizione di
Francesco Rocca. Rocca che, per altro, era nel CDA della fondazione
San Raffaele.
“E’
inutile che dici che metti a disposizione x posti letto in strutture
convenzionate ” commenta Sandro Petrolati responsabile emergenza
Assomed “ma di che tipo? MA quali pazienti è sicuro che posso
lasciare lì e non tornano indietro? Altrimenti non avremmo questo
giro di pazienti che vanno e vengono dalle strutture convenzionate ..
Un paziente va in un posto, sta un tot di tempo, poi però ritorna
all’ospedale pubblico [o al pronto soccorso]. LA cosa dovrebbe
essere, vado al pronto soccorso, mi stabilizzano, vado alla struttura
convenzionata e vado a casa. Dovrebbe essere marginale la parte che
ritorna alla struttura pubblica e invece non lo è..”
Il
problema è che a queste strutture abbiamo dato decine di milioni in
questi anni – chiede Giulio Valesini: “è stata una scelta
politica, dare risorse alle strutture convenzionate non pensando che,
forse, andrebbero potenziate quelle pubbliche.”
A fine 2023
per il supporto ai pronto soccorsi altri 8 ml sono andati senza una
gara alla Croce Rossa di cui Francesco Rocca è stato presidente fino
al 2022. L’anno scorso è emerso che alcune strutture giocavano
sporco: prendevano pazienti dai pronto soccorsi degli ospedali romani
e invece di tenerli ricoverati per dare fiato ai reparti di emergenza
dopo alcuni giorni, incassato il rimborso dalla regione, li
rispedivano in pronto soccorso.
Un “giochetto” di cui Rocca,
intervistato da Report, è a conoscenza: “in alcune strutture in
terza giornata scattava il DRG e dunque alla terza giornata scattava
una complicazione per cui tornavano al pronto soccorso. Noi questo lo
abbiamo messo nei nostri contratti: ci saranno sanzioni e
decurtazioni del budget fino al 25% per chi prova a fare il
furbo.”
Di fronte a certi comportamenti non si poteva ritirare
l’accreditamento?
“Io
sanziono e taglio il budget perché inseguire il caso singolo
significa esporsi a contenziosi senza fine” spiega Rocca: da quando
nei contratti col privato è stata messa questa clausola questo
fenomeno [di avanti e indietro dei pazienti dal pubblico al privato]
si è drasticamente abbassato: la prova che i privati stavano
truffando il sistema, per un totale del 15% del budget, quota oggi
scesa al 3%.
La metà del budget è andata ad Angelucci: “io
ho accreditato tutto l’accreditabile”, risponde Rocca, come a
dire che era inevitabile dare tanti soldi ad Angelucci.
E
così questa situazione di conflitto tra pubblico (non solo nella
regione Lazio) e privato andrà ancora avanti.
Alessandro
Mantovani oggi ha scritto una anticipazione del servizio di
Giulio Valesini
Inferno
pronto soccorso: la ricetta Meloni è fallita
di
Alessandro Mantovani
Malati
legati ai letti, in attesa di cure e acqua
Grazie
a una telecamera nascosta, Report stasera ci regala un inquietante
affresco dell’inferno dei Pronto soccorso, che tutti sperimentiamo
da anni se ci rompiamo un braccio o abbiamo un familiare che sta
male. Pazienti sulle barelle anche nei corridoi, ammassati uno
accanto all’altro per giorni e giorni, perlopiù anziani, donne e
uomini mischiati, costretti a cambiarsi e a spogliarsi nella totale
promiscuità, tutti soli perché se entrano pure i parenti non si
lavora più, spesso anche senza mascherine e dunque alla mercé di
batteri e virus. C’è pure chi “dorme”, si fa per dire, su una
sedia. Scene da incubo al Policlinico di Tor Vergata, legato alla
seconda università pubblica della Capitale, l’ateneo di cui il
ministro della Salute Orazio Schillaci era rettore, dove un’anziana
chiede di essere slegata perché di notte l’hanno legata alla
barella, un’altra implora “un goccetto d’acqua, è da stanotte
che la sto a chiede’, non mi pensano per niente! Ho la bocca secca.
Lo vede?”, dice la signora al giornalista. Poi, finalmente, l’acqua
arriva.
Evidentemente la sicurezza sanitaria, la tutela della salute di tutti gli italiani (anche sul lavoro, con i 3 morti al giorno), non è una priorità di questo governo (come nemmeno dei precedenti).
La
scheda del servizio: OMISSIONE
DI SOCCORSO
di
Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella
Collaborazione
Lidia Galeazzo, Alessia Pelagaggi
I
Pronto Soccorso sono scesi da 659 nel 2003 a 433 nel 2023, un taglio
di 226 servizi in venti anni. Quelli superstiti sono passati ciascuno
da 34 mila accessi di pazienti a quasi 42 mila in media all’anno.
Si finisce ad aspettare ore o persino giorni prima di una dimissione
o di un ricovero. E così possono verificarsi situazioni in cui i
pazienti sono privati della loro dignità e ammassati nelle corsie
senza ricevere assistenza. Ma anche medici e infermieri vivono una
situazione di stress e rischio aggressioni e sempre più lasciano il
servizio sanitario nazionale, anche per andare all’estero. Per
mettere una toppa alla carenza di personale, la Regione Lazio ha
preso in affitto posti letto da strutture private, fra cui quelle del
potente senatore leghista Antonio Angelucci. Molte ASL poi arruolano,
attraverso cooperative, dei medici pagati a gettone che coprono i
turni richiesti. È il fenomeno dei gettonisti. Report racconterà lo
status quo dei Pronto Soccorso in Italia e verificherà l'efficacia
delle misure del Ministro della Salute Schillaci per rispondere a una
situazione ormai al collasso.
La
fine dell’illusione europeista in Polonia
In
Polonia quell’area politica che noi chiamiamo area progressista, è
vista dai polacchi come quella delle privatizzazioni,
dell’impoverimento causato dal libero mercato (ovvero del
livellamento verso il basso dei salari).
Forse
non lo spiega del tutto, ma potrebbe essere una chiave di lettura per
comprendere il ritorno della destra anti europeista e sovranista alla
presidenza: Nawrocki darà molto filo da torcere al presidente Tusk.
Il
candidato del partito Diritto e Giustizio eletto presidente dopo il
ballottaggio del 1 giugno: in campagna elettorale si è espresso
contro l’Ucraina e contro il suo ingresso nell’Unione Europea,
considerando questo paese colpevole del crimine contro 120 mila
polacchi.
LA
destra polacca ha fatto enormi pressioni sul governo dell’europeista
Donald Tusk affinché cambiasse l’atteggiamento nei confronti dei
rifugiati ucraini. Il governo prima ha cancellato il sostegno per gli
alloggi, poi ha limitato i contributi per i figli a carico, le donne
che non lavorano non riceveranno più nulla.
Così
i profughi hanno messo in piedi una loro associazione di volontari di
sostegno alle figure più fragili: Nina Omelchuck è la presidente
dell’associazione Casa Fiorita che da sostegno ogni giorno a 400
famiglie e il numero cresce costantemente, a loro si rivolgono
persone che non possono lavorare, disabili, anziani, madri con molti
figli.
“Molti
spendono tutto quello che hanno per l’affitto e noi diamo loro cibo
e vestiti per i loro figli” racconta Nina a Report.
Ma
il 10 maggio Varsavia è stata invasa da bandiere bianco rosse per la
marcia degli ultra nazionalisti polacchi contro l’immigrazione: è
una sfida al governo filo europeo di Tusk a pochi giorni dalle
elezioni, con ripetuti slogan contro gli immigrati e l’avversario
che avrebbe consentito l’invasione della Polonia da parte dei
clandestini.
E
poi, dal palco, una preghiera in nome del padre e del figlio: al
rosario di Salvini ancora non ci sono arrivati, ma il canovaccio
della propaganda di destra è lo stesso, stop agli immigrati, stop
all’ucrainizzazione della Polonia, accusati di ricevere protezione
sociale senza pagare i contributi, aiutiamo gli ucraini ma non qui in
Polonia .. “l’emigrazione di massa è uno strumento di guerra
ibrida condotto da Lukashenko, Putin insieme all’Europa… vogliamo
una Polonia sicura per le nostre madri e per le nostre mogli, non
vogliamo immigrati ”
La
scheda del servizio: LA
CADUTA DI VARSAVIA
di
Manuele Bonaccorsi e Chiara D’Ambros
Collaborazione
Madi Ferrucci
Lo
scorso primo giugno Karol Nawrocki è diventato Presidente della
Polonia con il 50,89% dei voti e una campagna elettorale centrata su
posizioni fortemente anti-immigrazione anche nei confronti degli
ucraini. Dopo l’inizio dell’invasione su larga scala da parte
della Russia, 3,6 milioni di Ucraini hanno trovato rifugio in
Polonia. Inizialmente accolti con grande apertura, ora non sono più
i benvenuti.
Le
anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate
sulla pagina FB o
sull'account Twitter
della trasmissione.