05 gennaio 2025

Anteprima inchieste di Report – la tutela dei beni artistici e ambientali, i quadri degli Agnelli, il business sui cani di razza

Pedigree falsi, doping, giudizi poco limpidi nelle competizioni canine: cosa succede alle eccellenze delle razze italiane?

Il primo servizio del 2025 sarà dedicato al mondo delle competizioni canine: cosa succede dentro quel mondo.

Poi a seguire un servizio sui cantieri aperti sull’altopiano di Asiago e sulle rive del lago di Garda.

La repubblica senza memoria (che non si cura dei beni comuni)

Sta scritto nell’articolo 9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Eppure, in questo paese, sembra che i beni artistici siano più un peso che non un valore da conservare.


Ad Asiago è stato costruito un sacrario alla memoria dei soldati morti nella prima guerra mondiale, evento che abbiamo celebrato pochi anni fa in occasione dei cento anni dalla fine di questa strage di uomini morti per conquistare un pezzo di terra.
Nessuna opera di manutenzione è stata fatta sul sacrario che ora è chiuso, dunque inaccessibile ai visitatori: spiega il sindaco Rigoni Stern di Asiago che “ci sono delle priorità a livello ministeriale che pongono in secondo piano la cura della memoria, diversamente da quello che accade in altre nazioni. Per dirle quello che accade sulle nostre montagne, con la manutenzione dei cimiteri inglesi, ove c’è una cura assoluta del prato inglese, dei singoli cimiteri, delle lapidi..”
Sull’altopiano dei Sette Comuni ci sono cinque cimiteri militari inglesi: qui sono sepolti circa 700 soldati caduti sul fronte italiano, questi cimiteri sono a tutti gli effetti territorio inglese perché – come racconta lo storico Romeo Covolo – viene gestito direttamente dalla corona inglese, dal ministero della difesa, con una manutenzione quasi ordinaria. Ogni due o tre giorni vengono sistemate le aiuole, “mentre gli inglesi hanno ancora la capacità di mantenimento [della memoria] pur essendo al di fuori della patria, noi molte volte pur essendo nel nostro territorio non abbiamo questa coscienza di mantenimento dei valori della storia dell’Altopiano e della storia di Italia. ”

LAB REPORT: GLI SMEMORATI

di Chiara De Luca

Collaborazione Evanthia Georganopoulou, Greta Orsi

In provincia di Vicenza c’è l’altopiano dei Sette Comuni, è un luogo unico per storia e bellezza.

Enego è il comune più orientale che ha solo 1500 abitanti ed è finito al centro di uno scandalo a causa della gestione del fondo concesso per gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali. Sull’Altopiano c’è anche uno dei monumenti simbolo della Prima guerra mondiale, il Sacrario di Asiago che da giugno 2023 è chiuso al pubblico. Report ha ricostruito a quale ministero appartengono le competenze dei lavori di restauro conservativo di questo monumento.

Che vita da cani!

Giulia Innocenzi questa volta ci porterà nel mondo dei cani di razza, quelli con tanto di pedigree ad assicurarne l’autenticità della razza.

Sono i cani che vediamo sfilare alle esposizioni canine, come l’Insubria Winner: cani spazzolati, col pelo bello lucido che poi sfilano davanti i giurati.

Questa manifestazione è organizzata dall’Enci, l’associazione nazionale di cinofilia italiana: qui vengono decretati i migliori cani di razza e per questo i cani vengono tirati a lucido, passando per ore di toelettatura dove si va a tagliare il loro pelo per valorizzarne le loro caratteristiche.

Si paga – racconta la signora che esegue il “taglio” ai modelli a quattro zampe, da 40 ad 80 euro per un taglio da fare ogni due settimane.

Strippatura è invece il trattamento fatto con la pietra pomice sul pelo di alcuni tipi di cani, per strappar via il pelo morto, ma si possono anche usare dei coltellini da stripping: “per fare un cane da show ci metti almeno due giorni, se non lo fai costantemente, però almeno sei ore di lavoro le richiede”.

Come racconta nell’anticipazione del servizio la giornalistaDietro lo scintillio della toelettatura, però, ci sono le ombre di una genetica che spinge alcune caratteristiche delle razze in maniera estrema come per il bulldog francese [come aveva raccontato Presadiretta nella puntata Amore bestiale]”.

Queste modificazioni, il muso schiacciato per quanto riguarda i bulldog, possono tradursi col tempo in problemi di salute per l’animale, problemi respiratori dovuti alla canna nasale corta, si è selezionato questo carattere per una questione esclusivamente morfologica, estetica.
Un’importante alleata politica dell’Enci è la deputata Michela Brambilla, autrice anche di una trasmissione in onda su Rete 4, “dalla parte degli animali”: il rapporto tra la deputata e l’ente si sarebbe consolidato proprio grazie alla trasmissione. Dai bilanci di Enci Report ha scoperto che nel 2021 e nel 2024 vengono dati 240 mila e 220 mila euro alla trasmissione della Brambilla per la divulgazione della cultura degli animali di razza, quasi 5000 euro al minuto.
Giulia Innocenzi ha provato a chiedere un riscontro e un chiarimento alla deputata su una potenziale situazione di conflitto di interesse (Brambilla è presidente della commissione sui diritti degli animali in Parlamento): nella sua trasmissione si spinge all’adozione di animali dai canili rispetto all’acquisto di animali di razza, come ribadito anche sul sito della sua associazione
Leida (la Lega italiana in difesa degli animali).
Alla giornalista di Report la deputata ha spiegato che è ben lieta di collaborare con Enci perché sono persone serie, lavorano bene, sui soldi presi da Enzi per la sua trasmissione ha aggiunto “la trasmissione è di Mediaset che io ho l’onore di condurre e i rapporti di Mediaset con gli sponsor, partner e inserzionisti non sono una cosa che conosco e controllo..”
Ma il presidente di Enci, Dino Muto racconta una versione diversa: sostiene cioè che la collaborazione sia nata proprio grazie ad un incontro tra i due,
“noi riteniamo che sia per noi una trasmissione fondamentale..”. L’idea della trasmissione nasce da un incontro da cui poi è scaturito l’accordo con Mediaset.

Report ha visitato un allevamento gestito da Enci dove si trovano i cani di razza Weimaraner: le volontarie di un rifugio hanno trovati i cani in condizioni critiche, sottopeso, con dermatiti, funghi, piaghe da decubito perché probabilmente non uscivano mai dai box. Alcuni sono oggi in cura contro la filaria e i parassiti intestinali, “perché sono cucciolate che non sono mai state vendute” spiega una volontaria a Giulia Innocenzi, come fossero un fondo di magazzino, oggetti inutili.
Manca un organo di controllo su questi allevamenti, non basta l’Enci perché, sempre secondo le volontarie, “non assolve il suo compito” di vigilanza.
I Weimaraner, con le loro caratteristiche peculiari, sono diventati in questi anni star delle pubblicità e delle trasmissioni TV, quando una razza canina è di moda chi li ha può sfruttare le mamme all’inverosimile, come “macchine da cuccioli”, cucciolate “fatte in stecca”, femmine ingravidate ogni sei mesi, per chi si occupa del benessere dell’animale dovrebbe essere una cosa aberrante.

Per rispondere alla domanda di mercato spesso si arriva a mettere in riproduzione anche cani con patologie genetiche, col rischio di trasmetterle all’intera cucciolata” il commento della giornalista di Report: tra i maschi in questo allevamento Enci c’era anche un maschio monorchide, con un testicolo ritenuto, un maschio che non doveva essere messo in riproduzione e invece è stato tenuto a montare, come riportato dal registro Enci. E queste patologie non sono monitorate dall’ente: “gli allevatori seri sanno che prima di mettere in riproduzione devono fare test genetici, lastre perché sono casi che possono avere la displasia, il problema è che uno può anche richiedere il pedigree, senza aver depositato niente.”

A Maserada nel 2022, in provincia di Treviso, è stata realizzata una pista per far correre i levrieri: quelle che si vedono sembrano in tutto delle corse per cani, con gli animali rinchiusi nelle gabbie e con la museruola, poi lasciati liberi per inseguire uno zimbello meccanico che simula una preda.
Enci sostiene che qui non vengono fatte corse per cani ma solo prove zootecniche per la selezione degli esemplari. Ma se fosse vero, come mai i cani devono correre insieme – si chiede Michele Pezone della Lega per la difesa dei cani? Come mai una pista ovale, col rischio che gli animali si feriscano a seguito di queste attività?
“Io faccio anche denunce laddove vedo maltrattamenti” assicura la deputata Brambilla, sottolineando la sua indipendenza nel giudizio verso Enci, su cui al momento mantiene il suo giudizio positivo.
Forse la deputata non ha visto di persona i maltrattamenti, ma ha ricevuto delle denunce, inviate anche alla sua mail di deputata, relative ad un campionato tenuto a Perugia nel 2023. Nel video che si può trovare sui canali social di Report si vede una simulazione di aggressione e dove il figurante avrebbe percosso il cane con un bastone, pratica vietata anche dalla federazione cinologica internazionale. La proprietaria di un dobermann che ha partecipato alla gara ha deciso di denunciare il fatto anche a Michela Vittoria Brambilla.
“Ha me non mi ha contattato nessuno” racconta oggi l’allevatrice a Giulia Innocenzi “il mio avvocato ha depositato la denuncia ma io non ho saputo più niente, cioè nessun organo mi ha mai più contattato”.

La scheda del servizio: CANI BANCOMAT

di Giulia Innocenzi

Collaborazione Greta Orsi, Giulia Sabella

Ombre di doping, pedigree sospettati di essere falsi, cani ibridati potenzialmente pericolosi. È quello che sembra nascondersi dietro lo scintillio dei cani di razza di Enci, l’ente nazionale della cinofilia italiana, unico ente che può rilasciare i pedigree in Italia. Sotto la lente di ingrandimento di Report anche i rapporti con la politica.

Oggi l'alleata politica principale dell'ente è Michela Vittoria Brambilla, impegnata, nella sua attività da parlamentare animalista, a fare adottare i cani dai canili, ma che, nelle vesti di conduttrice della trasmissione Mediaset “Dalla parte degli animali”, promuove i cani di razza. Grazie alla partnership sponsorizzata con Enci: l'ente per la cinofilia dal 2021 a oggi ha sborsato quasi mezzo milione di euro alla trasmissione della Brambilla.

I cantieri vista lago di Garda

Torri del Benaco, provincia di Verona: lungo il lago di Garda si inerpica una salita molto amata dai biker: da qualche anno il panorama del lago è cambiato per il crescere dei cantieri spuntati sulle colline.

È in corso una cementificazione del lago spinta dal turismo, sempre più di massa, che arriva proprio qui e richiede nuove residenze, ma è un processo che se da una parte porta ricchezza, sta anche distruggendo il territorio. In cima alla collina di Albisano c’è un’immensa costruzione che si chiama “Cape of senses”, una struttura a 5 stelle con un meraviglioso affaccio sul lago.

Alessando è una delle guide in mountain bike con cui ha parlato la giornalista di Report: “ti cementificano tutto, tagliando anche pezzi della strada: nel momento in cui ci fossero forti precipitazioni, come si comporta questa montagna, cosa rilascia giù nella zona costiera..”
E’ un problema ambientale ma anche paesaggistico “diciamo che quello che è capitato lassù ad Albisano non corrisponde ad un miglioramento” spiega Fabrizio Magani, soprintendente delle province di Verona, Rovigo e Vicenza.


A Punta San Virgilio è sorto nel 2023 un nuovo cantiere gestito dalla Soledad Srl che sta ristrutturando una dimora storica: dietro c’è l’imprenditore Giovanni Rana che qui ha intenzione di costruire delle suite di lusso.
“Io il progetto l’ho visto,è una roba da villette a schiera” racconta alla giornalista di report il conte Guariente Guarienti di Brenzone “non capisco quasi cosa centri qua, se vuoi fare delle suite super care non puoi fare la pietrina di pruna..”, per poi continuare “quando uno per mettere piede in una storia anziché entrare direttamente bussando, compra una eredità, lo spirito non è quello amichevole..”
Si tratta di una eredita sub iudice, ovvero la Cassazione deve ancora stabilire, avendo i fratelli un contenzioso in corso, di chi sia la reale proprietà. Ma al comune di Garda, 4000 abitanti, non lo sapevano: “il comune non deve fare una indagine approfondita su chi appartenga un compendio immobiliare, a noi interessa che in base all’atto di proprietà, i proprietari a loro rischio e pericolo abbiano deciso di fare un intervento di ristrutturazione e riqualificazione..” commenta il sindaco.

A loro rischio e pericolo perché l’area interessata potrebbe tornare ai conti Guarienti: questa porzione di San Virgilio appartiene ad una fiduciaria (dietro alla Soledad SRL), come è possibile che un monumento nazionale possa essere di proprietà di una società schermata.
Se il sindaco non è preoccupato, lo sono i conti Guarienti e anche pezzi della società civile, come Federica Panizzo attivista di Verona Polis “si tratta di un sito unico perché sottoposto ad un triplice vincolo, paesaggistico, architettonico e archeologico, ci chiediamo se questi vincoli siano stati adeguatamente rispettati e se non si possano rilevare dei reati di tipo ambientale”.

Questo monumento nazionale, oggetto della ristrutturazione da parte della Soledad, è sottoposto ad un vincolo della soprintendenza, tuttavia la società riferibile ai Rana si è mossa con una certa disinvoltura – racconta Report: è stata fatta una breccia in un muro del 1700 con l’autorizzazione del comune, mentre il conte Guarienti per avere una autorizzazione sulla sua parte ha dovuto aspettare mesi.
“Quando siamo entrati nell’area ci siamo trovati davanti ad una situazione di degrado” spiega a Report il direttore dei lavori “c’erano tende, auto e baracche abbandonate..”.

La scheda del servizio: LA RANA CHE CONQUISTÒ IL LAGO

di Rosamaria Aquino

Collaborazione Enrica Riera

Punta San Vigilio sul Lago di Garda è considerato un sito di interesse artistico, storico e architettonico. Un gioiello paesaggistico dove il tempo sembra essersi fermato. Finché una società che sarebbe riconducibile a Giovanni Rana, il re dei tortellini, ha acquistato una porzione di territorio per farne una splendida spiaggia privata, un ristorante stellato, una terrazza sul lago, con previsione di costruire una serie di lussuose suites. Chi vigila sui vincoli che hanno mantenuto quel luogo intatto nei secoli? Report allarga lo sguardo anche agli altri cantieri di strutture turistiche che hanno modificato questo "luogo dell'anima", rendendo difficile agli stessi operatori del turismo di vivere vicino al proprio posto di lavoro.

L’eredità di Gianni Agnelli

Manuele Bonaccorsi questa sera continuerà ad occuparsi dell’eredità di Gianni Agnelli, non sulla questione delle quote di Dicembre (oggetto del servizio di domenica scorsa), ma dei beni collezionati dall’avvocato in vita che fanno parte della sua eredità.
Quadri che sono spariti, tra cui un importante De Chirico, “Mistero e malinconia di una strada”, di cui ne esiste un rifacimento al museo Villa Bilotti di Roma: il valore di questa opera è difficile da stimare, sopra i 30 ml di euro.

Nel 2000 ero il giovane collaboratore alla mostra scientifica 900 – arte e storia in Italia che si organizzò alle scuderie del Quirinale e il mio maestro, con cui lavoravo, Maurizio Calvesi, uno dei massimi esperti dell’opera di De Chirico, era il curatore della mostra. Calvesi in quell’occasione vide Malinconia di una strada, nella collezione personale di Gianni Agnelli ..” sono i ricordi del professor Canova, collaboratore di Calvesi che prosegue poi spiegando come quest’ultimo chiese ad Agnelli di poter esporre il quadro alla mostra prendendolo in prestito.
“Lo presterei volentieri ma non voglio che venga notificato” fu la risposta dell’avvocato “perché i quadri a volte ho voglia di scambiarli”.

A fine intervista il professor Canova svela a Report un dettaglio rilevante: “io so da un’altra persona, però questa cosa non la posso riportare integralmente che il quadro fu portato via dalla casa di Roma nel 2018”, probabilmente il quadro fu portato via in Svizzera dove gli Agnelli avevano portato via altre opere della loro collezione privata.
Tra le opere finite nella villa di San Moritz di proprietà di John Elkann ci sono anche due Klee: secondo quanto risulta a Report anche queste si trovavano in Italia a Torino, dove erano state acquistate nel 1966 alla Galleria Galatea. All’Università La Sapienza di Roma si trova ancora il catalogo di quella mostra. Questa galleria era diventata famosa a Torino per le sue esposizioni di autori del 900, qui lavorava Gian Enzo Sperone un noto collezionista, che a Report racconta della visita di Gianni Agnelli che di fronte al quadro di Klee disse “mi piace”, senza chiedere il costo. Come hanno fatto a finire in Svizzera? “Molti se ne fregavano, li caricavano in macchina, in barca, non era penale, lo è diventato dopo [l’esportazione delle opere artistiche]”.

Le opere acquistate da Gianni Agnelli in possesso poi della moglie Marella alla sua morte, sono poi finite nelle disponibilità dei nipoti Elkann che, secondo la procura, avrebbero inscenato dei finti regali, per evitare che le opere sparite finissero nell’inventario dei suoi beni, redatto dall’esecutore testamentario dei beni di Marella Agnelli.
La somma di questi regalini per il compleanno ammontava a oltre 170 ml di euro: un Bacon a Ginevra e degli orecchini dal valore di 78 ml di euro, Lapo un Monet da 17,5 ml, John un altro Warhol da 10 ml.. Per rendere il regalo più credibile la segretaria di John Elkann redige tre finte lettere della nonna indirizzate al nipote ma sono datate 2024, cinque anni dopo la sua morte.

La scheda del servizio: CAPOLAVORI CLANDESTINI

di Manuele Bonaccorsi

Collaborazione Madi Ferrucci

Alcuni capolavori d’arte posseduti da Gianni Agnelli potrebbero aver lasciato il territorio nazionale senza autorizzazione. Dell’ipotesi sono stati informati anche i carabinieri del nucleo di tutela del patrimonio culturale, come ha riferito alle telecamere di Report Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del ministero della Cultura. Report, dopo un lungo lavoro di indagine, ha consegnato al dirigente l’elenco completo delle oltre seicento opere della collezione Agnelli. In particolare, potrebbero essere finiti all’estero senza autorizzazione tre capolavori: “Mistero e malinconia di una strada” di Giorgio De Chirico, la “Scala degli Addii” del futurista Giacomo Balla e il prezioso “Glaçons, effet blanc” di Claude Monet, oltre a due acquerelli di Klee. Ha lasciato il territorio nazionale - con una regolare autorizzazione, invece - uno dei più importanti capolavori della seconda metà del ‘900, il Pope III di Francis Bacon, valore tra i 20 e i 30 milioni di euro. La preziosissima collezione di Agnelli perde dunque pezzi molto preziosi, dato che appena 9 opere su oltre 600 risultano attualmente sottoposte a tutela. I capolavori della collezione Agnelli sono ora al centro di uno scontro giudiziario tra la figlia dell’Avvocato Margherita Agnelli e i suoi tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann. I fratelli – secondo le indagini della Procura di Torino - avrebbero inscenato dei finti regali di opere d’arte e gioielli di proprietà della nonna Marella Caracciolo per oltre 170 milioni di euro, in modo da evitare che le opere finissero nell'inventario dei beni della madre e fossero dunque “attaccate” da Margherita. Report è entrato in possesso delle tre versioni di una lettera di Marella ai nipoti che avrebbe accompagnato uno dei presunti regali. Peccato siano state scritte cinque anni dopo la sua morte.

I beni della curia di Napoli – la saga

Report torna ad occuparsi dei beni della curia di Napoli dati in concessione: tra questi anche l’antica chiesa dei Taffettanari, che era occupato abusivamente.
Il 2 luglio scorso, con una operazione congiunta di polizia e carabinieri, con la presenza di autorità varie, è avvenuto lo sgombero di queste famiglie, “una bella giornata di legalità per Napoli” è stato il commento del prefetto.

Una giornata di legalità a cui si è arrivati dopo quasi due anni dalla prima inchiesta di Report che aveva scoperto come questa chiesa del ‘500 nel centro storico di Napoli era chiusa e abbandonata da anni, mentre la canonica (un palazzo di 4 piani) era occupato dalla famiglia Macor. Tra questi anche una persona che qui scontava la pena per usura ed estorsione aggravata, assieme al marito ai domiciliari per vari reati, tra cui rapine.

Giuseppe Macor era affiliato al clan di Giuliano – racconta il giornalista Arnaldo Capezzuto – tutte le zone a ridosso del centro storico sono state per anni sotto il controllo della famiglia Macor: la gestione dei parcheggi abusivi, piazze in cui le forze dell’ordine non potevano entrare, che consentivano un gettito da 10-12mila euro al mese. Macor si caratterizza anche per rapine, estorsioni. Il loro spessore criminale emerge quando, entrati nel palazzo, sfrattano con la forza i legittimi inquilini e occupano gli appartamenti. Tutto avviene nell’inerzia di padre Emanuele Casole, che aveva gestito la chiesa per anni.
La chiesa – sostiene il prete – non sarebbe della curia e nemmeno il palazzo a fianco, occupato da persone con precedenti penali, “io non lo so..”

La scheda del servizio: LA CANONICA LIBERATA

di Danilo Procaccianti

Collaborazione Goffredo De Pascale

Due anni dopo che Report aveva scoperto l'occupazione abusiva da parte di una famiglia malavitosa della canonica dell'antica chiesa di San Biagio ai Taffettanari, a due passi dal Duomo di Napoli, quell'immobile è stato liberato e restituito al patrimonio cittadino. È un primo passo nel ripristino della legalità nella delicata gestione del patrimonio della Curia napoletana, numericamente e artisticamente uno dei più ricchi d'Italia.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

31 dicembre 2024

L'ultimo pinguino delle Langhe, di Orso Tosco

 

Cigliè, Piemonte

Anche i lunedì speciali, quelli capaci di cambiare il corso di un’intera esistenza, iniziano come un giorno qualsiasi. Questo è ciò che rende la vita meravigliosa e al contempo terrificante.
Si può procedere con la navigazione sperando che i venti e le correnti siano benevoli, e che le tempeste ci piombino sulla testa quando siamo al sicuro..

Rufus Blum, broker svizzero dal nome poco sconosciuto tanto quanto vasto è il suo potere, si riteneva tale, un “navigatore esperto”, capace di muoversi in quel mondo opaco, per noi gente comune, dove contano le relazioni, i patrimoni personali di cui si dispone, la capacità di fare di far cadere governi, scatenare guerre con un semplice sì o no.
Un broker che ha deciso di passare la sua vita sulle Langhe, le dolci colline con viti e boschi, dentro cui si addentra per la sua corsa mattutina.

Ma ecco che, quella mattina, il suo olfatto gli restituisce un odore ferroso: è il sangue di una giovane donna che trova morta lungo il percorso. Una donna uccisa e sul cui corpo è stato inciso proprio il suo nome. Rufus Blum.

È proprio nella placida provincia italiana che si nascondono le storie più tremende e dove avvengono i delitti più efferati. Ed è proprio qui che incontriamo l’ultimo pinguino delle Langhe: non è un mammifero, in realtà, “Pinguino” è il soprannome con cui viene chiamato il commissario Gualtiero Bova, mandato a gestire un commissariato a Mondovì, nella provincia piemontese, dopo una promozione-rimozione dalla sua Liguria.

Ogni inizio di settimana, poco prima dell’alba, il commissario Gualtiero Bova, che tutti conoscono come il Pinguino, dopo aver assunto una microdose di dietilammide-25, volgarmente chiamato acido, o acido lisergico, si incammina verso il borgo di Clavesana in compagnia della sua bassotta bionda, Gilda..
Alto, imponente, con un fisico a pera per il troppo mangiare e il buon bere, due braccine corte: questo è il commissario Bova, che ama iniziare le settimane con una passeggiata assieme alla sua bassotta, Gilda.

Sarà lui a dover seguire questa indagine su questa ragazza uccisa male, senza un nome, il cui cadavere è stato pure usato come lettera per mandare un messaggio proprio a quel finanziere svizzero, Blom, prossimo ad un matrimonio con una avvenente (e molto “social”) ragazza inglese, Rose Bellamy.
Che quella
ragazza morta sia un messaggio per Blom ci vuole poco a capirlo, ma cosa ci sia dietro è invece un altro paio di maniche, anche perché oltre al nome, Rufus Blum, sul corpo della ragazza sono state disegnate delle svastiche. Che significato hanno? Toccherà al commissario Bova e alla sua squadra, “particolare” come lui, dare una risposta a queste domande.
N
on è solo quel fisico “a pera” l’unica particolarità del “pinguino”: è inusuale, per usare un eufemismo, che un membro delle forze dell’ordine debba prendersi delle goccine per iniziare la giornata, ma è il miglior modo per tenere a bada una brutta depressione, legata a pezzi del suo passato che man mano conosceremo. Come Ava, l’eterna fidanzata, da cui ancora aspetta una risposta.

Le gocce, più che per le leggere distorsioni visive, gli interessano proprio per il modo in cui lavorano sulle parole, dentro la sua testa, raggruppandole di quattro..
fiaba ghiaia fortunale gardenale

Sono queste parole, raggruppate in quattro, ad aiutarlo nel suo ragionamento perché, anche se nell’aspetto può apparire un personaggio mite, lento, il “pinguino” sa farsi guidare da queste parole per avere le intuizioni giuste nell’ambito lavorativo, meno nella vita.

C’è un altro personaggio, in questa storia che si svolge quasi tutta nel mezzo dei boschi delle Langhe, dentro cascine abbandonate o vecchie ville ristrutturate per quei signori che amano circondarsi del bello, anche se non ne conoscono la storia.

Si chiama semplicemente il Notaio, questo il suo mestiere, come lo era del padre e del nonno: un notaio di provincia, dove spesso si nascondono i veri potenti del mondo, capaci di occultare il loro potere camuffandolo come “una foglia di un prato autunnale”.

Proteggere e nascondere. Questo, secondo il Notaio, è il compito delle buone famiglie. La sua è una delle più importanti della zona.

Anche lui, il Notaio, è interessato a questo delitto, al commissario che sta seguendo il caso, alle persone implicate nella morte della ragazza. Perché quella morta, a cui per un colpo di fortuna si riesce anche a dare un nome, è “morta per sbaglio” per mano di qualcuno che ha disubbidito ai suoi ordini.

Non prendiamolo sottogamba questo Notaio. Ma nemmeno il nostro “pinguino” che, sebbene l’aspetto flaccido, il suo muoversi lento, ha un testa pensante, capace di mettere assieme i pezzi di questo puzzle sparpagliati sulla tavola. E provare rabbia per quella ragazza morta a cui il futuro è stato tolto per mano di un assassino senza scrupoli

Una giovane ragazza senza nome uccisa e utilizzata come calamaio per disegnare una svastica e per scrivere “Blom”, il cognome della persona che l’ha trovata, nuda, a bordo strada.

Sarà una indagine in cui, assieme alla sua “particolare” squadra, la poliziotta silenziosa, l’agente maldestro, un altro agente ossessionato dalle donne, si troveranno a dover scavare nel passato dei protagonisti, un passato dentro cui sono nascosti tanti segreti che fanno paura ancora oggi.
Un investigatore “particolare” per una indagine particolare a cui daranno un certo contributo anche un guardone, un drone alzato dalla donna delle pulizie, un senza tetto vestito come Garibaldi.. e poi l’ossessione per i dettagli di questo commissario, da conservare nella sua mente come compostaggio per intuizioni future:

Pancia e cervello per il Pinguino sono la stessa cosa. Due nomi per la stessa finalità: fungere da serbatoi, o, ancora meglio, da compostiere. Due posti in cui bisogna ammassare tutte le informazioni e tutte le suggestioni

Pancia e cervello, come anche una certa ruvidezza nel carattere associata ad una profonda sensibilità verso le vittime, con dentro qualcosa di Sherlock Holmes del tenente Colombo e una certa diffidenza nelle soluzioni troppo facili per gli enigmi: è nato un nuovo investigatore nel noir italiano che vedremo spero presto all’opera con nuove indagini.

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29 dicembre 2024

Anteprima inchieste di Report – i dispositivi medici, Eataly, l’eredità degli Agnelli

Report tornerà ad occuparsi della salute degli italiani e dei tanti, troppi conflitti di interesse che ci stanno attorno. Conta più la nostra salute o gli interessi delle case farmaceutiche?

Poi un servizio sul mondo magico di Oscar Farinetti.

Reportlab – la smart city sostenibile

La capitale dell’Indonesia, Giacarta, sta sprofondando sotto il livello del mare, così il governo ha deciso di costruire una nuova capitale, Nusantara, all’interno di una zona forestale. Sarà una capitale green, assicurano, ma per realizzarla entro il 2045, servono ingenti capitali privati, che si cerca di attirare usando il meccanismo delle concessioni su beni del paese.

Nell’anticipazione della puntata, Reportlab racconterà di cosa sta succedendo a Nusantara, la nuova capitale dell’Indonesia.

La scheda del servizio - LAB REPORT: MARE CHE AVANZA

di Paolo Palermo

Si chiamerà Nusantara la nuova capitale dell'Indonesia. Iniziata nel 2022, la sua costruzione dovrebbe essere completata nel 2045 e dovrebbe essere una smart city sostenibile. Il progetto è stato pensato anche perché l'attuale capitale, Giacarta, sta sprofondando sotto il suo stesso peso e, secondo le previsioni, nel 2050 gran parte della città potrebbe finire sotto il livello del mare. E se Giacarta è la prima città al mondo ad affrontare l'aumento del livello del mare, in futuro anche Venezia dovrà preoccuparsene. Il Mose permette alla Serenissima di pensare "a piedi asciutti", ma il cambiamento climatico è già la sfida del futuro.

Il nido di Danisinni

Ogni tanto serve anche una buona notizia, una boccata d’aria in mezzo a tante storie: è la storia dell’asilo nido di Danisinni, a Palermo, riaperto il 9 settembre scorso.
Per salvare il nido si sono mosse le famiglie, la parrocchia, che si erano opposti all’abbattimento dell’infrastruttura, che era rimasta abbandonata a sé stessa per quasi 20 anni.

La scheda del servizio: DANISINNI RINASCE

di Alessandro Spinnato e Dario D’India

Collaborazione Tiziana Battisti

Il Nido di Danisinni oggi rappresenta il segno che il cambiamento è possibile anche nelle periferie più nascoste del nostro Paese. L'Amministrazione comunale di Palermo ha accolto la sfida lanciata, cinque anni fa, dalla Parrocchia Sant’Agnese insieme alla Comunità Educante territoriale. Vi avevamo raccontato la resistenza di un territorio che opponendosi all’abbattimento chiedeva la ristrutturazione del Presidio scolastico chiuso da vent’anni. A ottobre grazie alla sinergia tra Pubblica Amministrazione e Territorio il Nido di Danisinni ha riaperto le porte ai primi 20 bambini e a breve diventeranno 60. Grazie all’impegno di fra’ Mauro Billetta.

Come vengono prese le decisioni sui dispositivi medici

Chi decide sulla nostra salute? Viene prima l’interesse dei cittadini oppure a volte chi deve prendere le decisioni sul sistema sanitario (e su dove investire le risorse) prevalgono altri interessi?
Per scoprirlo Report è andata a Londra al congresso della società europea di cardiologia dove era ospiti 30mila medici da tutto il mondo.

È il più importante congresso al mondo su questo argomento: qui si trovano anche gli stand delle più grandi multinazionali dei dispositivi medici, poi ci sono le stanze riservate dove i medici e le aziende si danno appuntamento lontano dagli occhi indiscreti. Gli organizzatori del congresso dettano ai giornalisti, non solo Report, delle regole rigide, come il divieto di filmare gli stand delle aziende. Come la Edwards, il colosso americano con un giro d’affari da 3 miliardi di euro l’anno, specializzato in valvole cardiache: una rappresentante ha invitato il giornalista di Report a partecipare ad un evento scientifico che loro sponsorizzano sulle TAVI (un impianto per sostituire la valvola aortica), la “gallina dalle uova d’oro”, visto che il giro d’affari per questo dispositivo è destinato ad aumentare.

Stiamo dimostrando che queste valvole che stiamo testando durano molto tempo” racconta la rappresentante dell’azienda al giornalista, “quindi possiamo darle anche ad un sessantacinquenne”.

La concorrente di Edwards su questo settore si chiama Medtronic: la competizione si gioca sulle pazienti donne, tanto che quest’ultima azienda ha lanciato un evento scientifico per supportare le TAVI nella popolazione femminile anziana e poco dopo, fa la stessa cosa la concorrente, la Edwards.
Al congresso di Londra era presente anche la cardiologa Sonia Petronio, relatrice all’evento Edwards: l’azienda si sta aprendo a questa fetta di mercato, usando questi eventi?

No, spiega la dottoressa, la fetta di mercato l’avevano già aperta costruendo le valvole, il trial poi – aggiunge alla domanda di Report – era finanziato dalla multinazionale, di cui Petronio è anche consulente.
E’ convinta delle potenzialità della TAVI, la cardiologa: “il paziente non ritorna in ospedale nei mesi successivi”.

Nonostante Petronio sia una delle più stimate cardiologhe in Italia la regione Toscana non l’ha inclusa nella commissione che valuta i dispositivi medici tra cui le TAVI, proprio per i suoi legami con le aziende, essendo consulente sia di Edwards che di Medtronic.

“Questo è un grosso baco” spiega a Report “perché gli esperti non ci sono più per giudicare una gara: se io metto tutto alla luce del sole e dichiaro che sono consulente di Edwards e Medtronic, se tu mi chiedi un parere io te lo do, sapendo che io sono consulente e come tale.. ”

Ma per avere un parere meno “legato” a queste aziende, Giulio Valesini ha sentito un altro esperto di cardiochirurgia: dal suo studio emergerebbe che ai pazienti a cui è impiantato una TAVI sopravviva mediamente quattro anni di meno rispetto a chi fa invece un intervento chirurgico di sostituzione della valvola aortica. “Il 12% dei pazienti sottoposti a TAVI può aver bisogno di un pacemaker, mentre per i pazienti che fanno la chirurgia è solo il 4%, ma poi ci sono altri problemi importanti, l’emodinamica del paziente viene compromessa, il nostro sistema immunitario tende a far degenerare la bio protesi.”

Chi decide quale intervento fare ai pazienti? Come racconterà Report stasera, è il chirurgo che decide in sala operatoria quale dispositivi usare e i direttori delle aziende, per preparare i capitolati delle gare di appalto si affidano ai primari.

Un funzionario di una multinazionale del settore biomedicale racconta a Report di come avvengono queste scelte: “ho incontrato importanti primari di ospedali pubblici, cosiddetti opinion leader, sonoa ndato a casa loro per non essere visto, i medici mi hanno lasciato la pennetta col capitolato di gara, con i dispositivi che vendo, così io ho potuto inserire la caratteristiche tecniche dei prodotti della mia azienda, per i vari lotti di gara. In questo modo le caratteristiche dei dispositivi indicati dal medico nel capitolato, calzano su misura su quelli che noi vendiamo. Il medico fa girare la pennetta con le ditte con cui ha più rapporti, per non scontentare nessuno.”
Prosegue il funzionario: “facendo in questo modo la chiavetta ha i prodotti di tutti, ci sono stati casi in cui le aziende si sono fatte lo sgambetto, cancellandosi i prodotti a vicenda..”
E il medico in cambio cosa ottiene?

“Io al medico garantisco sponsorizzazioni e spese per i convegni scientifici..”
Il metodo delle gare funziona così: il dirigente della ASL non si prende responsabilità e si affida al primario, di solito un medico di grido, la base di partenza è la vecchia gara che viene trasferita su chiavetta. A quel punto il medico anziché compilare la gara incontra i vari rappresentanti delle multinazionali e gli passa la pennetta. Le aziende possono così scrivere i loro prodotti, la pennetta passa di mano in mano e arriva alla gara. Il medico in cambio dalle aziende avrà favori, finanziamenti per i congressi, viaggi, borse di studio.
Report ha raccolto il commento del direttore generale del policlinico di Catania, Gaetano Sirna: “non ci posso pensare.. che molte volte mi arrivano le caratteristiche tecniche, ma quelle cose poi le cestino”.
A prendere decisioni così importanti devono essere professionisti con una solida esperienza, ma ben lontani dai condizionamenti delle multinazionali: condizionamenti che vengono confermati a Report da una seconda fonte, anonima, di un ex dirigente di una seconda multinazionale dei dispositivi medici.

A Report racconta di come si avvicinino i medici “se è un medico di grido viene avvicinato dalle aziende, se invece è un medico rampante è lui che cerca l’azienda..”
Questa fonte aggiunge di aver fatto diventare diversi medici degli “opinion leaders”, medici in grado di orientare le decisioni dei direttori generali: “lo specializzando ha uno stipendio ridicolo, l’azienda decide di affidargli lo studio clinico di un prodotto X e gli paga una borsa di studio per tirar fuori dei dati, nel frattempo lui viene conosciuto all’interno del reparto dove sta facendo la specializzazione, e così cresce.”
Quando invece ci si trova davanti ad un luminare, sono le aziende a cercare di tirarlo nella rete: “chiediamo cosa possiamo fare per aiutarli nel loro lavoro .. e la risposta è, ad esempio, io quest’anno vorrei fare cinque congressi, oppure ci sono stati dei casi in cui sono state date delle stock options, diventando azionisti della multinazionale.”
Sull’utilità scientifica dei congressi la fonte di Report ha molti dubbi: “sei ammesso nei migliori alberghi sul mare, io il congresso non lo vedevo mai, ma nemmeno i medici lo vedevano”, si passavano tre o quattro giorni mangiando del buon cibo, in cambio l’azienda si aspetta poi che il medico impianti il loro di dispositivo e non quello della concorrenza, magari migliore. “E’ un do ut des, però è permesso”.

L’Optune è un dispositivo medico prodotto dalla Novocure che dovrebbe combattere il tumore celebrale: il noleggio costa 21 mila euro al mese e poiché molte ASL non sono disposte a rimborsarlo l’azienda ha lavorato su un livello più alto, quello delle regioni che possono approvare il PDTA per un Piano Terapeutico ad hoc, scritto dai medici delle reti oncologiche regionali, come Vincenzo Adamo, nominato nel 2019 dalla regione Sicilia.
“Il nostro programma è finalizzato a dare un miglioramento al percorso diagnostico terapeutico dei pazienti oncologici” racconta a Report Adamo che è anche presidente della fondazione siciliana per l’oncologia che lo scorso anno ha organizzato un convegno sulle nuove cure dei tumori celebrali. Tra gli sponsor c’era proprio la Novocure: in cambio del finanziamento al congresso mediato dalla società Provider Collage, c’era un accordo per far approvare nel piano terapeutico regionale e sdoganare l’uso dell’Optune.
“La fondazione ha promosso questa idea” conferma Adamo a Report “elabora il documento ma poi lo manda alla rete oncologica siciliana”, che però è sempre Adamo, “casualmente”.

La fondazione non ha preso finanziamenti dall’azienda che produce i dispositivi, ma c’è però il contratto tra la fondazione e la Collage, dove si cita un compenso lordo, “ma è un accordo che il provider può fare con i professionisti” si è giustificato il medico che ha aggiunto di non avere rapporti con la Novocure.
Ma Report è venuta in possesso di una bozza di un PDTA della regione Sicilia dove si prevede l’adozione del dispositivo TTFields: questa bozza è stata mandata alla Novocure, come fondazione privata, ma poi questo documento sarebbe stato mandato anche alla regione.

Chi ha un incarico pubblico perché riceve dei finanziamenti da una azienda che produce dispositivi che poi il pubblico paga?

“Per quale motivo deve fare uscire certe cose” è stata la risposta del medico: perché c’è un interesse pubblico, perché si parla di salute.

La scheda del servizio: LA POSTA DEL CUORE

di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella

Consulenza Antonio Condorelli

Collaborazione Norma Ferrara, Evanthia Georganopoulou

L'innovazione in medicina ha prodotto dispositivi medici sempre più efficaci, capaci di salvare vite umane e farci vivere meglio. Questi apparecchi sono però anche molto costosi e incidono sul bilancio del Servizio sanitario nazionale. Per questo il loro uso deve essere appropriato e determinato solo da ragioni scientifiche. Cosa succede se gli interessi commerciali indirizzano la pratica medica? Ad esempio, le valvole percutanee per la cura della stenosi aortica, le TAVI, stanno soppiantando la cardiochirurgia. Hanno molti vantaggi sul breve termine ma delle serie controindicazioni sul lungo termine. Eppure, i cardiologi europei intendono abbassare a 70 anni la soglia di impianto consigliata dalle linee guida, laddove oggi è 75 anni. Le TAVI costano circa 17mila euro contro i 3mila delle valvole per chirurgia. Alcuni ricercatori ritengono che le multinazionali del dispositivo abbiano rapporti troppo stretti con i medici e stiano indirizzando questa svolta. Il viaggio di Report comincia a Londra, al più importante congresso di cardiologia del mondo, dove scienza e business si incontrano, e prosegue nelle sale operatorie italiane, passando per primari che chiedono sponsorizzazioni per i loro congressi alle aziende e multinazionali che pagano le tasse all'estero ma chiedono esosi rimborsi alle Regioni italiane.
Il felice mondo di Oscar Farinetti

Prima di lanciarsi nel mondo della ristorazione e del cibo made in Italy, Farinetti si era affidato a Slow Food: il rapporto tra Carlo Petrini e Oscar Farinetti si è poi interrotto dopo al vendita dell’acqua minerale Lurisia a Coca Cola.
Come mai questa decisione? “Dal momento in cui Lurisia non è più proprietà di un imprenditore locale ma diventa proprietà di una multinazionale, conosciuta in tutto il mondo, specialmente in America Latina, dove fa man bassa delle proprietà delle acque, ci sono interi paesi che sono sotto schiaffo per la Coca Cola, io non posso non vedere quello che fanno le multinazionali nel resto del mondo” la risposta di Petrini.

“Io sono molto contento di quella vendita” la risposta invece di Farinetti, “dei soldi non me ne frega niente, valeva immensamente di più, è stato un ottimo affare per la Coca Cola.”
A Report racconta di essere sempre stato, da uomo di sinistra, contro il sistema delle multinazionali, ma negli anni ha maturato la volontà di incidere, di lavorare, perché le multinazionali diventino buone, “io oggi metto la Coca Cola tra le multinazionali più etiche che ci sono.”

Il successo imprenditoriale di Oscar Farinetti si consolida con Expo 2025, quando si aggiudica 20 ristoranti dentro il padiglione Italia. Secondo Eataly è perché le gare furono deserte: ma in realtà per Expo non è stata fatta nessuna gara.
È stato fatto un esposto all’autorità anti corruzione da parte di Piero Sassone, presidente dell’istituto italiano di cucina gastronomica, “ritengo che questa [Expo 2015] dovesse essere una opportunità che doveva essere data a tanti imprenditori simili a noi, a tante realtà come le nostre. Alla fine le aziende ci sono state ad Expo, ma in subappalto, chiamate da Farinetti”.
Sassone aggiunge che dopo aver preso atto che non c’era l’opportunità di partecipare a delle gare per il nostro paese, si sono presentati alle gare per il padiglione del Bahrein, dell’Angola, dell’Argentina, della Colombia, di Israele, del Messico..
Ci sono state delle conseguenze per aver fatto quell’esposto?
“A pochi alla fine dell’Expo ci siamo trovati una verifica fiscale a tappeto, con la Guardia di Finanza arrivata in tutte le nostre sedi, una indagine e una verifica fiscale che è durata due anni, col risultato che il verbale dell’indagine si concludeva con ‘attività soggettivamente inesistente’ come se noi fossimo stato una grande cartiera. La procura di Asti ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo di tutti i nostri beni.. ”
Dopo diversi tentativi, il presidente Sassone riesce a parlare coi magistrati, il magistrato ordina una contro indagine che porta ad altri risultati, tutto era regolare e le attività esistevano.

La scheda del servizio: IL PARTIGIANO OSCAR

di Walter Molino e Andrea Tornago

Dagli elettrodomestici al cibo, da Slow Food ai grandi marchi delle bevande, dalle campagne di Alba alla periferia di Bologna, dal padre partigiano ai riflettori della Leopolda, qual è il filo rosso che tiene insieme il magico mondo di Oscar Farinetti?

La battaglia legale sull’eredità degli Agnelli

La Dicembre è la cassaforte degli Elkann: tramite questa società gli Elkann controllano l’impero familiare, dalla Expor in giù, dentro cui la Juventus, Gedi, Stellantis e altri miliardi di euro in investimenti finanziari dalle materie prime alle cliniche private.


Dicembre è una società “semplice”, con una struttura agile: non si deve presentare un bilancio, l’esclusione dal regime IVA e soprattutto la possibilità che la quota, in caso di morte di uno dei soci, andasse agli altri in proporzione, saltando gli eredi.

Dopo la morte di Giovanni Agnelli la quota di maggioranza di Novembre passa alla moglie Marella Caracciolo che ne dona una parte a John Elkann, poi nel 2004 vende ai nipoti John, Lapo e Ginevra la nuda proprietà della sua quota restante. Prezzo della cessione, dai documenti che Report ha visionato, 80 ml di euro.

“Marella Caracciolo non aveva bisogno dei soldi dei nipoti per vivere” spiega a Report il consulente Gian Gaetano Bellavia “questa operazione è stata fatta per evitare che questa quota di maggioranza andasse a finire in una causa e quindi venisse bloccata.”
A dar valore all’atto dovrebbero essere le distinte di pagamento delle quote, ma Report non ne ha trovato traccia: “entrambe le parti hanno un conto presso la fiduciaria e la fiduciaria ha conti presso banca Pictet [gruppo bancario svizzero] .. i movimenti finanziari non si vedono dal documento, perché fatti dietro le società fiduciarie..”
Nel documento mancano documenti contabili su queste transazioni o altri che testimoni l’evidenza dell’avvenuta movimentazione del denaro – spiega ancora Bellavia: secondo le carte che ha in mano Report, questo pagamento non è mai avvenuto.

Report mostrerà un documento inedito da cui si evince che la posizione nella fiduciaria dei fratelli Elkann era stata chiusa il 17 maggio 2004, due giorni prima del presunto pagamento, datato 19 maggio, il conto da cui sarebbe dovuto partire il saldo era stato chiuso prima.

Non solo: i pm torinesi hanno trovato prova di un passaggio di denaro opposto, dalla nonna ai nipoti, 100 milioni di euro versati estero su estero, in pratica è il venditore che versa denaro a chi compra. Sulla base di questo i pm ritengono dunque che la compravendita sia fittizia e “artatamente costruita”.

E cosa accadrà qualora questo atto di compravendita della Dicembre dovesse essere annullato?
Il 40% della nonna, che aveva venduto ai nipoti, torna nel patrimonio della nonna, Marella Caracciolo: la nonna deve lasciare metà del suo patrimonio alla figlia, dovranno poi arrivare ad un accordo dove l’uno compra e l’altro vende – questa l’opinione del notaio Federico Solimena che, aggiunge, “non riesco ad immaginare se non una liquidazione giudiziale, ovvero dove si chiede al tribunale che si nomini in liquidatore o un amministratore estraneo.”
Di fatto il presidente del gruppo industriale Stellantis potrebbe non avere più nel futuro il controllo del pacchetto azionario, “potrebbe non essere rinnovato il suo ruolo dal socio di controllo di queste partecipate che è Dicembre”.
Il futuro societario degli Elkann è appeso ad una decisione dei giudici di Torino: Manuele Bonaccorsi ha provato a sentire l’avvocato della famiglia, il dottor Barcellona, che ha preferito non entrare in troppi dettagli, il rischio di vedere la Dicembre tornare dentro l’asse ereditario dell’avvocato Agnelli non esiste, “il giudica dirà quello che è giusto che dica”.
L’avvocato di Margherita Agnelli, la figlia, chiede addirittura che sia il 53% della Dicembre a finire nelle disponibilità della sua assistita: per John Elkann questo significherebbe una perdita economica importante. Secondo una perizia del Tribunale Civile di Torino la Dicembre valeva 4,6 mld di euro, per liberarsi dell’ingombrante presenza della madre, Elkann dovrebbe sborsare tra i 2 e i 3 miliardi di euro.
“Questa vicenda non salva né l’auto italiana né i 12mila dipendenti” è la conclusione del notaio Solimena “chiunque sia il vincitore, chi è che rifà le auto italiane?”

Sul Fatto Quotidiano potete trovare una anticipazione del servizio:

Mandato revocato e firma. Altri dubbi su “Dicembre”

“Report” - Il 41,29% della società da Marella ai nipoti ceduto tramite una Fiduciaria che non poteva più operare (e il sospetto di un falso)

Di Ettore Boffano 29 Dicembre 2024

Una firma, quella di Marella Caracciolo vedova di Gianni Agnelli, che secondo il perito della Procura di Torino, Silvia Benini, “potrebbe essere stata falsificata”, sia pure con “un grado solo possibilistico” (legato ad aver potuto esaminare solo fotocopie, ndr). Poi tre numeri, 421, 422 e 423, che indicano altrettante posizioni presso la Gabriel Fiduciaria intestate a John, Lapo e Ginevra Elkann: aperte il 3 maggio 2004 e cessate il 17 maggio successivo. Sono questi i documenti, scoperti tra quelli sequestrati dalla Guardia di Finanza il 7 febbraio, adesso al vaglio dei pm di Torino Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Giulia Marchetti che indagano sull’eredità di Marella e su quella del “Signor Fiat”.

Carte che riguardano il “cuore” dell’inchiesta, le sorti della società semplice Dicembre, la cassaforte di famiglia che assicura ai fratelli Elkann il controllo dell’impero Exor: John con il 60%, Lapo e Ginevra con il 20% a testa. I pm, che indagano per frode fiscale e truffa ai danni dello Stato vogliono accertare se all’eredità rivendicata dalla madre Margherita siano state sottratte anche le quote della Dicembre. Non per stabilire a chi appartengano, ma per contestare ulteriori evasioni.


La scheda del servizio: JOHN TRAVOLTO

di Manuele Bonaccorsi

Collaborazione Madi Ferrucci

Ottanta milioni di euro è il prezzo con cui il 19 maggio 2004 Marella Caracciolo ha venduto ai nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann le sue quote della Dicembre, la società cassaforte dell’impero che fu di Gianni Agnelli. Ma manca l’originale dell’atto di compravendita, e il conto della Gabriel Fiduciaria da cui sarebbe dovuto partire il pagamento era stato chiuso due giorni prima, il 17 maggio, come dimostrerebbe il documento inedito, di cui Report è entrata in possesso, che rischia di pesare come un macigno sul processo civile che oppone gli Elkann alla loro madre, Margherita, la figlia di Gianni Agnelli, in merito all’eredità di Marella Caracciolo, la consorte dell’avvocato, deceduta nel 2019. Il documento è stato rintracciato dalle fiamme gialle torinesi all’interno delle indagini penali che vedono i tre Elkann indagati per truffa ai danni dello Stato. Non solo, i magistrati hanno trovato traccia di un pagamento opposto: 100 milioni di euro sarebbero passati dai conti della presunta venditrice (Marella) a quelli degli acquirenti (John, Lapo e Ginevra). Secondo i magistrati torinesi la compravendita potrebbe essere “fittizia e artatamente costruita”. La conseguenza? Se le prove trovate dai pm fossero prese per buone dai giudici civili, tra il 40 e il 50% della Dicembre finirebbe nelle mani di Margherita Agnelli. Potrebbero cioè cambiare gli assetti manageriali di tutte le società controllate tramite la holding Exor.

Le anticipazioni dei servizi che andranno in onda questa sera le trovate sulla pagina FB o sull'account Twitter della trasmissione.

25 dicembre 2024

Il sequestro e la morte di Aldo Moro di Paolo Morando


Sono sempre stato interessato dalle uscite di nuovi libri sul sequestro e sulla morte del segretario della DC Aldo Moro: come scrisse lo storico De Lutiis (autore del libro “Il golpe di via Fani”, titolo non casuale), quanto avvenuto in quei 55 giorni tra il sequesto in via Fani, il 16 marzo del 1978 e la sua morte per mano delle BR il 9 maggio, rappresenta un momento centrale della nostra storia politica. Il declino della prima repubblica, culminato poi con mani pulite iniziò quella mattina.

Per questo ho voluto leggere quest’ultimo “Il sequestro e la morte di Aldo Moro”, primo volume di una serie dedicata al terrorismo italiano del Corriere della Sera, scritto da Paolo Morando, giornalista e scrittore che recentemente ha pubblicato per Feltrinelli un libro sulla strage di Bologna (“La strage di Bologna, Bellini, i Nar, i mandanti e un perdono tradito”, ancora una volta un titolo non casuale).

In queste 160 pagine non troverete che una sintesi di quanto già raccontato in altri voluminosi libri: l’autore ha fatto però una scelta, secondo me azzeccata, nel voler dedicare la prima parte del racconto a come si è arrivati a quel 16 marzo: quel 16 marzo Moro si stava recando in Parlamento dove si sarebbe svolta la discussione per la fiducia ad un nuovo governo, a cui il Partito Comunista di Berlinguer avrebbe dovuto dare la sua fiducia.

Tutto venne interrotto dal rapimento del presidente e dalla strage dei membri della sua scorta: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi, due carabinieri e tre poliziotti.

Come si era arrivati a quell’avvicinamento tra i due grandi partiti di massa della prima repubblica, la DC e il PCI? Cosa aveva spinto la DC, il partito designato a governare l’Italia da Jalta e dagli accordi con gli alleati dopo la seconda guerra mondiale (come fece ininterrottamente fino al 1992) a stringere un accordo col più grande partito comunista dell’Europa occidentale?
C’era stato il golpe in Cile, racconta Paolo Morando e l’intuizione di Berlinguer, già segretario del PCI nel 1973 che al suo partito, sebbene in crescita nelle elezioni, non sarebbe mai stato concesso di arrivare al governo da solo. Affidò i suoi pensieri, e i suoi timori, ad una serie di articoli pubblicati su Rinascita e anche nel corso di discorsi pubblici:

È chiaro che noi comunisti abbiamo sempre lavorato e lavoreremo per accrescere la forza elettorale delle sinistre. Puntare alla conquista massima dei voti alle sinistre (51 per cento e anche di più!) rientra fra gli obiettivi che anche noi perseguiamo.

La nostra critica quindi non è diretta contro la conquista del 51 per cento in sé e per sé, bensì contro una duplice illusione.

La prima illusione è quella di affidare la soluzione dei problemi italiani a una maggioranza di sinistra da raggiungersi essenzialmente per via elettorale, sommando le percentuali via via ottenute, di elezione in ele­zione, dalle varie liste di sinistra, e non anche attraverso la lotta di classe, le lotte di massa sociali e politiche, le iniziati­ve concrete volte a spostare, nel paese e nella società (e poi, quindi, nelle urne e nel Parlamento), i rapporti di forza reali a favore delle sinistre.

Ecco il “compromesso storico”, l’avvicinamento a quella DC che anni di governo, di lotta interna tra le correnti, di scandali anche, avevano in parte logorato.

Attenzione, ricorda Morando, l’idea di Moro non era quella di far entrare al governo i comunisti, ma di renderli partecipi delle scelte di maggioranza, con l’idea anche di fermare la loro crescita. Di fatto, tutti i ministri del nascente governo Andreotti IV erano stati scelti centellinando il peso delle correnti DC, nessuno dei tecnici di area della sinistra inizialmente candidati, erano stati nominati. Cosa che aveva irritato notevolmente Berlinguer, a cui questa notizia era arrivata solo all’ultimo momento.
Le BR, il partito armato nato a sinistra del PCI, a cui la strage di Piazza Fontana, l’illusione del boom economico (che boom non era stato per tutti gli italiani), aveva rafforzato l’idea di uno stato che si abbatte e non si cambia dal suo interno, avevano individuato in Moro l’emblema del “potere” da processare nel carcere del popolo.

Aldo Moro, per usare le parole di Pasolini scritte nel 1975 prima di essere a sua volta ucciso, era sì il meno implicato negli scandali e nelle ruberie, ma era comunque l’uomo degli omissis: quelli che avevano silenziato la vicenda del piano Solo, il tintinnar di sciabole durante l’esperienza dei governi di centro sinistra col PSI di Nenni.

Come anche il diniego alla magistratura che chiedeva informazioni su Guido Giannettini, il giornalista che era anche agente del SID che si riteneva fosse coinvolto nella strage di Milano del dicembre 1969 (ma poi ci pensò Andreotti a togliere il segreto su Giannettini, con una delle sue mosse spregiudicate).

Le BR non erano più quelle dei colpi mordi e fuggi, dei volantinaggi e dei sabotaggi, dei sequestri lampo: nel 1974 c’erano già stati i primi morti, i due esponenti missini padovani, Giralucci e Mazzola. Due morti che Curcio, uno dei fondatori, definì un “disastro politico”.
Il 1977 era stato l’anno del piombo, dei morti per strada, delle gambizzazioni, dell’attacco al cuore dello Stato: lo aveva annunciato, a voler fare un po’ di dietrologia, il generale Miceli al giudice Tamburino (che stava indagando sull’organizzazione golpista Rosa dei Venti a Padova, struttura creata in ambito Gladio in funzione anticomunista), “D'ora in poi non sentirete più parlare del terrorismo di destra, ma soltanto degli altri”.
Gli altri erano le BR che, nell’inverno primavera del 1978, scelsero Aldo Moro come obiettivo da colpire.

Meno azzeccata ma comunque interessante, a mio modesto avviso, la seconda parte, dove l’autore si dedica al sequestro, agli avvenimenti (non ancora del tutto chiariti) di quei 55 giorni nella prigione del popolo culminati col cadavere del presidente lasciato nel centro di Roma, in via Caetani.
Qui l’autore ha cercato di smitizzare il “caso Moro”, come è stata definita questa dolorosa vicenda, smontando tutti punti aperti che poi hanno portato alle varie teorie che, partendo dai buchi della versione ufficiale (tra l’altro basata sul racconto dei terroristi), hanno cercato di arrivare ad una diversa ricostruzione dei fatti.
Nemmeno io voglio seguire la strada del complottismo, ma la verità storica che si è consolidata oggi è frutto dei vari processi celebrati, culminati con condanne all’ergastolo. Verità che si basa però sulla ricostruzione, non sempre verificata, fatta dagli stessi brigatisti nelle deposizione e nel famoso memoriale Morucci – Faranda. Memoriale fatto arrivare al presidente Cossiga nel 1990, all’indomani del crollo del Muro.

Possiamo fidarci di quanto raccontano, anche considerando che nessuno degli esponenti di quelle BR si è mai pentito? Alcuni hanno fatto un percorso di dissociazione, solo Moretti ha scelto non collaborare né dissociarsi.

Lo stesso Moretti, che dopo la cattura di Franceschini e Curcio, divenne il capo delle BR, in una intervista a Bocca si lamentò “l’Italia ufficiale non si è mai rassegnata ad ammettere che l’azione era stata progettata da quattro operaiacci”.

Ecco, come è possibile che quattro operaiacci (le cui armi automatiche si erano pure inceppate quella mattina) hanno organizzato e gestito un sequestro lampo da soli?

Intendo, quell’operazione militare in cui hanno sterminato poliziotti e carabinieri addestrati, hanno potuto muoversi lasciando i loro comunicati in giro per Roma, in una Roma blindata coi posti di blocco per le strade?
Morando riporta poi ricostruzioni fatte da Paolo Persichetti, ex brigatista, che riprende dichiarazioni di Antonio Savasta, altro esponente del terrorismo, ma nessuno dei due era presente in via Fani.

C’erano altri osservatori sopra o attorno alle BR?

C’è ancora qualcosa da chiarire oppure e tutto limpido e trasparente?

Mi riferisco ad alcuni aspetti specifici, già documentati in altri libri, come ad esempio “Complici il patto segreto tra DC e BR” di Stefania Limiti e Sandro Provvisionato, dove si ipotizza un patto tra i brigatisti e i vertici della DC per concordare una verità di comodo

- l’auto dei servizi parcheggiata in via Fani all’incrocio in via Stresa

- il covo di Moretti in via Gradoli, scoperto per una infiltrazione d’acqua perché, così viene spiegato nel libro, Barbara Balzerani avrebbe lasciato la doccia aperta (possibile?)

- il falso comunicato numero 7, fatto da Toni Cucchiarelli: un messaggio alle BR da parte di pezzi dello Stato (lo stesso giorno della scoperta del covo di via Gradoli, in uno stabile dove molti appartamenti erano di proprietà di una società riconducibile al Sisde)

- la dinamica dell’agguato: se tutti i colpi sono venuti da sinistra, da dove sparavano le BR, come mai Leonardo, il capo scorta, con anni di esperienza, non è uscito dalla macchina per rispondere al fuoco?

- c’è poi tutto il tema degli scritti di Moro: le BR aveva dichiarato in uno dei primi comunicati, che tutto il materiale raccolto dall’interrogatorio di Aldo Moro, sarebbe stato pubblicato. Come mai poi hanno scelto di agire diversamente?

- Il memoriale trovato in via Monte Nevoso: ancora una volta, come è possibile che dopo la prima perquisizione fatta ad ottobre 1978 nel covo di Milano (vicino alla casa di Fausto Tinelli, un ragazzo ucciso assieme all’amico Lorenzo Jannucci “Iaio” da assassini rimasti sconosciuti, il suo omicidio fu poi citato in un altro comunicato delle BR), i carabinieri di Dalla Chiesa si siano persi quel tramezzo dove poi, nel 1990, è stato poi recuperato il memoriale di Moro (fotocopie di lettere e degli interrogatori fatti nel carcere)

- Il cadavere fatto ritrovare in via Fani: se è impossibile, come scrive l’autore, che le BR abbiamo cambiato più volte la prigionia di Moro per non essere scoperti, è altrettanti difficile accettare che, in quel 9 maggio 1978, abbiano attraversato Roma con una R4 con dentro un cadavere.

- totalmente assente nel racconto, il ruolo di Pieczenick (il consulente del Dipartimento di Stato a supporto della commissione del Viminale), la presenza della P2 nei vertici dei servizi..

Ben vengano, in ogni caso e comunque la si pensi, libri come questo che cercano di raccontare quegli eventi così importanti, anche con una luce diversa (che vanno anche a ribattere alle dichiarazioni “ballerine” dell’ex ministro Signorile, al centro di un servizio di Report che ha fatto molto discutere). Quello che conta e non rassegnarsi all’oblio: non è dietrologia, o quanto meno non è solo quello, che ci deve spingere a voler cercare altre strade per comprendere cosa è successo.

Cosa è successo nell’Italia in cui il mondo era diviso in blocchi, dove le decisioni sulla nostra politica (e anche sulla linea della fermezza, che portò alla morte di Moro) venivano prese anche fuori dall’Italia, dove la nostra democrazia era a sovranità limitata.

Una democrazia dove la sorte di Moro era al centro di altri tavoli, non solo quello delle BR.

Non creda la DC di avere chiuso il suo problema, liquidando Moro. lo ci sarò ancora come un punto irriducibile di contestazione e di alternativa, per impedire che della DC si faccia quello che se ne fa oggi. Per questa ragione, per una evidente incompatibilità, chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato né uomini di partito.

Aldo Moro, lettera al segretario della DC Benigno Zaccagnini, recapitata il 24 aprile 1978

La scheda del libro sul sito di RCS dove potete trovare gli altri libri della collana sul terrorismo italiano.