Prologo Alta Val di Fassa.
Tardo autunno 2012
Arresta la sua corsa su uno spuntone di roccia a strapiombo sul nulla. Si guarda intorno circospetto e prende fiato, in attesa che dalla vallata si alzi un qualunque rumore. Il respiro è un vapore denso nell’aria gelida dell’alba. Rimane lì, paziente, gli occhi che accarezzano le chiome dei sempreverdi ed esplorano i prati sferzati dal vento.
Poi finalmente, la vede.
La donna che pochi minuti prima gli era sfrecciata accanto nei pressi della fonte..
E' una doppia indagine quella che dovranno affrontare gli agenti dell'unità crimini violenti della Questura di Milano.
La prima riguarda un comma 22, un assassino seriale che uccide seguendo un suo piano di vendetta agghindando le sue vittime secondo un rito preciso dopo averle seviziate per giorni.
E poi una seconda indagine, calata direttamente dai piani alti, su un cold case che interessa un importante politico di Trento e che costringerà il commissario Mandelli a salire in montagna.
GIORNO UNO 1
«C’è aria di neve.» Il commissario Mario Mandelli sigilla il bidone dell’immondizia, chiude la finestra del terrazzo e cerca il profilo di sua moglie nella penombra della cucina.
Siamo a gennaio, nel mese che una volta significava freddo e neve, quella neve che oggi suscita solo ricordi del passato: in una mansarda di un edificio abbandonato a Lambrate viene ritrovato il cadavere di un uomo su una brandina. L'assassino gli ha levato il sangue, un poco alla volta, cercando di tenerlo sempre in vita per prolungarne il dolore. Altri particolari, non meno macabri, arricchiscono la scena del delitto: "una maschera medievale gli copre completamente il viso. Sull’ovale di cuoio nero, all’altezza degli occhi, si aprono due fori tondi ..".
Si tratta di una riproduzione di una vecchia maschera in uso ai medici all'epoca della peste.
«E di quella cosa mi dite?» domanda Casalegno, indicando una piccola cornice in legno di betulla in equilibrio sulla spalliera del letto.
Sul letto, dentro una cornice, la foto di una rosa.
Ancora una volta il male mostra il suo volto terrificante e la squadra di Mandelli dovrà nuovamente mettere assieme tutti i tasselli della storia, decifrando i segni, le firme lasciata dall'assassino (la rosa, la maschera, cosa vogliono significare?). Per trovare la causa di questo male, sapendo che questo lascerà dentro di loro un'eredità che si ricorderanno a lungo.
E poi c'è l'altra indagine, che viene calata dall'alto agli uomini dell'UACV, su pressioni del senatore Giosuè Roner-Alpago:
«Si tratta di un cold case riaperto da poco. Gli ordini che abbiamo ricevuto prevedono che siate voi due a supervisionare la nuova indagine..»
Il figlio del senatore Roner-Alpago (un animale politico che era riuscito a passare indenne dalla prima alla seconda repubblica mantenendo intatto il suo potere) era stato ritrovato morto sul fondo di un canalone nel 2012. La sua morte era stata archiviata come un incidente ma il padre non si era mai rassegnato a quelle conclusioni e alla fine, smuovendo tutte le sue conoscenze fino al ministero della Giustizia, era riuscito a far riaprire il caso, come ultimo desiderio prima della sua morte per una malattia che lo ha condannato al letto.
Ed ecco che questo cold case su in Val di Fassa, dove ha casa il senatore, è stato assegnato ai due migliori investigatori di crimini violenti, il commissario Mario Mandelli e il suo ispettore Antonio Casalegno, prossimo alla paternità.
Mandelli sa come arrivano queste richieste, quando si muove la politica, è inutile protestare, meglio fare buon visto a cattivo gioco anche se questo significa lasciare l’indagine milanese nelle mani della vice ispettrice Dei Cas, la tosta poliziotta valtellinese prossima alla maternità e al resto della squadra.
In effetti questa indagine ha qualcosa che stimola l’attenzione, la curiosità di Mandelli: a Trento incontrano l’ispettore Thun, che ha seguito tutta la storia: la morte di Elias Roner Alpago potrebbe essere legata ad altre morti, di ragazze più giovani. E quella casa c’è una strana atmosfera, come i membri della famiglia, la moglie del senatore, le figlie, l’infermiera, volessero nascondere qualcosa..
Le indagini diventano così due: a Milano la squadra di Mandelli segue tutte le piste che questo nuovo assassino ha lasciato dietro, la rosa, la maschera da medico della peste.. Un assassino che auto definisce “lo stregone”, che sa di aver davanti una missione, una vendetta per provare a calmare tutto il dolore che si porta dentro.
A qualche centinaia di chilometri di distanza, e con una temperatura molto al di sotto dello zero, Mandelli e Casalegno, si ritroveranno dentro una indagine particolare. È come se la distanza dalla città li avesse catapultati dentro un mondo magico, con un “camoscio” molto taciturno che forse sa qualcosa di quelle morti, delle fate che si aggirano per i boschi per vendicarsi dei demoni crudeli ..
Un oceano bianco circondato dagli immensi bastioni dolomitici della Croda di Re Laurino, dalla parete nord del Catinaccio e dalle celebri Torri del Vajolet.
Di fronte allo spettacolare panorama del Rosengarten (ancora una volta una rosa..), la conca del Gartl, una delle zone più belle delle Dolimiti, Mandelli si trova a chiedere come sia possibile che in uno stesso luogo possano convivere il male e tanta bellezza?
Come mia questo titolo, la “curva dell'oblio”? Qui il senso è duplice e si lega sia il luogo dove sono avvenuti una serie di delitti in val di Fassa (la Fonte dell’Oblio), sia l'oblio che cancella o attenua i nostro ricordi. O almeno dovrebbe farlo: sta scritto nel manuale degli investigatori "‘la ritenzione mnemonica di eventi criminosi da parte dei testimoni è soggetta alla curva dell’oblio’. È per questo che le deposizioni vanno raccolte il prima possibile.. "
Ma, il sempre poetico commissario Mandelli, il dolore che causa il male, quel male che i poliziotti della sua squadra devono affrontare in ogni indagine, quello non verrò mai attenuato dalla curva dell’oblio.
[Mandelli] Riflette sulla potenza del dolore e sull’impatto che può avere sull’esistenza delle persone. Una locomotiva lanciata a piena velocità contro la tua routine quotidiana; se hai la sfortuna di essere sulla sua traiettoria e sopravvivi, ti ritrovi a vivere una vita ferita. Nessuna curva dell’oblio che ti aiuti a dimenticare il dolore.
Questo romanzo è un viaggio tra le vette alpine e i meandri della memoria, quella memoria che ancora porta dentro di sé gli strascichi del male e che lasciano un segno ancora oggi.
Un viaggio dove l’autore, Gian Andrea Cerone, ha lasciato più spazio alle riflessioni dei protagonisti che non al racconto della parte investigativa, che qui, rispetto ai precedenti libri della serie, viene sviluppata meno.
Scopriamo qualcosa di più del passato di alcuni protagonisti, come Caterina la tosta valtellinese ora nei mamma. E lo stesso succede ad Antonio e a quel mistero nel suo passato, legato al padre violento.
Nell’intervista concessa a Repubblica per presentare questo libro, Gian Andrea Cerone si sofferma sulla memoria (e sull’oblio) di Milano, che “deve ricordarsi di esssere stata una città che sull’accoglienza e sull’apertura ha costruito la sua etica calvinista, la propria generosità. Da narratore sono preoccupato, si è dimenticata di proteggere l’umanità che la caratterizza antropologicamente, i palazzi in mano ai fondi conducono all’oblio”.
La scheda del libro sul sito di Guanda
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